Alfabeta - anno IX - n. 93 - febbraio 1987

ra ci sono riusciti _soloin misura modesta, o non ci sono riusciti affatto. Combinando le tre versioni dei quotidiani più diffusi, inoltre, si ottiene un'immagine poco piacevole: la corporazione dei sapienti proclama l'incompetenza popolare, avoca a sé il diritto di decidere, e decide a favore del nucleare. Il tutto sullo sfondo di un'oscura diatriba in seno alla corporazione tra fusionisti e antifusionisti (l'occhiello della Repubblica recita: «Polemica a un convegno del Cnr tra Rubbia e gli antifusionisti). È da notare che questi magri risultati sono stati ottenuti a fronte di un notevole sforzo di riguadagnare coesione interna e di proiettare all'esterno un'immagine il più possibile univoca. I fisici italiani, scrive il Corriere della Sera, «a larga maggioranza, si sono espressi a favore delle centrali nucleari (fissione nucleare), giudicate una fonte irrinunciabile di energia ... Ampia convergenza di opinioni anche sul fatto che la fusione nucleare, l'energia senza scorie radioattive ancora in fase di sperimentazione, non può essere posta in alternativa alle attuali centrali a fissione: deve essere incoraggiata con un maggiore impegno di ricerca, ma potrà dare i suoi frutti solo nel prossimo secolo». Lo stesso articolo riferisce che, secondo Gianni Mattioli, uno dei fisici più impegnati contro il nucleare, la Società di fisica ho ottenuto una «larga maggioranza» e un' «ampia convergenza di opinioni» lasciando a casa gli oppositori: «Perché la Sif non ha invitato i maggiori fisici italiani antinucleari come Regge e Parisi? Ha preferito invece affidare alcune relazioni chiave a esponenti dell'Enel e dell'Enea». Tullio Regge non era al convegno, ma era sulla prima pagina della Stampa di domenica 18 gennaio, con l'articolo L'introvabile scienziato neutrale. Dopo aver fatto riferimento alla polemica Rubbia-Colombo, Regge scrive: «Questi dibattiti e queste polemiche sarebbero molto divertenti se non lasciassero il pubblico disorientato e sgomento, distruggendo il mito della scienza obiettiva, neutrale, pacata ed imparziale, cui ricorrere per un parere finale nei casi estremi. Ma esiste davvero questa mitica autorità scientifica, oracolo del XX secolo, capace di ridare sicurezza agli incerti, affidabile e discreta? ( ... ) Una solida preparazione scientifica aiuta certamente a comprendere ed a chiarire questi dati, ma non può dare una risposta finale. Rimane in ogni caso al cittadino il diritto-dovere di informarsi e dire la sua sul problema energetico». L'articolo di Regge ripropone un tema che, ormai, si sta trasformando in un vero tormentone: «il diritto-dovere di informarsi del cittadino». È singolare, però, che nessuno abbia finora fatto uno sforzo per immaginare come il cittadino dovrebbe e potrebbe «informarsi» su problemi di questa complessità. Non è certo plausibile che si possa scambiare per «informazione» il brucare casuale (ed è la migliore delle ipotesi) fra articoli di giornale e tavole rotonde televisive. Né può valere l'osservazione, esatta quanto inappropriata, che il cittadino si trova in ~ condizioni informative analoghe .s non solo sull'energia e sul nuclea- ~ re, ma in linea di massima sulla ~ maggior parte dei problemi su cui t---. ~ dovrebbe esprimersi la sovranità -... popolare. o -~ Proviamo a fare un esperimento -e mentale. I cittadini sono chiamati -e ~ a un referendu·m su un certo argo- ~ mento. Immaginiamo che ogni cit- :::: tadino, proiettando in avanti quel S che già sta accadendo in Francia "' -e con la rete Minitel, disponga di un ~ terminale videotex che gli consenta di accedere gratuitamente a una banca-dati sull'argomento in questione. La banca dovrebbe contenere tutte le risposte alle diverse domande formulabili sull'argomento (tecnicamente la cosa è meno difficile di quanto sembri: è sufficiente predisporre un menu che guidi ai diversi sotto-argomenti e alle relative domande). L'aspetto cruciale è che domande e risposte dovrebbero essere formulate e memorizzate in termini dialettici, cioè sulla base delle obiezioni e delle contro-obiezioni avanzate da punti di vista contrapposti. Per esempio, alla obiezione X definita dal gruppo anti-nucleare A dovrebbe rispondere la contro-obiezione X' del gruppo filo-nucleare B, alla quale il gruppo A potrebbe naturalmente rispondere con X". La banca-dati dovrebbe contenere, inoltre, tutti i documenti originali cui si riferiscono le asserzioni delle parti in dialettica. Come s'è detto, si tratta di un esperimento mentale. Però potrebbe suggerire qualcosa per usare effettivamente le conclamate «nuove tecnologie» a proposito dei temi sempre più complessi su cui viene invocato (vanamente finora) il «diritto-dovere del cittadino di informarsi». La più seria obiezione che riusciamo a immaginare contro l'esperimento mentale suggerito è che i cittadini non possono essere costretti a impiegare il loro tempo ad utilizzare un sistema informativo, anche se questo fosse posto gratuitamente a loro disposizione. È un'obiezione seria. Dobbiamo tuttavia ricordare che, oggi, un cittadino non ha altra scelta che dedicare la sua vita a diventare un «addetto ai lavori», o rassegnarsi a qualche forma di bricolage informativo. I fisici hanno un bel ripetere che non si può far votare la gente su ondate emotive. Le «ondate emotive» sono praticamente tutto· ciò di cui dispone la gente su una vasta categoria di fenomeni della quale non ha diretta cognizione. Gli anti-nucleari hanno un bel ripetere che problemi di portata generale come quelli del nucleare non possono essere affidati a un pugno di specialisti; bisogna avere un concetto molto basso della democrazia per affidarla alla disinformazione e agli effetti media. Almeno quando si vota su un argomento specifico (come accade appunto in un referendum) non sarebbe strano che gli elettori avessero a disposizione informazioni complete sulla questione messa ai voti. In proposito, è significativo l'articolo che il presidente della Società italiana di fisica, Renato Angelo Ricci, ha inviato alla Repubblica subito dopo il convegno (La psicosi del nucleare, 20 gennaio 1987). «Una comunità scientifica come la nostra, in nome della propria tradizione culturale, può e deve intervenire a luogo e tempo debito», scrive Ricci; «ci siamo sforzati quindi di inviare un segnale chiaro e semplice, rilevabile in mezzo a un imponente rumore di fondo, all'opinione pubblica, alla classe politica, agli organi di informazione». Lo stesso Ricci, peraltro, riconosce che «la notizia, come purtroppo spesso avviene, ha prevalso sull'informazione». La frase è un po' criptica, ma alla luce di quel che abbiamo visto, si può comprendere a che cosa si riferisce. «Resta tuttavia il senso di perplessità - conclude Ricci - che l'opinione comune prova di fronte ad un dibattito e a prese di posizione che più che chiarire, confondono le idee. Ha certamente ragione Tullio Regge (spiace che non sia potuto intervenire al convegno malgrado l'invito rivoltogli) quando sostiene che il contributo degli scienziati a comprendere e a chiarire i dati è importante ma non può dare una risposta finale e che il cittadino non può lasciare la decisione finale nella mano di un esperto. È però anche essenziale che a chiarire quei dati non siano incompetenti promossi ad esperti per motivazioni politiche o per appartenenza a schieramenti ideologici». Queste proposizioni non sono esenti da contraddizioni (il convegno dei fisici non si è limitato a «chiarire i dati», ma ha espresso un preciso orientamento decisionale, una conclusione che si può anche considerare «politica»), e sembrano rivelare una parziale consapevolezza del difficile rapporto fra scienza e informazione, soprattutto dopo Chernobyl. In particolare, sembra lontana la consapevolezza che non è più possibile contare sull'autorevolezza della Scienza per ripristinare un canale di comunicazione «in mezzo ad un imponente rumore di fondo». «Sforzarsi di mandare un &egnale semplice e chiaro» può non esser sufficiente. «Da Chernobyl è partita una reazione a catena nelle idee e nella loro diffusione che sembra esorbitare dalla discussione delle questioni tecniche e scientifiche. Potrebbe essere questo il fall-out più duraturo. È difficile discutere in modo democratico e consapevole in un clima di mobilitazione generale. Se così fosse, sarebbe questo il vero fallimento della scienza dopo Chernobyl». Non pare che ci sia motivo di rivedere quel che scrivevamo nel giugno scorso. Mentre concludiamo questo articolo le prime pagine dei giornali sono piene di titoli sulla decisione delle organizzazioni ambientaliste di disertare la conferenza nazionale sull'energia, definita «una parata degli sponsor dell'atomo» (Gran rifiuto dei Verdi/'Ma noi non ci saremo'/Un colpo alla Conferenza nucleare è il titolo di testa della Repubblica del 31 gennaio). La Scienza, quella che si fregia della maiuscola, a torto o a ragione, non sembra più in grado di permettere neppure una pubblica discussione. I due fronti rivendicano i propri nomi, i propri Nobel, le proprie «autorità». Un confronto pubblico, a metodi scoperti, che metta ciascuno in grado di trarre le conseguenze, non sembra più possibile. Anche con la minuscola, la scienza (i diversi punti di vista che si appoggiano a procedure scientifiche) non sembra fornire un punto di riferimento in materia di scelte energetiche. Qualcuno potrà compiacersene. Noi crediamo che neppure i più accesi sostenitori dell'anarchismo epistemologico di Feyerabend possano vedere in questo qualcosa di ·nuovo e positivo nei rapporti fra scienza e pubblico. La polemica Rubbia-Colombo, che ha occupato le cronache all'indomani del convegno dei fisici italiani, offre qualche spunto di meditazione al riguardo. Ci limiteremo a riproporne i termini, così come li ha sintetizzati La Stampa del 18 gennaio. «Oggi il problema dell'energia è troppo importante per essere lasciato interamente nelle mani degli esperti», aveva scritto Rubbia nel documento sulla fusione nucleare, consegnato nel dicembre scorso alla commissione Industria della Camera. «Gli estratti del suo libro Il dilemma nucleare, che sarà in libreria fra qualche settimana e di cui proprio ieri il settimanale Epoca ha anticipato alcuni passi, hanno versato altra benzina-sul fuoco. 'I rischi del nucleare sono superiori ai vantaggi e il disastro conseguente ad un incidente non è compensato dai vantaggi offerti - scrive tra l'altro Rubbia -. Già oggi il nucleare è solo marginalmente più economico delle altre fonti. Domani, aumentando le misure di sicurezza, sarà ancor meno vantaggioso. Perciò, se dovessi votare, io voterei decisamente contro il rischio nucleare'. «Fin da ieri mattina al Cnr, sede del convegno, c'era quindi molta attesa e curiosità per l'intervento che Rubbia avrebbe fatto nel pomenggio. «Il primo ad aprire le ostilità è stato il presidente dell'Enea, Umberto Colombo. 'All'interno della comunità scientifica alcuni illustri esponenti tendono a motivare convincimenti perfettamente individuabili come scelte individuali, con argomentazioni scientifico-tecnologiche che fanno certamente presa sul grande pubblico, ma che sono facilmente smentibili nell'appropriata sede scientifica'. «L'allusione a Rubbia e a Bruno Coppi, il fisico italiano del Massachusetts Institute of Technology considerato il massimo esperto mondiale di fusione, è stata chiarissima. In un'intervista che sullo stesso settimanale figura accanto agli estratti del libro di Rubbia, Coppi dichiara che 'se l'Enea ci avesse appoggiato, la risposta sulla fattibilità di un reattore a fusione non sperimentale avrebbe potuto arrivare nei primi anni 90'. «Colombo ha quindi difeso i reattori a fissione, spiegando che 'l'alternativa tra fusione e fissione sarebbe lecita se fossimo nell'anno 2100'. «Nel pomeriggio è toccato a Rubbia. Calmo e distaccato, ha illustrato con abbondanza di schemi e di formule il suo progetto di macchina a fusione con confinamento inerziale. Solo alla fine, quando è stato esplicitamente invitato a precisare se il suo pensiero sulle centrali nucleari a fissione era stato riportato fedelmente, ha detto che era stato travisato 'per vendere più copie', che nel suo libro non c'è una scelta precisa tra fissione e fusione».

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