Alfabeta - anno IX - n. 93 - febbraio 1987

che forse mi hanno accettato più volentieri qualche nuova proposta che non i soliti nomi. Angelo Dragone In tal caso conta il nome di Baj. Gianni Sassi È evidente che tale situazione non riguarda solo le arti visive, è generale. È un discorso che abbraccia l'intero mondo della cultura. Per ciò l'iniziativa di Amalfi Arte risulta ancor più meritoria. Enrico Baj La prima edizione si appoggiava anche su gallerie napoletane: Amelio e Lia Rumma. La seconda fu già più di rottura ... Gianni Sassi Questa è una specificità che la contraddistingue: oggi l'evento agli Antichi Arsenali, non è mediato da gallerie o da fattori di mercato, dal collezionismo. Si ha una presenza piuttosto diffusa di artisti che vengono, svolgono il loro lavoro, interagiscono con una situazione: il che è diverso dal scegliere un quadro e mandarlo a un'esposizione. Mi sembra anche importante essere pervenuti alla terza edizione con dei modelli organizzativi inusitati: manca una precisa volontà politica; c'è solo una disponibilità politica ad appoggiare una iniziativa di alcuni personaggi, Ableo in primis, che intendono occuparsi di arte. Forse alla quinta o alla sesta edizione questa manifestazione diventerà eclatante, arriverà sul piano nazionale: allora occorrerà porsi il problema di come argihare ... È nella logica delle cose. Luciano Capri/e Un ambiente Ef possibile l'energia pulita? L'uomo sarà capace di cercarla: di cercare un equilibrio fra società industrializzata e ambiente naturale? O continuerà a volere tutto e nulla, fino a subire le vendette di una natura troppo e male sfruttata? O ancora, sopravviverà ma immiserito, rattristato dalla perdita di tutto all'infuori che di se stesso? Interrogativi da fantascienza ma non troppo, non è vero, in questi tempi di post-Chernobyl e perché non di metanolo, atrazina, (Oro del) Reno mortifero non solo per metafora, e cappa d'ozono sempre più bucata. Interrogativi un po' noiosi .forse anche, almeno quando vengono posti così in astratto, senza una mediazione pratica o politica che ponendo obiettivi precisi benché limitati dia, indipendentemente dall'effettiva riuscita, un sollievo alla tensione. La cosa curiosa è che questa volta hanno contribuito a far scattare non un'azione pratico-politica, ma un'operazione estetica. Si chiamano ecomacchine e già il nome incuriosisce. Ecomacchina come, poniamo, ecografia, o come riecheggiare; come economia o come ecologia? Anche, come più di queste cose insieme. In realtà, comunque, lo spunto è stato «eco-» nel senso dell'ecologia. E questo, forse, già in una delle attività del Laboratorio di pittura costituitosi negli ambienti del ex Ospedale Psichiatrico triestino, precedenti al disastro di Chernobyl: la ricerca di uno dei partecipanti, Diego, intorno a possibili (benché improbabili) congegni meccanici capaci di produrre energia elettrica dal movimento dell'aria. Quando però il vento fu quella dannatissima bora radioattiva, divenne - nei partecipanti al Laboratorio come in tanti altri di noi - voglia di discutere e di fare, ansia, di parlare almeno, sia per sapere di più, sia nel senso immediatamente utilitario ma almeno altrettanto importante di esprimecome gli Antichi Arsenali è importante e chi viene a operare qui deve confrontarsi con questo spazio. Gli artisti subiscono un impulso, uno stimolo, non possono limitarsi a cosine di routine. Sono impégnati a tirar fuori il meglio di sé... Gianni Sassi A mio giudizio è secondario che qualcuno di questi artisti possa diventare noto in futuro; è invece importante che ci sia un momento che serva da riferimento organizzativo di certe tensioni esistenti nell'aria. Esclusa la presenza di Aldo Mondino, che ha motivi energetici e generazionali diversi, gli altri rappresentano una particolare generazione con modalità di approccio nei confronti dell'arte difformi da quelle delle generazioni precedenti. Quel che sarà sarà. Come ha accennato Mondino, trovo delle affinità con la mostra «Il Cangiante» organizzata da Corrado Levi al PAC di Milano. Luciano Capri/e Il fatto che gli artisti vengano ad Amalfi a lavorare è anche importante perché si crea così un motivo d'incontro, di reciproca conoscenza: una situazione che fino a vent'anni fa era abbastanza diffusa. Invece oggi gli artisti non si frequentano più. . Enrico Baj Per tale motivo sarebbe più logico chiamare la Rassegna Incontri Internazionali di Amalfi, perché si verifica appunto un incontro tra artisti, evento ormai rarissimo nel tessuto sociale e artistico delle città. Non esistono più i bar degli artisti, non esistono più i punti di ritrovo. Aldo Mondino Ricordo una mostra di S. Benedetto del Tronto nel 1968 o 1969 dove c'era Kounellis, c'era Merz, dove tutti erano invitati a lavorare ... Gianni Sassi La cultura ha sempre funzionato così, per tensioni amicali, per frequentazioni: ha vissuto e ha fornicato nei bar, nei ristoranti, non l'ha mai fatto nei luoghi deputati: qui è venuta solo l'accademia. Mi sembra che questo aspetto un po' sauvage sia uno degli elementi vitali, pur nei limiti delle scelte con cui ognuno può essere più o meno d'accordo. Intanto la presunzione di questa iniziativa amalfitana non è quella di voler risolvere i problemi dell'arte europea, è quella di compiere un'operazione relativa ai lavori generazionali di alcuni artisti del momento, di confrontarsi a caldo con ciò che succede nella realtà. Enrico Baj Per quanto riguarda l'organizzazione, posso dire che Caprile ed io abbiamo cercato di suggerire da un lato alcuni pittori milanesi , come quelli della Brown Boveri, che da anni operano al recupero di fabbriche abbandonate o di aree obsolete. Il gruppo dei pittori americani è formato da chi ha interessi per l'Europa, da chi viene a lavorare da noi: alludo a James Mathers che è stato scovato in due stanzette milanesi dove dipingeva con entusiasmo giovanile impiastrando muri, scale, passamani; a Rhonda Zwillinger, una figura conosciuta nell'East Village, che ha esposto già in molte parti del mondo e che presenta questa apoteosi del kitsch, portando una specie di trasformazione Ecomacchine re. Quel che ne è seguito è stata una ricerca collettiva che ha impegnato, oltre al Laboratorio di pittura, personaggi di diversa esperienza professionale come Walter Macovaz, liutaio, e il designer Antonio Villas, ex ingegnere, artista, ideatore di alcune fra le ecomacchine più interessanti. Ma qui non cercheremo di rintracciare contributi individuali - questi, od altri - al risultato d'insieme. Invece, il fatto che nella storia delle ecomacchine vi sia una pluralità di contributi da parte di persone a cui né. il prefisso «eco-» né il sostantivo «maéchine» significano allo stesso modo (condizione peraltro normale riguardo a temi così problematici e spesso esistenzialmente rilevanti), si riflette in un carattere sperimentale, per tentativi, dell'insieme della mostra, in una sottile e inquietante conflittualità fra ipotesi diverse che la pervade. Ed è da qui che prenderemo le mosse elencando in sintesi alcuni temi emergenti. Primo tema: ecomacchine come macchine «pulite». Mulino a ven- . to, ventole, girandole. Altrimenti, manovelle. Ali' allusione più o meno diretta a forme d'energia pulite, si accompagna una «pulizia» simbolica dei materiali. Legno lindo, «naturale». Colori tersi, brillanti. Sabbiolina bianca per terra a fare da piedistallo. Fa eccezione, e contrasto, la macchina eolica con le ventole che sarebbe «pulita» in un senso ma non nel- !' altro: assembla materiali di riciclaggio dall'aria un po' torva, oggetti e parti d'oggetti di plastica, latta, metallo. Secondo tema: ecomacchine come macchine «innocue» o addirittura terapeutiche (per un'ecologia della mente). Come macchine-gioco, volte a reintegrare dimensioni dell'esperienza umana di cui non sempre e non a tutti la società industrializzata permette di fruire. Così il mulino «macina» suono sulle corde abilmente tese dal liutaio; la ruota luminosa nel buio «macina» Marina Sbisà colori. Meglio questo, certo, che produrre scorie inquinanti - e poi l'uomo non sta bene al mondo senza il suo bravo momento ludico. Oppure, senza produrre scorie inquinanti si può fare solo questo: ciò che non è funzionale? Terzo tema: ecomacchine come macchine che rimandano al supposto ambiente «naturale» dell'uomo. Così dal tavolo-prato in legno naturale, dotato nella parte sottostante delle sue brave manovelle ed ingranaggi, spunta un'erbetta rigida (sempre di legno) e lunghi fiori o almeno qualcosa di simile. Così il «totem» per far sorgere la luna (nelle sue tre versioni: il liquido progetto in legno, una prima realizzazione cupa, metallica [notturna?], una seconda realizzazione più quotidiana in legno verniciato con sportelli e cassetti... ) rimanda ai sensi favolosi e magici della luna, al valore della sua luce in un contesto in cui sia l'unica luce della notte, alle credenze legate alle sue fasi. Quarto tema: ecomacchine come suppellettili, elementi di un ambiente umano in cui la natura non è più che un ricordo artificiale, vagamente rituale, desemantizzato. In questo senso i fiori e l'erba di legno spuntano da un tavolo, oggetto che fa parte dell'ambit!nte non «naturale» ma abitativo e di lavoro; e il cupo, severo totem della versione metallica si converte nell'armadio-totem su cui la luna risulta semplice decorazione. In questa connessione la sabbiolina bianca per terra, del resto recintata da transenne metalliche, farà pensare non a felici spiagge pulite, ma a una natura ridotta a deserto. Le ecomacchine oscillano così dal funzionale al ludico e di nuovo al funzionale; dal ritorno, o speranza di ritorno, alla natura al mero ricordo di essa. Dalla compresenza di questi temi si sarebbe invogliati a trarre conclusioni, ad argomentare un «messaggio» complessivo di queste ecomacchine, una loro risposta agli interrogativi cui abbiamo sopra fatto riferimento. Ciò sarebbe, però, imporre dall'esterno un discorso pseudo-coerente a una serie di oggetti che in fondo - una volta esauriti i giochi progettuali ed interpersonali nel cui ambito sono venuti ali'esistenza - non sono, non vogliono essere più che allusivi. Non vi è da parte delle ecomacchine la pretesa di portare un messaggio; esse, da operazione estetica qual sono, anche se sono nate per un'esigenza non hanno una tesi. Pretesto per un discorso, anzi molti discorsi, non discorso esse stesse. Comunque, se anche dalle ecomacchine potesse essere estrapolato un discorso non sarebbe il tipico discorso «verde» volto a combattere le scelte tecnologiche ed economiche della nostra società e a proporne una concreta riorganizzazione. Ciò è curioso e contrasta, in parte, con le stesse esigenze che hanno generato l'iniziativa. Forse, dipende dal fatto che l'arte può mimare ciò che è funzionale, ma non lo è essa stessa. In fondo è frutto di contemplazione/da contemplare (anche quando finge vari tipi di usabilità). E per essere ciò deve vivere un'accetta- , zione di fondo di ciò che il mondo e l'uomo sono o appaiono essere in un determinato momento: accettazione non necessariamente rassegnata, beninteso, che può essere passionale, anche indignata, e suscitare analoghe passioni. Ma che non si pone la domanda «che fare» e non vi fornisce risposta se non obliquamente e in modo assai generico o addirittura tautologico (del tipo: vedi? noi intanto abbiamo fatto questo). Ma chi fosse uscito dalla mostra turbato e perplesso per aver colto o creduto di cogliere, nel gioco dei vari temi che abbiamo sopra illustrato, un atteggiamento pessimista, rinunciatario, forse beffardo - l'energia pulita confinata al giocattolo, la natura irrimediabilmente perduta, l'ambiente dell'uodel cattivo gusto in opera d'arte; a Kevin Wendall, che si firma FAQ, un violento espressionista primitivista, tanto che egli chiama la sua pittura «afro-pop», un termine che ci conduce al prossimo libro di Baudrillard Amérique, dove l'autore sostiene che quello americano è l'unico popolo primitivo. Questi sono stati i nostri apporti, miei e di Caprile. Altri hanno percorso analoghe vie. Sassi diceva giustamente, e Dragone era d'accordo, che non importa se qui si scoprono o meno dei geni: tanto meglio se alcuni diventeranno famosi. Nel frattempo è un'occasione per questi giovani di mostrarsi ... Angelo Dragone Non ci sono più gallerie che amano il rischio, non ci sono più editori ... Ci sono solo dei gruppi spontanei che si occupano di loro. Luciano Capri/e Non esiste neanche più il collezionista a rischio, che coltiva il gusto della scoperta. È un discorso di cultura, ovvero di non cultura, come si diceva prima: la gente non fa più sforzi intellettuali, aspetta le idee dagli altri, non vuol rischiare, legge il romanzo che va di moda ... Gianni Sassi I modelli vigenti sono il colore azzurro Mediterraneo, la Rolls Royce, una baia a Montecarlo; la creatività viene affidata ai «modisti», quelli che una volta erano le «modiste»... Interrompiamo qui una discussione che può continuare all'infinito... Dicembre 1986 mo (se uomo vi sarà) bunker di sopravvissuti dove la luna sorge solo dal totem - dovrebbe ricontestualizzare ciò che ha visto e che di per sé non parla, ma presenta ed allude, nei discorsi e nelle azioni di cui è stato, è, può esserepretesto. E allora il segno dell'insieme cambia. Soprattutto in una direzione, che non stupisce se si tiene conto del luogo da cui quest'iniziativa proviene, l'ex Ospedale Psichiatrico, l'Associazione Culturale Franco Basaglia: l'introspezione del nostro rapporto non tanto con la natura quanto proprio con le macchine, che cosa sono per noi le·macchine che cosa rappresentano come ci poniamo nei loro confronti. È un rapporto conflittuale, che dà origine (come nel racconto di vicende personali scritto da Cecilia, una delle partecipanti al Laboratorio di pittura, a commento dell'iniziativa) a patologie di comportamento individuali e sociali, e la cui esplorazione, il cui ripensamento radicale sono dunque terapeutici tanto nel senso materiale, fisico della tutela della salute del corpo, quanto nel senso più sfuggente, ma altrettanto concreto, della salute mentale del singolo e della società. Scrive Cecilia «[... I molti dovrebbero [. .. J curare gli scienziati tecnici delle centrali nucleari come io ho curato mio padre: cercando una strada sulle cause dell'aumento del malessere dopo il cosiddetto progresso». Forse la perplessità di fronte alle ambigue ecomacchine fa parte di questo malessere (tramite l'arte ~ che lo accetta, raccoglie, rilancia). c::s .s Chissà se può essere d'aiuto, o al- &° meno di compagnia, a chi vi cerca t::).. una strada. ~ ...... Ecomacchine -9 l:: Trieste, Palazzo Costanzi -e 28 novembre - 8 dicembre 1986 t Associazione Culturale Franco ~ Basaglia - Laboratorio di pittura, :::: con il patrocinio del Comune di s Trieste, Rip. XIV, Istituzioni Cui- ~ turali. ~ c::s

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