tuiscano dei misti concretamente indivisibili. Ma il sapere è fatto di forme, il Visibile, l'Enunciabile, in breve l'archivio, mentre il potere è fatto di forze, di rapporti di forze, il diagramma. È possibile dire perché egli passi dal sapere al potere a condizione di vedere che egli non passa dall'uno all'altro come da un tema generale a un altro tema, ma dalla concezione originale che egli si fa del sapere, all'invenzione di una nuova concezione del potere. Ciò vale ancor più per il Soggetto. Gli saranno necessari degli anni di silenzio per raggiungere nei suoi ultimi libri questa terza dimensione. Lei ha ragione nel dire che bisogna comprendere il «passaggio». Se Foucault ha bisogno di una terza dimensione, è perché ha l'impressione di chiudersi nei rapporti di potere, e che la linea termini o che non riesca a «superarlo», che non disponga di una linea di fuga. È quanto lui dice, in termini splendidi, in La vie des hommes infames. Ha parlato di focolai di· resistenza: ma da dove vengono? Gli occorrerà allora molto tempo per trovare una soluzione, perché in effetti si tratta di crearla. Si può dire allora che questa nuova dimensione sia quella del soggetto? Foucault non usa la parola soggetto come persona né come forma di identità, ma il termine «soggettivazione» come processo, e «Sé» come rapporto (rapporto con sé). E di che cosa si tratta? Si tratta di un rapporto della forza con se stessa (mentre il potere era rapporto della forza con aùre forze), si tratta di una «piega» della forza. Si tratta della costituzione di modi di esistenza, o dell'invenzione di possibilità di vita che concernono anche la morte, i nostri rapporti con la morte secondo il modo di piegare la linea di forze. L'esistenza non come soggetto ma come opera d'arte. Si tratta di inventare dei modi di esistenza secondo regole facoltative, capaci di resistere al potere come di sottrarsi al sapere, anche se il sapere tenta di penetrarle e il potere di appropriarsene. Ma i modi di esistenza o le possibilità di vita non cessano di ricrearsi. Sorgono nuovamente, e anche se è vero che questa dimensione fu inventata dai Greci, noi non facciamo un ritorno ai Greci, non c'è ritorno al soggetto in Foucault. Credere che Foucault riscopra, ritrovi la soggettività che aveva in principio negato è un malinteso profondo come quello della «morte dell'uomo». Anche la soggettivazione credo abbia poco a che vedere con un soggetto. Si tratta piuttosto di un campo elettrico o magnetico, una individuazione operante per intensità (alte e basse), dei campi individuati e non persone o identità. È ciò che Foucault, in altre occasioni, chiama passione. Questa idea di soggettivazione in Foucault non è meno originale di quelle di potere e di sapere; tutte;e tre costituiscono un modo di vivere, una strana figura a tre dimensioni, come la più grande filosofia moderna (e questa non è una battuta). Traduzione di Fabio Polidori ConMarshallBerman i:: ~ ~ -e I l suo libro vende bene, eppure la maggior parte delle recensioni è stata negativa. È l'effetto benefico della stroncatura o i lettori di L'esperienza della modernità non concordano con i recensori? Marshall Berman, l'autore, è contento; pensa che gli intellettuali lo fraintendano più facilmente dei comuni lettori; pensa che il suo studio sulla nascita delle città moderne e sulle trasformazioni di New York sia utile a chi si pone il problema di come cambiarle, le città; pensa che molti intellettuali non gli perdonino di essere critico nei confronti di una società - quella americana - che hanno mitizzato, magari senza rendersene conto. Abbiamo incontrato Berman a New York, all'università dove insegna, poi al teatro La Marna e infine a cena nel Village, nel quartiere in cui ferve la più precaria e interessante vita culturale della metropoli. Diversi sono gli argomenti toccati nella conversazione: l'accoglienza del suo libro in Italia e la polemica moderno-postmoderno, ma soprattutto Berman ha dettato una sorta di appendice. L'esperienza della modernità (Il Mulino, 1985) si ferma all'inizio degli anni ottanta, il decennio delle svolte; parlando di spettacoli e musica, di videoclip e pittura, di vestiti usati e orologi, cerchiamo di capire cosa c'è di negativo e cosa di positivo nei cambiamenti di una cultura così importante, anche per noi. Antonio Attisani. Berman, come giudica l'accoglienza riservata al suo libro in Italia? Marshall Berman. Mi pare che gli italiani apprezzino una sensibilità metropolitana, collegata alla tradizione intellettuale di cui faccio parte (insegnare all'università, girare per le strade con tutti i piaceri e i rischi che si corrono). Tutto ciò è vicino a molta letteratura europea. C'è uno «spirito intellettuale di New York» che gli europei apprezzano e che non è simile a nessun altro. In diverse opinioni ho colto questo accento e mi piace. Sono anche molto felice di essere stato paragonato a Woody Alleo. In Italia il libro ha venduto bene;· mentre l'editore di qui pubblica mille cose e non cura niente (o solo i grandi prodotti di massa). So çhe L'esperienza della modernità è stato adottato in diverse università, per corsi di letteratura, sociologia o arte. Attisani. Alcuni recensori la :g. rimproverano di non aver chiarito e:: cosa intende per «modernismo» e .si i.: attribuiscono questa vaghezza a ~ - [ un'ideologia rigida, a una semplificazione della realtà di oggi. ~ Berman. Ho spiegato in diverse "' occasioni che la mia è una particolare visione della modernità, secondo la quale il mondo è cambiato e può cambiare ancora, e ci si può identificare con le forze del cambiamento pur essendone critici e conservando un'identità. Non oppongo il modernismo al postmodernismo. Sono contrario alla liquidazione del nostro passato: a chi dice che roba come Marx, Nietzsche e Freud non servono a niente. lo credo invece che abbi.ano qualcosa da dirci, che dovremmo guardare agli inizi del moderno, perché qualcuno ha focalizzato allora certi problemi meglio di quanto sappiamo fare oggi. Vorrei spiegarmi. Sono partito dal Manifesto di Marx, ho descritto come lui vede la modernità e quali sono le differenze tra la vita di allora e quella di oggi. Per esempio oggi lo Stato è più forte e pericoloso. Marx spiega come nella società moderna la gente sia più libera e più oppressa al tempo stesso e dice che capire questo è il primo passo per conquistare una maggiore libertà. Ma una delle novità di questo secolo consiste nel fatto che la gente vuole essere me- . no libera di quanto non sia. Pensiamo, per esempio, al successo delle ideologie fasciste. Tutto il quadro della contemporaneità che ho cercato di delineare nel mio libro cerca di incoraggiare la gente, di dire che si può fare, che si possono realizzare cose nuove e meravigliose; dico di non condannare la modernità, perché il suo senso dipende da chi la controlla. Attisani. Se il suo libro non è contro il postmoderno, è però contro qualche corrente di pensiero? Berman. È contro un pensiero di destra: contro il «nuovo feudalesimo», dove si dice che le contraddizioni della vita attuale sono poco maneggiabili, che dobbiamo tornare indietro a qualcosa di solido, a un ordine dove ognuno stia al suo posto. Ed è contro una cultura sinistrorsa, nella quale si crede - leninisticamente - che le masse non possono controllare tale complessità, che ci vuole un'avanguardia ed esse devono seguirla. Del postmoderno non c'è da preoccuparsi. È stato divertente. I tipi come Roland Barthes, Jacques Derrida e compagni parlano una lingua seriale: è un elegante gioco intellettuale che non affronta e risolve i problemi. Il «piacere del testo» finisce con il sostituire la vita. Molti circoli intellettuali sono succubi, fino dagli anni settanta, di un pensiero accademico e annoiato, ma si vivono come ultrarivoluzionari. Non fanno altro che dedicarsi al testo, senza alcun impegno politico e sociale, senza paAntonio Attis ni gare alcun costo umano. In un certo senso sono come i giovani hegeliani che Marx criticava: avallano tutti i drammi della vita moderna rimanendo isolati nei loro piccoli privilegi. Molti di coloro che si richiamano al postmodernismo sono così: pronunciano spesso la parola «opposizione», praticano un radicalismo solo verbale senza prendersi la responsabilità di giudicare la classe dirigente e aiutare la gente nei guai. Molti discorsi postmoderni sono pure teorie, molto fumose. Ma diverse persone intelligenti ne sono state attratte. Il caso di Foucault è diverso. Lui era un isolato e ha messo in causa le sue contraddizioni personali, ha trattato il problema del potere, ma il suo potere è così rarefatto, così permeato in tutta la condizione umana che non si può fare niente. Sant' Agostino e se hai figli... Sento molto la mancanza dell'ambiente culturale del Village, ma si dà la precedenza ai figli. Attisani. Il suo libro termina con l'immaginazione di un grande murale che dovrebbe restituire ai muri bruciati del Bronx la memoria della gente e delle culture che abitavano quei luoghi. Che ne è stato di quell'idea? Berman. Era un sogno, certo. Mettiamola così: se ave·ssimo un presidente democratico ci sarebbero più soldi per la città e per la cultura, e si potrebbe fare il murale di cui parlo. C'è una nuova rivista, «The New Criterion», nata per denunciare la sinistra e farle togliere ogni sostegno pubblico. «The New Criterion» pratica una delazione sistematica nei confronti dell'arte che non celebra il capitalismo e il Woman in White, Knit Hat © David Levine (1980-81) Courtesy Studio Marconi Pascal pensano le stesse cose, ma credono che si possa trascendere il mondo. Attisani. Lei non vive nel B'"ronx,dove è nato e cresciuto, nel quartiere che - ha scritto - bisognerebbe riportare alla vita... Berman. È vero, vivo Uptown da vent'anni. È comodo per il mio lavoro. Sto vicino alle migliori biblioteche del mondo. In quella zona gli appartamenti sono più grandi, ci sono parchi e vita di strada, e Grande Fratello. Ebbene, mi hanno dedicato una lunghissima isterica recensione, spendendo molti argomenti contro il murale del Bronx: hanno scritto che provocherebbe incidenti stradali perché i guidatori si distrarrebbero dalla guida. Nella prossima edizione del libro includerò quella recensione. Attisani. Ma le reazioni negative al suo libro non vengono solo da destra. Lei sembra non inquietarsene. Forse che il titolo del suo libro (in originale: Tutto ciò che è solido si scioglie nell'aria) allude a una consapevolezza tutta «postmoderna» dell'attuale importanza di un panorama di oggetti «immateriali»? Forse lei ha già assimilato il meglio del pensiero postmodernista, ovvero il significato di questi nuovi oggetti e le conseguenze nel modo di pensare ... Berman. Ogni cosa che si scioglie nell'aria diventa parte dell'aria, cioè di una realtà diversa. Molta gente di sinistra è orripilata e passiva di fronte a ciò. Sentono la fine e la disperazione, e magari diventano simili ai pensatori conservatori perché rifiutano la sfida posta dalle nuove forze in campo. Amo molto un'artista come Laurie Anderson perché realizza una combinazione di high-tech e spirito critico, cosa comune anche a molti coreografi, come Twyla Tharp e David Gordon. Una delle cose più affascinanti che ha fatto la Tharp sono i videotapes in cui i danzatori interagiscono con le immagini video. The Kitchen era il luogo deputato per questo tipo di arte e forse lo è ancora, ma è difficile capirlo. Lì si vedevano spettacoli multimediali e video molto interessanti. Ora c'è anche il problema della MTV, che ci satura di immagini e, trasforma un materiale potenzialmente molto creativo in stereotipi istantanei. Non c'è il tempo di pensare. La prima volta che ho visto un video musicale ho pensato: è rivoluzionario. Basta poco e cominci a notare quanto sono simili gli uni agli altri e quanto si appiattiscono su di un immaginario stereotipato. Ci si può arrabbiare ma non si può fare niente. Uno dei problemi della Tv è che rende tutto costoso. Per esempio: il video è il mezzo principale per vendere musica, dunque è molto difficile per un giovane gruppo essere programmato, anche alla radio, se non trova un produttore che investe centinaia di migliaia di dollari in un video. È questione di capitali più che di inventiva. D'altra parte la tecnologia costa sempre meno. Con le videocamere puoi realizzare l'equivalente di 4-6 ore di registrazione per pochi dollari. Il vero problema è la distribuzione: è difficile raggiungere la gente che può vedere queste cose. Si sperava che la Tv via cavo aprisse una pluralità di visioni, ma quelle emittenti finiscono per essere monopolizzate come i networks. Tuttavia è un momento affascinante, con questi nuovi mezzi si può ancora fare qualcosa, ci sono buoni artisti e il mezzo è così economico. Alla MTV si vedono dei videoclip eccezionali, sparsi nella cor-
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