realtà. Anche in ciò Schulz si avvicina a Heidegger, per il quale la scienza caratterizza l'epoca in cui viviamo più di quanto abbia marcato qualsiasi età precedente. Nel suo dispiegamento nella tecnica, la scienza ci riguarda e riguarda quindi anche la filosofia. La lucida e irremovibile critica cui Heidegger ha sottoposto la scienza rappresenta anche un confronto con essa. Per Heidegger l'essenza della tecnica determina il modo del1 'essere nell'epoca contemporanea: è con questa essenza che il pensiero filosofico deve confrontarsi. Che poi questa attenzione si sia trasformata in rifiuto è solo la metà della visione heideggeriana: Mitologie di Roland Barthes I Testi e gli Atti a cura di Paolo Fabbri e Isabella Pezzini Parma, Pratiche, 1986 pp. 352, lire 23.000 Vincent Jouve La littérature selon Barthés Paris, Minuit, 1986 pp. 109, franchi 59 Silvia Lagorio Introduzione a Roland Barthes Firenze, Sansoni, 1986 pp. 88, lire 10.000 Philippe Roger Roland Barthes, roman Paris, Grasset, 1986 pp. 334, franchi 95 A nnunziando il Convegno Mitologie di Roland Barthes, che si è svolto a Reggio Emilia nell'aprile del 1984, un noto settimanale italiano aveva parlato di un fantomatico ritorno a Barthes, di una sorta di ribellione verso il presunto oblio di quest'autore un tempo à la page. Intervenendo al Convegno - di cui adesso esce il volume degli Atti e dei materiali diffusi in quell'occasione - Umberto Eco citava l'episodio come esempiò del solito vezzo dei mass media di cercare novità dove non ci sono, e sottolineava che, al contrario, «di quest'uomo si può dire tutto, tranne che sia stato dimenticato» (p. 298). Se durante la sua carriera era stato un intellettuale particolarmente controverso che aveva dato adito a polemiche più o meno barricadere, dopo la sua scomparsa.Barthes è divenuto un personaggio sostanzialmente indiscusso. E questo perché, argomenta ancora Eco, egli era uno di quei maestri, i quali, piuttosto che approntare modelli da offrire agli allievi per una pedissequa applicazione, offrono se stessi, la propria sensibilità e il proprio fiuto, come Autore anonimo, presso Francesco Lucca, Milano infatti, incarnando il destino stesso dell'oblio dell'essere la scienza deve sottostare a una critica inamovibile ma nel contempo deve essere accettata nella sua essenza. Credo che Schulz riprenda proprio il duplice passaggio indicato da Heidegger: è necessario percorrere l'essenza metafisica della scienza in tutta la sua profondità, per poterla oltrepassare. Ma a differenza di Heide.gger, egli non colloca !'al di là della metafisica nell'ontologia, bensì nell'etica. L'aspetto più originale di questa randonnée attraverso il pensiero contemporaneo è costituito proprio dalla rivalutazione dell'etica, imperniata sul concetto di responfonte di ispirazione e di inevitabilé tradimento. Tradire Barthes è diventato così il miglior modo per ricordarlo e per seguirne àllusivamente il tracciato intellettuale e scrittorio. L'enorme numero di in° terventi in memoria di, necrologi, ricerche a partire da, testi in onore, numeri monografici di riviste e, in fondo, lo stesso incontro del 1977 di Cerisy (Pretexte: Roland Barthes, ora in volume: Paris, U.G.E. 10/18, 1978), dove alla sua presenza si è reso omaggio all'ultimo ed insolito maftre-à-penser parigino, hanno perciò prodotto un vero e proprio manierismo che si potrebbe definire, per ragioni di comodo, barthismo. È accaduto quel che Barthes aveva paventato molto spesso, e da ultimo anche a Cerisy: essere trasformato in frite, divenire uno stereotipo culturalè, puro e semplice nome proprio che si ripete infinite volte senza alcuna ulteriore pregnanza discorsiva. Il barthismo (o, se si vuole, la barthità) è quella maschera dietro cui si nasconde la diaspora di una scuola, che, prendendo alla lettera gli insegnamenti del maestro, è riuscita in pochissimo tempo ad annullare la trentennale attività di ricerca, i risultati teorici già raggiunti, le vie ancora da percorrere. Quantò lo stesso Barthes fosse responsabile di questa impietosa gestione del suo difficile lascito testamentario non è forse molto importante da comprendere; o meglio: per comprenderlo occorre almeno - dando indirettamente ragione a quel settimanale in cerca di scoop - rapportarsi a Barthes in altro modo: non tanto usarlo come pretesto per discorsi altri, ma interpretarlo con attenzione critica, rileggerlo con gli occhi dello storico e, perché no, del filologo (cosa che lo stesso Eco per certi versi auspica nel momento in cui si oppone alle teorie testualiste di presunta origine barthesiana). Il Convegno di Reggio Emilia, Gaetano Rossi, disegnatore; Panigati, litografo sabilità. Attualmente il problema etico rappresenta uno tra i luoghi più indagati del campo filosofico: dalla logica dell'argomentazione all'analisi linguistica, dalla filosofia pratica all'agire comunicativo, dalla Fernethik di Hans Jonas al1'etica sociale, dal pensiero di Lévinas al Mitleidenkonnen di Werner Marx, l'etica assume il ruolo di categoria fondante. La caratteristica che unisce, almeno parzialmente, questi tentativi è il mantenimento di un punto di vista mondano, di un'etica antropologica. Alla domanda di H6lderlin: «C'è una misura sulla terra?» non verrebbe più risposto negativamente: «non c'è nessuna misura», ma la ·pensato élaPaolo Fabbri e ·Isabella Pezzini come riproposta critica di quello di Cerisy, ha segnato una • svolta negli 'studi su Barthes, ha inaugurato la fase in cui il testo barthesiano può (o deve) essere letto metalinguisticamente, senza più l'ossessione nai've del tradirlo o del non tradirlo. Così, accanto al «misura» dell'uomo sembra essere ritrovabile nell'etica. L'analisi sistematica del problema etico viene svolta da Schulz nell'ultima sezione di quest'opera, che costituirà il quinto volume dell'edizione italiana, ma anche nei primi due la nozione di responsabilità funge da parametro metodico. Sia come principio regolativo della teoria e dell'applicazione scientifica, sia come tendenza al superamento della filosofia della soggettività, la responsabilità rappresenterebbe il concetto cniciale della nostra epoca. Assumersi la responsabilità del pensare e dell'agire significherebbe procedere verso un'etica «non metafisica», dimensione in cui si testimoniano, ciascuna a suo modo, della necessità generalmente diffusa di un ripensamento complessivo e paziente dell'intera opera barthesiana e delle innumerevoli questioni problematiche che essa ha agitato nell'arco di una ricerca travagliata, attraversando metodologie, ideologie, lotte poliLaGola5 Nuova serie Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale 84 pagine a colori, Lire 7.000 In questo numero: Bodybuilding e vegetali Gli anni cinquanta Il diario di Sylvia PlatJt Un menu di pane •Abbonamento per un anno (11 numeri) Lire 70.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 • Edizioni Intrapresa ricco volume delle giornat_ereggiane, è possibile segnalare le recenti pubblicazioni di Vincent Jouve, che traccia un interessante bilancio della riflessione barthesiana sulla letteratura, di Silvia Lagorio, che propone una meditata introduzione al pensiero di Barthes, di Philippe Roger, che, pur presentandosi con l'ambigua veste del romanesque barthista, ripercorre in termini singolari il tracciato che va dagli anni del Degré zéro de l'écriture ai trois contes (l'autobiografia, l'amore, la fotografia) dell'ultimo periodo. Si tratta, com'è ovvio, di ricerche molto diverse tra loro, ma che Autore anonimo tiche e ismi di varia natura. Tra l'altro, riprendere tali questioni significa al contempo contribuire a sfatare alcuni idola solidificati da troppo tempo a proposito di Barthes, i quali, più che far luce sul suo pensiero, ne hanno invece ottunderato l'intellegibilità. Così, innanzitutto, il trito luogo comune che fa di Barthes un écrivain ( opposto all'écrivant), per cui nei suoi testi bisognerebbe andare a cercare la pura jouissance piuttosto che un articolato e coerente sistema di idee. In secondo luogo, l'idea di un Barthes «romantico» (Todorov e, per altri versi, Sontag) che varierebbe ostinatamente ·Je proprie A. Kunike, litografo, Wien concentrerebbe il paradigma del «prendere sul serio» la metafisica. La nostra comprensione della realtà e quindi anche le interpretazioni del panorama culturale, le nuove vie del pensiero, dipenderebbero dall'intensità etica del nostro accesso alla realtà, che sarebbe dunque afferrabile «solo a condizione che l'altro sia per me al tempo stesso esigenza di riconoscimento e fondamento del ' mio essere, cioè a condizione che il suo essere sia 'vincolante' per il mio essere» (ivi, p. 127). prospettive concettuali, al punto da annullarne del tutto il valore: in realtà, e i quattro libri presi in esame lo sottolineano, è possibile individuare al di sotto degli spostamenti teorici una intenzionalità di ricerca ed una profondità di pen-. siero. Ancora, la convinzione del fallimento della semiologia di impostazione linguistica (o translinguistica) e, con essa, delle •intere metodologia e filosofia strutturaliste in nome di una più corretta destrutturazione o decostruzione postsemiotica: per Barthes, molto semplicemente, la messa tra parentesi del progetto semiologico non voleva essere la dichiarazione di una sconfitta, ma il lascito di un'eredità ricca e complessa, ancora da meditare e da costruire; così, ad esempio, Jean-Luc Giribone ha ricordato (Mitologie di Roland Barthes, pp. 265-270) c~e Barthes non rinunziò mai all'idea di scrivere delle nuove analisi mitologico-critiche sulla società di massa, solo che la complicazione del suo quadro teorico lo orientò verso altri oggetti o interessi. A ndando adesso alla pars costruens, mi limiterò a tracciare alcune delle questioni cruciali della critica dei testi barthesiani, alle quali tuttavia si è ancora lontani dal fornire delle risposte definitive. Prima questione potrebbe essere quella dei presupposti teorici ai quali Barthes ha affidato le radici della sua ricerca, ovvero dei predecessori che egli si è in qualche modo creato agli inizi della sua riflessione sulla letteratura e sul senso. Occorre cioè ritornare a rifl_ettere, nota bene la Lagorio, sui rapporti tra Barthes e autori come Sartre, Saussure o Brecht, sull'indubbia influenza che il pensiero di questi tre numi tutelari della cultura novecentesca ha esercitato su testi come il Degré zéro o le Mythologies. E se per quel che riAutore anonimo
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