Kassel non è il Beuys ottimista, ma è un Beuys piuttosto religioso e disperato, come era il Beuys degli ultimi tempi. Il mio intervento, come quello di Herzogenrath, punta sul rapporto tra arte e tecnologia, in particolare analizza la continuità e il mutamento nella relazione tra arte e tecnologia, che ha un peso di un certo rilievo dentro questra mostra. Qui c'è un punto molto importante, che parte, per qualche verso, da una riflessione di Meyer Shapiro, ed è di questo tipo: è esistito un primo momento in cui la relazione con la tecnica del mondo dell'arte si è mossa in termini simbolistici, il momento del mito. La tecnica per i futuristi era ancora un simbolo, un mito, e c'è una situazione paradossale, abbastanza curiosa, di questo tipo: i futuristi, che rappresentano una cultura povera, agricola, come quella italiana, guardano alla macchina come a un simbolo salvifico; mentre i tedeschi, che hanno la più grande civiltà industriale dell'Occidente, a quel punto, guardano con orrore la macchina. Per la cultura espressionista - l'espressionismo ha ormai una periodizzazione tra il 1905 e il 1920, e quindi, almeno per dieci anni, coincide con il futurismo - à quel punto la macchina è simbolo dell'oppressione tecnologica sull'uomo. È abbastanza curiosa la seconda fase, che ha ancora molta influenza sul mondo occidentale, ed è la fase, diciamo, che parte dal Bauhaus di Weimar, della macchina, della tecnica non più come miti, né come simboli, ma come regula. La grande regola della costruzione diventa la tecnica, tutto il moderno dell'architettura guarda alla macchina. Le Corbusier studia gli edifici e gli insediamenti industriali, il Bauhaus costruisce le sue teorie su questa base: e di lì una certa assolutizzazione. Porta. Mi permetto solo di fare un'osservazione rapidissima. L'orrore tedesco verso la macchina si è dimostrato molto pericoloso perché ha fatto sviluppare dal- /' altra parte quei miti tardo-agricoli che hanno permesso al signor Hitler di prendere il potere, usando la macchina, naturalmente. Fagone. Tu sai che su questo punto i tedeschi si sono interrogati fino alla flagellazione nel grande dibattito a Mosca degli anni trenta: quanto l'espressionismo avesse aperto le porte al signor Hitler. Porta. Questo è un grande interrogativo perché la macchina come regola, invece, è un altro discorso, non è oppressiva come credevano. Fagone. Però è stata una regola assoluta, che ha condannato i miti dell'uomo, che ha 'disumanizzato in qualche modo l'uomo, e che ha indotto poi la crisi del moderno. Io credo che la fase vantaggiosa di questo nostro ultimo periodo, ed è quello al quale io lavoro, è che finalmente la tecnica viene ricondotta a strumento, a quello che è: un prolungamento di abilità, di potenzialità dell'uomo. Il che significa dare dimensione di strumento alla tecnica per cui non contraddice le altre possibilità espressive dell'uomo ma le allarga; questa, secondo me, è una prospettiva vantaggiosa. Porta. Infatti è l'atteggiamento che noi oggi abbiamo verso il computer. Fagone. Certo. Debbo dire però che in questo c'è stato un errore che io considero di portata storica, ed è che nel '68, quando c'era il pandemonio «creativo» parigino, proprio in quei giorni, Gilbert Si- ., mondon, un filosofo della scienza molto attento, però accusato di essere chiuso con il senso del momento, pubblicava un piccolo libro che si chiamava Philosophie de l'objet technique e diceva: stiamo attenti, la nostra attitudine occidentale in questo momento crede che l'allargamento delle conoscenze che propongono questi nuovi tipi di strumenti sia ancora una volta un ampliamento di tipo quantitativo, quindi basterà allargare la nostra cultura e assorbirlo. E invece la rivoluzione questa volta tocca l'assetto di conoscenze su tutto l'asse, perché dispone di altre possibilità operative. Questo avvertimento di Simondon - in quel periodo la gente era molto più disposta a sentire Marcuse, che parlava dei giochi dell'arte che conferma e mentre conferma dissacra - è andato disatteso. Oggi, credo, nessuno può negare che gli anni settanta hanno portato l'incremento che viene dai calcolatori, dalla telematica, fino a una dimensione che ha trasformato il mondo. Questa dimensione, come vive nel contesto dell'arte? Non è una nuova ricetta, è una tecnica sulla quale il linguaggio, secondo me, va a innestare le sue operazioni di umanizzazione. In che senso umanizzazione? Quando io lo racconto nelle mie conferenze la gente resta un po' perplessa, ma è un dato certo. Dalla mia posizione, credo, posso dirlo con una certa competenza. Il cinema è nato, ha la sua origine, come strumento medico per l'analisi del movimento, dei disturbi della locomozione. Pensa a quello che hanno saputo fare gli artisti: si sono impadroniti di un neutro strumento scientifico e lo hanno caricato di tutte le potenzialità che ha la forza strutturante del linguaggio. È un'operazione per cui oggi il cinema, cerfo, serve per studiare i disturbi della locomozione, ma è il grande vettore universale della comunicazione. Porta. Mi chiedevo se questa nuova fase - dopo appunto l'avventura post-moderna, che pure è servita a liberarci dal!'eccessiva strettezza e rigidità delle gabbie del moderno - si possa chiamare «new modérnism» o «neomoderno», nel senso che la progettualità recupera_lasua forza. Faccio una divagazione rapidissima nel campo della poesia. Io sono convinto che la lezione moderna di Pound, che bisogna lavorare a progetti, sia assolutamente valida. Cioè, non è possibile mitizzare il linguaggio della poesia, in termini più volgari quello che Sanguineti ha chiamato il «poetese», ma al contrario un poeta che si possa dire neomoderno, come io credo un artista che si possa dire neomoderno, deve lavorare a progetti diversi, cioè usare diversi strumenti rebbe perdere l'absolument. C'è un altro modo di esprimere il come vivere nel proprio tempo. Quello che tu dicevi è giustissimo, tra l'altro mi fornisce una grande suggestione. Per chi verrà a Kassel sarà interessante in mezzo ai quadri trovare la voce di Pound, perché la voce di Pound, per chiunque l'abbia sentito, ha i suoi valori di significazione verbale straordi- .--------TEORIA CRITICA-------. La collana, articolata in saggie materiali, vuol dare un contributo particolarmente attento ai temi dell'Ideologia e delle Istituzioni. Saggi Mario Mineo LO STATO E LA TRANSIZIONE Un saggio sulla teoria marxista dello stato Materiali IL RISCHIO NUCLEARE Analisi del rapporto sull'incidente di Chernobyl a cura di George Axtone EDIZIONI linguistici, o diversi strumenti espressivi, senza farsi condizionare dall'uno o dall'altro. Perché altrimenti si ritornerebbe a una forma di disumanità dell'arte. Oggi cosa vuol dire ritornare allo spirito critico e sentire il peso delle utopie negative? Vuol dire una cosa molto semplice, che poteva sembrare reazionaria cent'anni fa, vuol dire tornare a essere umani. Questa è la mia impressione, quindi non è un compromesso con i mass-media, con la comunicazione di massa o con le tecnologie ET. Carjat, disegnatore; Pothey, xilografo a livello di massificazione e di appiattimento, ma è tutto il contrario, occorre bucare questa superficie dura della massificazione. Mi pare questo oggi lo scopo dell'artista. Fagone. Ieri ero a Torino e dicevo che l'espressione di Coubert che diceva: Il [aut ètre absolument modernes, che faceva arrabbiare ancora negli anni venti il Soffici del «ritorno all'ordine» oggi un artista la formulerebbe nei termini: «Il faudrait ètre modernes» !asceUNICOPLI nari, ma ha un suo valore di immagine sonora straordinario. Porta. E dove si trova la voce di Pound? Fagone. La voce di Pound si trova in una sezione che abbiamo curato con Klaus Schoning, direttore della regione sperimentale di Radio Colonia. Insieme alla voce di Joyce, c'è la voce di Majakovskij, la voce di Henry Chopin, per dimostrare come è esistito - ed è la prima volta che una grande mostra lo fa - un camminare in parallelo delle diverse formulazioni del linguaggio, che si incrociano senza mai addensarsi l'una nell'altra. La gente troverà il design, troverà l'architettura, troverà le nuove tecnologie, la pittura e la scultura, sempre tutto a ridosso, in un percorso di tessuto stretto, e senza però mai, come dire, una sovrapposizione impos1t1va, perché ognuno di questi linguaggi esprime specificità, e la specificità è la forza di ogni linguaggio. Questo, ci è sembrato liberare dalla solitudine, dalla prigionia, questo oggetto a metà feticcio, a metà icona, che è l'opera figurativa, che viva una sua solitudine, quando vive la solitudine della propria espressività, ma vive invece uno scambio così produttivo con il resto degli oggetti linguistici che fanno vivo l'universo della comunicazione, che ci è sembrato positivo andarla a mettere proprio in una posizione dove questo contagio risulta chiaro. Porta. La radio, in questo senso, è emblematica. Fagone. Noi esponiamo quarant'anni, cinquant'anni di radio come immagine sonora. Radio Colonia tira fuori dagli strumenti futuristi, dalla voce di Marinetti, alle voci di Majakovskij, alla voce di Pound, alla voce di Céline - e tu sai che suggestioni ha la voce di Artaud, ognuna di queste voci valgono, ripeto, proprio per la densità e la qualità dell'immagine sonora che propongono. Porta. La voce e la radio sono due mezzi di comunicazione «cakii», che si oppongono a quella televisione che rimane, nonostante i tentativi fatti anche da artisti, ancora «fredda». Fagone. Nella mostra ci sono mo!- te installazioni video. Uno dei nostri compiti, che ci siamo sentiti obbligati a svolgere è quello di non sezionare. Tra certe immagini video e certe opere di Kiefer, per esempio, esistono relazioni più profonde che tra quelle di Kiefer e di un artista neocostruttivista come Armajani, per dirne uno. Porta. Probabilmente la televisio- . ne è ancora troppo recenteper essere stata esplorata davvero fino in fondo. Fagone. Secondo me, qualcuno l'ha esplorata, vedrai. Porta. C'è qualche artista che l'ha esplorata fino in fondo? Fagone. Sì, almeno una decina sono arrivati a toccare dei grandi risultati. Porta. E questo mi pare molto importante, perché può trasformare l'uso del mezzo televisivo. Fagone. Questo in modo assoluto. Tu sai che lavoro molto in questo campo, sono convinto di questo. Porta. Ecco, questo mi sembra molto importante, appunto si tratta di umanizzare la televisione. Fagone. Umanizzare queste nuove tecnologie. Secondo me però, vedi, si rischia di commettere un errore. C'è un luogo che io amo citare sempre, che è un piccolo inedito di Man Ray che noi abbiamo pubblicato presso Feltrinelli con tutti gli scritti di Man Ray e Man Ray dice questo - ed è una cosa che secondo me vale soprattutto per un'esposizione così complessa com'è Documenta. «Per assurdo che possa sembrare oggi - dice Man Ray - quando fu inventata l'automobile, la gente pensò che i cavalli sarebbero scomparsi. Mai furono costruiti in Europa tanti ippodromi quanto adesso. Con il periodo degli ippodromi, i cavalli diventano 'più cavalli'». Dice ancora: «Oggi sembra una follia, ma quando nacquero gli aeroplani, i soliti ben informati interpreti del presente dissero che le automobili sarebbero scomparse. Quando comparve la fotografia - continua Man Ray - tutti dissero: la pittura è morta. Sappiamo che la pittura a quel punto ... » Porta. Diventa ancora più pittura. Fagone. No, si è assistito solamente a un'estensione delle possibilità del linguaggio e dell'immagine. Questa mi sembra una avvertenza che bisogna sempre dare, perché la gente non creda che il video sperimentale vada ad annullare la pittura, il cinema, la fotografia: allarga solo nuove specificità. La mia speranza è una sola: che Kassel, che è una esposizione molto dura, molto faticosa - lavoriamo da tre anni - valga ad aprire una problematicità nell'orizzonte del mondo contemporaneo, valga ad allargare il campo di osservazione delle arti visuali in un contesto più vivace, senza però che questo - perché questo sarebbe un insuccesso - possa significare un tornare indietro. Perché indietro non si ritorna mai. Porta. E se si recupera lo spirito ;:;!; della modernità e si fa una propo- <::s .:; sta neomoderna, mi pare che sia difficile tornare indietro, avendo ormai digerito anche i miti del moderno. ~ ~ t--.._ ~ ........ o ·gg Fagone. Questo è sicuramente il <::s senso di Documenta. Ma essere t: ~ moderni, in questa nuova dimensione critica, non darà salvacon- ~ ~ dotti a nessuno, né rassicurazioni ~ ottimistiche. l - <::s
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==