Alfabeta - anno IX - n. 93 - febbraio 1987

S abato 17 gennaio quasi tutti i titoli di testa erano dedicati alle decisioni della Corte Costituzionale sui referendum, tra cui quello sul nucleare. Il Manifesto titolava a tutta pagina Abrogare il nucleare si può. Quel giorno c'erano altre due notizie riguardanti i temi dell'energia e del nucleare. La prima si trovava spesso in prima pagina. Conferenza sull'energia/anticipo al 24 febbraio titolava Il Sole 24 Ore, mentre la pagina della Repubblica annunciava: A Roma, non più a Venezia, la Conferenza sull'atomo, aggiungendo che la conferenza «non si svolgerà più a Venezia, a • causa del Carnevale». Secondo gli standard informativi italiani, era ovvio che di fronte a una notizia di tale momento fosse destinata a restare in sordina l'altra notizia, che infatti non c'è, per fare qualche esempio, né sulla prima pagina della trinità Corriere-Repubblica-Stampa, né su quella del Sole 24 Ore o del Manifesto. Per restare al caso della Repubblica, la troverete a metà dell'articolo di quinta pagina intitolato Il governo ha deciso/la Conferenza si fa/ma non più a Venezia. Sulla Stampa è in seconda pagina, sotto il titolo Polemica aperta sulle centrali nucleari tra il Nobel Robbia e Colombo. Il titolo del Corriere della Sera (pagina quattro) lascia presagire, sia pure vagamente, di quale evento si tratti: Le centrali nucleari dividono gli scienziati/Colombo attacca Rubbia: «RaO gni nuova tecnologia della comunicazione di massa ha al suo apparire vampirizzato i media precedenti, ha cwe sfruttato le risorse e le caratteristiche dei mezzi di comunicazione già esistenti per imporsi. I mezzi preesistenti hanno qualche volta cercato di difendersi ma senza grandi risultati. Quando si diffuse la radio, negli Usa prima che altrove, gli editori di giornali esercitarono tutto il loro potere per convincere il Presidente Wilson a proibire al nuovo mezzo la diffusione di notizie. Ritenevano infatti che se la radio avesse avuto questa possibilità nessuno avrebbe più comperato i giornali, inevitàbilmente pieni di notizie «vecchie», già ascoltate alla radio. Wilson non si convinse, ma gli editori di giornali non persero neppure una copia. Non sempre però le storie sono a lieto fine. La televisione, per esempio è riuscita in una buona serie di vampirizzazioni, la prima delle quali consumata proprio nei confronti della radio. Vennero poi il teatro, il cinema e altre consolidate forme di consumo di spettacoli. La vampirizzazione è dovuta proprio alla necessità di sfruttare le abitudini di consumo già esistenti nel pubblico. Il che semplifica la «comprensione» del nuovo mezzo da parte degli utenti. Così se il pubblico è abituato a consumare film, ecco che la televisione diventa cinema, ed è disposta per questo a rinunciare tranquillamente a molte delle sue potenzialità, la diretta, per esempio, pur di poter sfruttare una forma di consumo già esistente. I cosiddetti nuovi media del giona in astratto». Per inciso, il Colombo di cui si parla è Umberto Colombo, presidente dell'Enea, l'ente per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative. Sveliamo il mistero. Gli «scienziati» cui allude il titolo del Corriere della Sera sono fisici; gli articoli citati si riferiscono al convegno organizzato dalla Società italiana di fisica sul tema «Energia, sviluppo, ambiente»; i lavori del convegno si erano aperti il giorno innanzi, venerdì 16. A poco più di sei mesi dalla catastrofe di CherGiornale dei giornali nobyl, i fisici italiani - dunque - si riunivano ufficialmente per stabilire in modo esplicito la propria posizione in materia di energia, e di energia nucleare. Nel numero dello scorso giugno ( Appunti su Chernobyl), questa rubrica scriveva: «A torto o a ragione, l'immagine della scienza in Italia è uscita malconcia dalla vicenda di Chernobyl. La cosa è tanto più singolare ed impressionante se si considera che una delle discipline maggiormente coinvolte è proprio la fisica, vale a dire la scienza in cui il nostro paese può Indice della comunicazione vantare non solo una tradizione illustre, ma uno standard attuale di rilievo mondiale». Il convegno della Società italiana di fisica permette di fare il punto della situazione. Il meno che si possa dire, a giudicare dall'accoglienza della stampa, è che l'immagine della fisica italiana, oggi, non è sufficiente a ottenere né un accesso in prima pagina, né un titolo dove si dica: «i fisici italiani si sono riuniti e ci fanno sapere cosa pensano». Come abbiamo visto, i titoli di sabato 17 gennaio erano monopolizzati dalla polemica fra Rubbia e Signori,lnde,,chiv,,ge[i,!f à! giorno d'oggi non riescono ad imporsi proprio perché non trovano spazio fra i consumi consolidati, avendo poco da offrire in più rispetto ai mezzi già esistenti. Non trovano il mezzo da vampirizzare perché hanno solo cose nuove da offrire. Il nuovo tipo di consumo che possono far nascere ha bisogno di tempo per essere scoperto, un tempo che necessita non solo al consumatore potenziale, ma anche, e forse soprattutto, al produttore. Questi ultimi non hanno ancora avuto la «trovata» che gli apra nuovi mercati. Il videodisco è costato alla Rea 580 milioni di dollari e dieci anni di ricerche, al termine delle quali la compagnia ha deciso di abbandonare il mercato pronunciando la fatidica frase: «È stato un grande successo tecnologico e un grande insuccesso commerciale». In tutti questi anni non si è riuscito a trovare un solo motivo valido per cui una famiglia dovesse acquistare videodischi e videogiradischi. Una delle vampirizzazioni realizzate dalla televisione ha riguardato una particolare forma di teatro: il Varietà. Un genere di spettacolo che ha storia lunghissima. Un genere collegato a movimenti culturali, all'idealismo, al positivismo, al verismo francese, ai movimenti che han cercato di recuperare cultura e ambizioni popolari. Il Varietà non ha avuto confini nazionali, le «chantose» napoletane sono diretta filiazione del varietà francese, e le interpreti erano anche dette franzose, «Chi me piglia pe' francese, chi me piglia pe' spagnola ma so' nata a Ponte 'e Mola metto a' coppa a chi vogl'io». 17 Alcuni fanno risalire la nascita del varietà sino alla Chanson de Roland, scritta o copiata dal/'abate Turoldo fra il 1066 e il 1096, anno della prima crociata, di cui rappresentava una sorta di spot pubblicitario che ne propagandasse la necessità e favorisse il reclutamento di popolo. La televisione prende tutto questo passato e presente e lo riproduce per il consumatore domestico. Per il diletto dei campagnoli, che mai prima d'allora avevan visto nulla di simile, pur avendone molto sentito dire; dei pigri, che non sempre han voglia di uscire; e dei parsimoniosi che non han motivo di pagare per quello che viene loro offerto gratuitamente. Così quella che nel dopoguerra è la Rivista, e persino l'Avanspettacolo e il Cabaret, vengono ripresi dalla televisione e lentamente trasformati. Questa «ripresa» trasforma le stesse modalità di consumo prima ben consolidate, sino a quando la stessa sopravvivenza di molti generi di spettacolo diviene precaria. In questo modo essi perdono contatto dalla realtà che le ha originate e svaniscono. Il Varietà c'era e non c'è più. Al suo posto c'è il Varietà televisivo, una sorta di reificazione del genere. Lo stesso tipo di operazione la televisione sta compiendola con il cinema. Dapprima ha mandato in onda i film così com'erano (come ha fatto con le Riviste, che riproponeva esattamente come venivano proposte agli spettatori dei teatri, con anche gli stessi protagonisti, realizzando delle «registrazioni») poi ha inventato i film-per-laTv (made-for-Tv-Movies) e, diventando produttrice, invita il consumatore ad andare al cinema per vedere quello che è stato fatto per la televisione, con tempi e ritmi, e presto anche tecniche (vedi l'HDTV, l'alta definizione), televisivi. Il punto più alto del Varietà televisivo odierno è rappresentato dalle serie di Fantastico degli ultimi due anni. Nessuna delle altre reti, Fantastico va in onda su Rai 1, ha saputo trovare una valida alternativa al Varietà condotto da Pippo Baudo che ha sempre avuto più della metà dei telespettatori della serata. Il programma di Baudo da solo superava l'ascolto di tutte le altre sette reti nazionali, più le locali, messe insieme. Questo ha suscitato molte invidie e alcuni interventi di censura cui il presentatore ha risposto in trasmissione, nel corso dell'ultima puntata del programma. Questo non sorprende. Uno scontro di interessi diversi ha prodotto una scintilla. Sorprende invece e preoccupa la reazione delle istituiioni e della stampa. Le prime si sono dichiarate per la censura totale e stanno provvedendo ad eliminare la «diretta» e così rendere ancora più alienate le trasmissioni televisive. La stampa si è schierata con la consueta superficialità a favore dell'uno o dell'altro, prendendo posizione a seconda della parte politica di appartenenza, per poi scoprire che Baudo questa volta era un lupo solitario. l partiti politici erano d'accordo nella censura, e, cosa sorprendente, sono stati d'accordo anche i giornalisti. Quale modello culturale nasconde questo accordo non è semplice dire. È strano che un operatore della carta stampata prenda Colombo. Scorrendo il testo degli articoli la situazione non cambia: il 90% dello spazio dedicato al convegno (in certi casi anche il 100%) è occupato dalla suddetta polemica. Torneremo dopo all'intricato caso Colombo-Rubbia, definito un «giallo» da qualche giornale. Passiamo direttamente alle cronache del secondo e ultimo giorno del convegno, sui giornali di domenica 18 gennaio. Gli articoli della trinità Corriere-Repubblica-Stampa sono sempre in pagina interna; solo l'articolo della Stampa ha una certa evidenza (seconda pagina, titolo di testa su cinque colonne). I titoli dicono tre cose diverse. Versione La Repubblica: i fisici vogliono decidere sul nucleare (Dai fisici un messaggio ai partiti/«Sul nucleare vogliamo decidere»). Versione La Stampa: i fisici contestano il referendum sul nucleare perché la gente non ne sa abbastanza («Nucleare, che sa la gente?- occhiello: «I fisici contestano il referendum su un tema così tecnico»). Versione Corriere della Sera: i fisici sono a favore dell'energia nucleare a fissione. (Irrinunciabile la fissione nucleare, la fusione solo nel Duemila - occhiello: «I fisici italiani si sono espressi a larga maggioranza in favore delle centrali, fonte essenziale di energia e 'tappa intermedia'»). Se i fisici italiani volevano diffondere, con questo convegno, un messaggio univoco, ben distinguibile dalla pubblica opinione, alloquesta posizione. Cosa accadrebbe infatti se un giornalista venisse attaccato pubblicamente dal presidente della società editoriale proprietaria del giornale nel quale lavora? Si asterrebbe dal rispondere facendo finta di niente? Risponderebbe attraverso la radio? O, più semplicemente, userebbe lo strumento al quale è più abituato e che gli è più congeniale? Se De Benedetti, proprietario di una quota della Mondadori e della Repubblica, affermasse in un'intervista che la Repubblica è un cattivo giornale, Scalfari non risponderebbe su la Repubblica? Perché allora Baudo non può fare lo stesso? Perché la Rai è di proprietà pubblica? Ma questo dovrebbe costringere al silenzio il suo presidente, che si trova di fronte al programma più seguito dagli italiani, non già il presentatore responsabile del programma. Forse la stampa recrimina per non essere stata considerata da Baudo come l'unico luogo deputato ad esercitare la libertà d'opinione. Baudo ha trascurato la stampa rivolgendosi direttamente ai sedici milioni di ascoltatori che seguivano l'ultima puntata di Fantastico sette. E questo non gli è stato perdonato dalla stampa e da- ~ gli opinionisti e dai corsivisti e c:::s .::; dai semplici cronisti, tutti dediti ~ da tempo a tralasciare notizie e l::l.. inchieste ben fatte, per mostrarci ~ giorno dopo giorno le loro opi- ...... nioni. E il Varietà reif'icatosmet- -9 -J' ::: te, probabilmente per sempre, (se -e gli si toglie la diretta) di far chiac- ~ chierare il popolo per dar da dire ~ alle star del giornalismo di casa ~ nostra.

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