LJ austriaco Hermann Nitsch, che dal 1960 lavora con ferrea coerenza al progetto dell'«Orgien Mysterien Theater» - per realizzare il quale nel 1971 ha trasferito il suo studio nello spazio più adeguato offertogli dal castello di Prinzendorf, vicino a Vienna, - continua ad essere presente in Italia, nel 1985 con una mostra a Rivoli-Torino, nel 1986 con un'altra a Milano. I suoi quadri fanno parte del progetto d'opera d'arte totale, l'«O.M. Theater», il cui obiettivo è di comprendere in sé una pluralità di ambiti: teatro, musica, pittura, disegno e letteratura. Nitsch lavora con materiali concreti quali carne, sangue, cervella, liquidi, secrezioni. Agnelli sventrati e scuoiati, intestini, zucchero, vino, acqua, fiori, cibi, barelle, lenzuola, vesti sacerdotali, ostensori e croci costituiscono i requisiti principali dell'«O.M. Theater»: Tutti gli oggetti sono utilizzati in quanto tali e non come metafora. L'abreazione - la scarica emozionale di tensioni psichiche e passioni a lungo accumulatesi e represse - deve essere vissuta direttamente da chi partecipa all'azione, perciò nel teatro di Nitsch tutto è naturale e non ci si trova mai di fronte a simboli destinati a rinviare a qualcos'altro. La prima «azione» di Nitsch in Italia ha avuto luogo a Torino nel 1973. Oggi Nitsch è l'unico fra gli artisti del «Wiener Aktionismus» a non aver abbandonato la idee originarie di questo stesso movimento. Gli anni sessanta - periodo in cui nacque il «Wiener Aktionismus» - rappresentano una fase estremamente produttiva dell'avanguardia artistica austriaca in ogni settore: anzitutto nella letteratura sperimentale del «cabaret letterario» di Friedrich Achleitner, Gerhard Riihm, Konrad Ba-· yer, H.C. Artmann, Oswald Wiener, destinata a spianare la via alle pratiche azionistiche. J;,'opera di quegli artisti che furono inclusi nel più ampio concetto di «Wiener Aktionismus» aspirava a superare la tela convenzionale e a presentare in azione l'integrazione di arte e vita. Consapevolmente e in estrema contrapposizione a concetti artistici tradizionali, furono proclamati l'inclusione nell'arte di processi reali, il superamento delle barriere e dei tabù della sessualità borghese. L'inizio del «Wiener Aktionismus» nei primi anni sessanta è strettamente connesso ai nomi di Brus, Miihl, Nitsch e Schwarzkogler. Ognuno di loro percorse in seguito una propria via. Herman Nitsch, unico tra tutti, ha continuato fino a oggi a perseguire l'idea dell'«O.M. Theater». In lui il «Wiener Aktionismus» sembra essere non solo ancora in vita, bensì capace di ulteriori approfondimenti. Giinter Brus sviluppò le proprie «azioni» con una estrema coerenza fino al punto (Zerreif3probe, Monaco 1970) in cui una loro prosecuzione apparve impensabile, minacciando di risolversi in distruzione e autodistruzione. Con la stessa intensità egli sviluppò in seguito la propria opera figurativa e poetica che oggi è annoverata fra le più importanti testimonianze dell'arte austriaca contemporanea. HermannNitsch Otto Miihl, ms1eme al quale Hermann Nitsch eseguì all'inizio alcune importanti opere, terminò la sua pratica azionista con la fondazione della AAO, AktionsAnalitische Organisation una comune per forme di vita alternative. Rudolf Schwarzkogler è stato l'unico che non si sia rivolto, con le sue azioni, direttamente al pubblico. Egli le ha realizzate come rituale estetico - documentato soltanto attraverso l'obiettivo - spesso in collaborazione con Heinz Cibulka, del cui corpo si è servito come «campo dimostrativo». Immagini arcaiche della crudeltà, dell'offesa subita e di una condizione inerme hanno costituito il nucleo delle sue azioni. Schwarzkogler si è suicidato nel 1969, ma non durante una delle sue azioni, come invece spesso si è sostenuto. I lavori del «Wiener Aktionismus» e la letteratura della «Wiener Gruppe» sono stati influenzati dall'arte di Egon Schiele, dai trattati filosofici di Ludwig Wittgenstein e dalla psicoanalisi di Sigmund Freud. Nonostante punti di riferimento in comune, il termine «Wiener Aktionismus» suggerisce un movimento unitario che non ci fu. Gli artisti, infatti, solidarizzarono soprattutto a causa dell'ostilità del pubblico. Il «Wiener Aktionismus» esordì al di fuori della sfera pubblica, che in ogni caso a Vienna venne cercata e provocata continuamente, anche se fu individuata, il più delle volte, dàlla parte sbagliata. Ad alcuni fatti compiuti nella storia dell'arte si era, quanto meno, dato vita. Il radicalismo dei lavori alloMargit Knapp Cazzo/a ra realizzati da una generazione nata poco prima della Secon'da guerra mondiale e che energicamente si opponeva alle imposizioni politico-economiche, così come a quelle culturali dei vincitori, incontrò nella maggioranza del pubblico un deciso rifiuto. A questa generazione rimase, inoltre, troppo poco tempo per svilupparsi in modo lineare. Si era agli inizi di un periodo di pluralistici superlativi, che in seguito avrebbero condotto ai Silly Sixties. Le voci della dichiarata discontinuità turbavano, naturalmente, l'immagine di una continuità ricreata in modo artificiale dopo la Seconda guerra mondiale e difesa in modo dogmatico, nell'illusione di poterla linearmente portare avanti, nonostante i rivolgimenti di quegli anni. 11 «Wiener Aktionismus» - già da lungo tempo un lemma fis- -sonelle opere di consultazione - si trova oggi in una situazione paradossale: da un lato è patrimonio storico dell'arte moderna, così come happening e fluxus, saldamente integrato nella scena artistica contemporanea e ancora vivo in alcuni ambiti della performance art o body art; dall'altro, in uno dei suoi più importanti promotori, Hermann Nitsch, non è neppure giunto al pieno sviluppo delle sue possibilità. Nitsch concepisce le proprie azioni espressamente come teatro. Viste dall'angolo visuale dello sviluppo artistico degli ultimi vent'anni, esse sono tuttavia in stretta connessione con i movimenti happening e fluxus. «Vorrei sviluppare un teatro nel quale ogni cosa accada realmente. Perciò mi rallegrai quando sentii parlare degli happenings. In Europa i primi vennero rappresentati nel 1963. Non ebbero alcuna influenza su di me, ma fui ugualmente felice di sapere che avesse luogo qualcosa del genere. [... ] Anche nel mio teatro ci sono elementi degli happenings, ma io voglio andare più in profondità.» A differenza del movimento happening americano, che intendeva motivare l'osservatore fino allora passivo, esortandolo •alla partecipazione, nel «Wiener Aktionismus» l'osservatore può restare invece spettatore, può cioè vivere passivamente l'effetto catartico del rituale sacrificale di Nitsch. Un'ulteriore differenza fra le intenzioni artistiche di Nitsch e l'happening o il fluxus è facilmentt; dimostrabile. Karin Thomas sottolinea nel suo Sachworterbuch zur Kunst des 20. Jahrhunderts, che «il fluxus così come l'happening, rinuncia a una strutturazione conforme a un piano e si limita all'esperienza concentrata di un evento intermedio che si svolge in modo improvvisato e che viene presentato al pubblico con l'obiettivo di incrementare la percezione sensoriale» (p. 91). È pur vero che anche Nitsch mira a «incrementare la percezione sensoriale», non diversamènte dal modello dell'- happening, proponendosi un'integrazione quanto più possibile diretta degli spettatori nell'evento dell'azione. Nondimeno è impossibile che, da parte del pubblico, la struttura e lo svolgersi dell'azione vengano modificate a piacere mediante interventi diretti. Per ogni azione vi è una partitura che stabilisce in modo preciso come essa debba procedere. L'«O.M. Theater» di Nitsch è, invece, in stretta relazione con le concezioni espresse nell 'action painting (pittura d'azione). Nello spruzzare, imbrattare, far gocciolare, versare diversi tipi di liquidi in maniera eccessiva, risiedono quote di esperienza simili a quelle che Nitsch trova realizzate nelle intenzioni dell'action painting. Anche in questo caso è stata l'immediatezza dell'evento a costruire un fattore essenziale di tale tendenza artistica. L' action painting ha in sé dunque una componente orgiastica il cui sviluppo è risultato di fondamentale importanza per le azioni di Nitsch. I lavori di Nitsch invitano a una ripetizione di archetipici riti sacrificali: «Nella festa dell'O.M. Theater si rappresenta la resurrezione» (H.N., Das hohe Gebrechen, p. 93). Anziché svelare progressivamente fantasie e desideri repressi, Nitsch cerca faticosamente di concentrare e comprimere epoche storiche e religiose, riducendole a un'unica leggenda. Mediante l'estetizzazione della violenza, Nitsch mira all'utopia di una liberazione da tradizioni e autocoazioni (in ultima istanza, anche dalla storia). Nel suo sforzo di compensare i lati oscuri della storia attraverso riti sacrificali, l'arte di Nitsch non si interroga, dunque, sulla propria fiducia nella forza del sacrificio. Riprendendo considerazioni di Horkheimer e Adorno, si potrebbe dire che Nitsch non può sottrarsi alla domanda se il suo modo esorcistico di elaborare la storia ottenga un effetto maggiore della (sperata) apoteosi del sacerdote. La concezione teatrale di Nitsch, che nel suo gigantismo assume tratti di un'estetica dell'orrore, potrebbe facilmente scivolare in una estetizzazione dell'orribile. Essa è esposta così al pericolo latente che l'ammissione della crudeltà si trasformi nell'entusiastica approvazione di quest'ultima. Al concetto della crudeltà, però, Nitsch non può assolutamente rinunciare, in quanto esso rappresenta una delle intenzioni più ardue del suo lavoro: la sua arte vuole ferire. In tal modo egli cerca di compensare le carenze di gran parte dell'arte del XX secolo: il fatto, cioè, che essa sia un'arte cerebrale. Tuttavia il paradosso che qualsiasi arte rinvia a qualcos'altro che non sia arte ~ pur potendolo fare, appunto, solo in modo artistico - si rivela particolarmente vero nel caso di Nitsch; anche i materiali da lui utilizzati, i quali rimandano in modo così intenso a un elemento arcaico, primordiale, devono ricevere una forma ed essere esteticamente articolati. Ne risulta inoltre la contraddizione ~ secondo cui il «trascendere del i:::s piacere» nell'esperienza vissuta di- -5 venta di fondamentale importan- ~ za: l'immediatezza deve cioè esse- " re tradotta nella coscienza. Con- ~ temporaneamente, però, l'idea .9 che Nitsch ha della «rappresenta- l zione di sei giorni» dell'«O.M. -C> ~ Theater» pretende un abbandono ~ da parte dello spettatore che deve giungere a una abreazione co- ~ s scientemente pilotata, secondo un ~ piano già prestabilito. ~ - i:::s
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