Alfabeta - anno IX - n. 95 - aprile 1987

rente. Se potessi registrarli, potresti tenerteli, ma non puoi registrarli senza averli già visti ... Uno dei miglori è Sun City, molto più riuscito di We are the world. Sun City è come un montaggio degli anni venti: giustappone scene degli slums sudafricani ad altre dei quartieri poveri da- cui vengono i rappers. Sun City è un capolavoro del video che forse resterà nel tempo e mostrerà le possibilità del mezzo. È Ejzenstein più rock. È diretto da gente con un senso dello spettacolo molto forte, ma anche con una chiara coscienza politica. Attisani. E le nuove realtà dello spettacolo del Village, i club? Berman. Sono molto vivaci. Frequentavo l'ABC prima che chiudesse. Era nella cantina di un palazzo disabitato, un luogo fantasma. Ci sono andato perché un mio studente ci faceva uno spettacolo. Il movimento costituito da questi locali rischia di essere distrutto dalla speculazione edilizia, molto forte in questo momento. C'è gente che continua a fare e a pensare, ma è sempre più difficile per chi ha pochi mezzi vivere a Manhattan. In Europa la tendenza dello sviluppo comporta che i ricchi prendano il centro delle città e i più poveri vadano in periferia. A New York fino a poco fa era l'opposto, i ricchi andavano a farsi belle case in periferia. Ora accade anche qui come in Europa: il Lòwer East Side e il Village sono invasi dai nuovi ricchi. Vengono mandate via molte delle persone più inventive e creative, che faranno le loro cose altrove, penso. Molta gente, qui, è incredibilmente provinciale. Gente del Village o gente di Midtown che ha una vertigine all'idea di attraversare la quattordicesima strada, il confine. Molti non si considerano cittadini di New York, ma di un suo quartiere. In un cei;to senso è una città medievale: si ha paura di cosa c'è al di là del muro; è una città sconosciuta alla gente che ci vive. Attisani. C'è fermehto di iniziative, certo; ma gli spettacoli e gli autori rappresentati sembrano convergere in un grande pessimismo. Berman. Non direi. Beckett non è come Foucault: nel suo teatro c'è gioco drammatico, anche con un solo personaggio c'è contraddizione, Beckett non si ferma mai, come la vita continua a conservarsi. Anche quando lo spazio e il tempo del teatro dicono stop, Beckett va avanti e ciò fa di lui uno spirito dialettico e affermativo, non complice della disperazione e dell'entropia che gli intellettuali gli attribuiscono, offendendolo. Un altro autore oggi in scena a New York è Arrabal (con L' archi-• tetto e l'imperatore d'Assiria, al La Marna e con un nuovo testo, Madonna Rossa, o la damigella in angustia all'Intar). Arrabal decostruisce i guai della vita, nell'Architetto, in un romance di famiglia. Tutto si risolve nella relazione edipica e insiste troppo sul gioco omosessuale. Dopo il primo atto non immaginavo il finale, che è bello perché non risolve teatralmente ma inverte i ruoli e riapre il gioco. Attisani. Finché c'è linguaggio c'è speranza, insomma. Il teatro dice più delle storie che racconta... Berman. Certo. Prendiamo Sam Shepard. Se descrivi il suo teatro è nero, ma se lo ascolti per qualche minuto senti che contiene un'energia esplosiva. Attisani. Se per il teatro rimane il rischio di una percezione troppo letteraria, per la musica è didegli anni ottanta è secondo me Born in Usa di Bruce Springsteen. Springsteen è molto intelligente perché ricrea il mondo interiore di gente che non è più consapevole di se stessa e prova simpatia per loro senza indulgere al sentimentalismo, come il primo Hemingway o Cesare Pavese. È come immagina0 re un libretto di Beckett con la musica di Beethoven: è un disco ricco di melodia e capace di catarsi, benché realizzato in modo austero. Alcuni amici non approvano la musica di Springsteen perché dà piacere. lo penso invece che lui dia profondità alla musica popolare come mai era successo prima. La canzone So long (Arrivederci) dedicata ai veterani del Vietnam che non trovano lavoro, che finiscono drogati e barboni è molto bella. Springsteen non è stato dei loro, ma si identifica onestamente. Però dobbiamo ricordare Laurie Anderson (e alcuni altri compositori provenienti dall'avanSta per uscire il primo numero di , Methodologia Pensiero linguaggio modelli Rivista quadrimestrale diretta da Felice Accame, Carlo Oliva, Marco M. Sigiani A cura della Società di Cultura Metodologico-Operativa Comitato scientifico: Bruno Bara (Università di Milano, Istituto di Psicologia); Marco G. Bettoni (Eigenossische Technische Hochschule Ziirich); Silvio Ceccato (Istituto Universitario di Lingue Moderne, Milano, Linguistica); Paolo Pacchi (Università di Trieste, Filosofia del Linguaggio); Ernst von Glasersfeld (University of Georgia, Department of Psychology, Athens, GA.); Robert E. Innis (University of Lowell, MA. Department of Philosophy); Vittorio Somenzi (Università di Roma, Filosofia della Scienza); Giuseppe Vaccarino (Università di Messina, Filosofia della Scienza) Un numero L. 15.000 Abbonamento annuale (3 numeri) Lire 40.000 verso. Sappiamo degli sviluppi di Laurie Anderson, David Byrne e Philip Glass, compositori che non si sono lasciati corrompere dal successo. Ma come vede negli anni ottanta un Ruben Blades, che oltretutto testimonia dell'attuale importanza della cultura di lingua spagnola? Berman. II suo Course of the dreams è un film bello e importante. Blades vi fa i conti con musicisti latino-americani della generazione precedente. È un film da vedere in originale, per il suo strano e attuale impasto linguistico. Blades ha dichiarato che vorrebbe diventare presidente di Panama, a me piacerebbe che fosse presidente degli Usa. Ma il disco più rappresentativo guardia). La sua quadrilogia sugli Stati Uniti ha il pregio di analizzare poeticamente la nostra condizione inventando al tempo stesso una nuova musica. È importante, perché il ricorso a vecchie forme non può andare oltre un certo limite. Attisani. Il suo libro si chiudeva con un'idea degli anni ottanta come decennio del «ritorno a casa», con tutta l'ambiguità che ciò comporta. Abbiamo visto che le ex avanguardie tornano a una ricchezza di composizione ma non • trovano le vecchie case, che le nuove esperienze nascono e scompaiono in luoghi provvisori. Mi domando allora quale potrebbe essere una figura esatta di questo ritorno. Berman. II ritorno a casa è parte della mitologia americana, ma le case in cui siamo nati sono distrutte. Molti di noi sono ridotti allo stato di rifugiati perché i luoghi di origine non esistono più. Posso citare il pittore Eric Fischi. Mi sento molto vicino a lui. Dipinge apparentemente scene di vita quotidiana, ma se si guarda bene si nota che qualcosa non va. La famiglia, in lui, esibisce la sua mostruosa ambiguità, specie nei figli. Il suo dittico Visit to the highlands mi piace molto: c'è una famiglia americana su una spiaggia dei Caraibi, cercano di capire cosa fare lì, sono «rifiugiati» in un certo senso, più morti che vivi, disperati, senza orientamento. Quel quadro significa l'America di oggi come Born in Usa. Gli americani trovano il loro paese e la loro vita vuoti, ma la gente, pur disperata, ha bisogno di sognare e cerca una sorgente di vita. Fischi è modernista come pochi, anche se non esiste alcuna idea del bene in lui. È facile essere moralisti se sai esattamente che cos'è la moralità e puoi criticare le deviazioni da essa. Ma ciò che rende il suo lavoro forte e problematico, è il suo essere moralista che non conosce l'origine della sua moralità. Attisani. E lei professore, in che «quadro» insegna? Berman. Insegno alla City University, dove si formano i lavoratori intellettuali. E insegno in un college di Harlem frequentato soprattutto da neri e latini. L'anno scorso, su venti persone in aula solo due erano nate negli Usa, uno ero io. Si parlano molte lingue e se ne inventa una per comunicare tra tutti: questi ragazzi credono di poter condividere una nuova cultura. È molto faticoso pèr me, ma molto interessante. Attisani. Anche lei in quanto 'ebreo proviene da una minoranza, una minoranza che oggi esprime la parte forse più consistente di intellighenzia degli Usa. Berman. Portiamo dei segni. Uno dei gruppi sociali più marginali, provato dall'antisemitismo, nel corso del tempo ha creato nelle sue ultime generazioni anche una leva intellettuale. Il passato sembra dimenticato, ma non lo è. Non ci potremo mai assimilare completamente in America. Io amo questo paese, ma non sono mai stato interessato all'assimilazione. Però molti di quelli con cui sono cresciuto volevano andare via da New York e diventare gentiluomini di campagna (dove ci sono pochi ebrei e pochi neri). Ho una patria, ma sono molto marginale in essa. D'altra parte molta della creatività di questo paese viene dai suoi • gruppi marginali. Non c'è più cen-' trcì - è una delle cose più belle del1'America - ma ci sono così grandi margini Attisani. Vedo che anche lei ha rinunciato agli orologi al quarzo e porta uno Swatch. • Berman. II suo look è un'incongruenza, c'è qualcosa che non va. Le lancette, qui, sembra non.significhino niente, come se il designer avesse cominciato il suo lavoro e si fosse stufato a metà. Il fascino di questo look è proprio l'incidente, l'errore, la casualità: è un casino prodotto industrialmente, in milioni di esemplari diversi. È una casualità che «discute» il tempo e fa pensare a cosa faremmo senza di esso. Avevo un brutto rapporto con gli orologi. Questo invece l'ho da tre anni, mai durato tanto. C'è qualcosa di strano tra me e gli orologi: si rompono o, per ragioni imperscrutabili, smettono di andare.· Ho ricevuto in eredità un costoso orologio di mio padre, perfetto per lui; con me non ha mai funzionato. Poi ho avuto in regalo un orologio molto costoso e pure quello non ha funzionato. Questo è il più economico che abbia mai avuto e funziona. Mi rende molto felice l'idea di cose a poco prezzo che funzionano per me. · Così come mi piace comprare l'usato per vestirmi. Potrei permettermi di più con il mio reddito. Sono contento di poter giocare a sembrare più povero di quanto sono e di non esserlo davvero. Questo è il paese dell'enorme quantità di merci riciclate. Bisogna cercare e frugare, nei mucchi ci sono molte schifezze ma si trovano anche dei tesori. Un altro significato dell'America è in questa enorme quantità di roba. E a New York questa roba si accumula più che altrove, rendendo leggibile la nostra condizione e il nostro cammino. Attisani. Infine, professore, lei non è pessimista. Mentre molti intellettuali nascondono dietro il terrore nucleare o la profezia del disastro ecologico l'idea di dover morire e forse di essere già morti... Berman. Quando stavo con il mio primo figlio, quello che è. stato ucciso, pensavo che appartengo alla prima generazione di uomini che si occupa davvero dei propri figli. È un'esperienza che insegna molto, tra l'altro che con la nostra fine non finisce il mondo ma continuano altri. Non è tanto questione di ottimismo o pessimismo, io credo nella vita che continua, dunque soprattutto nella prossima generazione. ConladineGordimer D opo aver pubblicato vari racconti, in riviste sudafricane e americane, Nadine Gordimer, nata nel 1923 a Spring (Sudafrica) raccolse la sua prima produzione di racconti nel volume Faceto Face (Facciaa faccia), del 1949, che nel 1952 comparve in America con il titolo The Soft Voice of the Serpent (La morbida voce del serpente). Il suo primo romanzo, del 1953, è The Lying Days (I giorni della menzogna), cui seguì nel 1956 il volume di racconti Six Feet of the Country (Due metri di terra). Del 1958 è A World of Strangers, tradotto da Feltrinellinel 1961 con il titolo Un mondo di stranieri. Del 1960 à il volume• di racconti Friday's Footprint (L'impronta del piede di Venerdì); nello stesso anno comparve anche il romanzo Occasion for Loving (Occasione d'amore, Feltrinelli 1984). Dopo i racconti di Not for Publication (Da non pubblicare, 1965), nel 1966 • fu pubblicato il romanzo The Late Bourgeois World (Il fu mondo borghese). Al romanzo del 1970 A Guest of Honour (Un ospite d'onore, Feltrinelli 1985) seguirono i racconti di Livingstone's Companions (I compagni di Livingstone, 1972) e il .saggio sulla letteratura sudafricana nera The Black Interpreters (Gli interprett neri, 1973). Del 1974. è il romanzo The Conservationist (Il conservatore), e del 1976 la raccolta di racconti SoItala Vivan me Monday for Sure (Di sicuro un luneclì). Nel 1979 la Gordimer pubblicò il romanzo Burger's Daughter (La figlia di Burger, Mondadori 1979) e nel 1980 i racconti di A Soldier's Embrace (II bacio di un soldato, Tartaruga 1983). Del 1981 è il romanzo July's people (Luglio, Rizzo/i 1984) l'ultima raccolta di racconti, Something Out There, comparsa in questi giorni per i tipi di Feltrinelli con il titolo Qualcosa là fuori. Nadine Gordimer - una donna minuta, dal bel volto attento, serio e insieme ironico - è ritornata recentemente a Milano per presentare il suo ultimo volume di racconti, Qualcosa là fuori, pubblicato da Feltrinelli, editore che è stato il primo a lanciarla in Italia, nel 1961, con Un mondo di stranieri: libro, ricorda l'autrice, che fu lo stesso Giangiacomo Feltrinelli ad andarle personalmente a chiedere. Ancora ignorato è invece il suo primo romanzo, The Lying Days (I giorni della menzogna), un bildungsroman da cui emerge la persona di Nadine Gordimer, figlia d'un ebreo russo e d'una ebreà inglese, cresciuta nella cittadina mi-. neraria di Spring, nel Transvaal. La Gordimer (lndò a scuola in un convento di monache e studiò danza classica - voleva diventare ballerina - ma poi finì per laurearsi in letteratura all'università del Witwatersrand, a Johannesburg, città dove ormai abita dagli anni cinquanta. Scrittrice di alta qualità stilistica e di straordinario talento narrativo, la Gordimer è figura di primo piano nel panorama delle nuove letterature di lingua inglese, e l'esponente più nota ed apprezzata della letteratura' sudafricana anglofona. Le pagine della Gordimer sono una vasta galleria di per_- sonaggi, situazioni e storie, percorsi ed esplorati attraverso il tempo lungo e l'osservazione fulminante d'un narrare analitico, segnato dall'onda d'un lento ritmo segreto. L'occhio fermo, lo sguardo lucido e fisso dell'artista, inizialmente curioso e portato a indugiare sul dettaglio, si fa via via più tagliente e rapido, ed anche

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