guarda Saussure le innumerevoli discussioni sulla dialettica linguistica/semiologica (con le sue varianti: comunicazione/significazione, denotazione/connotazione, ecc.) hanno in qualche modo già affrontato il problema, ben diversa è la situazione per quel che riguarda Sartre (dove ci viene in aiuto l'interessante messa a fuoco recentemente condotta da Gianfranco Rubino, L'intellettuale e i segni, Roma, Ediz. di storia e letteratura, 1984) e, peggio ancora, di Brecht (il cui peso nel pensiero di Barthes è, si sa, determinante, ma pochissimo studiato: tutto il capitolo su Barthes e il teatro, nota Jouve, è ancora da scrivere). Un altro problema basilare è quello della terminologia barthesiana: se hanno fatto il loro tempo Roland Barthes Incidents Parigi, Seui!, 1987 pp. 116, franchi 55 Fragments d'un discours amoureux Parigi, Seui!, 1977 pp. 280, s.i.p. L eggo l'ultimo libro postumo di Roland Barthes, Incidents, un piccolo volume, davvero esiguo, curato da François Wahl, incaricato dalle edizioni Seui! di raccogliere !'_opera ancora non pubblicata del maestro. Composto principalmente di aforismi scritti nel 1969 - quando soggiornò in Marocco, dove svolgeva corsi all'università di Rabat - Incidents contiene anche le sole pagine di diario che pare egli abbia mai scritto. I fogli portano date che -risalgono all'agosto e al settembre del 1979. Circa sei mesi, quindi, prima di quell'incidente stradale del 25 febbraio 1980, quando il furgoncino delle consegne a domicilio di una lavanderia parigina, lo travolse mentre attraversava la strada des Ecoles, all'altezza del Collège de France, dov'era professore da quattro anni. Morì un mese dopo, alla Salpetrière. Sono passati - per rendere simboliche queste date - sette anni dalla morte di Roland Barthes. E dieci dalla pubblicazione dei Fragments d'un discours amoureux - che continuano ad essere così poco «moderni», e sempre più inattuali, sempre più solitari, incidentali ... Anche nei frammenti letterari freschi di stampa, in questi Incidents pubblicati poco fa, la scrittura non parte da una identità culturale, ma da situazioni amorose. Qua è là vi affiorano ancora interrogazioni sulla forma dello scritto - del suo stesso scritto nel momento in cui si va facendo scrittura ... Ma il testo non passa attraverso i tunnel ideologici, e neanche attraverso le ingiunzioni di quella scienza - la semiologia - di cui Barthes, al seguito di Saussure, fu l'iniziatore. Esito nel dire, a posteriori, che questi Incidents appartengono al ~ corpus dell'opera barthiana, a una <::i collezione finita di materiali utili .s g,o I::), t-,. ~ ....., .si gg <::I E alla riflessione e alla critica. Esito perché è come se mancasse un collegamento con l'opera barthiana che conoscevo, e cioè solo i testi «maggiori»: da Il grado zero della scrittura, a S!Z e a Sade, Fourier, Loyola, passando - così alla rinfusa - per gli Elementi di semiolot! gia, il Sistema della moda, L'im- ~ pero dei segni. Vi passarono il l marxismo, lo strutturalismo, la ~ psicoanalisi, insieme alla magistrale note critiche di un Mounin all'uso indiscriminato che Barthes faceva delle categorie linguistiche, conserva invece tutta la sua importanza la voluta ambiguità semantica che una parola come écriture crea nei testi critici e teorici di Barthes. Spiega bene Jouve, a questo proposito, come l'apparente contraddizione tra la connotazione peggiorativa della «scrittura» dei primi anni (mitologia sociale della Letteratura) e quella euforica del secondo periodo (perversione linguistica dell'ideologia borghese) è facilmente risolvibile tenendo presente la doppia valenza del concetto barthesiano di mito: inteso una volta come naturalizzazione del segno ed un'altra come liberazione dal senso unico del discorso. Egualmente, bisognerebbe verificare le valenze teoriche di categorie a prima vista ovvie come connotazione, funzioni del racconto, opera/testo, e così via. A quando un lessico ragionato? Le questioni si moltiplicano a dismisura: è ancora da analizzare, ad esempio, il rapporto di Barthes con la politicizzazione e/o ideologizzazione dei linguaggi (si ricordi la nota affermazione della Leçon sulla lingua «fascista»: e si tenga presente la significativa «autocritica» di De Mauro posta a premessa del libretto della Lagorio ); inoltre, occorre ripensare per intero l'atteggiamento di Barthes verso l'odiamata semiotica (si veda l'affermazione di Fabbri: «ci segue come guida, o ci precede per perderci», p. 94); ulteriore problema è quello del rapporto con i linguaggi iconici, sia nel senso dell'immaginario sartriano o lacaniano, che, più propriamente, delle arti !igurative e cinematografiche. Ancora: la questione della stereotipia, presente in profondità negli scritti di Barthes, sembra poter fare da filo conduttore ed unificante a molte delle scelte teoriche e metodologiche e ad alcuni dei cambiamenti bruschi e apparentemente immotivati della sua ricerca. Certo, si dirà, un tale elenco· programmatico di questioni critiche al momento considerate aperte delimita lo spazio di azione del testo barthesiano, riporta l'aura della scrittura al rigore dell'intellettualità accademica, restringe l'indefinita polisemia della deriva agli schemi censori di un sistema lncidents le interrogazione «sulla lingua» ... Le forme non sembravano un enigma; i discorsi si potevano decodificare, vi si potevano rintracciare i contenuti ideologici, addirittura una certa responsabilità politica - che era come una deviazione, con collegamenti difficili da descrivere. Leggendo Incidents, l'ultimo Barthes, ci si urta (è questa l'impressione) più che a un corpus al corpo stesso di Barthes, alla sua quotidianità (principalmente quella trascorsa fuori casa, tra febbrili passeggiate tangerine e serate parigine). E sorgono fantasmi, spettri di una passione scomparsa, incontri - incidents, appunto -, insomma qualcosa d'irriducibile che per tranquillità mi dico che sono ancoraforme; magari enigmatiche solo perché forse troppo soggettive, troppo intime, troppo solitarie. In Incidents è del corpo di Barthes che si tratta: leggiamo di mal di testa e di acidità di stomaco, di touche-pipi esotici in Nordafrica e di sveltine fra Tangeri e Saint Germain con qualche gigolo di passaggio, amori venali ... Insomma, un Roland Barthes intimo come non lo si era mai letto! Delibération, questo il titolo del testo consegnato alla rivista «Te! Quel», in cui Roland Barthes s'interrogava sulla sua incertezza nei confronti della pratica «tenere un diario». Subito dopo aver consegnato questo testo, Barthes tiene un diario per una ventina di giorni, dal 24 agosto al 17 settembre 1979, con annotazioni che lo destinavano alla pubblicazione con il titolo di Soirées de Paris. Qui, sei mesi prima della morte nel marzo 1980, Barthes constata che la sua vita sentimentale era stata uno scacco definitivo: «Se prendo uno a uno i miei amici, ogni volta è uno scacco. Non mi resteranno più che i gigolos. (Ma cosa farò allora durante le mie uscite? Noto continuamente che i giovani desiderano subito, in loro, d'innamorarsi di loro stessi. Cosa sarà per me lo spettacolo del mondo?)» Gloria, moda e mondanità, piacere dell'intelligenza non sono più che vaghe abitudini comparate a questo abisso: sono vecchio, sono solo, a che serve la mia vita? Questo maestro del senso, estremamente raffinato e piacevole, ci parla di una disperazione del desiderio; e ce ne parla con tristezza. Nello stesso tempo ce ne parla con grande generosità, senza indietreggiare davanti ai rischi dell' enunciazione, e anzi con la consapevolezza che la scrittura è fondata nella scrittura, cioè nella solitudine e nell'etica della solitudine. Sicché egli voleva essere letto, e Gianni De Martino non c'è altro modo di leggere questi Incidents che smettendo di chiederci «Cosa vuol dire?». Baudelaire si sarebbe richiamato all'- hypocrite lecteur, al suo simile. E anche noi, se vogliamo leggere Inc_idents, dobbiamo fare appello al fantasma di una complicità, rischiare di perdere i supporti della nostra identità culturale, e indossare quella solitudine che fa scrivere. Insomma, occorre una passione che accomuni autore e lettore per una stessa essenza, anche se non per un comune destino ... Occorre - per leggere - una misericordia senza risparmio, occorre rischiare di diventare generosi ... CJ è, nella scrittura di questi Incidents - purtroppo brevi e doppiamenti tristi anche per questo, perché vorremmo saperne di più ... - c'è, dicevo, come uno scacco del desiderio, una • c1ne more di essere respinti; c'è quella fascinazione, un po' stupida, che fa esclamare all'amoroso dei Fragments: adorable! Nello sguardo che Barthes rivolge al grazioso ragazzo, c'è qualcosa che già conosciamo, qualcosa di letterario: Morte a Venezia. Tadzio colpisce ancora? Ma chi è Tadzio? E chi è O.? Probabilmente è l'immagine ideale di un ragazzo che è stato e che tuttavia ancora somiglia all'amore e suscita un affetto simile a un dolore lancinante. Con le parole dei Fragments, questa «fascinazione» è «lo stesso della mia Immagine, impropriamente il proprio del mio desiderio». In altre parole, è lo scacco del linguaggio amoroso, così come anche «la gloriosa fine dell'operazione logica», perché l'amore ci disarma e - caduti in questo lago stregato - non possiamo che praticare questo stato inaudito che è la G 1nema Rivista trimestrale fondata da Adelio Ferrero in edicola e in libreria il numero 47 nel nuovo formato a colori 100 pagine Lire 10.000 In questo numero: De Palma, Russell, Jarmusch, Rohmer, Scorsese, Resnais 10 storie per r.Jm-maker Busi, Comolli, Fiori, Lodoli, Manfredi, Pane barco, Pascutto, Piersanti, Rasy, Tondelli Abbonamento a quattro numeri Lire 35.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Edizioni Intrapresa disperazione, una forma di psichismo difficile da definire (depressione, forse?). «Ho suonato un po' il piano per O., quando me l'ha chiesto, sapendo fin da allora che avevo rinunciato a lui; aveva i suoi bellissimi occhi, e la sua figura dolce, addolcita dai lunghi capelli: un essere delicato ma inaccessibile ed enigmatico, a un tempo dolce e distante. Poi l'ho mandato via, dicendo di avere del lavoro da fare, sapendo che era finita, e che al di là di lui qualcosa era finito: l'amore di un ragazzo.» Prima ancora del sesso, prima ancora della morte, la scrittura sembra organizzarsi attorno a quell'estremo tabu che è la solitudine. E in questa delicatezza, in questo pensare di essere «troppo scrupoloso o malaccorto» per imporre il proprio desiderio c'è il titautologia: «C'est adorable! Est adorable ce qui est adorable». Come un disco rotto ... Girando a vuoto (O. potrebbe anche leggersi come «zero», benché si tratti di una «o»: l'iniziale di un nome, quella di un certo Olivier G.). Nello stesso tempo, questo ragazzo è anche un uomo più giovane, lui stesso attraversato da una distanza che forse cercherà di colmare con sempre nuove esperienze, sfuggendo continuamente al desiderio di un vecchio. Sembrerà crudele, ma è vitale che un giovane vivo e concreto si allontani dal desiderio dei vecchi. Le agonie dei vecchi - o di chi si sente vecchio - non possono rodere dal di dentro e per troppa vicinanza la vita di un uomo molto giovane. «Gli ho chiesto di venire vicino a me, sul letto durante la siesta; è venuto di coordinate concettuali. Si obietterà con fervore che in tal modo si mette Barthes contro se stesso. È vero: ma non si era detto che tradirlo era il miglior modo per rendergli omaggio? Cominciamo allora con il tralasciare quell'affermazione pericolosamente nichilista, troppo umana ma inquietante, che l'ultimissimo Barthes faceva nelle sue Chroniques sul «Nouvel Observateur: «Stamattina ho ricevuto per posta un distintivo: 'Io sono un intellettuale, e voi?'. Mi immagino subito di portarne, ben visibile, un altro: 'Non occupatevi di me'» (Mitologie di Roland Barthes, p. 31). molto gentilmente, si è seduto sui bordi, ha letto un libro d'immagini; il suo corpo era lontanissimo, se tendevo il braccio verso di lui, non si muoveva, chiuso: senza alcuna indulgenza, compiacenza; egli è d'altronde subito andato via nell'altra stanza. Sono stato preso da una specie di disperazione, avevo voglia di piangere.» Thomas Mann e in seguito Luchino Visconti hanno espresso molto bene questa fascinazione della vecchiaia per le età più tenere. Cos'è dunque questo fossato, come si dice, che separa le generazioni? Forse è una fascinazione che è come una trance; uno stupore che è l'intervallo che il tempo stesso ha scavato ... Come può un giovane ripagare i vecchi che gli hanno dato la vita, il lavoro, i libri, l'adorazione? I vecchi, in genere, vengono percepiti come la fonte delle insoddisfazioni attuali di un giovane. È una lotta, spesso mortale, tra un figlicida e un parricida ... Come può un giovane vedere le sofferenze dei vecchi, le loro vite impoverite o trascurate, e soprattutto percepire la solitudine dei vecchi, così fragili e dimenticati. Ciò che sorprende, in ogni caso, non è quel moccioso di Tadzio, o la dolcezza «enigmatica e distante» di quel capellone di Olivier: ciò che sorprende è lo sguardo esasperato di Barthes, che tende le braccia come un neonato. Ciò che sorprende è questo doppio movimento: braccia verso l'alto, in adorazione del senza nome;. braccia tese verso il ragazzo, seduto ai bordi del letto ... C'è qualcosa che sembra essere più forte e duraturo di ciò che stupidamente accade, e che forse è sublime e presto si consuma. C'è, infatti, la letteratura, che è più forte della morte. C'è lo sguardo del geniale compositore von Aschenbach, che nasconde lo sguardo di Thomas Mann rivolto al giovane apprendista seminudo di cui è questione in pagine di diario del 1919. Non è un fossato, quindi, ma una trance, Ed è come nel racconto manniano Mario e il mago, quando il più vecchio e il giovane si guardano, non si vedono, e s'ipnotizzano. Il mistico Amhad, il fratello di al-Gazhali, raggiungeva l'estasi contemplando un bel ragazzo nella sua nudità, e però deponendo fra sé e l'altro, in segno di separazione, una rosa. Quasi allo stesso modo, Thomas Mann si propone di limitare il godimento («rapimento», scrive nei diari) all'immagine. Mann racconta la soddisfazione che prova guardando i corpi maschili nudi che si vedono nei film nazisti dell'epoca. A differenza di Barthes, egli è sposato, ha
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==