Alfabeta - anno IX - n. 96 - maggio 1987

Cfr. Schede In altro luogo Mario Spinella «Era un signore bello e meraviglioso. / Vicino a lui non si poteva stare sempre sempre, bensì mai. / Lui, il Lontano, viveva dispettoso con la sua famiglia, / in un altro luogo»: così suona il testo che apre il nuovo libro di Vivian Lamarque, Il signore d'oro, pubblicato nelle eleganti edizioni di Crocetti. E, come un diapason, queste righe danno alla raccolta la sua tonalità compatta, omogenea, inconfondibile. Già nelle poesie di Teresina (Società di poesia, 1981) Vivian Lamarque si caratterizzava per una sua decisa tendenza alla favola, i cui esiti confluivano in un linguaggio apparentemente povero, ma in realtà costruito con una estrema attenzione sia alle componenti ritmico-foniche, sia allo stesso lessico, tutto «in minore», ricchissimo di diminutivi, e, pm m generale, di una forte impronta miniaturizzante. Queste qualità si accentuano in Il signore d'oro, ove ogni composizione si configura come un cristallo di assoluta limpidezza e trasparenza, al pari di quelli prodotti in vitro, in laboratorio, con le tecniche più raffinate. Ma non ci si lasci ingannare, da questa sapiente nitidezza del dettato: la Lamarque è una incantatrice che gioca sì a mascherare in superficie, in facciata, ma solo per far meglio emergere e porre in rilievo, una sostanziale malinconia, non privata, ma esistenziale. Si vuol dire che l'operazione di rimpicciolimento, e quasi di infantilizzazione, cui sottopone i personaggi-immagine, mentre approda, con sicurezza d'arte, all'effetto, previsto e voluto, di sdrammatizzazione di ogni possibile enfasi, proprio perciò non lascia adito a nessuna illusione di anima bella. Il tempo della vita è anch'esso contratto, anchilosato, puntiforme: la velocità del suo trascorrere, del suo precipitare, verso il passaggio ad «altro luogo», rende labili, effimere, situazioni, passioni, risultanze. «Intanto la sua vita persempre persempre se ne andava / intanto la vita come una bella vela quasi era / sparita»; «Allora il dolore scendeva sopra il viaggio»; «E bisognava per forza scendere,/ Sì, e lasciare il bel signore e il finestrino e il bel / panorama oh tutta la bellissima terra»; «Così i quarant'anni erano arrivati in due o tre minuti, non era giusto protestò la signora». Non certo a caso, allora, il termine ricorrente in questi scritti è «attesa», «aspettare»: una attesa continua che si stempera nell'«E dopo?» con cui il libro si conclude. Ma vi è pure - e ritorna - una possibilità inquieta, fragile, di dolcezza: «mettere la / candelina su un piatto la fiammella era piccola / ma un po' faceva luce». Il lettore avrà notato che ho segnato gli stacchi tra riga e riga, come se si trattasse di versi. Non so se mi sono preso un arbitrio: ma, al di là delle convenzioni, non saprei definire questi scorci, o rac- . contini, di Vivian Lamarque, che come poesia: e con una p che si fa volutamente minuscola, ma forse meriterebbe, a tutti i titoli, una bella maiuscola: Poesia. Vivian L~marque Il signore d'oro Milano, Crocetti editore, 1986 pp. 94, lire 16.000 L'inverno nucleare Ernesto Mascitelli A lettura ultimata si potrebbe considerare persino eufemistico il titolo di questo volume che contiene le relazioni presentate a un simposio organizzato dall'Istituto di Medicina della National Academy of Sciences, dunque con tutti i crismi del rigore e della cautela propri di una delle istituzioni scientifiche più prestigiose del mondo. Quel che più colpisce delle complesse e specializzate trattazioni è innanzitutto il rifiuto di un certo ottimismo strisciante ed idiota esibito da molte pubblicazioni precedenti, talvolta nella forma di «istruzioni» per i casi di un attacco con armi nucleari, inclini a far capire che il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge. Al contrario, dicono gli Autori di queste Medicai Implications of Nuclear War, è ancor peggio di quanto sia stato finora dipinto e lo dicono a un livello di argomentazioni specifiche tale da far supporre che per un buon tratto di tempo il club degli strateghi nucleari non potrà mettere insieme nulla di simile dal punto di vista scientifico per contrastare questo compendio dell' Apocalisse. Uno dei temi dominante l'intero volume è quello del cosiddetto inverno nucleare del quale fino ad ora si è poco parlato; è la condizione climatica successiva alle esplosioni degli ordigni - basterebbe un attacco definito di «media grandezza» per provocarlo - indotta dall'enorme concentrazione di ceneri e di polveri nell'atmosfera che ridurrebbe in misura drastica la diffusione della luce solare sulla terra, con catastrofiche conseguenze sulla flora e sulla fauna del pianeta; un'ombra mortale che, tra l'altro, abbasserebbe le temperature medie a valori negativi per un numero indefinito di spemento della radioattività pecchino per grave difetto e soprattutto non abbiano mai valutato la portata effettiva di una immuno-depressione di massa. Nel momento stesso della più eccezionale necessità di interventi terapeutici e preventivi vi sarebbero ben poche possibilità di qualche pur debole ma ordinato provvedimento. Distrutti o comunque inutilizzabili ospedali, depositi di medicinali, industrie farmaceutiche; ridotto ad aliquote irrilevanti il personale medico disponibile; nemmeno ipotizzabile la raccolta sistematica dell'enorme numero di individui colpiti dalle radiazioni, traumatizzati, ustionati, o tutte e tre le cose insieme. Dove, come, con che cosa e da chi sarebbero curati i milioni di persone necessitanti di immediato trattamento? Già qualche migliaio di ustionati di una certa gravità - da tre a sei settimane di terapia intenstva, senza contare il seguito - getterebbero in crisi l'attuale struttura sanitaria degli USA, per non dire quella di paesi più piccoli. È esattamente su questo ed altri punti consimili, quali le necessità di una chirurgia d'urgenza estesa a centinaia di migliaia di feriti, che si impernia l'agghiacciante preventivo degli Autori del volume e la parallela, esplicita critica delle precedenti stime di sopravvivenza: delle quali si _denuncia la scarsa propensione al realismo in quanto basate su valutazioni che immaginano una struttura sanitaria integra, funzionale e di smisurata efficienza; quando le reali possibilità di assistenza medica sarebbero solo episodiche e casuali, dunque imprevedibili e comunque del tutto marginali. Sottolinea nella prefazione Lewis Thomas, con l'autorevolezza che gli deriva dal suo prestigio scientifico e dal credito di cui gode la National Academy of Sciences, RodolfDo oni LEGRANDI _DOMANDE Interrogativi sull'universo secondo la scienza, la filosofia e la fede cie. Gli unici punti qui discutibili riguardano la probabile durata in anni di questo inverno e, sul piano metodologico, le difficoltà di estrapolare da modelli validi in climatologia conseguenze biologiche ed ecologiche di analoga precisione. Altro tema essenziale, ugualmente poco trattato, prende l'avvio dal fatto ben noto che i superstiti delle prime conseguenze dell'attacco nucleare sarebbero esposti inesorabilmente a quantità subletali di radiazioni il cui primo effetto è quello di ridurre le difese immunitarie dell'organismo; il quadro clinico, in altri termini, sarebbe dello stesso tipo che conosciamo nei malati di AIDS ma di gravità assai maggiore a causa delle condizioni favorevoli alla diffusione di malattie infettive riguardanti ovviamente intere popolazioni. Sembra infatti che le stime compiute in precedenza sull'au- • che domina attualmente tra i responsabili politici e gran parte della stampa la tendenza a tacere su questi argomenti e ad usare l'ovvia incertezza legata alla predittività di fenomeni così complessi per minimizzare le conseguenze. The medicai implications of nuclear war a cura di F. Solomon e R. Q. Marston prefazione di L. Thomas Washington, National Academy Press, 1986 pp. 619 La treccia di Tatiana Anna Maria Catalucci Composta da parole e foto (di Antonio Ria), l'ultima opera di Laila Romano si configura come confronto di due letture di una stessa realtà e non come illustrazione di .un testo di scrittura fotografica. Lo scrittore aveva consigliato quest'ultima chiave di lettura per un'opera analoga, apparsa nel 1975, Lettura di un'immagine; ma le foto utilizzate erano del padre, riguardavano l'infanzià della Romano, diveniv·ano occasione e mezzo per penetrare nel mistero di dimensioni esistenziali vissute con ottica infantile e come tali trasmesse alla coscienza adulta. Lettura si distingueva e si integrava coi temi e le angosce di La penombra che abbiamo attraversato, un'altra opera della Romano, caratterizzata dalla dialettica ricostruzione dell'infanzia, la «cosiddetta» età felice, quando l'unità del nucleo familiare traeva certezza e consistenza dai suoi riti e dalla ricomposizione delle sue tensioni. Materiale della Penombra erano i ricordi liberati e ordinati dalla memoria poetica, materia e testo di Lettura erano le foto scattate dal padre che esprimevano l'ottica di osservazione, la volontà conoscitiva di un Altro. Confrontandosi con esse, Laila Romano poteva confrontarsi con la propria ricostruzione del passato: mutarne o • sostituirne i segni. In La treccia di Tatiana, invece, l'operazione è più libera (le foto sono state scattate da un giovane fotografo in occasione di una festa in una villa) ma non per questo meno impegnata sia a livello di significato che di significante. Lo scrittore ha operato una selezione delle foto analoga a quella tante volte compiuta sulla materia del ricordo. Ha cercato un senso per ogni foto e un ordine per ogni gruppo fotografico. Ha composto con un ritmo che saggia tutte le possibilità della «sonata» e della visione-studio. Allo scopo ha riservato alla sue note l'esiguo spazio di una, due, tre, al massimo quattro righe in fondo alla pagina, affinché dal contrasto tra la pagina interamente occupata dalle foto e quella bianca, quasi vuota ove affiorano i segni della scrittura, scaturisca il valore necessariamente essenziale della memoria poetica: la sua allusione al silenzio e all'assoluto. Le brevi «lasse» su oggetti, animali, invitati, interni, esterni della villa della festa, si confrontano per caso con la particolarità di un ambiente alto-borghese: le foto hanno stimolato o acceso l'interesse sui contrasti esistenziali, generazionali e sociali che quel mondo esprime. La treccia di Tatiana non è infatti la compiaciuta esaltazione di una classe e di un destino (Giuliana-Tatiana è scelta per la sua treccia e la sua bellezza e non per la collocazione sociale che in una foto la contrappone alla cameriera in ombra); non è la snobistica esaltazione dei valori nobiliari rappresentati dalle foto degli stemini e delle erme, quanto un'ironica ricognizione della condizione dell'uomo e delle cose. E se l'opera si apre e si chiude con due considerazioni in chiave dialettica sulla funzione degli oggetti («Purezza di simbolo, immemore del tempo e della Storia». «Accanto ai tralci spioventi: bianco su bianco, l'erma ricorda») nel cuore della stessa l'occhio del poeta «guarda» la precarietà dell'individuo («Dal folto un occhio cieco. Vedrà») come da uno spazio e da un tempo remoti. L'erma silente, che «ricorda», emblematizza la funzione e h peculiarità della poesia, nutrita dal silenzio e dalla memoria «dell'Eterno e dell'Assente», come la stessa Romano dice in una delle sue più alte liriche Da una ruvida mano in Giovane è il tempo (1974). E la scrittura di questa sua ultima opera rimanda alla misura «greca» delle sue composizioni, ove le immagini, che sembrano scaturite per miracolo dal difficile equilibrio tra passione e ragione, Furio Jesi L'ultima notte Racconto di vampiri e allegoria dell'oggi. Un messaggio dall'universo di Furio Jesi. «Narrativa» Pagine 98, lire 15.000 John Langshaw Austin Come fare cose con le parole Gli atti linguistici nella teoria fondamentale del maestro. «Filosofia» Pagine 128, lire 28.000 Martin Lutero PrefazioniallaBibbia Accanto e attraverso il testo: un itinerario che ha trasformato la cultura occidentale. Edoardo Sanguineti ' Lamissionedel critico Dante, Gozzano, Savinio. Il futirismo, il melodramma, il teatro, la musica, la critica. «Saggistica» Pagine 230, lire 28.000 Il non ala • 1cam rock • azza perlui Spirit cerca lettori per farne dei duri!

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