• - - Sem1ot1cealcomico V orrei premettere, a scanso di equivoci, una breve precisazione terminologica a questa mia relazione: scegliendo come titolo quello di «Semiotica del comico» non intendevo accendere un'ennesima discussione di carattere squisitamente semiologico. Più d'una volta ho affermato che la semiotica è un ottimo e indispensabile strumento esegetico, ma non ha nessuna virtù assiologica, ossia di valutazione del valore. Dunque, nel caso odierno, vorrei dare per scontate tutte le tradizionali nozioni semiologiche (peirceane, saussuriane, morrissiane) e limitarmi a fare qualche ragionamento sul significato del comico e il perché di tale significato. Per prima cosa sarebbe opportuno precisare come esistano numerose specie e sottospecie e numerosi aspetti del comico: sui quali gli studiosi hanno compiuto infinite indagini. Non è certo una scoperta affermare come tra il ridicolo e il satirico, l'ironico e il sarcastico, l'umoristico e il grottesco corrano differenze sostanziali. Quanto al «Witz» che appare sin dal titolo di questo incontro mi permetto di osservare che non è molto esatto parlare di «Comico e il suo Witz»: il Witz è un genere di comicità che si può tradurre in italiano coi termini di «barzelletta», «motto di spirito» e che perciò s'identifica già in partenza col comico stesso. Dato tuttavia che l'attuale convegno è imperniato su questo vocabolo, vediamo innanzitutto cosa rimanga ancora di accettabile circa le dottrine del Witz, anche soltanto partendo dal noto testo di Freud che lo pone a base delle sue argomentazioni sul comico e ne analizza le analogie con i meccanismi onirici. Nel suo Der Witz und seine Beziehung zum Unbewussten ( «Imago», London, 1940; Fischer, 1958, da cui citerò) Freud mette in luce soprattutto due punti essenziali che qui c'interessano piuttosto che per i loro addentellati con le indagini e la terapia analitica, per il loro valore retorico-semantico: quello della Verdichtung (condensazione) e della Verschiebung (spostamento, deviazione). Il Witz (che secondo Freud, come è noto, ha luogo per un «Herabsinken eines vorbewussten Gedanken zum Unbewussten, und due unbewusste Bearbeitung», p. 135), deve la sua efficacia soprattutto ai due principi già rammentati e a quello della «indirekte Darstellung» (p. 134) che sono poi analoghi a quelli che entrano in gioco nell'attività onirica. Ma quello che Freud non aveva individuato e che fu poi sottolineato da molti altri studiosi (per esempio, Jakobson e Lacan) è che questi due principi, o meccanismi, psichici tipici del comico e soprattutto del Witz, si possono sovrap- -. porre e far collimare con quelli ~ della metafora e della metonimia: .s la metafora, cioè, equivarrebbe alg:i la condensazione, la metonimia al- ::: lo spòstamento. ~ Mi sembra, questa, una delle ...... .S; più sottili e ingegnose osservazio- ~ ni: prima di tutto perché ci offre :2 una «constatabile verità» a portata ~ di mano, circa i meccanismi psichi- ~ ci individuati dalla psicoanalisi; e t! poi perché permette una interpre- ~ tazione dei due «tropi principi» (e Ì anche, in secondo luogo, degli al- ~ tri: ossimoro, litote, ecc;) molto più «scientinca» e probante di quanto la vecchia (e tutte le nuove) retoriche non facciano o abbiano fatto. Per rendersi conto dell'efficacia del fattore retorico (metaforico, metonimico) nel Witz, del resto, basterebbe rifarsi al caso della pubblicità, tanto visiva che verbale. È ormai ben noto che il più delle volte l'efficacia d'uno slogan o d'un manifesto pubblicitario si basa proprio su questi elementi: l'effetto di sorpresa, di inaspettatezza, di sconcerto - e anche spesso di comicità offerta dal coalescere di due immagini o parole lontane tra di loro il cui significato viene artatamente accostato o traslato («metaplasmato») - sta alla base tanto dell'efficacia persuasiva della redarne, che di quella del Witz ( e ne vedremo in seguito alcuni esempi tra i più tipici e banali). Che, dunque, molto spesso si abbia a che fare con un meccanismo costante, capace di scatenare il Witz, e in generale ogni altra forma del comico, sembra evidente. L a ricerca d'un «meccanismo», d'un principio che si potesse considerare come generalmente posto alla base d'ogni comicità, è d'antica data, dalle poche considerazioni rimasteci attorno al geloion aristotelico (Poetica, 1449 a) a quelle contenute nell'«aureo libretto» di Bergson, Le Rire. Per quanto concerne quest'ultimo preferisco sbarazzare subito il terreno affermando che, oggi, mi sembra abbastanza insufficiente la teoria del filosofo francese che vorrebbe attribuire l'insorgere del «riso» a un elemento di meccanicità. «Les attitudes, gestes [... ] du corps humain sont risibles dans l'exacte mesure où ce corps nous fait penser à une simple mécanique» (Le rire, essai sur la signification du comique, Paris, 1926, ma il saggio risale al 1899). Certo, si danno numerosi casi d'una simile comicità (tipici quelli delle prime comiche del film muto, delle «torte in faccia», di Max Sennett, Max Linder e Ridolini) ma si tratta soltanto di un settore molto marginale. Anche molti casi appartenenti alla quotidianità sono effettivamente attribuibili a una motivazione analoga ma, per contro, esistono ben altri meccanismi suscitatori del riso, come, ad esempio la paradossalità d'una af- 'fermazione, l'equivoco dovuto a ignoranza o a ingenuità, il comico Gilio Dorfles suscitato da inesperienza fanciullesca. (E mi piace ricordare a questo proposito un noto esempio dato da Freud [p. 148]: una bambina di 3 anni e mezzo mette in guardia il fratellino: «Du iss nicht soviel von diese Speise, sonst wirst du krank werden, und musst Bubizin nehmen»; al che le chiedono cosa intenda con questa parola. Siccome, quando era stata malata, le avevano dato una «Medizin», la bimba pensava che questa fosse solo per una «Miidi» e che ce ne fosse una diversa per un «Bubi»). È noto del resto - per loro stessa confessione - come molti abili vignettisti (politici o meno) (ne abbiamo qui a Trieste esempi molto precisi: Farraguna e Carpinteri e a suo tempo Cecchelin), abbiano appreso spontaneamente il «trucco» che permette loro di sfornare settimanalmente o magari giornalmente la barzelletta o la vignetta comica - il Witz, dunque - solo attraverso l'accostamento di elementi impropri, l'utilizzazione di vocaboli mal compresi, o la minimizzazione o gigantizzazione di elementi usuali. (E si pensi al mondo dei Pantagruel, di Gulliver, di Don Quijote, tutti basati sulla condensazione, lo spostamento, dunque la metaforizzazione, la litote e i diversi tropi a seconda dei casi. Esempi di «mi credo che i dixi per insempiar la zente ... »). Se poi prendiamo in considerazione un caso più specifico come quello dell' «Humor nero», del Galgenhumor, vedremo che, in quell'occasione lo spostamento dei termini posti a confronto è soltanto più forte e massiccio. Il racconto - il Witz - del padre che gioca a pallone con la bambina focomelica o quello del bimbo che chiede alla madre «Look, Look, Mummy what's this strawberry jam?» a cui la madre risponde «Hush, Hush! my child, it's daddy ·run over by the tram», sono esempi di un ridicolo-macabro dato dallo spostamento: pallone = bambina senza gambe né braccia; sangue paterno = marmellata rossa, da suscitare il riso (più o meno forzato) per la enormità paradossale e macabra del racconto. Un esempio tipico, ma questo davvero classico e di tono ben più elevato è quello di Christian Morgenstem che in uno dei suoi deliziosi Galgenlieder, Auf dem Fliegenplaneten, così si esprime (Alle Galgenlieder, Berlin, 1932, Bruno Cassirer): «Auf dem Fliegenplaneten / da geht es dem Menschen nicht gut: / Denn was er hier der Fliege, / die Fliege dort ihm tut. // An Bandem voli Honig kleben / Die Menschen dort allesamt / Und andre sind zum Verleben / in siissliches Bier verdammt. // In Einem nur scheinen die Fliegen I dem Menschen vorauszustehn: / Man backt uns nicht in Semmeln I noch trinkt man uns aus Versehn.» Quali i motivi del comico - anzi del grottesco - in quest'ultimo caso? Certo la Verschiebung: quello che avviene alle mosche da parte dell'uomo diventa subito comico quando si mette l'uomo al posto della mosca. Ma l'altro meccanismo forse più decisivo è: la paradossalità, il fatto che un piccolo insetto possa ridurre gli uomini a rimanere appiccicati col miele o ad affogare nei boccali di birra. Ma è solo la strofa finale che corona il senso del comico con una .maliziosa aggiunta etica - anzi moralistica -: le mosche sono tuttavia migliori dell'uomo perché non ci cuociono dentro i panini e non ci tracannano per trascuratezza. Del resto anche Freud (mai abbastanza citato in questo caso) afferma: «Der Humor ist nun ein Mittel, um die Lust trotz der sie storenden peinlichen Affekte zu gewinnen» (p. 186); e ancora (p. 187) «Der gròbste Fall des Humors, der sogenannte Galgenhumor, mag uns dariiber belehren. Der Spitzbube, der am Montag zur Exekution gefiihrt wird, aussert: 'Na, diese Woche fangt gut an' .» Un altro caso tipico di «spostamento», di Verschiebung, perché una osservazione del tutto plausibile come questa diventa assurda (e dunque macabramente comica) tenendo conto che per il giovane mariuolo non esisteranno altri eventi futuri oltre a quello dell'esecuzione a morte di quel lunedì. A questo punto vorrei offrire ancora un esempio - questa volta non elitario anzi dei più triviali e scontati - eppure tipico per quanto ho cercato di dimostrare. È tratto da un libro di Paolo Villaggio (Fantozzi, 1971)dove si narrano le avventure comiche e grottesche già impersonate in molti film appunto da Paolo Villaggio: Una volta che Fantozzi visitò le grotte di Postumia (tanto per essere ancora in tema «giuliano») e Fantozzi si è iscritto a una gita aziendale della sua società. Questa volta il programma comprende una visita alle grotte di Postumia (p. 124). «All'ingresso Fantozzi trovò ad attenderlo il prof. Ugo Zingales, speleologo, che doveva far da guida. Molto noto perché autore d'un prezioso trattatello dal titolo Come si esce dalle grotte di Postumia. Fantozzi gli domandò: 'Professore ne avremo per molto?' 'Non si preoccupi, in mezz'ora siamo fuori'. Al quarantesimo giorno di grotta cominciava a serpeggiare un certo malessere.» EJ facile comprendere che tutto il Witz consiste nell'understatement della paradossalità tra il poco tempo previsto e i 40 giorni di permanenza nella grotta. I paradossi s'accentuano in seguito fino ad acquistare un carattere di surrealtà (e non bisogna scordare come spesso il meccanismo di molta letteratura e pittura surrealista sia proprio identico a quello del comico: si vedano i noti dipinti di Magritte nei quali spesso l'effetto di estraneamento e di stupore è ottenuto dal coagire dell'immagine e del titolo dell'opera: tipico il tanto analizzato «Ceci n'est pas une pipe» su cui si sono esegeticamente accaniti da Foucault a Derrida). Proseguendo nel racconto (a p. 125): «I due gemelli Bragadin di 75 anni, dell'ufficio svaghi, vollero giocare a mosca cieca». (Ovvia assurdità di due persone così anziane che si comportano come dei bambini; e, visto che siamo in tema ricordo un altro Witz: «si divertiva a bendare le mosche per farle giocare a 'mosca cieca'».) «Ma per fatalità si bendarono entrambi. Ci resta di loro solo una pietosa lettera a una zia di Toronto. Pare che un filatelico di Bema abbia uno dei Bragadin; ma è 'dentellato'». Siamo qui in piena traslazione surreale: la lettera, coi relativi francobolli, inviata dai due fratelli si traduce direttamente negli stessi: i Bragadin sono diventati la sostanza addirittura dei francobolli con cui la missiva è affrancata; al punto che uno dei due assume la caratteristica filatelica di «non essere dentellato». L'effetto comico è costituito in questo caso in modo paradigmatico dalla Verschiebung (francobollo al posto di fratello) e dalla Verdichtung (fratello-francobollo non dentellato, come sono talvolta i francobolli). L'effetto comico è accresciuto inoltre dall'immediatezza del «salto concettuale». E, naturalmente, sarebbe facile scorgere in questo esempio, oltre ai meccanismi freudiani, la presenza di quelli retorici: metafore, litoti, sineddoche, sono tutti presenti (la parte al posto del tutto, ecc.). Ma proseguiamo con questo alato racconto: «Entrarono in una caverna enorme, dal soffitto pendevano migliaia di stalattiti. Il prof. Zingales disse: 'Oh meraviglia della natura: da sei milioni d'anni tu pendi da lassù e mai non cadrai!' Si sentì un tremendo boato. La più grossa stalattite di 11 tonnellate e 4 megaton [viene aggiunto al peso la misura d'una carica distruttiva per accrescere l'ef- _fetto comico] attendeva al varco da 6 milioni d'anni il•prof. Zingales». Questi brani balordi e d'una comicità lepida e scontata si potrebbero far rientrare in quel tipo di
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