Alfabeta - anno IX - n. 94 - marzo 1987

con un pranzo a base di carne di pollo, ma non riuscivano a decidere quale dei due uccidere, per cui consultarono un rabbino. 'Rabbi- _no,che cosa dobbiamo fare? Abbiamo solo un gallo e una gallina. Se uccidiamo il gallo, la gallina soffrirà, se uccideremo la gallina soffrirà il gallo. Comunque sia, vogliamo avere carne di pollo per il pranzo festivo. Rabbino, che dobbiamo fare?' 'Ebbene, uccidete il gallo', disse il rabbino. 'Ma allora soffrirà la gallina.' 'Sì, è vero; beh, allora uccidete la gallina.' 'Ma rabbino, allora soffrirà il gallo!' 'Lasciatelo soffrire', replicò il rabbino.» E Freud dal canto suo tira il collo al suo cruccio ossessivo se produrre l'opera «universitaria» sulle nevrosi, che avrebbe potuto assicurargli il pane, o se mandare invece in porto il sogno. Il sogno è «maturo» e Freud lo libera in un certo senso dal labirinto del disegno, quel labirinto che per lui (lettera 209) è «il bosco buio degli autori (che non vedono gli alberi)», una sorta di «sistema naturale» della materia nota, nota ma non conosciuta, con un taglio, una recisione da cui può uscire qualcosa che è ben più di un libro perché ha i caratteri di una nuova specie vivente. Viene in mente, come voleva Fornari in uno dei suoi ultimi lavori, l'immagine del parto, ma forse solo per la forma in cui Freud calava il suo pensiero a uso di un interlocutore abituato a privilegiare la sfera della ginecologia e della procreazione. È a Fliess che Freud presenta così la genesi della sua opera, anche come se si trattasse dell'esperienza di un parto. Ma il «modello» sottostante è quello «di una passeggiata immaginaria», di un bosco «dove è facile perdersi» (irrwegreich, pieno di strade sbagliate), ma che rientra in un «tutto congegnato» (lettera 209). Ed è dal mondo vegetale che Freud prende in prestito il «congegno della natura» (le darwiniane Contrivances in Nature) che colloca l'opera, la genesi dell'opera, non nella linea dell'atto della creazione ma in quella dell'evoluzione naturale. «Nessuno dei miei lavori è stato mio in modo così completo come questo; mio è il letto di concime, mia la talea e una nova species mihi» (lettera 199). Fliess, nel processo della creazione intellettuale, rappresenta dunque presso Freud, l'istanza del disegno. Rispetto a questa istanza Freud, come il Darwin dei Taccuini, si misura, si supera. F liess incarna la bellezza ordinata: la simmetria e la proporzione di un giardino all'italiana. «I piani simmetrici e le proporzioni numeriche delle relazioni di nascita fanno ovviamente grande impressione» (lettera 156), gli scrive Freud anche se in realtà l'amico non ha mai parlato di «piani simmetrici». E proprio in rapporto all'arte italiana, Freud situa il senso del bello di Fliess. «Questa volta mi auguro di riuscire ad approfondire un pochino di più l'arte italiana. Incomincio a intravedere il tuo punto di vista: tu prendi in considerazione non tanto ciò che ha interesse storico-culturale, quanto piuttosto la bellezza assoluta racchiusa in forme e idee e in sensazioni di spazio e di colore gradevoli a livello elementare» (lettera 137). Dalla parte di Freud il paesaggio è diverso, una grotta e l'ordine è combinatorio: «La mattina andammo nella grotta di Rodolfo, a un quarto d'ora dalla stazione: in essa le stalattiti formano le figure più strane: equiseti giganteschi, torte a piramide, zanne d'elefante sporgevano dal basso, mentre dall'alto pendevano cortine, pannocchie di granoturco, tende dai pesanti drappeggi, prosciutti e volatili» (lettera 164). Mentre si dichiara privo di qualsiasi senso dello spazio e di qualsiasi disposizione per la geometria, mentre, ancora, rifiuta, col mancinismo, l'idea che un disegno, un «piano simmetrico» presieda a processi strutturali come la rimozione, mentre porta la sua opposizione al disegno fino a confessare di aver semmai sempre avuto «due mani sinistre», nessuna cioè abile a tracciare profili, Freud pone mano a un procedimento diverso. La via per individuarlo è sJata tormentosa e ha coinciso, nel tratto della corrispondenza con Fliess, con una sorta di martirio isterico dell'eccitazione sessuale, un calvario che fa pensare alla carriera chirurgica di Marie Bonaparte e del suo organo genitale. Qui l'oggetto è il naso, sottoposto a cauterizzazioni alternate a spennellate di cocaina: quello che egli esperimenta, per questa via .riflessa, è l'inferno (cita due volte Dante, e l'Italia è per lui un «punch al Lete») di tutte le intossicazioni (i sigari, le spennellature al naso di cocaina, il vino che il naso lo arrossa) che hanno il loro «modello» nell'eccitazione puro dell'eccitazione, attinto dal ·serbatoio di impressioni ricevute da piccolo nel salone di bellezza condotto dalla madre, ed espresso in innumerevoli silhouettes di figure femminili tracciate per ore dimenticando la fatica e la fame. Un vero punch al Lete. La cosa andò avanti finché attraverso l'analisi egli non fece una scoperta liberatoria: scoprì cioè di potersi curare del disegno con l'acquerello. L'acquerello conserva alcune delle qualità della silhouette, l'apparente facilità, l'unicità della pennellata che non richiede correzioni, ma senza la precisione dei contorni, quel dominio della linea che imparenta il più semplice dei disegni con la potenza ordinatrice di un dio. La repressione del disegno mediante l'acquerello vale a compensare il fallimento di quella che 'Hermann ha descritto come la rimozione dell'intelligenza periferica e che per noi consiste nell'oblio, nella perdita della capacità di disegnare. Oblio, perdita di cui rimane traccia, residuo, nella nostra mappa del luogo della fobia e che introduce alla costruzione di un soggetto in sintonia con un pensiero suo. Freud, al termine della sua relazione con Fliess, è incantato dal Franz Kline fotografato intorno al 1950 sessuale, nell'intossicazione cioè di materie sessuali. Eccitazione onanistica ed eccitazione creativa vanno dapprima di pari passo, sostenute dalla «etiologia sessuale», dalla tesi cioè che attribuisce l'angoscia nevrotica al coitus interruptus e che suggerisce quindi, se, come a un certo punto Freud, non si intendano avere altri figli, di astenersi tout court da una «vita sessuale». Il passaggio decisivo sarà il seguente, quando Freud si accorge che l'eccitazione sessuale non gli serve più (lettera 144). E a questo punto, dopo aver compiuto con la sua lettera164 ( un vero poemetto) il funerale dell'ebrezza e dell'intossicazione, egli, come via di guarigione, sceglie non tanto il sogno quanto il lavoro del sogno (il lavoro del sogno e il suo lavoro sul sogno), cioè di seguire, per il suo pensiero, una via diversa da quella di prima: anziché inspirare il profumo di un disegno, lasciare che questo si dissolva nel semplice desiderio di dormire. Anziché lasciarsi prendere dalla scoperta del contenuto latente, praticare su un'altra scena quella che chiamerei una modulazione coloristica del dolore. Un mio paziente ha portato per molto tempo in analisi il disegno disseppellimento dei resti del labirinto di Cnosso e passa volentieri il suo tempq libero sulle mappe della città di Roma. Alla «bellezza pura e geometrica» di cui Fliess era stato rappresentante ha imparato, o almeno si esercita, a sostituire una modulazione analoga a quella dell'acquerello. «Ho imparato che nel campo della sofferenza esiste una sfera di sensibilità così ricca e diversa nei suoi elementi e nelle sue combinazioni com'è quella dei suoni e dei color.i,sebbene ci siano poche prospettive di fare un uso analogo di questo materiale di sensazioni; è troppo doloroso» (lettera 182). Potrebbe essere, una modulazione coloristica e musicale del dolore, una nuova definizione del sogno? Come ebbe a osservare acutamente quel mio analizzante, l'acquerello è un sostituto, o meglio un equivalente dell'angoscia. Ciò gli venne in mente in seguito a un episodio. Una mattina molto presto prima di venire in analisi, mentre si recava all'aeroporto, vide di colpo un uomo steso a terra per strada («come un ubriaco dei nostri giorni giaceva sul lastricato antico» di «un pezzo di antica strada _romana affiorante in un campo», Lettera164) forse ferito, forse morto. Riuscì a far fronte molto bene all'emergenza e'si spiegò più tardi quell'insolita capacità di assorbire all'istante l'urto di una sorpresa così violenta con il fatto che la notte precedente si era dedicato lungamente a fare acquerelli. Era come se l'acquerello, pur non potendo essere considerato un farmaco, avesse anticipato l'evento che doveva verificarsi il mattino dopo e ne avesse neutralizzato per tempo gli effetti traumatici. Allo stesso modo l'angoscia prepara a un pericolo impedendo che il non presentarsi tempestivo dello Spavento apra nell'apparato psichico una di quelle falle che solo il lavoro della Ripetizione, reintroducendo la funzione dell'angoscia, sarà poi in grado di riparare. D i un simile processo troviamo, ne sono convinto, traccia nella lettera 251 scritta alla vigilia di quello che sarà l'ultimo «congresso» di Freud con Fliess, il disastroso incontro dell'estate del 1900a Achensee che fece esplodere fra i due.malumori e dissensi inconciliabili. Il passo sul quale vorrei soffermarmi colpisce per una singolare intensità poetica, la più alta direi di tutte queste pagine, a volte, come nelle brevi storie di casi, così felicemente narrative: «I grandi problemi non sono ancora risolti. Tutto ondeggia e albeggia, un inferno intellettuale, una cosa sopra l'altra, dall'abisso più profondo si profilano alla vista i tratti di Lucifero-Amore» (lettera 251). Il brano è molto suggestivo ma per capirne tutta l'importanza dobbiamo smontarlo pezzo per pezzo rifacendoci per di più all'originale che la tràduzione stiracchia qua e là un po' troppo. I grandi problemi non sono ancora risolti. Von den grossen Problemen ist noch nichts entschieden. Non i grandi Problemi, ma su, intorno ad essi, il pennello incomincia a effettuare quei movimenti di nutazione che Darwin scoprì nelle piante rampicanti: dondolii, ondeggiamenti ma non dispersivi, capaci anzi.di avanzare intelligentemente nel vuoto, diancorarsi potremmo dire allo spazio puro, come la cupola del Brunelleschi. Sui grandi Problemi niente è ancora deciso. Entscheiden evoca una sentenza, un verdetto, qualcosa di assolutamente tranciante, di fermo, risolutivo: in sospeso ma già alle soglie. Tutto ondeggia e albeggia. Al/es wogt und diimmert. Il verbo diimmern riguarda sia l'alba che il crepuscolo, sia il farsi chiaro che il farsi scuro. Esso pone fine comunque a quella netta separazione dei campi della luce e dell'ombra che si mantiene in tutto l'epistolario. Fliess è il Sole, è nella luce anche quando avanza dall'altro lato della galleria scavata da Freud (lettera 153; ma anche 212: «Hai a che fare con la luce non con l'oscurità, con il sole, non con l'inconscio») e porta la luce, ma questo lo predispone, mentre la sua meteora tinge ancora di sé la volta del cielo, a prendere il posto di Lucifero. Tutto ondeggia dunque ma l'alba si confonde, o si scambia, con il crepuscolo, proprio come pare a Dante che nell'ultimo canto dell'Inferno domanda a Virgilio «çome, in sì poc'ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?» Nasce, dal tramonto della silhouette, un giorno nuovo, una luce differente, esprimibile in «mescolanze» e «combinazioni». Il riferimento a Dante è tutt'altro che casuale, è indispensabile anzi e ci illumina su che cosa significhino le parole che vengono dopo: Un inferno intellettuale. Queste parole non vanno prese infatti nel senso banale, emotivo, descrittivo di uno stato d'animo, che dapprima sembra imporsi. Un inferno intellettuale non significa altro che questo: la forma, la necessità, la legge dell'inferno dantesco come funzione della mente. L'Inferno come metodo (con la maiuscola perché si intende riferito all'Inferno di Dante). Questa legge ha un nome, la legge del contrappasso, Freud la evoca nella lettera 171 («Si vede l'immagine riflessa del presente in un passato di fantasia che diventa poi profetico per il presente. Il tema segreto è quello della vendetta insoddisfatta, che Dante presenta perpetuata nell'eternità, e dell'inevitabile castigo») e ne dà qui immediata illustrazione con le stesure che fa di colore in vista dell'incontro imminente. Dico stesure di colore perché la traduzione di eine Schicht hìnter der anderen con «una cosa sopra l'altra» è sbagliata. Uno strato dietro l'altro, uno strato dopo l'altro, come si danno mani di colore, è dunque la nostra versione che varia anche in quel che segue: im dunkelsten Kern die Umrisse von Lucifer-Amor sichtbar. In modo che il testo «restaurato» suonerebbe così: «Circa i grandi problemi niente è ancora deciso. Tutto ondeggia e albeggia, un Inferno intellettuale, uno strato dopo l'altro, nel centro più oscuro il profilo di Lucifero-Amore visibile». Il disegno, rimosso, è stato così disseppellito. Avviene, lungo il corpo villoso di Lucifero il capovolgimento che lascia sbalordito Dante al trovarsi, senza saper come, dall'altra parte. È il percorso, per la natural burella, di un'analisi compiuta. Un passo che è un contrappasso. Gli stessi strati che compongono la struttura precipitosa dell'inferno ne mostrano ormai la scala rovesciata: al centro, quel centro solare, che era stato emblematizzato dal naso dell'amico («in mezzo alla faccia... »), risponde ora un altro centro, il Kern, il nucleo scurissimo in cui appaiono i contorni ( Umrisse) del suo ritratto. L'Inferno intellettuale, l'inferno in forma di intelletto è ciò che permette ormai a Freud di gettare nel vuoto la cupola della sua creazione senza i supporti tossici_dellenevrosi attuali. Il vuoto di senso lasciato dal tramonto del Disegno si esprime nell'adozione del «pappagallo di Humboldt» come simbolo. «Mi sono rassegnato a vivere come una persona che parla una lingua straniera o come il pappagallo di Humboldt!» (lettera 258). Da questo autore che tanto piaceva a Darwin Freud riprende il racconto degli indiani Guarico sulla tribù degli Atura che sospinti dai nemici sull'orlo di una rupe perirono tutti. E tuttavia esisteva ancora un vecchio pappagallo di cui gli indigeni non comprendevano il linguaggio perché parlava la lingua di quella tribù estinta. Il commento finale di Freud: «Essere l'ultimo della propria stirpe o il primo e forse l'unièo, sono situazioni che si rassomigliano molto» indica una collocazione sulla punta del cuneo dell'evoluzione che vede coincidere il lavoro silenzioso e inavvertito della Selezione Naturale con quello dell'Istinto di morte. E si definiscono così anche due ':tc::s posizioni intellettuali. Quella di .s Fliess che in un certo senso ignora ~ la morte. Egli si accompagna al t--- flusso del plasma immortale. I ~ ...... suoi «periodi» si trasmettono dalla e madre ai figli senza soluzioni di ~ continuità. E quella di Freud la cui È vittoria sulla morte avviene in no- ~ me dell'archeologia, l'eredità con- s:: tro l'ereditarietà, che segue Dar- S ~ win al di là di ogni filosofia della -0 ~ Natura. ~

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