U na duplice tradizione si è sviluppata all'interno della lunga storia letteraria della Cina, quella «alta», la cosiddetta letteratura ufficiale, e una sorta di paralittérature, una forma considerata minore, popolare. Entrambe originate da una matrice orale, in particolare la poesia, poi diventata la più elevata forma di espressione scritta, e il teatro-narrazione, le due tradizioni, sviluppatesi nel corso dei millenni autonomamente, spesso rincorrendosi e a volte intrecciandosi, sono state il prodotto di un unico ambiente sociale, al quale appartengono sia i mittenti sia i destinatari della comunicazione letteraria: la classe elitaria dei letterati, coloro che detengono il sapere e di conseguenza il potere. L'elemento fondamentale che ,I~ distingue è costituito dal più singolare caso di diglossia che una cultura abbia prodotto. La lingua letteraria cinese (wenyan), ha infatti avuto una sua vita propria, esclusivamente legata al segno grafico, non destinata all'oralità, mentre la lingua parlata (baihua) si è ritagliata una sua fetta nella creatività letteraria della nazione. La letteratura di stato, quella che aveva il diritto di accesso alle grandi raccolte delle biblioteche imperiali, scarsamente evolutasi per millenni, era riservata esclusivamente alla saggistica dotta e alla poesia. La narrativa, in particolare la novella e in seguito i romanzi, hanno sempre avuto il supporto vivo della lingua parlata, il volgare. Considerati quasi una sorta di trivialliteratur (in cinese xiaoshuo, letteralmente «discorsi da poco»), questi generi letterari si collocano come gioco più libero della fantasia, come prodotto di consumo sociale e di intrattenimento, destinato al diletto di chi ne fruisce in senso attivo e passivo, di chi se ne serve per trasgredire almeno sulla carta le rigide regole di comportamento etico del perfetto gentiluomo confuciano. Scrittori spesso di astrusi componimenti in cinese classico - le famigerate «prose parallele» o i «saggi a otto gambe», spauracchio EJ possibile che poesia e pedagogia si incontrino. Sipuò discutere sul tempo, sul luogo, sulle modalità, ma non è più possibile differire l'incontro. O almeno a noi non è più sembrato differibile. Come insegnanti di scuola media, decise a rendere più produttivo il lavoro scolastico in ~ .:; rapporto allo sviluppo delle capa- ~ cità di alunni preadolescenti, defi- ::: nibile in base a varie ricerche psi- ~ co-pedagogiche relative a questa ...... ~ fascia di età, abbiamo sperimentai... to l'ampia possibilità di valorizza- §, zione delle capacità attraverso la- ~ vori creativi, soprattutto relativamente al fare poesia. Dopo aver raccontato la nostra ~ <u l esperienza in un manoscritto, ne ~ abbiamo proposto la visione illudi tutti i giovani che aspiravano a diventare burocrati attraverso gli esami di stato - o di ripetitivi componimenti poetici secondo modelli archetipici risalenti a epoche ormai mitizzate, i letterati si lasciavano volentieri andare al divertimento della scrittura che riversa nella lingua viva uri patrimonio folklorico di aneddoti, elementi fantastici e magici, credenze e motivi che l'oralità tramanda da sempre e il gusto popolare affina ed elabora. Oltre che come divertimento dei ricchi e dei potenti, la narrativa in volgare trovava largo credito tra coloro che vivono ai margini, in un precario e turbolento confine sociale tra le classi alte e tutti gli altri. Letterati falliti agli esami, rampolli colti di famiglie cadute in disgrazia, seguaci di religioni non ufficializzate, emarginati che soffrono il disagio di non appartenenza ad una classe economico-sociale determinata, hanno trovato un fertile terreno di ispirazione nelle proprie esperienze composite, anarcoidi e talvolta laceranti, riproducendo nella libera narrazione la vivezza del parlato, in particolare quello del quotidiano urbano nelle sue molteplici situazioni socio-ambientali. La novella, che risale alla tradizione orale dei cantastorie che battevano i vicoli e le piazze, è un genere nato nelle città cinesi. In una recente raccolta di novelle Apparizioni d'oriente (Roma, Editori Riuniti, 1986), Giorgio •Casacchia ha scelto, curato e in parte tradotto una ricca selezione di novelle appartenenti a vari secoli - si situano tra il IV secolo d.C. e la dinastia Ming (13681644) - che rientrano quasi tutte nel genere huaben, cioè i canovacci a stampa che servivano come promemoria per i cantastorie, ma anche scritte dai letterati nello stile tipico dei canovacci. Luogo privilegiato di circolazione è la ricca e mercantile Suzhou, la cosiddetta Venezia d'Oriente - non a caso gemellata attualmente con la città lagunare - la Sugni di Marco Polo, che trovò «sì grande, strando dettagliatamente il piano dell'opera ad alcuni editori, prevalentemente scolastici; ci è stata cortesemente, quanto fortemente, rifiutata. Qualcuno ha motivato il rifiuto, per alcuni versi, comprensibile, con un presunto disinteresse della classe insegnante, la quale rifuggirebbe da testi di tale tipo. Gli altri affermano che non rientra nei loro programmi editoriali un lavoro didattico sulla poesia. Eppure a scuola si può e, forse, si deve fare poesia. Certamente abbiamo provato anche noi e ci sentiamo di sottoscrivere quanto detto da Luciano Anceschi in Appendici non profetiche I-II (in Che cosa è la poesia, Zanichelli): «Il piacere era spesso minacciato da incertezze sull'effich'ella gira 60 miglia, e v'à tanta gente che neuno potrebbe sapere lo novero [... ] Questa città à bene 6.000 ponti di pietra, che vi paserebbe sotto una galea [... ]» Oggi invece passa di tutto nell'acqua densa dei canali, vere fogne a cielo aperto, sulle quali si affacciano le case fatiscenti a due piani, degradate nel corso _Qeisecoli a causa dell'incuria che ha caratterizzato sempre più la situazione abitativa dei cinesi. Ma alla città un tempo opulenta di Suzhou, oggi patetica Venezia stracciona del finto benessere dato da una posticcia modernizzazione alla cinese, la tradizione novellistica deve molto, se non altro le più importanti raccolte che ci sono giunte: le tre antologie che vanno sotto il nome di San yan (Le tre parole) curate da Feng Menglong (15741646) e le due antologie di Ling Mengchu, intitolate Pai An Jin Qi (Battere i pugni sul tavolo per la grande meraviglia) pubblicate tra il 1628 e il 1632. La maggior parte della pregevole antologia di Giorgio Casacchia è tratta da Le tre parole e presenta una grande varietà di novelle tutte anonime, ma opera di scrittori di professione che conservano le caratteristiche formali necessarie ai cantastorie per attirare e intrattenere il pubblico delle fiere e degli spiazzi antistanti i templi: uno o più racconti brevi iniziali, che servivano per fare affluire gli spettatori dando loro il tempo di raccogliersi e radunarsi all'ascolto della narrazione principale. Le due parti della novella, l'introduzione o «racconto di intrattenimento» e il racconto principale, non hanno attinenza per quanto riguarda la storia narrata, ma hanno una tematica simile e un'analogia intrinseca che stuzzica la curiosità del pubblico e lo predispone all'ascolto del «pezzo forte». I singoli testi qui raccolti presentano ad una prima lettura una complessità tipologica che consente con difficoltà l'inserimento nelle classificazioni per generi cui solitamente facciamo riferimento. Spesso nella stessa novella sono cacia e s.ulsignificato dell'impresa. E certo ci sono molti buoni motivi per sorridere quando qualcuno, il dito didattico alzato e ammonitore, vuol decidere una volta per sempre e quasi 'ex cathedra' come si fa a scrivere versi in ogni caso». Visti i risultati del lavoro svolto, sosteniamo che una esperienza di poesia in classe non dovrebbe essere un momento saltuario e accessorio, ma un momento da inserire irrinunciabilmente nel curriculum. Non potendo a questo livello di età (preadolescenza) seguire tutte le indicazioni di filosofi, poeti, scienziati sulla poesia e le sue implicazioni, diventa necessario e anche più produttivo che ci si attenga ai suggerimenti, ai precetti, alle norme date a coloro che presenti contemporaneamente molti elementi appartenenti ai diversi generi della letteratura di consumo: poliziesco, erotico, fantastico, picaresco, ecc. P iù proficua, ma qui per ragioni di spazio impossibile, sarebbe un'analisi in· senso proppiano, mettendo in evidenza cioè quelle costanti formali, gli elementi variabili e il sistema di relazioni reciproche, che Vladimir Propp rilevò a proposito della ricchissima tradizione favolistica della Russia, esaminando le funzioni dei personaggi, indipendentemente dall'identità dell'esecutore o dall'esecuzione e il modo in cui esse si combinano, la loro successione e così via. Possiamo invece cogliere, si può dire in superficie, alcune diversità sostanziali, ma anche alcune affinità sorprendenti, accostando ad esempio queste novelle del medioevo cinese - ma la definizione cronologica non corrisponde affatto ad una storicizzazione dei fenomeni letterari cinesi - con un tipo di letteratura cosiddetta triviale che da noi si è affermata in epoche ben più recenti: il romanzo poliziesco. Si riscontra infatti una curiosa analogia, al di là della peculiarità del plot o dello sfondo storico-geografico, nell'elaborazione del codice, della_tecnica narrativa e nella terminologia. A proposito di quest'ultimo elemento stilistico, il traduttore ha potuto operare, proprio grazie a questa analogia, una legittima ed intelligente trasposizione di termini giudiziari tipici del linguaggio dei «gialli»: «ispettore di polizia», «medico legale», «perquisizione», «prefetto», «cancelliere», ecc. Come nel nostro romanzo poliziesco la novella cinese realizza il suo contenuto secondo uno schema fisso in cui vale la legge della prevedibilità e dello stereotipo: l'omicidio, uno o più sospetti, il caso difficile, l'eroe-investigatore. Vi è persino l'investigatore geniale alla Sherlock Holmes di Conan Doyle, l'infallibile giudice Bao, eroe ricorrente in più di un racconoscono la poesia perché la fanno, cioè i poeti. Questa sembra •anche la strada più consona al porsi, come insegnanti, di fronte alla poesia; insegnare la poesia non può non comportare un duplice momento: non solo quello dell'interpretazione, ma anche quello della produzione. Come Ì'interpretazione anche la produzione va commisurata alla capacità del preadolescente, ma fatto salvo questo limite (se di limite si tratta e non invece, come noi pensiamo, di un indispensabile passaggio nella crescita del pensiero e della personalità), come si può insegnare a interpretare, si può anche insegnare a produrre. A questo si può arrivare non senza fatica, ma anche con gratificazione \ conto, personaggio fornito di concretezza storica (è vissuto tra il 999 e il 1062), divenuto poi leggendario per la sua straordinaria capacità di risalire al colpevole attraverso indizi insignificanti. Ma a differenza dei nostri romanzi gialli, nei quali, quando funzionano, non c'è quasi posto per le emozioni di tipo sentimentale né per la compassione del lettore verso il destino dei personaggi, che si inseriscono nel tessuto narrativo come pedine di un gioco razionale, il racconto poliziesco cinese è invece attraversato e reso del tutto inverosimile da elementi cari al gusto del pubblico cui è destinato: prodigi, morti resuscitati, sogni premonitori, fantasmi che tornano a perseguitare i colpevoli e a farsi giustizia da soli, sostituendosi ai tutori della legge terrena. Ed in più emerge la motivazione stessa di questo tipo di letteratura, che tradisce spesso l'appartenenza di classe dei suoi autori. Pur indulgendo nei dettagli violenti, macabri, persino truculenti, volgari, audaci ed osceni, gli scrittori di novelle, letterati più o meno inseriti, non si sottraggono al compito fondamentale che da sempre in Cina la deontologia professionale ha assegnato alla letteratura: quello di educare. Alla fine della storia, dopo aver seguito i personaggi principali alle prese con. le più fantasiose o sboccate avventure, dopo aver contato i numerosi delitti, morti ammazzati suicidi per amore, vendette atroci, giudizi sommari, avventure galanti e pubbliche esecuzioni, si ricava sempre una lezione morale e cioè che l'avarizia, la maldicenza, la condotta immorale, l'avidità, la disonestà, il tradimento, ecc. non pagano. «Ahimè, conclude una delle novelle, questa è sempre stata la fine degli ingrati, da che mondo è mondo. La nostra storia la farà conoscere agli uomini. Dice la poesia: 'L'una tradì messer Feng e patì il castigo dell'acqua,/ l'altro trascurò donna Cheng e sparì nell'abisso ... '» per le iòsospettate potenzialità che i preadolescenti hanno modo di rivelare in un esercizio non·episodico, ma costante e motivato sulla poesia, intesa come opera da capire (e per capire), ma anche come opera da fare (e per fare). Intendiamo la poesia a questa età non solo come liberazion,e della fantasia e del desiderio, su cui si basa prevalentemente, ad esempio l'interessante esperienza di Kock in Desideri, sogni, bugie, o come manipolazione di parole per mostrarne le molteplici possibilità, comè propone E. Zamponi ne / draghi locopei, ma anche, e soprattutto, proprio come fare per capire e capire per fare con gusto e gioia. Così che l'organizzazione del mondo di ciascuno nelle infini-
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