Alfabeta - anno IX - n. 96 - maggio 1987

Elezioneialerecessione N e! pieno di una delle crisi politiche più difficili del dopoguerra, la Borsa di Milano ha continuato a salire. In compenso, da mesi i partiti sembrano avere dimenticato i problemi economici. Mondo politico e mondo economico, in questa fase della vita italiana, sembrano vivere in universi paralleli proprio mentre la stampa, soprattutto all'estero, si popola di preoccupazioni insistenti circa il pericolo di una nuova recessione su scala mondiale. È probabile che la campagna elettorale, entrando nel vivo della competizione, e con l'avvicinarsi del vertice dei sette paesi più industrializzati a Venezia, a una settimana circa dall'apertura delle urne, finirà per investire anche i temi economici. Ma fino al momento in cui chiudiamo l'articolo (metà maggio) l'attenzione è andata a ben altre cose. Prendete la copertina, datata 11 maggio, del settimanale Mondo Economico: La nuova esplosione dei consumi - Italiani gente ricca. Poi aprite Panorama datato 17 maggio; troverete un'intervista a Piero Ottone e Carlo De Benedetti, con un titolo inequivoco: La festa è finita. Avrete un altro fotogramma della strana schizofrenia che aleggia in questa fase delle nostre vicende politico-economiche. Lo schema delle argomentazioni elettorali non dovrebbe allontanarsi di molto dal seguente copione. I partiti della disciolta maggioranza (con in testa i socialisti, con entusiasmo decrescente gli altri) cercheranno di attribuire al buongoverno dello scorso quadriennio i meriti della ripresa economica italiana, mentrè le nubi nere all'orizzonte saranno addebitate alle tensioni a livello internazionale. Viceversa, i critici del pentapartito cercheranno di minimizzare gli effetti dell'azione economica del governo Craxi, riportando i risultati degli scorsi anni alla favorevole congiuntura internazionale; per contro, si attribuirà alla fondamentale incapacità del pentapartito la scarsa tenuta del fragile vascello dell'economia italiana al primo levarsi del vento. Al di là di questo prevedibile schema propagandistico, sarà interessante vedere se qualche partito avrà il coraggio di sollevare esplicitamente il tema del pericolo di recessione, e di indicare un programma economico, a livello nazionale e internazionale, per affrontarlo. Nell'intervista sopra menzionata, l'ingegner De Benedetti manifesta opinioni piuttosto secche. In primo luogo, «abbiamo perso la magnifica occasione della tregua petrolifera. Ce ne siamo serviti per divertici un po' di più e basta. Non capisco come si possa affermare che negli ultimi quattro anni si siano fatti grandi passi in avanti nella soluzione dei problemi strutturali del Paese». In secondo luogo, alla domanda «la recessione sarà il naufragio del transatlantic6 su cui navighiamo?» risponde seccamente: «Temo di sì. Qualsiasi cosa si faccia, discesa del dollaro o aumento dei tassi, andremo verso una recessione mondiale che colpirà tutti». Non esclude neppure che si tratti di una recessione paragonabile a quella del 1929. In terzo luogo, indica come solo rimedio possibile «un grande piano Marshall, dell'Europa occidentaIndex - Archivio critico dell'informazione le, a favore dei Paesi dell'Est, Urss e satelliti, e a favore del Terzo Mondo». • L'opinione di Carlo De Benedetti, per quanto rispettabile ed autorevole, rimane pur sempre l'opinione di un privato cittadino. Sarebbe più interessante se fossero i partiti a dire, con altrettanta secchezza, il proprio punto di vista su questi argomenti, non del tutto secondari. Ecco un buon metro per misurare la qualità di questa campagna elettorale. Dal nostro osservatorio, possial ., Ecco una piccola antologia, ad uso dei lettori non-collezionisti. «Un crack nel nostro futuro» (intervista a John Kenneth Galbraith, La Repubblica del 2 luglio 1986); Ma avete dimenticato la Grande Depressione? ( commento di prima pagina di Guido Cari i, La Repubblica del 5 luglio 1986); Economia, motore inceppato - Perché l'ombra di una recessione mondiale (commento pubblicato da La Stampa dell'8 luglio 1986); un titolo di prima pagina del Giornale del 17 luglio 1986 potrebbe •• ·ti ? .. ~" "' '. (' I 1 f l , ('1 ,, .I ,f ·~. France Musicale. mo aggiungere che la parola «recessione» ha cominciato a frequentare copertine e prime pagine della grande stampa internazionale nello scorso mese di aprile. Quasi contemporaneamente, illustri personaggi, da Cari i a De Benedetti, si affacciavano sui nostri giornali per manifestare le proprie preoccupazioni. Un altro paradosso della situazione attuale - anche dal punto di vista strettamente informativo - è che si tratta di una replica quasi esatta di quel che si poteva osservare poco meno di un anno fa. Il lettore che avesse l'abitudine di collezionare Alfabeta potrà sincerarsene, con qualche divertimento, andando a rileggere i due numeri di questa rubrica apparsi in luglio-agosto e in settembre, sotto il titolo Il boom che non c'è stato. Bertauts, disegnatore e litografo, Paris essere trasportato di peso in una prima pagina di questi giorni: Dollaro a picco, tensione sui mercati. In Occidente crescono i timori di recessione. Ghiotta la seguente citazione dell'ingegner De Benedetti, riportata dalla Repubblica del 19 luglio 1986: «... mi pare che si faccia un gran parlare di crisi da parte di coloro che fino a pochi mesi fa dissertavano con altrettanta convinzione di ripresa. Qualcuno mi dovrà spiegare come ha fat-- to a cambiare opinione; forse perché lo ha detto Guido Carli? Può darsi, ma si dicono tante cose». È bene rammentare che nella primavera dello scorso anno uscirono metri quadri di carta stampata dedicati al nuovo «miracolo», al boom prossimo venturo. Ben pochi (e sia lecito dire che eravamo tra questi) si azzardavano a dubitarne. La rapida diminuzione dei prezzi del petrolio aveva fatto parlare di «contro-choc petrolifero», facendo girare la testa a chi dimentica troppo facilmente che l'economia mondiale non è determinata da un solo fattore (sui pericoli della deflazione si veda quanto scrivevamo in questa rubrica nel gennaio 1986, sotto il titolo La grande deflazione). Ma già a giugno era ormai chiaro che il boom non ci sarebbe stato. In un editoriale del 14 giugno, intitolato Estate di incertezze, il Financial Times '-'' I - •.H.,,~. i .:,- . ··, , ·1 l,!l . ' . ,,. ; \, • ,\lo,.l., scriveva: «La prevista ripresa economica del 1986, che una volta sembrava certa ed affidabile come le stagioni, sembra farsi attendere ancor più del sole»; quel che si vede «non assomiglia per niente ad un boom mondiale, e la maggior parte delle previsioni ora attendono questo lieto evento per il 1987 anziché per il 1986». Il 1987 è arrivato, e le previsioni continuano ad essere corrette al ribasso quasi ovunque. All'attesa del boom si è sostituita l'attesa della recessione. Non mancano, volendo, altri elementi adatti a confondere le acque. Mal d'America - Il mondo in allarme per l'economia Usa strillava in copertina Mondo Economico del 28 luglio 1986; Cosa cambia per l'Italia la bufera americana gli faceva eco Il Mondo. «L'economia mondiale si regge sugli Stati Uniti e gli Stati Uniti, nonostante le apparenze, sono malati» dice De Benedetti nella già citata intervista del 17 maggio 1987. Nel frattempo, l'economia americana ha continuato, bene o male, a tirare; nel primo trimestre di quest'anno il prodotto nazionale lordo Usa è cresciuto di oltre il 4% ... L'espansione dell'economia americana è entrata nel cinquantaquattresimo mese. Semmai, è l'economia tedesca ad aver subito una «minirecessione» nei primi mesi del 1987. La spiegazione corrente è che gli americani vivono da tempo al di sopra dei propri mezzi, facendo debiti con l'estero per finanziare l'ingente deficit della bilancia commerciale e il deficit, altrettanto ingente, del bilancio statale. Bisognerebbe aggiungere che l'economia del Giappone, o della Germania, o dell'Italia, ha potuto prosperare «virtuosamente» negli scorsi anni grazie alle merci vendute ai dissipati americani; non appena il calo del dollaro ha reso più difficile esportare nella Babilonia reaganiana sono cominciati i guai anche per i virtuosi ... Non ultimo paradosso della situazione attuale è che si è consolidato un consenso quasi generale attorno a una «ricetta» per scongiurare la temuta recessione. Nel numero del 18 aprile scorso, l'autorevole settimanale britannico The Ecomist, riassumeva con il suo solito brio, la ricetta, in un editoriale provocatoriamente intitolato Economics by lobotomy. «Un paio di aspirine e una boccata d'aria fresca potrebbero ancora funzionare. Ma tre governi hanno invece deciso di ricorrere alla chirurgia cerebrale». La lobotomia è la metafora che sta per il protezionismo e per la guerra commerciale, le strade dannate che sembrano in procinto di essere imboccate dai governi degli Stati Uniti, del Giappone e della Germania. L'aspirina dell' Economist si compone di tre semplici misure: una tassa sulla benzina negli Stati Uniti, per ridurre il deficit federale; una riduzione fiscale per 15 miliardi di dollari in Germania; un'analoga riduzione per 10 miliardi di dollari, con un aumento equivalente della spesa pubblica per infrastrutture, in Giappone. Mutati pochi ingredienti, è questa la «ricetta» su cui sembrano concordare economisti e osservatori di tutto il mondo. La domanda che molti si fanno è: perché Stati Uniti, Giappone e Germania non si mettono d'accordo per mettere in pratica la ricetta, prima che sia troppo tardi? Non è escluso che il prossimo vertice dei Sette a Venezia annunci con grande clamore la scoperta dell'aspirina. Per il momento, nessuno dei tre giganti dell'economia mondiale sembra disposto ad assumersi seri impegni. Ci si può chiedere se tanta riluttanza ad applicare una ricetta che riscuote così unanime consenso ~ non stia ad indicare che non si c:s .s tratta di una semplice questione di ~ «cattiva volontà» politica. Forse e::... t--.... l'aspirina non basta a curare gli ~ squilibri dell'economia mondiale, ...... efficacemente sintetizzati da De •9 Benedetti nell'intervista a Panora- gf i:: ma. Il rapporto confidenziale pre- ~ parato per la sessione ministeriale dell'OCSE, che si svolge in questi giorni, fa pensare che, senza una ~ ..C) generale revisione delle politiche ~ economiche in direzione dello svi- ~

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