Gli individualistidella causa comune La riflessione sul movimento di dicembre a Parigi è ancora soltanto ai suoi inizi. Per quanto l'informazione sia stata rapida, ampia e sostanzialmente disposta a capire (in Francia come in Italia) - bisogna dire che l'interpretazione politica, l'apprezzamento dei nuovi valori culturali e sociali prodotti da questo autentico sommovimento sembra ancora balbettante ed incerto. L'immaginazione sociologica e la creatività politica sono certo rimaste sorprese, ma per essesi apre un campo assai vasto di scoperta e di azione. Chi sono, che cosa rappresentano, i centomila che hanno costituito il nucleo centrale della mobilitazione, delle assemblee, degli enormi cortei che fra il 26 novembre ed il 10 dicembre hanno stravolto la normalità parigina? È opportuno dire che non sono definibili soltanto come studenti: sono studenti, ma anche immigrati e beurs - ed una grande parte del movimento aveva trentacinque, quaranta o cinquant'anni, senza la timidezza e quasi l'imbarazzo che avevano in Italia alla fine del 1985 gli ex-militanti dei movimenti del '68. Ma certamente la vera novità, l'oggetto misterioso di quella storia, sono gli studenti. Al di là di ogni giovanilismo è fuori questione che il punto più stuzzicante per il pensiero critico è oggi proprio questo: come può manifestarsi (e può manifestarsi?) il valore della libertà e quello dell'uguaglianza nella prima generazione telematica? Occorre_direche il casofrancese fornisce un ottimo test per una ricerca del genere: con due milioni di Minitel installati nel giro di due anni, usati a pieno ritmo dai giovanissimi per telematizzare tutto, anche il corteggiamento delle sbarbe, si può ben dire che l'adolescenza francese ha subito, negli ultimi dieci anni, un processo di telematizzazione a tappe forzate che ha pochLparagoni nel mondo. Basti pensare che nell'estate del 1986 si verificò un incidente sintomatico nel funzionamento del MiAlainLeautbier,NicolasBeau Grandezza e decadenza di una stella: Isabelle Thomas, figura emblematica del movimento studentesco (almeno si pensava), non è stata eletta fra i quattordici delegati che da ieri sera formano il Coordinamento nazionale delle università in lotta. La disavventura non è certo fortuita [... ]. Dopo la manifestazione del 28 c:::s .s novembre e le prime dichiarazioni ~ governative il paesaggio si è leg- ::: germ'ente modificato [... ] certe ~ forze che sino ad ora sembravano ...... .s;i minoritarie, hanno spinto ad una ~ certa radicalizzazione del mov1- ..C) ..C) ~ ~ mento. Tattica ben conosciuta ma rivestita, questa volta, di abiti nuovi che il movimento stesso ~ metteva a disposizione. Gli stu- ~ denti trotzkisti o comunisti hanno l giocato a fondo sulla diffidenza ~ della base contro il «vedettariat» e DaParigi nitel (una rete simile all'italiano Videotel, ma molto più estesa): fra i. servizi messi a disposizione dal Minitel (metereologia, orari del treno, degli ·spettacoli ecc.) ve n'era uno per i messaggi personali, scarsamente attrezzato per l'enorme richiesta tanto che, a luglio, si verificò un crack dell'intero sistema che obbligò la compagnia telefonica ad una ristrutturazione dei canali di accesso e ad un potenziamento degli annunci per- • sonati. Nel 1986, inoltre, si sono verificati (e la stampa ne diede notizia) un certo numero di matrimoni fra utenti del Minitel che si erano conosciuti tramite terminale. Fra la stampa e la pubblicistica francese di quei giorni abbiamo evidenziato alcuni testi che cercano di ricostruire una prima ipotesi di lettura dell'emergenza politicoculturale della prima generazione telematica. Una prima definizione dello spirito di questo movimento la propone «Libération» il 26 novembre: Alain Leauthier definisce gli studenti «gli individualisti delle «manipolazioni». Una sorda battaglia ha così avuto inizio, di fronte a un pubblico spesso disorientato di studenti pronti a sospettare di strumentalizzazione perfino il loro amico più prossimo. È forse qui che si colloca l'errore di Isabelle Thomas. Molto presente nell'insieme dei media, un po' troppo a parere di alcuni, ha pagato probabilmente l'astuta utilizzazione del riflesso anti-star della base. [... ] «Libération», 4 dicembre 1986 Serge July Per il Primo ministro da quindici giorni la realtà supera la più inverosimile delle finzioni. [... ] Perfino Charles Pasqua dovrà convivere con questi «nuovi» democratici, questi vigilanti dei diritti fondamentali che traducono in emoziola causa comune». Il valore della dimensione individuale viene difeso dal pericolo dell'attribuzione di un'identità politica o progettuale comune. «C'è un quadro minimo che riunisce tutti, il rifiuto del progetto Devaquet. Ma poi vi è una quantità di opinioni e considerazioni personali sulla natura profonda ed il futuro di questo movimento. E qui non siamo certo tutti d' accordò. Ma non è grave» («Libération>>2,6 novembre, p. 4). Come già nel 1985 italiano il rapporto con i media (che funzionano come specchio ed al tempo stesso come produttori dell'immagine che si riflette) sembra più indipendente, più forte. L'operazione di costruzione mediatica di figure accattivanti e pubblicitarie, immagini-saponetta chs evocano una sorta di buon senso clean e à la page funziona solo a metà (co- • me nel caso di Harlem Desir, leader di SOS Racisme, contestato da un settore crescente di giovani maghrebini ed africani) oppure non funziona per niente (come nel caso di lsabelle Thomas, un po' ne collettiva gli abusi del potere politico. Questa opposizione inedita, il cui collegamento con la opposizione politica è decisamente precario, non era prevista nella teoria chiracchiana della -coabitazione. Già non era semplice prima; ora tutto improvvisamente è divenuto abominevolmente complesso. [... ] La società francese del 1986non è fondamentalmente conservatrice nel senso tradizionale. Non è tuttavia nemmeno socialista e ne abbiamo avuta la dimostrazione. Ecco perché questo movimento civico è una occasione. La società francese scopre i valori del diritto. Lo fa attraverso una dimostrazione esemplare su cui tutti i suoi leader politici dovrebbero meditare attentamente, compresi i socialisti. Il movimento di dicembre testimonia di una formidabile maturazione della società civile: non lo s1 era mai visto affermare così troppo sponsorizzata dai media, che non è stata eletta nel coordinamento dei delegati studenteschi). Il rifiuto della politica si mescola e si intreccia con il rifiuto del riflesso-distorsione mediatica; in questo si manifesta un nuovo interessante elemento del panorama. Leauthier e Beau descrivono questa reciproca elisione delle componenti anti-politica ed antimediatica nella cultura giovanile. (Les «radicaux» tentent une OPA, «Libération», 4 dicembre, p. 5). Nei giorni seguenti emergono • due linee di interpretazione (sia pure ancora soltanto abbozzate). L'una interpreta questo movimento come una sorta di «forza civica» conseguente, una forza che mira a realizzare concretamente la promessa dei diritti e della tolleranza senza rimettere in questione i paradigmi fondamentali della vi- , ta, della produzione, del sapere. È in sostanza questa la tesi di Serge July, il quale nel suo editoriale dell'11 dicembre definisce il movjmento come La nascita di una forza civica, («Libération», 11 dicembre, p. 3) e legge gli avvenichiaramente. Né violenza né politica: la semplice evidenza del diritto. Ed è già tutto un programma il fatto che la nascita di questa forza civica che rovescia la scena politica e sociale in Francia si sia svolta in silenzio. (Riferimento alla manifestazione silenziosa del 10 dicembre, N.d.R.). «Libération», 11 dicembre 1986 I André Comte-Sponville Ciò che più di ogni cosa colpisce è la rottura. Ricordiamocelo: la sera del 10maggio 1981, in quella grande festa della Bastiglia, sentivamo tutti che il maggio '68 continuava e finiva ad un tempo, per l'arrivo al potere di un movimento e di una generazione (con un uomo che, al tempo stesso, ad essi non apparteneva). Attraverso quali trasformamenti di dicembre come l'emergere di una possibilità tutta istituzionale di mantenere aperto il pluralismo che Chirac mette in pericolo. Sulla medesima linea si colloca André Comte-Sponville, il quale, in La morale sans !'utopie («Libération», 9 dicembre, p. 12) accentua la distanza dal '68, e riduce la novità al superamento dei «sogni spaventosi» dell'utopia. Ma nell'ultima settimana le componenti più radicali del movimento hanno cominciato a manifestarsi: prima di tutto nella forma di un'opposizione (soprattutto da parte dei giovani beurs) alla direzione riformista e clean di SOS Racisme. In proposito vedi: Pour continuer, foglio diffuso durante la manifestazione del 10 dicembre. Ma i nodi fondamentali che il movimento pone alla riflessione teorica sembrano emergere dagli interventi di Virilio e di Castoriadis. Viri/io riesce a far emergere il problema della dinamica nuova che ha investito l'universo dei valori culturali: competizione ed egualitarismo - un binomio che in questi anni sembrava essersi completamente sbilanciato, con l'opposizione di individuo e collettività solidale, con la centralità attribuita ai valori economici e carrieristici nella formazione dell'identità, e che ora entra in tensione, sembra rompersi. (Les enfants du coeur, «Libération», 11 dicembre, p. 15). Castoriadis, infine, ci guida diritto a quello che può diventare il problema nodale, il contenuto fondamentale della lotta fra produttori ed espropriatori nella società post-industriale: il diritto al sapere in una forma sostanziale, dunque non semplicemente come diritto allo studio, ma come diritto ali'accesso libero e generalizzato ai processi fondamentali di conoscenza e di modificazione tecnologica che sono attualmente privatizzati, militarizzati e clandestini. (Les ambigui'tés de l'apolitisme, «Libération», 11 dicembre, p. 14). Franco Berardi Bifo zioni, rinnegamenti, incertezze, lo sappiamo bene, comunque senza equivoci: la stessa generazione che aveva fatto il '68, coglieva finalmente l'obiettivo dei suoi progetti e dei suoi sogni. «Abbiamo vinto!», si gridava, ed era vero. [... ] Lo scarto appare maggiore, la rottura più importante, fra il 1986 e il 1981, di quanto non apparisse quello fra il 1981 e il '68. Il 1981, che fu la fine della nostra giovinezza, non era ancora l'inizio della loro. Politicamente, essi sono privi di passato. Vengono da chissà dove, li si potrebbe definì.reextraterrestri della politica. [.·.. ] Questa gioventù è bella e commovente perché è senza utopia; quanto più sono giovani, tanto più sono forti per essersi così liberati di quei sogni spaventosi (per gli altri!) che volevano farci credere che fossero compagni inevitabili dell'entusiasmo o dell'ingenuità. Questi sono ingenui senza illusioni
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