Pittori nell~ cento Laura Falqui, Ascoltare l'incenso, confraternite di pittori nell'Ottocento: Nazareni, Preraffaelliti, Rosa Croce, Nabis Firenze, Alinea Ed., 1985 pp. 295, lire 28.000 Edvige Schulte Dante Gabriele Rossetti Vita, arte, poesia Napoli, Liguori Editore, 1986 pp. 162, lire 11.500 Edward Burne Jones Catalogo della mostra a cura di M.T. Benedetti e G. Piantoni, Galleria Nazionale d'Arte Moderna Roma, ottobre 1986 Milano, Mazzotta editore lire 35.000 F riedrick Schlegel nel frammento n. 100 di Atheniium plaude al concetto schilleriano di apparenza del gioco e del gioco di apparenze: «Apparenza poetica è giuoco di rappresentazioni e giuoco è apparenza di aziom». Naturalmente, come per Schelling, anche per Schlegel il «giuoco» non deve poggiare sulla caotica fantasia generica. Nel famoso Dialogo sulla poesia egli introduce un sistema estetico in cui sono abbattute le rigide barriere dei generi letterari, ma la commistione delle arti si avvale di una sistematica di forme e contenuti tematici che attinge dalla storia della cultura e della filosofia. È noto inoltre che, in un altro frammento - sempre di Atheniium - Schlegel parla della arguzia e dell'abilità combinatoria del grande artista (o poeta) come di colui che sa creare una complementarietà fra «forme» e «contenuti». Anche il fratello di Friedrick, August Wilhelm nelle sue Vorlesungen (Lezioni sulla letteratura e sull'arte) aveva posto delle differenziazioni, ancor oggi illuminanti, fra Forme Gestalt e fra Gehalt e Wesen. Dico ancor oggi valide e illu- · minanti perché andrebbero ristudiate in prospettiva di un approfondimento auspicabile del pensiero della estetica simbolico-fenomenologica di matrice cassireriana (Langer, Goodman, Arnheim) che sta finalmente riscuotendo un'eco anche in Italia, come ha dimostrato il successo scientifico del Convegno organizzato da Garau a Milano sul pensiero di Arnheim oppure i recenti studi di Lucia Pizzo Russo sulle connessioni fra l'estetica simbolico-psicologica di Arnheim e l'attività creatrice. Il denso saggio di Laura Falqui, dedicato alle poetiche delle Confraternite dell'Ottocento, che prende le mosse proprio dalle teorie dell'estetica romantica degli Schlegel e di Herder in assonanza con le poetiche dei Nazareni, appare d'attualità forse proprio per queste ragioni che istituiscono un parallelismo fra l'ansia di mistici- -~ smo e di pietismo religioso quasi ~ di tipo pre-psicoanalitico del Lu1::1. kasbund ed il progetto estetir--... ~ ca-educativo di questi filosofi a lo- -. ro contemporanei. -9 L'influsso dell'arte e del beha- gg c::s E: vior dei Nazareni durante tutto l'Ottocento in Europa è stato grande: questa «tradizione» di stilemi e di contenuti s'è tramandata, ~ com'è noto, fino alla «cesura» del- l le Avanguardie Storiche. Tutta1i via, fino a che punto la «violazione della norma» estetica operata dalle Avanguardie abbia costituito una netta coupure nei confronti delle estetiche e delle poetiche simboliste, romantiche e primoromantiche è un problema che la metodologia della critica d'arte deve ancora affrontare approfonditamente, almeno sul versante delle arti visive, sebbene qualche tentativo sia stato fatto per istituire alcune tracce come ipotesi di lavoro (Barilli, Calvesi). Il testo della Falqui potrebbe rappresentare un utile manuale per enucleare alcuni passaggi strutturali fondamentali per la storia dell'arte contemporanea; all'interno di essa i Nazareni costituiscono senz'altro un precedente rispetto al paradigma codificato della metà-Ottocento come arte ante-quem. Eppure si tratta di una situazione talmente inedita per i costumi di vita e per le problematiche artistiche che l'epoca moderna, alle soglie della rivoluzione industriale, mostra già i segni della fine. Infatti, sulla scia degli studi più approfonditi sui Nazareni, Faiqui evidenzia il gusto per l'arte primitiva, per le poetiche medievaliste e alt-deutch degli amici del- !'Accademia di Vienna, causato proprio dallo spirito di rivolta e d'insoddisfazione degli allievi del severo e filo-neoclassico Heinrich Fiiger. Overbeck e Pforr, Voge! e Hottinger, Wintergerst e Sutter lasciarono Vienna proprio per sfuggire all'insegnamento dei moduli neoclassici e per insofferenza alla pedantesca didattica dell'accademia. Costituiscono così quella che si potrebbe chiamare la prima secessione «che si esprime nel tentativo di un ritorno alle proprie radici spirituali e nazionali, dominato dal sentimento del Senhsucht (nostalgia) in cui confluiscono quegli aspetti (introversione rinnegamento dello sviluppo storico, slancio sentimentale) che caratterizzano l'idea di confraternita artistica come uno dei fenomeni più significativi e vividi del revivalismo» (pp. 42-43). Come si sa i Nazareni furono tra i primi a considerare l'«antichità come futuro», anzi il «medioevo come futuro» e, a Roma, dove si stabilirono, ricercavano più le vestigia pre-classiche che le rovine romane. La vita nel convento di S. Isidoro era di stampo monastico, anzi benedettino (il loro motto era: ora et tabora), ma l'atteggiamento era fortemente narcisistico e la religione aveva una coloritura pre-psicoanalitica. Nonostante l'esoterismo delle loro figurazioni allegorico-didascaliche i bruder diventarono famosi, grazie soprattutto al magnifico ciclo degli affreschi del Casino Massimo (recentemente restaurato in occasione della grande Mostra dei Nazareni a Roma) e di casa Bartholdy. Sarebbe interessante studiare i Nazareni come esemplificazione visiva di quella crisi della retorica classica così ben delineata da Todorov nel suo magistrale saggio Théories du symbole. Comunque i Nazareni ebbero successo soprattutto presso i dotti pittori che seguivano le accademie patrie in terra romana oppure presso gli intellettuali che compivano il loro doveroso pellegrinaggio di educazione artistica in Italia. Come Ruskin, ad esempio, Paola Serra Zanetti che già conosceva ed ammirava le opere dei bruder prima che alcuni di loro fossero chiamati per le d_ecorazioni murali della House of Parliament. Oppure da Madox Brown, il quale riportò nei suoi •scritti l'ammirazione per e>verbeck e per Cornelius. È naturale che lo «spirito romantico» e wakenroderiano dei bruder avesse una forte influenza sull'arte di Hunt e di D.G. Rossetti e persino sui pre-raffaelliti della seconda generazione come Burne Jones. A questo proposito sono illuminanti gli studi di M.T. Benedetti e in particolare l'articolo sul «Bollettino d'arte» reiteratamente citato dalla stessa Falqui. 11saggio della Falqui evidenzia l'originalità della Preraphalitebrotherhood nella elaborazione di dati allegorici in elementi simbolici a forte caratterizzazione psicoanalitica. Parimenti, nei ropagine del saggio della Schulte in cui gli elementi visionari della poetica di Dante Gabriele risultano frammisti a indicazioni biografiche preziose e illuminanti che contribuiscono ad approfondire la personalità di Rossetti attraverso la conoscenza dei suoi componimenti poetici. È evidente che il saggio della Schulte costituisce uno sforzo di unificare pittura e poesia attraverso una lettura critica che si avvale del metodo biopsicoanalitico senza mai cadere nelle pastoie della cosiddetta «critica medica». Nella critica d'arte contemporanea, questa metodologia non trova molti adepti, sebbene ci sia il caso di valenti studiosi, come la Volpi Orlandini, che si sono rivolti agli artisti contemporanei con un taglio d'indagine monografica e biografica. L'autrice dello studio ravvicina con grande perizia il materiale tematico dei sonetti e dell'attività Mouilleron, disegnatore; J. Robert, incisore, 1867 sacrociani e nei Nabis, le cui confraternite rappresentano la parte finale dello studio, l'autrice ravvisa la trasformazione del «sentimento di religiosità» di stampo cristiano in un «sentimento di religiosità», nell'arte e nella vita, volto ad indicare «i mali dell'anima» come impulsi libidici e sensuali. Fioriscono in quell'epoca le riviste sataniste e occultiste, Péladan si occupa di esotismo asiatico, ma anche di cicli celtici e arturiani, dove il ruolo della donna è quello misterioso di androgino ambivalente, anzi a questo proposito Péladan conia proprio il termine di «Andrqginosfinge» e si· sa bene quante implicazioni freudiane abbia questa figura. Nient'altro che un esempio perfetto di androginosfinge è stata la immagine di quello splendido androgino che fu Jane Morris. Basta, per rendersene conto, sfogliare le poetica di Rossetti agli schemi formali e iconografici della grande opera pittorica di Dante Gabriele. In particolare i motivi medievaleggianti della pittura rossettiana emergono come espunti anche dalla tradizione poetica inglese (Browning, Swinburne). Per esempio, il tema dell'acqua compare reiteratamente anche nei Sonetti pubblicati in The house of /ife: «[... ] l'acqua simbolo della coscienza umana che cambia col fluire del fiume, .portando con sé immagini tratte dal profondo della psiche» (p. 102). Il tema dell'acqua è ricorrente, come si sa, in tutta la simbologia della Brotherhood, ma quello che interessa dello studio della Schulte è la sua abilità nel mostrare come i simboli del paganesimo o della cristianità si trasfigurino in simboli di tipo psicoanalitico con una unitarietà strutturale straordinaria che attesta il passaggio di un'epoca storica, e che sancisce la grandezza di Rossetti non solo come pittore ma anche come intellettuale anticipatore di elementi portanti per le poetiche fine secolo e novecentiste. Tuttavia, il satanismo e la glorificazione di sessualità occulte e perverse sono abbastanza lontani dalla sensibilità rossettiana: la «chimera» dei Preraffaelliti è piuttosto irenica che corruttrice. Il lavoro di scavo della studiosa porta alla luce la dialettica costante fra gli elementi opposti di «arte sacra» e «arte profana», composti e unificati attraverso la doppia inclinazione alla pittura ed alla poesia che dalle parole di Schulte sembra rappresentare un elemento coagulante e nient'affatto dilacerante. Furono piuttosto le critiche codine al contenuto sensuale dei suoi sonetti a provocare - secondo la Schulte - le gravi crisi esistenziali di Rossetti, fino al tentativo di suicidio. L'erotismo e la sensualità dei versi di Rossetti si riflettono costantemente negli innumerevoli soggetti dei suoi quadri, nei quali la donna è protagonista incontrastata. Il tema della donna angelo/demonio, caro alle poetiche decadenti e Art-Nouveau intriga particolarmente anche un altro campione inglese dell'arte della seconda metà dell'Ottocento; E. Burne Jones il quale non fece parte della Confraternita, se non a latere, tuttavia dedicò molta attività alla ditta di produzione manifatturiera e di arti minori fondata da William Morris, la Morris e Co. Stephen Wildman dedica un documentatissimo saggio alla attività di designer di Burne Jones nel catalogo della bellissima mostra recentemente organizzata, a Roma, da Gianna Piantoni e da M.T. Benedetti, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna. È evidente, come sottolineano le curatrici, che l'influenza degli altri brothers, in ispecie di Rossetti fu grande in Burne Jones. Anche dal punto di vista del materiale tematico: «l'ambiguità della presenza femminile, creatura beatifica e salvatrice o invece tentatrice, emanazione delle forze del basso e della perdizione [... ]», come scrive Barilli nel suo saggio in catalogo, ma come sempre rileva Barilli, se «i contenuti sono gli stessi» tuttavia il «fratello minore» della confraternità sviluppa stilemi e significati che implicano emittenze più composte e contenuti sublimati e risolti in assonanza a molti esiti di artisti Liberty e simbolisti. Il nodo della cultura simbolista europea è ancora tutto da sciogliere, ma è evidente che il riduzionismo iconico di Burne Jones è senza dubbio molto più accentuato di quello di Rossetti e inoltre persino la splendida produzione dei disegni perde le connotazioni icastiche, lo sfumato, la tipica espressione della modernità. I patterns di Burne Jones sono sempre attinti dal patrimonio iconico pre-rinascimentale, ma egli porta alle estreme conseguenze !'«illusionismo inverosimile», più vero del vero, proposto con efficacia, agli albori del secolo, dall'asciuttezza ieratica e dall'evanescenza luminescente dei «progenitori» Nazareni.
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