Alfabeta - anno IX - n. 93 - febbraio 1987

F igure intercambiabili (Pechino, 1986) è l'ultimo romanzo di Wang Meng, uno dei maggiori scrittori cinesi viventi, attualmente ministro della cultura. Il romanzo, pubblicato finora solo su rivista, non è mai stato tradotto in nessuna lingua. Al centro della narrazione c'è il contrasto generazionale e la profonda incomprensione che è al fondo dei rapporti familiari, di solito presentati nella letteratura cinese secondo l'edificante ottica della tradizione confuciana. Lo scontro tra padri e figli è anche la collisione tra due culture, in un'apparente inversione dei ruoli: padri che rinnegano la tradizione e figli che la sostengono. Le vicende narrate abbracciano un arco di storia familiare che va dagli anni trenta ai giorni nostri, durante i quali il microcosmo privato registra come un termometro sensibilissimo tutte le imponenti variazioni della storia. L'autore, che è uno dei pochi scrittori cinesi attento alla sperimentazione Letteraria dell'Occidente, si serve di tecniche narrative nuove nella letteraturacinese. Il racconto passa ininterrottamente dall'io narrante, Ni Zao, il figlio, alla terza persona, che ricompone, attraverso flash-back, la storia di dolorosi rapporti familiari, Le incomprensioni e i disamori tra i coniugi e tra Loro e i figli. Nella narrazione un ruolo molto significativo è destinato al Lettore, che l'io narrante - e il suo doppio - tiene sempre presente e che funziona come specchio nel quale sembrano fondersi La doppia immagine delle due «persone verbali» che individuano il narratore. I fatti narrati, come ha dichiarato Lo stesso autore nel corso di un'intervista rilasciata per «La Repubblica» nel maggio scorso, si collegano ad episodi autobiografici. Se da una parte, nell'ampiezza del periodo preso in considerazione, l'opera si può ricollegare alla grande tradizione del romanzo cinese classico, dall'altra, per la novità delle tecniche narrative, per gli sfasamenti dei tempi della narrazione, per la forte continua tensione poetica, può suscitare grande interesse nel lettore italiano, non solo perché è il primo roman~ zo che esce dai confini culturali della Cina contemporanea, ma . anche per il suo reale valore letterario, indipendentemente dal/'esotismo, dal documentarismo antropologico e dal folklore politico. Vilma Costantini Figure intercambiabili Wang Meng ~ All'inizio della primavera stavo .5 passeggiando lungo una stradina ~ alberata a sud del fiume. Cammi- ~ r-.... ~ ......, .9 ::: -c -e ~ ~ navo in silenzio. Ero un uomo libero. Tu forse vuoi sapere fino a che punto avevo tirato la corda della mia vita. Gli alberi alti e sottili, dalla corteccia color cenere, si stavano ricoprendo di macchie che degrada- ~ vano dal nero al marrone. Una re- ~ te di ramoscelli flessibili si intrec- ~ ciava in alto. Aveva piovuto a !unWangMeng go, le nuvole ora cominciavano a diradarsi, lasciando scoperti ampi spazi di un cielo azzurro pallido. Se vuoi proprio saperlo, della corda se ne erano già andati i primi 50, 50 anni, uno dopo l'altro, consumati nel sonno, fino ad oggi. Le foglie degli alberi erano simili a quelle delle sofore che crescono al nord, ma erano più larghe. E la cosa più strana era che se questo misterioso e abbondante fogliame lo guardavi dall'alto sembrava la splendida e sottile capottina di un palanchino, mentre dal basso il re-· ticolo formato dai rametti intrecciati si allentava in molti punti, facendo intravedere la luce ed il cielo. La corda era già stata allungata per mezzo secolo ed io non osavo pensare che essa prima o poi si sarebbe spezzata, all'improvviso. Sapevo che la strada a fianco era via Baiyuma. In passato i grandi omnibus a cavalli la percorrevano velocemente, tra una doppia fila di lussureggianti e giganteschi platani francesi. Sapevo che nelle vicinanze c'era un lago bellissimo, dove andavano tutti. Sapevo pure che questo lago era stregato. Giravi gli occhi e senza che te ne potessi rendere conto la primavera era già arrivata. Una primavera immensa, senza fine. Ma io per il momento avevo solo intenzione di passeggiare lungo questa stradina, come se appartenessi ad essa o piuttosto come se essa appartenesse a me. Se ad un tratto quella specie di corda si mettesse a vibrare, il suono prodotto risulterebbe armonioso? Potrebbe suscitare, penetrando nelle orecchie, il piacere che ci procura un fiore fresco o un frutto maturo? 11 17 giugno 1980 Ni Zao, professore associato all'Istituto di Lingue, insieme ad una delegazione universitaria, stava per intraprendere una visita della città di H., una delle più famose città portuali dell'Europa settentrionale. Ni Zao aveva 46 anni, capelli nen, eloquenza persuasiva, espressione vivace, movimenti scattanti. Nonostante le sue gambe non fossero robuste, la sua andatura tuttavia era veloce. Se non si guardava il fitto reticolo di rughe che i movimenti degli occhi e della bocca producevano sul suo viso, se non si guardava l'espressione cupa che accompagnava nel suo sguardo i momenti di assorta meditazione, lo si poteva considerare un uomo giovane, attivs e in buona salute, dal colorito sano, nel fiore degli anni. Alle 8 e 13 di mattina all'aeroporto di B. Ni Zao e gli altri erano già saliti a bordo dell'aereo. Alla sua sinistra era seduta una donna dai capelli grigi, sottile e graziosa, con un'espressione molto seria, quasi maschile. Aveva con sé una borsa elegante. Dopo che l'aereo aveva assunto la posizione orizzontale, la donna aprì la borsa di pelle e ne estrasse un piccolissimo pechinese dal pelo dorato. Tenendolo al guinzaglio, con una catenella argentata, fece accucciare la docile bestiola ai suoi piedi, quasi fosse un giocattolo. A Ni Zao sembrò che la faccia di lei esprimesse un certo imbarazzo, forse per il fatto che avrebbe dovuto comprare il biglietto per il piccolo animale. Alla sua destra era seduto un 'Uomodel tutto assorto nel funzionamento di una calcolatrice e nella compilazione di un formulario. Egli non distolse la sua attenzione dal lavoro che stava facendo neppure quando l'aereo cominciò a decollare, non gettò nemmeno uno sguardo al panorama fuori dal finestrino e rispose con un «no» alla hostess che gli offriva una bibita. Era davvero occupato. Alle nove in punto l'aereo atterrò all'aeroporto di H. «Lo sa che siamo arrivati ad H.? Vuole che cerchiamo subito il professor Shi Fugang?» gli domandò la signorina Bei Di che era la loro guida ed interprete. «Farò tutto il possibile per aiutarla a cercare il suo vecchio amico», disse la solerte signorina Bei Di, pronunciando chiaramente le parole, senza inflessioni dialettali. Ni Zao ce l'aveva un po' con se stesso. Con Shi Fugang non l'aveva fatta troppo lunga? Che cosa c'era realmente tra Shi Fugang e lui? In fin dei conti non era amico suo, ma di suo padre. E il fatto che lui si recasse all'estero aveva qualche rapporto con suo padre? Se pure lui non si fosse recato all'estero, se fosse vissuto nella stessa città di suo padre, insieme a lui, avrebbero avuto qualcosa in comune loro due? E tuttavia sei mesi prima, quando ·aveva ricevuto l'invito per recarsi all'estero, lui aveva subito deciso di andare a tròvare Shi Fugang. Per tutto il viaggio non ci aveva più pensato. Ora che era arrivato ad H., la visita a Shi Fugang era un po' come sciogliere un voto, come andare al fondo delle cose. Era come ripercorrere un tratto di quella corda che era già stata consumata. Dopo l'arrivo, ci fu subito una visita alla libreria orientale. Si recarono poi agli uffici per gli scambi internazionali, dove furono ricevuti da una dottoressa dal viso delicato e solenne, con un paio di enormi occhiali piatti. Andarono infine al porto per il pranzo. Durante il pranzo, in compagnia del direttore del più importante giornale locale, Ni Zao e gli altri decisero di lasciarsi•assorbire dalla discussione circa il posto da assegnare a Mao Zedong nella storia mondiale e in particolare nella storia delle idee. Il direttore del giornale spiegò a Ni Zao che il movimento delle guardie rosse aveva avuto una grande influenza sulle giovani generazioni europee negli anni 1967-1968... parlavano con gusto, cosicché, quando salirono sulla macchina dell'Università di H., alla fine del pranzo, tranne il budino al brandy che era stato servito per ultimo, Ni Zao non riusciva a ricotdare che cosa aveva realmente mangiato. Sì, c'era stata una zuppa densa, che aveva un forte sapore di cipolla, e poi ... il programma della giornata era molto intenso. Alle due del pomeriggio c'era stato l'incontro con sei docenti di cinese. Quattro di loro avevano sangue europeo. Ad uno di questi erano venuti degli occhi azzurri allungati. I suoi capelli neri e lisci scendevano sulle spalle. Bisbigliava, aveva molta urbanità, da perfetto gentleman. Con un sorriso cordiale e onesto aveva sollevato una domanda che in un primo momento poteva sembrare difficile per i nostri tempi. Un secondo, braccia e gambe lunghe, amava strizzare gli occhi mentre parlava, e tra una parola e l'altra rideva da solo. Il terzo, che era pure un uomo, indossava una mantella. Parlava straordinariamente bene il cinese e sapeva destreggiarsi abilmente con la situazione della Cina, con momenti di vero entusiasmo per quella d'oggi. Il quarto, il quinto ... il sesto aveva uno sguardo terribilmente cupo, ogni parte del suo corpo era perfettamente rotonda e carnosa. Guardando le sue dita grosse e tenere, quasi stillanti, come appena lavate, traslucide, quasi di cera, Ni Zao non si sentiva a proprio agio. Gli sembrava di vedere salsicce che improvvisamente si mettessero a ballare nel piatto. C'erano poi i due compatrioti. Il più anziano era il fratello di un famoso attore di Hankou, che per decenni aveva percorso da nord a sud le rive dello_Yangtse, interpretando nell'opera tradizionale il ruolo dell'eroe Wu Sung e aveva mostrato poi tutto il suo talento nel fare da modello per lo stesso personaggio nei fumetti tratti dal romanzo Sulla riva. Ed era talmente noto che se tu fai un disegno di questo eroe e non lo rendi somigliante a lui un lettore vecchio non lo riconosce perché non ci riconosce l'autentico Wu Sung. Il fratello di questo famoso attore era uno dei giovani che negli anni quaranta si era recato a studiare all'estero e c'era rimasto, stabilendosi nella città di H. Indossava un vestito color crema di buon taglio, una cravatta bicolore, larghi occhiali bordati. Sopportava con pazienza di stare tra quei sei, mostrando sicurezza; non sembrava che avesse subito alcuna influenza dal fratello attore. Si mostrava soddisfatto. Al primo sguardo, quando lui assumeva una posizione inclinata, perfettamente europea, con la testa poggiata su una spalla, non rivelava affatto nessuna traccia dell'opera di Pechino, dell'opera cinese, né di altre opere nazionali. Solo la sua intonazione, quando parlava, racchiudeva un'affettazione troppo cerimoniosa e fuori moda e ricordava a Ni Zao che lui doveva essere entrato in contatto con qualche «alunno del giardino dei peri». L'altro compatriota, che si era alzato per accoglierli, sembrava in grande familiarità con gli altri. Era di spalle larghe, statura media, aveva guance affilate, lisce, come tagliate con l'accetta; i grandi occhi erano miti e socchiusi, come se non fosse completamente sveglio o avesse paura. Al di sopra, le sopracciglia si congiungevano in un unico arco, obliquo e disordinato. Secondo la sua esperienza, questo tipo di sopracciglia doveva indicare buon successo nella lotta, una natura impulsiva. Anche lo sguardo dei possessori di queste sopracciglia avrebbe dovuto essere immensamente trionfante. Questo tipo di uomini sono sempre pronti a farsi in quattro per gli altri e ad avere la meglio di qualunque solitudine e circostanza negativa. L'atteggiamento dei compatrioti all'estero era subito balzato agli occhi di Ni Zao fin dall'aeroporto di F., durante l'esame del passaporto. Qui ogni cosa modesta è importante, perché siamo in Occidente, nella Germania occidentale, non nell'est. Qui ogni uomo o donna, compresi i bambini, sporgono in fuori il petto e la pancia, fanno la ruota, si muovono con or-

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