Alfabeta - anno IX - n. 96 - maggio 1987

dei figli, altri affetti. Non cerca, come Barthes, «l'amour d'un garçon». E quindi non è all'amore che egli rinuncia, ma unicamente a un piacere sessuale, omosessuale. Barthes, invece, rinunciando a O., se'mbra rinunciare anche all'amore, perché per Barthes l'amore è qualcosa di adorabile: è ciò che somiglia a un ragazzo. Questa, mi pare, è la forma enigmatica che affiora tra le pagine di Incidents. Quando scrive Soirées de Paris, la mamma è morta da poco. («Je pensais à mam, au cimetière où elle était. .. »). Forse era l'unico affetto «stabile» della sua vita. Qualcosa è come improvvisamente crollato. ·Cosa rimane? L a lettura del libro postumo di Barthes è sconvolgente perché non si può fare a meno di constatare un dato straziante: come la maggi9r parte degli uomini - e principalmente di coloro che non hanno una famiglia o dei figli, ma solo una omosessualità furtiva e deludente - anche Barthes più che la morte teme la vecchiaia. Certo, la solitudine ha un senso generalmente umano. Fondamentale è un dato antropologico: noi siamo soli, prima di essere in una storia, e quindi dei «maschiacci» (come direbbe Umberto Eco), delle donne, dei gay, degli omosessuali, dei bisessuali, e Dio sa cos'altro ancora. Cionondimeno il senso generalmente umano della solitudine assume forme che sono irrefutabilmente storiche. E quindi è legittimo chiedersi se questo «discorso amoroso» di cui parlava Barthes nei Fragments, non sia anche, a e ome osserva M. Ciliberto in apertura del suo La ruota del tempo, gli studi bruniani sono stati dominati negli ultimi tempi dall'affascinante ricerca di F.A. Yates su Giordano Bruno e la tradizione ermetica (1964), che ha utilizzato la chiave «ermetica»per una radicale e minuziosa rivisitazione della personalità e del pensiero di Bruno. I risultati di questo lavoro sono indubbiamente notevoli e gli garantiscono ormai la dimensione del «classico», ma si può dire che il dinamismo e la pluridimensionalità del percorso filosofico del No/ano sono stati offuscati dallo «stereotipo» del mago «ermetico», che ha «contratto» la figura di Bruno. È accaduto, in breve, che la riscoperta teorica e storiografica del/'«ermetismo» - connessa all'origine con lo sforzo di delineare un concetto più «aperto» e variegato di ragione - sia sboccata in schemi interpretativi che hanno «ridotto» i momenti di originalità della riflessione di Bruno, ridimensionandone lo sguardo sul futuro. Ciliberto osserva a tale proposito: «Si è battuto sulla continuità e sulla 'perennità' di una tradizione, rivolgendo l'occhio alle radici antiche e medievali; si sono isolate linee di svolgimento 'alternative' senza vederne, quando ci fosse, l'intreccio complesso, ma decisivo, con tendenze essenziali della 'modernità' (di una specifica, distinta, 'modernità'). [. ..] Invece di essere ripensàto secondo modalità diverse da quelle antiche, il nesso del No- /ano con la modernità si è offuscato, ha perso senso» (p. 10). Ciliberto vuole appunto ripensare l'esperienza filosofica di Bruno muovendosi verso altre direzioni, ricostruendo cioè l'articolarsi originale di un materiale che conosce tuttavia diverse «struttuuna seconda lettura, proprio il discorso del desiderio omosessuale. È un desiderio che si aggrappa, con dita incerte, a qualcosa che è al di là dell'amore stesso. Forse è un'angoscia che, insieme alla capacità di adorazione, sopravvive all'adolescenza. E, come un misto di potenza vitale e d'inesistenza,· dà, ad alcuni gay, un'acuta ed esiN.M., disegnatore; Ridolfi, litografo gua percezione del tempo. Ma come, attraverso quali transizioni, una tale percezione del tempo si trasforma poi in luce creativa? Questa ultima questione investe un ambito propriamente antropologico, in relazione ai complessi meccanismi psicosociali della creazione artistica e del charisma esistenziale. Ma lasciamo questa difficile questione ad altre occasioni: sarebbe spingere all'estremo indicazioni fuggevoli e rapide. Anche perché l'essenziale della presente nota risiede in uno stato d'animo probabilmente esterno alla letteratura e alla scienza: l'emozione di apprendere che neanche la semiologia può colmare quell'intervallo che è la solitudine di ognun_o, di ognuna. E che non c'è oggi in Europa un sapere radicato in noi a tal punto da impedirci di errare. Barthes possedeva i doni e i mezzi per comprendere la vecchiaia e assumerla (penso, ad esempio, al suo corso su Le Neutre, e anche a quello su Le Vivre ensemble, dove traspare quel «buddhismo» annunciato da Nietzsche come il rimedio del secolo XX, e di cui Barthes tratteggiava i contorni, con molta prudenza, negli ultimi anni di vita). E tuttavia egli raggiunge tutti gli altri, gli uomini ordinari - e specialmente quei gay che sempre più numerosi scrivono ai giornali dicendo che hanno 50 anni, 45 anni, 32 anni! E che tutto è finito. Tutto. Intensendo con ciò la fine del loro potere di conquistare i giovani: conquistare l'amore dei giovani. Esattamente ciò che intende Barthes quando rinuncia a O., dicendo che al di là di lui qualcosa è finito: «l'amour d'un garçon». O quando di sera, «stanco e nervoso», se ne sta a letto e legge «!es petites annonces» di «Libé» o del «Nouvel Observateur»: «Proprio niente d'interessante, niente per i 'vecchi'». Basta, questo, per respirare una bouffée d'abime? E sentire il desiderio di scrivere, nel timore che oltre il foglio non vi sia più nulla - e il terrore, quasi, di varcare l'intervallo della solitudine e trovarsi in uno specchio disabitato, specchiarsi nella propria follia? Per chi si lavora quando si raccolgono i fiati del Verbo? La celebre domanda di Sartre - ripresa da Barthes - «Che cos'è la letteratura?» è sicuramente una domanda molto più inquietante di quanto non possa sembrare a chi non vi trova più un impegno che ci accomuni, e neanche una. responsabilità morale, ma niente altro che l'aspetto tecnico, o astratto. O anche solo qualche vaporosa inconsistenza, a furia di raffinare e affinare la critica ... E anche Incidents è un libro inquietante. Come Autore anonimo possiamo restare tranquilli dopo aver letto che Barthes è morto di letteratura, di leggerezza, di solitudine? Quando uno è così triste la parole non servono. Non c'è che da prendergli la mano ... Penso alla copertina di Fragments, dove l'angelo conduce Tobia e si vede solo il particolare del gesto, un tocco leggero. Forse ci si sente chiamati a scrivere perché si ha un presentimento. Il presentimento di un destino al quale si vuole sfuggire? _Mapare che né la più raffinata cultura, né gli utili immediati resi ai potenti di questo mondo, rappresentano uno scampo contro la pena capitale e la sua incomparabile singolarità. GiordanoBruno razioni», dei veri e propri «rivolgimenti concettuali», e individuando dei punti d'insistenza teorica che contribuiscono al formarsi di cicli filosofici, accompagnati e sostenuti da «ritorni al passato» e proiezioni sul futuro. In questa prospettiva, l'interpretazione di Ciliberto si contrappone a quelle caratterizzate da schemi «ermetici» o da schemi «laici» (considerati come univoci e lineari), oppure a quelle segnate da un'immagine «pacifica» e «progressiva» dei tempi della modernità. È così che in La ruota del tempo s'insiste sulla capacità bruniana d'interrogare la propria epoca: ciò vuol dire scegliere un «livello di lettura» diverso da quelli che si esprimono comunemente nel/'analisi della filosofia nolana all'interno del contesto definito dalla discussione sugli elementi caratterizzanti la moderna «rivoluzione scientifica». E infatti Ciliberto analizza la concezione etico-politica e la particolare filosofia della storia di Bruno, soprattutto mettendo a fuoco il significato complessivo degli anni del/'esperienza inglese (1584-1585), che dimostra il maturarsi della consapevolezza di vivere nel tempo della piena decadenza della civiltà, dell'umanità. È nello scontro con i teologi puritani oxoniensi che si realizza la «scoperta» da parte di Bruno della necessità di una nuova religione «civile» e «naturale», che con la «riforma» dei costumi e delle forme di vita, degli stili, degli uomini potrà «riformare» lo stesso sapere filosofico e scientifico. L'individuazione della centralità della problematica etico-refi-_ giosa si basa sulla consapevolezza bruniana - conquistata proprio in Inghilterra - dell'impossibilità di separare la ricerca cosmologica Ubaldo Fadini dalla collocazione religiosa. È in questo senso che l'apertura scientifica del No/ano si accompagna sempre più strettamente a riflessioni di natura appunto etico-politica: la critica alla «pedanteria» del/'esegesi luterana si affianca così alla rivelazione del carattere «ozioso» del/'«asinità» paolina, nella presa d'atto che per uscire dalla fase di decadenza della civiltà è necessaria una nuova religio. La stessa idea di una renovatio mundi, sviluppata nelle conclusive opere di magia, affonda le sue radici sul terreno concettuale definito dall'identificazione di Lutero, dei puritani, con gli angeli male/iG. Grevedon, disegnatore; C.E. Weber, incisore, Ber/in, 1830 chiaia, disordine e ingiustizia; si sono rovesciati i principi umani, divini e naturali, chiamando morte la vita, iniquità la giustizia, misericordia la collera di Dio. Ma tra Dio, uomo e natura non c'è asimmetria, opposizione, incomunicabilità. Essi possono parlare, intendersi, interagire. La vera sapienza sta nel cogliere l'unione, non l'opposizione; nell'individuare la pluralità innumerabile delle vie della comunicazione» (pp. 168169). La renovatio mundi vuole rappresentare nella ruota del tempo il ritorno della fatica al posto dell'ozio, di un rapporto tra linguaggi infiniti e infiniti «sentimenti» dell'uomo. Il «ringiovanimento del mondo» pretende di favorire il riagganciarsi alle radici della vita, anche e soprattutto attraverso lo strumento della magia, vera e propria alternativa alle religioni tradizionali. Bruno apre alla molteplicità «qualitativa» che si dà nel- /' esperienza dell'uomo e nella ricchezza dei linguaggi che caratterizzano le dimensioni della realtà: in questa prospettiva, niente deve essere trascurato o rimosso, poiché tutto, anche i «minimi», le «minuzzarie», hanno peso e significato ali'interno del/'ordine del mondo. Non si può allora che sottolineare la comprensione civile del - ruolo della stessa religione, svici (angeli nocentes) di cui si parla luppata da Bruno sulla base di una nel/' Apocalisse ermetica. E la re- sorta di «erasmismo», posta infine novatio mundi coincide con la ri- a fondamento della renovatio unicostruzione dell'idea di giustizia. versale. È nello Spaccio de la beCiliberto osserva a questo propo- stia trionfante che si assume la disito che «ricostituire la giustizia mensione religiosa come autentica umana, divina, naturale - e i loro radice della civiltà, del sapere in intrinseci rapporti - significa, an- tutte le sue forme: si tratta di riscozitutto, riafferrare i nessi infranti prire l'antica religio per mettere fitra Dio, uomo, natura. [. ..] Nella ne alla decadenza, a quell'ozio religione pedantesca di Paolo e di che ha causato il nesso tra parole e Lutero si sono congiunti vec- cose, tra Dio, uomo e natura. È Uscendo da una colazione con Mitterrand - per rendere simbolica questa circostanza - un intellettuale passa davanti al Collège dove quel giorno non ha corso. E si sente improvvisamente solo e come staccato dagli altri - gli amici, i compagni, gli studenti per i quali stava preparando un ciclo di lezioni sulla fotografia in Proust e il suo tempo, per il sabato succ~s,sivo;la strada diventa leggera, troppo leggera. 'È a questo punto che sorge (dalla vie di una città anch'essa diventata una vaporosa indeterminatezza) il furgone di una lavanderia: una pesantezza che, forse non vista, si teneva al suo fianco. Sicché, mentre cerchiamo di verificare il funzionamento di un apparecchio fotografico (per scrupolo, perché vogliamo essere fini, precisi) possiamo essere travolti da un fattorino, o da un qualsiasi altro personaggio troppo reale della letteratura: I' enfant terrible di Cocteau, per esempio, per il quale la morte sopraggiunge nella forma di un giovane operaio, un vetraio. Come il principe Andrej ferito a Austerlitz, possiamo esclamare: «Cos'è, cado, le mie gambe vacillano». E, come in Guerra e Pace di Tolstoj, svegliarci riversi sul marciapiedi di rue des Ecoles, non vedendo al di sopra di noi altro che il cielo: «un cielo velato, ma altissimo, immensamente alto». Lui solo finalmente vuoto. E - poiché senza forma, senza colore, senza tangibilità - finalmente senza braccia da tendere; né gambe per tremare, né voce, né fiato per adorarlo. opportuno ricordare ancora che Bruno fu di fatto costretto a confrontarsi in termini polemici, aspri con l'opera di Lutero, criticandone gli aspetti anche antropologici, etici, civili: ciò perché la sua ricerca si apre alla pluralità inesauribile dei campi d'esperienza umana, per coglierne le differenze e gli intrecci, i nessi che li connettono. Ciliberto sottolinea con opportuna insistenza come Bruno da «filosofo» divenne «riformatore», come si dedicò, al di là dell'indagine scientifica e cosmologica, a problemi di natura etico-politica. In questa prospettiva, al centro del/'analisi si collocano «naturalmente» gli anni e gli scritti del periodo «inglese», in cui si manifesta come Bruno fu ricondotto dalle questioni del/'«infinito, universo e mondi» ai problemi originari «del/'esperienza etica dell'uomo e dei 'fondamenti' della società. Nella saldatura tra etica, conoscenza e religione; tra una nuova visione del mondo e nuovi principi civili, religiosi, filosofici, sta, in fine, il destino e il carattere della sua filosofia, della renovatio mundi animata dalla 'musa' nolana. Furono 'scelte' in cui s'intrecciarono inestricabilmente 'caso' e 'volontà'; 'libertà' e 'necessità'. Soprattutto, fu un lungo, difficile processo, iniziato a Napoli, nella seconda metà del Cinquecento, in un convento domenicano. Ma non erano predestinati, in alcun modo, gli esiti eccezionali ai quali seppe, in fine, pervenire» (p. 15). M. Ciliberto La ruota del tempo Interpretazione di . Giordano Bruno Roma, Editori Riuniti, 1986 pp. 249, lire 24.000

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