Ricercatori & Co. Materialiletterarie storico-criticiin preparazi,onedel Convegno di Viareggio 26-27-28marzo 1987 In questo numero pubblichiamo un racconto di Pietro Bossi Poroni, nato a Milano nel 1956. Dopo il liceo classico, si è laureato in Economia e Commercio all'università Bocconi. Non ha mai pubblicato nulla. Ad ognuno il suo treno Pietro Bossi Poroni A ttraversavo l'atrio dell'alto soffitto, tenendo nella mano il biglietto appena comprato. La mia attenzione fu attirata sul pavimento da un foglietto di carta quadrettata, del tipo di uso comune per le agendine tascabili. Mi chinai e lo raccolsi. Uscii sul marciapiede e mi misi a sedere sull'unica panchina di ghisa, addossata al muro della stazione; lessi il frammento del discorso al quale il foglietto era appartenuto: «... la scelta per la narrazione dei fatti del tempo passato non ha quindi altro scopo che quello di suggerire, a chi legge, un distacco sufficiente a rendere la lettura scorrevole; intendendosi per: Distacco, quell'atteggiamento di composta rassegnazione che ci coglie quando nulla sia in nostro potere di fare al fine di interrompere il corso delle cose; e per: Scorrevole, quel risultato di rotolare attraverso le pagine senza i sobbalzi sintattici connessi alla contemporanea appartenenza del fatto descritto, tanto al passato, quanto al presente ed al futuro ... » Misi in tasca il foglietto e mi guardai intorno: poco lontano alla mia sinistra la porta a vetri del manovratore; più lontano una fontanella di cemento senz'acqua. Qualcuno doveva aver lasciato aperta la porta a vetri del manovratore, poiché dall'interno della stanza veniva una voce di urt uomo che stava parlando al telefono, continuamente interrotto dallo squillo di svariati campanelli. L'aria aveva odore di petrolio, come nei porti, ma senza quel fondo di sale che impasta le cose; colore del petrolio erano le traversine di rovere in mezzo ai binari, il pietrisco fra di esse, e il marciapiede, in più punti ripavimentato di fresco. Stazione di paese, pensai, nella quale i treni transitano prevalentemente senza fermarsi. Aspettavo un treno che sarebbe transitato alle diciannove e cinquanta, fermandosi solo pochi minuti; guardai l'orologio sopra la mia testa. Con uno scatto, troppo elastico per essere preciso, la lancetta dei minuti avanzò sul sette: diciotto e sette minuti; avevo quasi due ore di tempo, e non sapevo come impiegarle. Mi accesi una sigaretta, presagendo la noia: Forse a causa del contrasto cromatico creatosi con il suo ingresso nel mio campo visivo, notai immediatamente la figura vestita di rosso distante alcuni passi alla mia destra. Riconobbi Fedora, e ne rimasi sorpreso. Glielo dissi - naturalmente - nel modo che si conviene per dire queste cose, stupito e perplesso. Anche Fedora si disse sorpresa di incontrarmi, e per di più in quel posto. «Cosa ha di particolare questo posto?» chiesi. «Ammetterai che bisogna essersi dati appuntamento, per incontrarsi in una stazione sperduta», esclamò. Le offrii una sigaretta, che rifiutò; cercai di dire qualcosa di vagamente attinente con una stazione, con tale circostanza, e soprattutto con la mia sorpresa. Non ero affatto sorpreso. Dopo il primo istante di smarrimento, che considero abituale mentre la memoria prende tempo e s'interroga, mi ero perfettamente ripreso. Avevo iniziato a considerare l'evento nella sua reale portata: incontrare Fedora - che non vedevo da quasi due anni, dopo la fine della nostra storia - era essenzialmente un peccato. Presumibilmente avremmo dovuto parlare, cominciando dal chiederci reciprocamente che cosa facessimo a quell'o- . ra in una stazione di transito. Me lo chiese Fedora per prima. Preferii non dirle la verità, poiché la verità era banale, ed ero sicuro che ne avrebbe approfittato per compiacersi del primo pregiudizio della nostra conversazione, e cioè che - senza di lei - la mia vitafosse diventata banale. Il che era vero, oltretutto; e non perché lei non ne facesse più parte, bensì perché ero stato io ad aver fatto la precisa scelta di rendere la mia vita banale in modo assolutamente intollerabile, e da questa scelta avevo cercato di preservare Fedora, contro la sua stessa volontà. Le dissi, dunque, che la sorpresa era già una spiegazione sufficiente; il mio treno sarebbe transitato alle diciannove e cinquanta: mi restava circa un'ora e mezzo da attendere, e mai e poi mai avrei pensato che lei... Fedora mi chiese perché usassi continuamente l'espressione il treno transita, e le spiegai che non lo sapevo. «Sei sempre lo stesso!» commèntò con un sorriso. «Ti sbagli, sono molto cambiato, invece.» «Davvero?» Era vero; lei - al contrario - non doveva essere molto cambiata, e mi dava ai nervi in modo istintivo, esattamente come due anni prima, e come se ci fossimo visti la sera precedente. Mi irritava la presunzione - che scoprivo immutata - di capire infallibilmente ciò che secondo lei mi davo pena di nascondere. Due anni fa era stata una sua trovata esprimere questo fatto attraverso un esempio: se io dicevo che l'estate è bella, in realtà avevo inteso dire di nascosto che preferivo l'inverno. Questo accadeva - secondo Fedora - perché io ero io; ma non potevo fingere con chi aveva imparato a conoscermi. Per il momento, quindi, non ero cambiato affatto; stava a confermarlo il tono ironico con cui Fedora aveva pronunciato Davvero. «E tu, sei cambiata?» le chiesi a mia volta. «Molto!» esclamò gravemente. «In che cosa.» «Quasi in tutto. Ho sofferto molto - lo sai - a causa tua; ma non ho sofferto per niente.» «Non si soffre mai per niente», commentai. « Tu sì! Tu soffri per il gusto di soffrire.» «Ora come due anni fa?» m'informai. «Non so ora: credo di sì. Quelli come te non possono cambiare; è come se si portassero dentro una maledizione.» Accettò la sigarettache tornai ad offrirle; lasciò cadere la frase, e sedette di fianco a me su.Ilapanchina. Mi alzai e mi misi a passeggiare sul marciapiede, come sempre tenendo - quando passeggio - le mani in tasca, e guardandola di tanto in tanto. «Lavori sempre?» le chiesi. «Praticamente no; soltanto quando ne ho voglia.» Volontà n. 2/86 «Ah bene; allora non hai più problemi di soldi», osservai. «Tutti hanno problemi di soldi!» «Anche questo è vero. Insomma: come fai a guadagnarti da vivere?» «Sto con un uomo; vivo con lui», rispose, forzandosi di guardarmi negli occhi. «Ah, ti fai mantenere», commentai sarcastico, ricordandole col mio sarcasmo la sua indisponibilità di un tempo a ricevere soldi da un uomo.· «... E tu: stai con qualcuno?» chiese, dopo una breve pausa di silenzio. Certo che stavo con qualcuno! Glielo dissi, e Fedora volle sapere con chi vivessi e perché ci vivessi; non solo: mi chiese conto anche dell'enfasi con cui avevo detto Certo che sto con qualcuno. «Insomma, Fedora - dissi tornando a sedermi - renditi conto che sono molto cambiato.» «E che cosa sei diventato?» «Non lo so, però sono cambiato», risposi. «Dimmi la verità, non m'interessano le tue bugie.» «D'accordo; non sono cambiato affatto», conclusi. Era questo che voleva sentire da me; le dissi che non ero cambiato, per farla felice. Mi confortò l'accendersi del suo sguardo, quando scoprì che davo ragione ad un altro dei suoi pregiudizi. Il transito di un treno merci interruppe la nostra conversazione; pensai che fosse molto teatrale che un treno merci interrompesse un litigio a quel punto. Guardai l'orologio, tondo sopra la testa di Fedora: diciotto e trentaquattro. Pessimo orario per un appuntamento con le proprie responsabilità, pensai. Le mie nei confronti di Fedora consistevano nell'aver quasi fatto di lei una donna sublime, e di averla lasciata andare ancora incompiuta. Giudicai entrambe gravissime, soprattutto ora che mi era sembrato di notare in lei qualcosa di falso: fino a due anni prima Fedora non era stata capace di mentire sui sentimenti; il fatto che avesse imparato a mentire, dovevo ascriverlo senz' altro alle mie responsabilità verso di lei, e forse anche al fatto che si fosse compiuta la sua metamorfosi in una donna sublime. Non l'avevo mai rimpianta, né tantomeno dimenticata; ne avevo semplicemente fatto a meno, come di lì a poco avevo fatto anche cpn molte altre cose. Due anni prima, fare a meno era diven'tato il mio segreto, dal quale ero stato costretto ad allontanarla, perché non venisse scoperto. Per questo, poco prima, le avevo detto che vivevo con un'altra donna, benché non fosse vero; non avrei mai vissuto con una donna: ero cambiato, anche se Fedora non era disposta a riconoscerlo. Pensai tutte queste cose insieme, mentre transitavano uno alla volta i centosette vagoni del treno merci; pensai che non c'era alcun costrutto a pensare in modo così disordinato, e che non avrei avuto tempo di affrontare seriamente con Fedora una conversazione sincera, della quale non avvertivo alcuna necessità. Il problema - incredibilmente riuscii a pensare anche questo, mentre sfilavano gli ultimi vagoni - era che la mia~ testa si muove per blocchi, scarsamente correlati fra loro. In quella circostanza, in me prevaleva la suggestione di Sottotraccia 11 =-1· 11· ~BIC I dàvisita Versus38-39 Semi0tica medievale a cura di Umberto Eco Bomplanl FAltore Ripensare la città . Articoli di: Carlo Doglio, Franco Buncuga, Paolo Righetti, Marianne Enckell, Nico Berti, Enrico Baj, Francis M. Naurnann " arti visive, nuova danza, nuova scena trimestrale diretto da Marco Jannuzzi Abb. a 4 numeri L. 20.000, ccp 54692009 V.le Carlo Felice 95 00185 Roma Fausto Masi L' ABCdellascienzadellecostruzioni presentazione di Michele Mele Collana «Manuali» Al servizio si accede per abbonamento annuale. Da un minimo di 6 inserzioni a un massimo di 33 inserzioni. I moduli disponibili sono: semplice cm. 5,JxJ,4 Lire 30.0f)6, doppio cm. 5,1 x3 Lire 50.()(}(}P. er informazioni più dettagliate scrivere o tele/onare a: Cooperativa Intrapresa; via Caposile 2, 20137 Milano. Telefoni (02) 5451254 - _:,451692.Ufficio Pubblicità, servizio Biglietti da visita. Riviste a:utaut 214-215 Luglio-Ottobre 1986 Attraverso la fenomenologia. L'esperienza filosofica di Enzo Paci Paci - Per una fenomenologia dell'eros Paci - Colloqui con Banfi Vigore/li - Paci e Gobetti Pògatschnig - La trascendenza dell'eros Rovatti - Paci e Sartre ElectronicmassmediaAGE mensile per il media people delle agenzie e degli utenti di pubblicittl. Systems editoriale, V.le Famagosta, 75 - 20142Milano Volontà n. 3/86 40 anni allo specchio Articoli di: Nico Berti, Luciano Lanza, Marianne Enckell, Tiziana Ferrero, Pier Carlo Masini, Roberto Guiducci, Luciano Pellicani, Paolo Flores d'Arcais, Enzo Santarelli, Robert Newmann, Le Scimmie Una copia L. 5.000. Abbonamento L. 18.000. c.c.p. 17783200 intestato a Edizioni Volontà - CP 10667 20100 Milano .. 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Trevignano catalogo sull'affresco absidale di Santa Maria Assunta ':i ClearEditore viale Bruno Buozzi, 105 - Roma L'eco della ~pa dal 1901 legge e ritaglia giornali e riviste per documentare artisti e scrittori sulla loro allività per informazioni: Telefono (02) 710181-7423333 L'eco della stampa Via Compagnoni, 28 - 20129Milano ~ .e .e ~ ~ s::1 s ~ .e ~ .,__ ______________ ,_ _________ -~
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