Alfabeta - anno IX - n. 94 - marzo 1987

attraverso la revisione di taciti presupposti ma trovando nuovi candidati per i «massimi problemi», che fanno apparire come di poco peso la controversia fra Platone e Nietzsche, e tra realismo e antirealismo. 4. Conclusione Credo che la morale di questa critica heideggeriana del derridismo sia che Heidegger ha ragione quando dice che concentrarsi sul linguaggio come problema filosofico non fa progredire la nostra comprensione della tradizione, né ci indica una maniera per porre fine alla oscillazione tra Platone e Nietzsche. Così sospetto che né Derrida né Dummett ci offrano una via per superare l'atteggiamento che ho consigliato più sopra, e che mi pareva fosse l'unica opzione possibile per persone come Fine e Davidson. Essere ingenui in questo senso, vuol dire imitare gli scienziati rivoluzionari di Kuhn più che i suoi scienziati normali, accontentandosi di indicare nuovi modi di parlare, senza scomodarsi a sostenere che questi nuovi modi portano a compimento un vecchio obiettivo meglio di quanto non lo facessero i vecchi. Non significa pretendere che la propria maniera sia «naturale», che sia il modo in cui parla il buon selvaggio o l'uomo della strada; questa retorica non è che la resurrezione atavica della prospettiva platonica per cui la verità è già sempre in noi. Significa invece ammettere che la scienza, la filosofia e la cultura fanno dei passi in avanti solo quando qualcuno prende l'iniziativa di sperimentare il nuovo senza fermarsi a spiegare perché sia meglio del vecchio. Che utilità ha questo atteggiamento ingenuo se riferito al problema heideggeriano dell'oltrepassamento della metafisica? Nessuna, tranne il mostrare che Heidegger aveva ragione quando giunse alla conclusione ( e avrebbe potuto anche arrivarciprima) che sarebbe meglio lasciare la metafisica a se stessa - almeno per un po'. Se ci preoccupiamo troppo di misurare quanto siamo «andati di là da Platone e Nietzsche», ci potrebbero sempre obiettare che non siamo andati troppo in là - che il linguaggio in cui è formulata la contesa fra Platone e Nietzsche è sufficientemente elastico per coprire ogni posizione che cerchi di essere nuova. Lo stesso accadrebbe se ci preoccupassimo eccessivamente di essere al di sopra della mischia tra realisti e antirealisti. Anche i termini di questa controversia sono indefinitamente allargabili. Heidegger, credo, si è troppo preoccupato di distanziarsi da Nietzsche. Se Hobbes avesse fatto lo stesso con Ockham il Leviathan non sarebbe mai stato scritto. Conviene che quando i filosofi arrivano alla conclusione che una controversia è ormai stantia, trovino qualcosa di nuovo da fare, e lascino agli storici futuri il compito di stabilire se ci siano riusciti o no. Traduzione dall'inglese di Maurizio Ferraris Note (1) Mi riallaccio qui alla discussione kierkegaardiana di Socrate nelle Briciole di filosofia. (2) La volontà di potenza. (3) La gaia scienza, ed. Colli-Mantinari, trad. it. di F. Masini, aforisma 54. 6 lbid ! 4l Nietzsche, Neske, Pfullingen, 1961. 5 lbid. (7 «La sentenza di Nietzsche: 'Dio è morto'», in Sentieri interrotti, trad. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 242. (8) Ovviamente, Heidegger non lo avrebbe considerato un gergo, ma piuttosto una parte del suo sforzo di esplicitare «il compito ultimo della filosofia», cioè, come si legge in Essere e tempo, «Preservare la forza delle parole più elementari, in cui si esprime l'Esserci»; credo che nella sua opera Heidegger abbia mantenuto questa prospettiva, benché !'«Esserci» sia sostituito dall'«Essere». (9) Per questo modo di presentare l'atteggiamento di Kant nei confronti dei suoi predecessori, cfr. Lewis White Beck, «Kant's Strategy», in Id. Essays on Kant and Hume. (10) Tempo ed essere, trad. it. di E. Mazzarella, Guida, Napoli, 1980, p. 126. 11) Cfr. Fine, And Not Anti-Realism Either, p. 62. 12) lvi, p. 54. 13? lvi, p. 60. 14l Nietzsche, cit. 15 lvi, p. 585. 16 Fine ha ragione quando mi rimprovera un simile atteggiamento (presente in La filosofia e lo specchio della natura [1979; trad. it. di G. Milione e R. Salizzoni, Bompiani, Milano, 1986]). In seguito (p. es. nella introduzione a Conseguenze del pragmatismo [1982; trad. it. di F. Elefante, Feltrinelli, Milano, 1986] e in Pragmatism, Davidson and Truth, in corso di pubblicazione nella Festschrift per Davidson curata da Ernest Le-Pore (University of Minnesota Press, Minneapolis, 1985]) ho modificato le mie posizioni. • (17) And Not Anti-Realism Either, p. 62. (18) Cfr. Davidson, lnquiries into Truth and lnterpretation. Oxford University Press, Oxford, 1984, pp. 189 e sgg. (19) lvi, p. 198. (20) V.M. Urban scrisse un libro intitolato Di là dal realismo e dall'idealismo, rispetto al quale invalse l'uso di dire: «Come sostiene Urban, di là dal realismo e dall'idealismo c'è l'idealismo». (21) Cfr. Davidson, lnquiries, cit., p. 194. La situazione è complicata dal fatto che Dummett e i suoi seguaci hanno cercato di spacciare Davidson per un realista. Frederick Stoutland ha mostrato quanto fosse sbagliata una simile descrizione (in Realism and AntiRealism in Davidson's Philosophy of Language, in «Critica», n. 41, 1982, pp. 13-53 e n. 42, 1982, pp. 19-53). Ovviamente, Stoutland vuol fare di Davidson un antirealista, mentre secondo me è molto più al di sopra della mischia di quanto non lo sia Fine. Cfr. il mio saggio citato alla nota 16. (22) Cfr. Bernard Williams, Ethics and the Limits of Philosophy, pp. 66 e sgg., per l'asserto secondo cui intercorrerebbe una differenza essenziale tra deliberazioni fattuali e deliberazioni pratiche, consistente nel fatto che mentre queste ultime sono «radicalmente in prima persona», nella domanda «che cosa devo pensare intorno a questo interrogativo [fattuale]?» la prima persona «ricorre solo derivatamente». Williams ritiene che questo interrogativo sia una forma derivata della domanda «Qual è la verità intorno a questa domanda?», che è «primaria». La prospettiva che attribuisco a Davidson ritiene che le due domande siano semplici varianti stilistiche, senza gerarchia interna. L'idea di Williams è che nel caso di una deliberazione fattuale possiamo sostituire «ognuno» con «io», e in quello di una deliberazione pratica no. I davidsoniani obietteIV Festival Ottovolante ... ,O o - o ID I rebbero che se «ognuno» significa «chiunque abbia le mie stesse credenze e i miei stessi desideri» potremmo operare la sostituzione in ambo i casi, mentre se significa «chiunque cerchi la verità», si tratterebbe di una petizione di principio, perché la posta in gioco è proprio stabilire se una simile ricerca differisca dal tentativo di organizzare in modo più coerente le proprie credenze e i propri desideri. (23) Cfr. Davidson, «What Metaphors Mean», in lnquiries, cit. Si confronti la sua esposizione della «tensione in opera nella considerazione usuale della metafora», p. 261, con la sua esposizione del1' «implicito paradosso della irrazionalità», di cui parlo alla nota 25. (24) Potrebbero richiamarsi, per esempio, alla anologia con la scolastica: i cartesiani del sedicesimo secolo ritenevano che molte posizioni della scolastica fossero inintellegibili (così come Fine è tentato di pensare che, p. es., la posizione di van Fraassen è inintellegibile) ma i loro eredi della fine del diciannovesimo secolo erano in grado di tradurre quelle controversie in termini del tutto sensati, sebbene questi termini le facessero risultare molto meno importanti di quanto non dovessero apparire nel tredicesimo secolo. (25) Davidson, Paradoxes of lrrationality, in Richard Wallheim e James Hopkins (a c. di), Philosophical Essays on Freud, Cambridge University Press, Cambridge, 1982, p. 305. In quel saggio, a cui devo molto, Davidson si concentra sull'«implic1to paradosso della irrazionalità», per cui «Se spieghiamo troppo bene la irrazionalità, la trasformiamo in una razionalità mascherata; ma se la presentiamo come eccessivamente incoerente, ci precludiamo la possibilità di diagnosticarla, escludendo il fondo di razionalità necessario per giustificare qualsiasi diagnosi» (p. 303). Davidson sostiene che l'unico modo per risolvere il paradosso è - di fronte a una persona il cui comportamento sia «irrazionale» - «ripartire» la mente alla maniera di Freud - così che la persona contenga due sistemi di credenze e di desideri, reciprocamente contraddittori ma internamente più o meno coerenti, con elementi dell'uno che operano come cause (ma non come ragioni) dell'altro. Passando all'ambito dei movimenti intellettuali, i rivoluzionari di Kuhn risulterebbero come degli irrazionalistici «mostri dell'Es» agli occhi dei loro oppositori «normali». Dal punto di vista degli storici liberali, che descrivono la disfatta di quegli oppositori come un trionfo della ragione, i rivoluzionari rappresenterebbero invece il Super-io culturale che trionfa sulla superstizione e sul pregiudizio. (26) Cfr. La gaia scienza, cit., aforisma 357. (27) Dico «derridiani» e non «Derrida» perché Derrida è troppo sottile per proporre una qualsiasi dottrina. Sono invece i suoi epigoni a dare da intendere che ultimamente avremmo appreso un qualcosa riguardo alla natura del linguaggio, che sarebbe capace di sottrarci alla metafisica. (28) Cfr. Putnam, On Truth, nella Frestschrift per Sidney Morgenbesser, e il suo A comparison of something with something else, in corso di pubblicazione in «New Literary History». (29) Cfr. Samuel Weeler, lndeterminacy of French lnterpretation: Derrida and Davidson, in corso di pubblicazione nella Festschrift per Davidson, cit. (30) «L'arte è la condizione insita nella volontà di potenza per cui questa, in quanto è la volontà che è, può crescere in potenza ed accrescersi [... ] L'arte è il valore supremo. Paragonata al valore 'verità', essa risulta essere un valore più alto», Cfr. «La sentenza di Nietzsc~e: 'Dio è morto'», cit., p. 221. (31) «L'epoca dell'immagine del mondo», in Sentieri- interrotti, cit., p. 86. ! 32~ lvi, pp. 87-88. 33 lvi, p. 93. 34 Cfr. Dummett, Truth and Other Essays, cit. p. 454. la parola tra poesia e narrativa Firenze, 2-29 Marzo 1987 Incontri, conferenze, letture, perf ormances, mostre e installazioni . .. Comune e Provincia di Firenze, Regione Toscana, ARCI, UISP, Monte dei Paschi di Siena, Azienda Autonoma di Turismo di Firenze, Gabinetto Vieusseux, Associazione culturale «Il Punto», S.M. S. Andrea del Sarto, Libreria delle donne, Caffè delle Giubbe Rosse. 00 ....... c:s .s ~ ~ r-.... ~ ....... e i ~ ~ ] ~ '-----------------------------------------------------------------------------~

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