11 linguaggi@l/auhna sesso? Patrizia Violi L'infinito singolare Considerazioni sulla differenza sessuale nel -linguaggio Verona, Essedue, 1986 pp. 228, lire 18.000 L, indagine muove dalla convinzione che la differenza sessuale rappresenti una dimensione fondamentale della nostra esperienza, e si propone di interrogare i modi in cui essa si iscrive nel linguaggio, e, ancora, come una categoria così apparentemente presemiotica possa avere un ruolo nel sistema umano maggiormente simbolico: «Il linguaggio, in quanto sistema che riflette la realtà sociale, ma al tempo stesso la crea e la produce, diviene il luogo in cui la soggettività si costituisce e prende forma, dal momento che il soggetto si può esprimere solo entro il linguaggio e il linguaggio non può costituirsi senza un soggetto che lo fa esistere» (p. 10). Uno dei luoghi privilegiati in cui pare esprimersi la differenza sessuale, e la stessa possibilità che la soggettività femminile vi trovi espressione, è identificata nella categoria di genere grammaticale. Ma la lettura del modo in cui essa è stata teorizzata, rivela un'inadeguatezza esplicativa sintomatica, secondo l'autrice, dell'assunzione implicita di una teoria della differenza sessuale dove i termini polari che la articolano, maschile/femminile, sono in realtà considerati non come due termini paritetici di un'opposizione logica, ma in pratica l'uno, il femminile, come limite e scarto derivativo rispetto all'altro: non a caso, infatti, il maschile occupa una doppia posizione, di termine spècifico per uno dei due sessi e di termine generico che sta per l'universalità del genere umano. Partendo dalla considerazione che l'oggetto di indagine non può essere completamente scisso dalla soggettività di chi io indaga, Violi individua già negli assunti teorici e metodologici di linguisti e antropologi il luogo di esclusione del soggetto femminile: come dimostra nella rilettura di Lévi-Strauss, che pone la proibizione dell'incesto come evento fondante della società e riconosce alla donna doppio statuto comunicativo, in quanto produttrice di segni oltre che segno essa stessa nello scambio fra gli uomini, ma dotata di un valore solo in quanto lo è per l'uomo. Anziché trattarsi di un «tratto arcaico» (Sapir), la differenza sessuale espressa dai sistemi del genere nelle lingue può allora essere esplorata come portatrice di un senso, di un investimento simbolico precedente le forme manifestate, già strutturato e perciò capace di produrre a sua volta significazione. E se il riconoscimento di questo simbolismo nella manifestazione è presente nelle ricerche di alcuni linguisti, come Jakobson, il luogo teorico che ne potrebbe essere il presupposto risulta vuoto. Nei linguaggio, dunque, e soprattutto nella sua ricostruzione teorica, si sarebbe consumata la cancellazione e l'occultamento sistematici della differenza sessuale, irrigidita in un dualismo inconciliabile, dove il termine femminile gioca il doppio ruolo di negatività e presupposto dell'affermazione di quello maschile. La sensibilizzazione operata di recente dal movimento femmini- ., ., sta ha prodotto numerosi studi sull'uso che le donne, malgrado tutto, fanno di un linguaggio che sembra a priori escluderle, ed in effetti la mappa che ne risulta indica che a tutti i livelli, fonologico, sintattico, semantico, i .modi di espressione femminile esibiscono una stilistica particolare, riassumibile, sempre in riferimento alla norma maschile, come uso smorzato, quando non carente. Le donne, in sostanza, focalizzerebbero la loro azione linguistica più sulla relazione che si stabilisce parlando, che non sui suoi contenuti. V'è chi cerca di valorizzare questa peculiarità, come R. Lakoff, che è giunta a proporre un sistema di regole di cortesia nell'interazione verbale come complementare a quello, più funzionalista, della cooperazione alla Grice. Ma, a parte i limiti di carattere metodologico e ancora una volta ideologici dell'approccio sociolinguistico, per Violi il problema dei fondamento della soggettività femminile permane irrisolto, e volontaristici i tentativi di imporre una lingua meno «sessista». Ma qual è in generale la teoria del soggetto presupposta dalia teoria del linguaggio? «Identificato nell'ego trascendentale o nei cogito cartesiano il soggetto che si delinea nei modelli linguistici pare sempre riconducibile ad analoghi presupposti epistemologici; principio di sintesi e di razionalità trascendentale fondato nella coscienza, esso si presenta come unica categoria dell'essere e da ciò deriva il suo statuto di universalità» (p. 178). E persi~o in semiotica, in un modello «produttivo» come quello di Eco, non c'è posto se non per un soggetto tutto risolto nella cultura, se non nell'essere, tutto già pensiero. Per l'autrice, proprio tutto ciò che contribuisce all'universalità del soggetto esclude per le donne la possibilità di divenire soggetti, pone le donne in una situazione.di sep_aratezza e di perdita nei confronti del linguaggio. Né la soluzione può essere cercata , dalia parte dei teorici del «pensiero· debole» e di un «devenir femme» (Deleuze) tutto interno alla questione della soggettività maschile. La proposta di ricerca è individuata invece nella rinnovata riflessione sull'esperienza della differenza sessuale, considerata non come muta empiria o realtà presemiotica ma come «il processo che mette in relazione la singolarità specifica con la forma generale delle rappresentazioni e che in quanto tale può farsi parola, discorso, linguaggio».. E ' pur sempre nel linguaggio, e soprattutto nella letteratura, che le donne hanno cercato di iscrivere questa esperienza di limite e l'ipotesi della sua trasgressione, cercando malgrado tutto quell'esperienza di ancoraggio (ii termine è di Marina Sbisà, cfr. Fra interpretazione e iniziativa, in Le donne e i segni, Ancona, 1985) tra soggetto dell'enunciazione, astratto per necessità teorica, e il suo «supporto», locutore concreto, complessa interazione di ruoli sociali e anche di identità sessuale, che parrebbe indicare dove possa essere cercato il luogo di un soggetto femminile. E vale forse la pena di soffermarsi un attimo a considerare come questo tipo di prospettiva possa rappresentare un contributo importante alla teoria nel suo complesso. Da tempo, infatti, uno dei nodi attorno ai quali si arrovella l'analisi testuale di campo semiotico è il modo in cui fare incontrare i soggetti teorici della significazione con quelli «concreti» della comunicazione, e concreti non tanto in quanto empirici, ma concreti in quanto individuati, restituiti nella loro specificità da una teoria che li sappia pensare anche nei termini di un «corpo». L'esempio ormai classico di questa problematica è rappresentato dai Lector in fabula di Eco, dove la simulazione di una lettura «vera», lineare e graduale, come quella che noi tutti compiamo quando iniziamo un romanzo e poi lo finiamo, entra a pieno diritto nella costruzione di un Lettore esemplare, tutto strategie iscritte nei testo, anche se poi a questo lettore con la minuscola viene soprattutto riservato il ruolo di fornire una media «statistica» più o meno di conferma, o la libertà di produrre del testo «decodifiche aberranti», patologie decostruttiBoucourt, disegnatore; H. Linton, xilografo ve (e, dalla parte dell'autore, che spesso fortunatamente tace, guai a farne più o meno riuscite psicoanalisi, che si rivelano quantomeno non pertinenti). Cambiando di testo, e parlando di cinema, di recente Francesco Casetti (Dentro lo sguardo. Il film e il suo spettatore, Milano, 1986) non ..,esita a parlare di «ruoli» (enunciatore/enunciatario; narratore/narratario) e di «corpi» (emittente/ricevente), dei «corpo come supporto e come riserva»: «Il supporto, innanzitutto: le dinamiche che un testo filmico si impegna a organizzare e che definiscono a loro volta gli snodi di base a cui il testo si muove, se vogliono da un lato trasformare delle ipotesi in un esercizio effettivo, devono appoggiarsi a qualcosa o a qualcuno [... ] una superficie che iscrive e che mantiene. E, oltre al supporto, la riserva [... ] le dinamiche del testo, ben lontane dall'incontrare delle presenze inerti, attingono a qualcuno che è in grado di nutrirle e istruirle; incontrano cioè quello che è il ricettacolo di una competenza» (pp. 54-55). La «soggettività» che si verrebbe a delineare è così pensata nei termini di un interfaccia fra rappresentazioni del mondo e mondo delle rappresentazioni. Un raffinamento che può rivelarsi .un vero ripensamento della soggettività è in atto anche nell'ambito della semiotica di impostazione maggiormente strutturale, come si usa dire, facente capo alla scuola di A.J. Greimas. Il tentativo di arricchirne la definizione formale lavorando a una tipologia che concili una visione «essenzialistica» (il soggetto «in sé») a una più funzionalista (il soggetto in quanto termine di una relazione), ha portato secondo H. Parret e H. Ruprecht (cfr. Introduction a Exigences et perspectives de la sémiotique, Benjamins, 1985) a un grosso passo in avanti rispetto allo strutturalismo oggettivista degli anni sessanta. Ora la soggettività viene definita come insieme delle condizioni di produzione della semiosi, governata da strategie, come pratica in contesto '~ '-:-:~~-- :::..::::.~~~-. ','~ ' • ' che si manifesta nelle modificazioni modali del discorso e nella sua determinazione deittica. La «descrittibilità» semiotica di tali condizioni, operata grazie a strumenti precipui, può così condurre alla «ricostruzione della soggettività nella rivalutazione della descrizione interpretativa, dipendente dalle marche dei contesto». Si profila in tal modo l'idea che la soggettività possa essere «incatalizzata». L'altro aspetto importante legato a questa prospettiva è il recente sviluppo scaturito dall'approfondimento della doppia dimensione del senso già sottolineata da Greimas-Courtès nel primo volume del dizionario Sémiotique (ora in trad. it.: Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Firenze, Casa Usher, 1985), quella per cui, come rilegge Violi, «la sostanza del contenuto si presenta articolata in una stratificazione di livelli che non prevede soltanto rapporti di significazione arbitrari e immotivati, ma anche attribuzioni di valori a pulsioni che sembrano costituirsi come il livello profondo presemiotico del senso» (p. 150). Quest'ultimo livello, battezzato timico (da timia=umore, disposizione affettiva di base), è stato esplorato nelle sue articolazioni successive, ad ogni stadio del percorso generativo del senso, in una ricerca meglio conosciuta come «semiotica delle passioni» (cfr. gli interventi di Fabbri-Sbisà e Marsciani su «Aut Aut», n. 208, 1985). L'affettività, che pure iscritta profondamente nel linguaggio non aveva sinora varcato la soglia «inferiore» della semiotica, vi trova così diritto di cittadinanza, e dà spessore al soggetto che «patisce» l'azione, oltre a quello che agisce, e che sinora l'aveva fatta, nella teoria come nella prassi, da padrone. Insistendo sul fatto che per lo stesso Greimas «la categoria timica serve ad articolare. il semantismo direttamente legato alla percezione che l'uomo ha del proprio corpo» (voce Timico, ibid.), Patrizia Violi reperisce qui il luogo teorico dove, in profondo, potrebbe consumarsi la differenza sessuale come anzitutto - semplificando al massimo - differente modo di percepire che l'uomo e che la donna, in quanto dotati di corpi differenti, hanno del proprio corpo. Al costituirsi di questi simbolismi fondamentali potrebbe dare supporto teorico la coppia concettuale, elaborata da Thom e versata in semiotica da Jean Petitot (cfr. anche Les deux indicibles ou la sémiotique face à l'imaginaire camme chair, sempre in Exigences... cit.), di salienza/pregnanza, se «l. Le forme salienti sono i sistemi di discontinuità osservabili, che stagliandosi morfologicamente da un fondo sono delle Gestalten percettive. 2. Fra di esse, esistono delle forme (come quelle delle prede, dei predatori o dei partner sessuali) che sono biologicamente significanti, il cui riconoscimento è una condizione di sopravvivenza per la specie e la cui percezione suscita delle reazioni fisiologiche e dei programmi comportamentali che sono incommensurabili rispetto a quelli suscitati dalle forme semplicemente salienti. Queste forme associate alle grandi regolazioni biologiche sono quelle chiamate forme pregnanti» (p. 287, op. cit., trad. mia). Ma dagli affascinanti abissi della «profondità», dove è possibile porre, sia pure nei termini elementari della predazione, il fondamento di un' «esperienza» della differenza, il problema è di capire come essa possa tradursi in investimento di un semantismo precipuo, di questo modo di cogliere la differenza sullo sfondo della similarità, e come esso possa essere colto in quanto tale, nella manifestazione linguistica. Una possibilità tutta da esplorare, confortata dal fatto che il «taglio» operato dal soggetto dell'enunciazione fra im- ~ manenza, il simulacro teorico del- ~ .!:; la generazione del senso, organiz- ~ zato metalinguisticamente in tap- ~ I'-... pe successive, e manifestazioni, la ~ possibilità cioè di «mettere in di- -. scorso», può avvenire ad ogni li- -9 vello di complessità. Starà all'ana- gf lisi che restituisce il «discorso og- tÉ getto~, il testo descritto, imparare ~ a reperire le forme dell'ancoraggio ~ di una soggettività in cui significa- ~ re sia al tempo stesso significarsi l come femminile. ~
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