Alfabeta - anno IX - n. 93 - febbraio 1987

Mensile di informazione culturale Febbraio 1987 Numero 93 I Anno 9 Lire 5.000 Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile, 2 • 20137 Milano Spedizione in abbonamento postale gruppo III/70 • Printed in ltaly WangMeng:lnedif!•Dice---brpeariginoB: ilo Conversazioanme alfitana: Bai, (aprile,Dragone, LimatolaM, ondinoS, assiT, roncone. LorenzoLollo:Caroli Gramigna/Salaris/Dorftes/Cristin Ferraris/Echaurren ' ",, '., ·~~~: • .: 1 •• • • ' , . ' • ' .Supplemento: Lascie~q,la bombae la pQ,eSia • • Bemanl1nl1n,grao, . • . LeonettLi,uziM, athewsM, atteBlancol MoraviaP, orta,Scalia,·Toral.doiFrancia

Einaudi GuidCoeronetti Compassioni edisperazioni In un solo volume tutta l'opera poetica di Ceronetti. «Supercoralli », pp. x-246, L. 20 ooo Primolevi Viziodiforma Ritornano i «divertimenti» fantascientifici di Primo Levi: storie di un futuro prossimo o cronache del nostro presente? «Nuovi Coralli», pp. 269, L. 16000 MarinJaarre I padrliontani Il «romanzo di formazione» di un intrepido personaggio femminile, che è anche un dialogo tra diverse generazioni. «Supercoralli», pp. 1v-165, L. 18000 ClaudSeimon LabattagldiaiFarsalo Un viaggio in Grecia e in Italia, un pittore diviso tra amore e gelosia... L'originalità del Premio Nobel 1985 nasce dallo stile di montaggio di temi e tempi narrativi diversi. «Nuovi Coralli», pp. 1v-229, L, 14000 CesarCeases Patrielettere Manzoni, Gadda, Elsa Morante, Primo Levi, Fortini e Calvino: gli interventi di un critico militante, sospeso tra rigore morale e divertita ironia. «Saggi», pp. XVI-185, L. 18000 BenoBit.Mandelbrot Glioggetftriattali Formac,asoedimensione L'inventore dei« frattali» presenta in un volume introduttivo la propria teoria, cosf fertile di applicazioni in ogni campo della ricerca scientifica e tecnologica. A cura di Roberto Pignoni. «Paperbacks», pp. xv-207, L. 18000 ZangherGi,alassCo,astronovo Storidaelmovimento cooperativo in Italia LaLegaNazionale delleCooperative eMutu1e886-1986 La ricostruzione di uno dei caratteri originali dell'Italia moderna, finora trascurato dalla ricerca storiografica. pp. x-893, L. 85 ooo NikolaKsaldor Occupazioinef,lazione, moneteatassazione Sagg{,lezioni, memorie su problemi monet.ari e fiscali. A cura di Ferdinando Targetti. «Nbse», pp. xx-389, L. 35 ooo KarlPolanyi Il Dahomey elatrattadeglsi chiavi L'autore della Grande Trasformazione racconta la storia di una società arcaica in lotta contro l'invasione dei rapporti mercantili. Introduzione di Alfredo Salsano. «Biblioteca di cultura storica», pp. XLV!ll·I84, L. 24000 HenrFi ocillon Vitadelleforme In volume singolo un classico della cultura storico-artistica del N6vecento. Prefazione di)Enrico Castelnuovo. «Pbc», pp. XXXl-106, L. 8500 le immagindiiquestonumero Q uesta serie di immagini appartiene a un servizio di guerra svolto per caso da due improvvisati fotografi (ma erano pittori) Stefano e Siro Serafin, nel dicembre 1917, nel pieno dell'offensiva austriaca, quando dopo Caporetto la linea difensiva italiana si attestava sulla linea del Piave e sul Monte Grappa. La Gipsoteca di Possagno è stata colpita dai bombardamenti e il museo dei gessi e delle sculture di Canova è andato in pezzi: il villaggio di nascita dello scultore si trova ai piedi del Monte Grappa, del Monte Tomba, a un passo dal fiume Piave. Le fotografie sono una selezione di un repertorio più vasto, conservato presso l'archivio del fotografo Bepi Fini di Treviso. Vicino alle spoglie «salvate» dalla lastra fotografica (alcune di queste si sono disperse e perdute come il carretto con Venere italica e Amore e Psiche) è utile una nota riassuntiva circa il modo di operare di Antonio Canova, soprattutto nel passaggio dal gesso al marmo. Lo scultore plasma un piccolo bozzetto di creta,· dopo alcuni disegni preparatori ai quali se ne aggiungono altri di studio e di riflessione plastica sul bozzetto eseguito o su varianti dello stesso. Passa quindi alla costruzione dell'originale in gesso modellando a strati diversi sopra un'intelaiatura di legno e imbottiture di tela di sacco. Questo, comunemente detto calco, è invece l'originale. Altre volte Canova riesce a produrre con più difficoltà bozzetti in creta di grandezza naturale con particolari teeSommario Wang Meng Figure intercambiabili A cura di Vilma Costantini pagine 3-4 Da Parigi A cura di Franco Berardi Bifo pagine 5-6 Giuliano Gramigna Cercami dove non sono pagina 7 Da Buenos Aires Di Umberto Curi pagine 7-8 Claudia Salaris L'alcova di provincia pagina 8 Prove d'artista Pablo Echaurren pagina 9 Ricercatori & Co. (Ad ognuno il suo treno, di Pietro Bossi Poroni) pagine 10-11 Antonio Porta Opposizioni (Salutz 1984-1986, di Giovanni Giudici; Canzonette mortali, di Giovanni Raboni; Liceo, di Giampiero Neri) pagina 12 Renato Barilli Una riuscita e mezza (L'amante senza fissa dimora, di Fruttero & Lucentini; Yucatan, di Andrea De Carlo) pagine 12-13 Cfr. pagine 14-16 Comunicazione ai collaboratori di «Alfabeta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) ogni articolo non dovrà superare le 6 cartelle di 2000 battute; ogni eccezione dovrà essere concordata con la direzione del giornale; in caso contrario saremo costretti a procedere a tagli; b) tutti gli articoli devono essere corredati da· precisi e dettagliati riferimenti ai libri e/o agli eventi recensiti; nel caso dei libri occorre indicare: ·autore, titolo, editore (con città e data), numero di Il classico surreale niche di sostegno e di trattamento, ma raramente. Il normale procedimento prosegue sopra la superficie del gruppo di gesso o di argilla . che viene sagomata e limata dal- !' artista o • dagli aiutanti, infine contrassegnata in tutta la sua estensione da piccoli cilindretti di bronzo con la sommità incavata per appoggiarvi la punta di un grande compasso (questi appaiono nelle illustrazioni riportate come una pioggia di punti neri). Questa predisposizione servira per il passaggio alla sbozzatura Testo: Daniel Charles L'estetica della performance pagine 17-20 Gilio Dorfles Semiotica del comico pagine 21-22 Eugénie Lemoine-Luccioni Sull'insegnamento di Lacan (li mito individuale del nevrotico, di J. Lacan, I.A. Miller, M. Silvestre, C. Soler) pagina 22 Piercarlo Necchi Per ripensare il male (Sull'esistenza del male, di Proclo; Ricerche sull'essenza della libertà umana, di F. W.J. Schelling; L'angelo necessario, di M. Cacciari; li demiurgo cattivo, di E. M. Cioran) pagine 23-24 Alberta Rebaglia Le «ragioni» della scienza (Le ragioni della scienza, di L. Geymonat e G. Giorello) pagina 24 Aldo G. Gargani Filosofare, narrare pagina 25 Renato Cristin Habermas, l'agire comunicativo (Teoria dell'agire comunicativo, di J. Habermas; Vorstudien und Ergiinzungen zur Theorie des kommunikativen Handelns, di J. Habermas; Das Dickicht der Lebenswelt und die Theorie des kommunikativen Handelns, di U. Matthiesen). pagine 26-27 Maurizio Ferraris Sociologia contro filologia (Teoria dell'agire comunicativo, di J. Habermas) pagina 27 pagine e prezzo; c).gli articoli devono essere inviati in triplice copia; il domicilio e il codice fiscale sono indispensabili per i pezzi commissionati e per quelli dei collaboratori regolari. La maggiore ampiezza degli articoli o il loro carattere non recensivo sono proposti dalla direzione per scelte di lavoro e non per motivi preferenziali o personali. Tutti gli articoli inviati alla redazione vengono esaminati, ma la rivista si compone prevalentemente di collaborazioni su commissione. del blocco di marmo (cfr. F. Carradori, Istruzioni elementari per gli studiosi della scultura, Firenze, 1804) da parte degli allievi che si servono oltre che degli strumenti dello scultore, anche di compassi di proporzione, e di stadie orizzontali per maggiore maneggiabilità. Si possono ottenere varie repliche del/'originale ed eseguire anche busti o elementi parziali dell'originale in gesso. • L'ultima mano, lo strato di marmo superficiale di diversi millimetri, viene direttamente lavorato Conversazione amalfitana (Enrico Baj, Luciano Capri/e, Angelo Dragone, Carmine Limatola Aldo Mondino, Gianni Sassi, Raffaele Troncone) pagine 29-30 Marina Sbisà Ecomacchine (Ecomacchine, convegno: Trieste, 28 novembre-8 dicembre 1986) pagina 30 Flavio Caroti Lotto, due istantanee pagina 31 Margit Knapp Cazzola Hermann Nitsch pagina 32 Antonella Boralevi Il Seicento fiorentino (Il Seicento fiorentino, mostra: Firenze, 20 dicembre 1986-5 maggio 1987) pagina 33 Giornale dei giornali I fisici e il nucleare pagine 34-35 Indice della comunicazione Signori, il Varietà pagina 34 Supplemento La scienza, la bomba e la poesia Le immagini di questo numero Il classico surreale di Manlio Brusatin Errata corrige Nell'articolo di Elena Pulcini, li sentimento d'amore, pubblicato nel numero 90 (novembre 1986), ci sono stati segnalati due refusi. A p. 35, quarto capoverso, al posto di «la teoria sistematica luhmaniana», bisogna leggere: «la teo··;a sistemica ... »; a p. 36, prima riga, ai ·posto di «tutto ciò che è comprimibile», bisogna leggere: «al posto di tutto ciò che non ... ». Ci scusiamo degli errori con l'autrice ed i lettori. Occorre in fine tenere conto che il criterio indispensabile del lavoro intellettuale per Alfabeta è l'esposizione degli argomenti- e, negli scritti recensivi, dei temi dei libri- in termini utili e evidenti per il lettore giovane o òi livello universitario iniziale, di preparazione culturale media e non specialista. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Alfabeta respinge lettere e pacchi inviati per corriere, salvo che non siano espressamente richiesti con tale urgenza dalla direzione. Il Comitato direttivo dallo scalpello del/'artista e solo dal martello e dallo scalpello, evitando per questioni di purezza rappresentativa (tale deve apparire il modello classico) tutte le lavorazioni con il trapano che creano virtù ed effetti illusionistici. Le copie non sono delle repliche vere e proprie ma in realtà scolpite con non minime varianti che l'artista tratta direttamente per dare tocco di originalità ai soggetti d'opera. La patina finale, per imitare la tanto famosa «pelle di ambrosia» dell'Olimpo neoclassico, è compiuta senza un metodo preciso, . ma a seconda del soggetto scultoreo, se debba avere aspetto più statuario o più umano. Si può lucidare la statua con cer.avergine e spirito d'aceto oppure con «acqua di rota», l'acqua con polvere di pietra-smeriglio e di limatura di ferro che si raccoglie sotto la mola per affilare lame e punte di coltelli e scalpelli. Solo dalla copia finita si possono eseguire calchi in gesso per la bottega o per amatori ma questi non hanno nulla a che fare con i modelli veri e propri usati come prototipi dai quali non è facile distinguerli perché possono anch'essi essere soggetti di lavorazione o di studio. Nella Gipsoteca di Possagno appare quindi il «museo tecnico» di Canova ora ricomposto e restaurato da quella specie di catastrofe in cui vediamo ogni singolo pezzo «posare» nelle lastre attonite dei fratelli Stefano e Siro Serafin, giovani pittori al fronte. Manlio Brusatin alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa A/fabeta Direzione e redazione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese Maria Corti, Gino Di Maggio Umberto Eco, Maurizio Ferraris Carlo Formenti, Francesco Leonetti Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella Paolo Volponi Art director: Gianni Sassi Editing: Studio Asterisco - Luisa Cortese Grafico: Roberta Merlo Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Pubbliche relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139 Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: Rotografica, viale Monte Grappa 2, Milano Distribuzione: Messaggerie Periodici Abbonamento annuo Lire 50.000 estero Lire 65.000 (posta ordinaria) Lire 80.000 (posta aerea) Numeri arretrati Lire 8.000 Inviare l'importo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Conto Corrente Postale 15431208 Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati

F igure intercambiabili (Pechino, 1986) è l'ultimo romanzo di Wang Meng, uno dei maggiori scrittori cinesi viventi, attualmente ministro della cultura. Il romanzo, pubblicato finora solo su rivista, non è mai stato tradotto in nessuna lingua. Al centro della narrazione c'è il contrasto generazionale e la profonda incomprensione che è al fondo dei rapporti familiari, di solito presentati nella letteratura cinese secondo l'edificante ottica della tradizione confuciana. Lo scontro tra padri e figli è anche la collisione tra due culture, in un'apparente inversione dei ruoli: padri che rinnegano la tradizione e figli che la sostengono. Le vicende narrate abbracciano un arco di storia familiare che va dagli anni trenta ai giorni nostri, durante i quali il microcosmo privato registra come un termometro sensibilissimo tutte le imponenti variazioni della storia. L'autore, che è uno dei pochi scrittori cinesi attento alla sperimentazione Letteraria dell'Occidente, si serve di tecniche narrative nuove nella letteraturacinese. Il racconto passa ininterrottamente dall'io narrante, Ni Zao, il figlio, alla terza persona, che ricompone, attraverso flash-back, la storia di dolorosi rapporti familiari, Le incomprensioni e i disamori tra i coniugi e tra Loro e i figli. Nella narrazione un ruolo molto significativo è destinato al Lettore, che l'io narrante - e il suo doppio - tiene sempre presente e che funziona come specchio nel quale sembrano fondersi La doppia immagine delle due «persone verbali» che individuano il narratore. I fatti narrati, come ha dichiarato Lo stesso autore nel corso di un'intervista rilasciata per «La Repubblica» nel maggio scorso, si collegano ad episodi autobiografici. Se da una parte, nell'ampiezza del periodo preso in considerazione, l'opera si può ricollegare alla grande tradizione del romanzo cinese classico, dall'altra, per la novità delle tecniche narrative, per gli sfasamenti dei tempi della narrazione, per la forte continua tensione poetica, può suscitare grande interesse nel lettore italiano, non solo perché è il primo roman~ zo che esce dai confini culturali della Cina contemporanea, ma . anche per il suo reale valore letterario, indipendentemente dal/'esotismo, dal documentarismo antropologico e dal folklore politico. Vilma Costantini Figure intercambiabili Wang Meng ~ All'inizio della primavera stavo .5 passeggiando lungo una stradina ~ alberata a sud del fiume. Cammi- ~ r-.... ~ ......, .9 ::: -c -e ~ ~ navo in silenzio. Ero un uomo libero. Tu forse vuoi sapere fino a che punto avevo tirato la corda della mia vita. Gli alberi alti e sottili, dalla corteccia color cenere, si stavano ricoprendo di macchie che degrada- ~ vano dal nero al marrone. Una re- ~ te di ramoscelli flessibili si intrec- ~ ciava in alto. Aveva piovuto a !unWangMeng go, le nuvole ora cominciavano a diradarsi, lasciando scoperti ampi spazi di un cielo azzurro pallido. Se vuoi proprio saperlo, della corda se ne erano già andati i primi 50, 50 anni, uno dopo l'altro, consumati nel sonno, fino ad oggi. Le foglie degli alberi erano simili a quelle delle sofore che crescono al nord, ma erano più larghe. E la cosa più strana era che se questo misterioso e abbondante fogliame lo guardavi dall'alto sembrava la splendida e sottile capottina di un palanchino, mentre dal basso il re-· ticolo formato dai rametti intrecciati si allentava in molti punti, facendo intravedere la luce ed il cielo. La corda era già stata allungata per mezzo secolo ed io non osavo pensare che essa prima o poi si sarebbe spezzata, all'improvviso. Sapevo che la strada a fianco era via Baiyuma. In passato i grandi omnibus a cavalli la percorrevano velocemente, tra una doppia fila di lussureggianti e giganteschi platani francesi. Sapevo che nelle vicinanze c'era un lago bellissimo, dove andavano tutti. Sapevo pure che questo lago era stregato. Giravi gli occhi e senza che te ne potessi rendere conto la primavera era già arrivata. Una primavera immensa, senza fine. Ma io per il momento avevo solo intenzione di passeggiare lungo questa stradina, come se appartenessi ad essa o piuttosto come se essa appartenesse a me. Se ad un tratto quella specie di corda si mettesse a vibrare, il suono prodotto risulterebbe armonioso? Potrebbe suscitare, penetrando nelle orecchie, il piacere che ci procura un fiore fresco o un frutto maturo? 11 17 giugno 1980 Ni Zao, professore associato all'Istituto di Lingue, insieme ad una delegazione universitaria, stava per intraprendere una visita della città di H., una delle più famose città portuali dell'Europa settentrionale. Ni Zao aveva 46 anni, capelli nen, eloquenza persuasiva, espressione vivace, movimenti scattanti. Nonostante le sue gambe non fossero robuste, la sua andatura tuttavia era veloce. Se non si guardava il fitto reticolo di rughe che i movimenti degli occhi e della bocca producevano sul suo viso, se non si guardava l'espressione cupa che accompagnava nel suo sguardo i momenti di assorta meditazione, lo si poteva considerare un uomo giovane, attivs e in buona salute, dal colorito sano, nel fiore degli anni. Alle 8 e 13 di mattina all'aeroporto di B. Ni Zao e gli altri erano già saliti a bordo dell'aereo. Alla sua sinistra era seduta una donna dai capelli grigi, sottile e graziosa, con un'espressione molto seria, quasi maschile. Aveva con sé una borsa elegante. Dopo che l'aereo aveva assunto la posizione orizzontale, la donna aprì la borsa di pelle e ne estrasse un piccolissimo pechinese dal pelo dorato. Tenendolo al guinzaglio, con una catenella argentata, fece accucciare la docile bestiola ai suoi piedi, quasi fosse un giocattolo. A Ni Zao sembrò che la faccia di lei esprimesse un certo imbarazzo, forse per il fatto che avrebbe dovuto comprare il biglietto per il piccolo animale. Alla sua destra era seduto un 'Uomodel tutto assorto nel funzionamento di una calcolatrice e nella compilazione di un formulario. Egli non distolse la sua attenzione dal lavoro che stava facendo neppure quando l'aereo cominciò a decollare, non gettò nemmeno uno sguardo al panorama fuori dal finestrino e rispose con un «no» alla hostess che gli offriva una bibita. Era davvero occupato. Alle nove in punto l'aereo atterrò all'aeroporto di H. «Lo sa che siamo arrivati ad H.? Vuole che cerchiamo subito il professor Shi Fugang?» gli domandò la signorina Bei Di che era la loro guida ed interprete. «Farò tutto il possibile per aiutarla a cercare il suo vecchio amico», disse la solerte signorina Bei Di, pronunciando chiaramente le parole, senza inflessioni dialettali. Ni Zao ce l'aveva un po' con se stesso. Con Shi Fugang non l'aveva fatta troppo lunga? Che cosa c'era realmente tra Shi Fugang e lui? In fin dei conti non era amico suo, ma di suo padre. E il fatto che lui si recasse all'estero aveva qualche rapporto con suo padre? Se pure lui non si fosse recato all'estero, se fosse vissuto nella stessa città di suo padre, insieme a lui, avrebbero avuto qualcosa in comune loro due? E tuttavia sei mesi prima, quando ·aveva ricevuto l'invito per recarsi all'estero, lui aveva subito deciso di andare a tròvare Shi Fugang. Per tutto il viaggio non ci aveva più pensato. Ora che era arrivato ad H., la visita a Shi Fugang era un po' come sciogliere un voto, come andare al fondo delle cose. Era come ripercorrere un tratto di quella corda che era già stata consumata. Dopo l'arrivo, ci fu subito una visita alla libreria orientale. Si recarono poi agli uffici per gli scambi internazionali, dove furono ricevuti da una dottoressa dal viso delicato e solenne, con un paio di enormi occhiali piatti. Andarono infine al porto per il pranzo. Durante il pranzo, in compagnia del direttore del più importante giornale locale, Ni Zao e gli altri decisero di lasciarsi•assorbire dalla discussione circa il posto da assegnare a Mao Zedong nella storia mondiale e in particolare nella storia delle idee. Il direttore del giornale spiegò a Ni Zao che il movimento delle guardie rosse aveva avuto una grande influenza sulle giovani generazioni europee negli anni 1967-1968... parlavano con gusto, cosicché, quando salirono sulla macchina dell'Università di H., alla fine del pranzo, tranne il budino al brandy che era stato servito per ultimo, Ni Zao non riusciva a ricotdare che cosa aveva realmente mangiato. Sì, c'era stata una zuppa densa, che aveva un forte sapore di cipolla, e poi ... il programma della giornata era molto intenso. Alle due del pomeriggio c'era stato l'incontro con sei docenti di cinese. Quattro di loro avevano sangue europeo. Ad uno di questi erano venuti degli occhi azzurri allungati. I suoi capelli neri e lisci scendevano sulle spalle. Bisbigliava, aveva molta urbanità, da perfetto gentleman. Con un sorriso cordiale e onesto aveva sollevato una domanda che in un primo momento poteva sembrare difficile per i nostri tempi. Un secondo, braccia e gambe lunghe, amava strizzare gli occhi mentre parlava, e tra una parola e l'altra rideva da solo. Il terzo, che era pure un uomo, indossava una mantella. Parlava straordinariamente bene il cinese e sapeva destreggiarsi abilmente con la situazione della Cina, con momenti di vero entusiasmo per quella d'oggi. Il quarto, il quinto ... il sesto aveva uno sguardo terribilmente cupo, ogni parte del suo corpo era perfettamente rotonda e carnosa. Guardando le sue dita grosse e tenere, quasi stillanti, come appena lavate, traslucide, quasi di cera, Ni Zao non si sentiva a proprio agio. Gli sembrava di vedere salsicce che improvvisamente si mettessero a ballare nel piatto. C'erano poi i due compatrioti. Il più anziano era il fratello di un famoso attore di Hankou, che per decenni aveva percorso da nord a sud le rive dello_Yangtse, interpretando nell'opera tradizionale il ruolo dell'eroe Wu Sung e aveva mostrato poi tutto il suo talento nel fare da modello per lo stesso personaggio nei fumetti tratti dal romanzo Sulla riva. Ed era talmente noto che se tu fai un disegno di questo eroe e non lo rendi somigliante a lui un lettore vecchio non lo riconosce perché non ci riconosce l'autentico Wu Sung. Il fratello di questo famoso attore era uno dei giovani che negli anni quaranta si era recato a studiare all'estero e c'era rimasto, stabilendosi nella città di H. Indossava un vestito color crema di buon taglio, una cravatta bicolore, larghi occhiali bordati. Sopportava con pazienza di stare tra quei sei, mostrando sicurezza; non sembrava che avesse subito alcuna influenza dal fratello attore. Si mostrava soddisfatto. Al primo sguardo, quando lui assumeva una posizione inclinata, perfettamente europea, con la testa poggiata su una spalla, non rivelava affatto nessuna traccia dell'opera di Pechino, dell'opera cinese, né di altre opere nazionali. Solo la sua intonazione, quando parlava, racchiudeva un'affettazione troppo cerimoniosa e fuori moda e ricordava a Ni Zao che lui doveva essere entrato in contatto con qualche «alunno del giardino dei peri». L'altro compatriota, che si era alzato per accoglierli, sembrava in grande familiarità con gli altri. Era di spalle larghe, statura media, aveva guance affilate, lisce, come tagliate con l'accetta; i grandi occhi erano miti e socchiusi, come se non fosse completamente sveglio o avesse paura. Al di sopra, le sopracciglia si congiungevano in un unico arco, obliquo e disordinato. Secondo la sua esperienza, questo tipo di sopracciglia doveva indicare buon successo nella lotta, una natura impulsiva. Anche lo sguardo dei possessori di queste sopracciglia avrebbe dovuto essere immensamente trionfante. Questo tipo di uomini sono sempre pronti a farsi in quattro per gli altri e ad avere la meglio di qualunque solitudine e circostanza negativa. L'atteggiamento dei compatrioti all'estero era subito balzato agli occhi di Ni Zao fin dall'aeroporto di F., durante l'esame del passaporto. Qui ogni cosa modesta è importante, perché siamo in Occidente, nella Germania occidentale, non nell'est. Qui ogni uomo o donna, compresi i bambini, sporgono in fuori il petto e la pancia, fanno la ruota, si muovono con or-

goglio, si danno insomma delle arie. A Ni Zao sembrava però che quei compatrioti, quei ragazzotti ben vestiti all'occidentale, sebbene mostrassero esteriormente di sentirsi a loro agio in sua presenza, manifestavano tuttavia un'inspiegabile bassezza che si avvicinava alla desolazione. Ma perché del resto avrebbero dovuto mostrare interesse per uno incontrato per caso, con il quale non avevano niente a che spartire? In ogni angolo sperduto del mondo c'erano uomini come lui, dall'aspetto stralunato, malinconici, in una difficile situazione con se stessi e incapaci di suscitare simpatia. Lui stesso non era in grado di interessarsi di tutti quelli con i quali aveva a che fare. A ppena entrato nella stanza fresca e pulita, senza un granello di polvere, straordinariamente luminosa e confortevole, nonostante il soffitto basso e le piccole dimensioni, Ni Zao avvertì su di sé la presenza di quei due connazionali. Era come un'atmosfera di tragedia ... un'atmosfera di tragedia che lo avvolgeva con violenza, un sentimento nobile o piuttosto una bassa ostinazione che subito lo aveva toccato. Ni Zao scelse quello che gli stava seduto accanto, gli si rivolse sorridendo e gli passò il suo biglietto da visita. Il «tizio» estrasse a sua volta il proprio biglietìo da visita, leggermente azzurrato, con il nome sulle due facce, da una parte in inglese, dall'altra in cinese: Zhao Weitu, Professore associato, Facoltà di Storia e Letteratura dell'Università di H. Lo salutò con un leggero cenno del capo e anche con una certa meraviglia, che veniva dal fatto di scoprire che ancora vi fossero nomi simili. La conversazione fu portata avanti in maniera estremamente • superficiale, soprattutto da parte dei docenti tedeschi, che erano oratori brillanti ed eruditi. Ni Zao si sentì un po' più rilassato. Si mise ad ammirare la stanza, il lampadario ricavato da un grande vaso da fiori. Poi alzò lo sguardo fuori della finestra: due piccoli uccelli saltellavano tra i rami degli alberi. Gli uccelli cinguettarono per un po', fecero alcuni saltelli coordinati, ciascuno ruotò il piccolo capo e si pulì con il becco giallo tra le piume, poi se ne andarono tranquillamente. Ni Zao non riusciva a seguire la discussione. La diversità si notava persino nel modo di vivere degli uccelli, anche tra quelli che appartengono ad una stessa specie. Qui non potevano volare liberamente? Non sceglievano da soli dove andare? Erano o non erano uccelli dal destino libero? Non avevano la libertà di gridare la loro rabbia, la loro gioia? Il capo della delegazione di cui faceva parte Ni Zao parlava con fervore. «Per quanto riguarda la storia cinese degli ultimi cento anni, degli ultimi trent'anni, si è verificato un fatto che lascia perplessi, stupiti, un fatto difficilmente immaginabile, che rende difficilmente comprensibile anche quello che di per se stesso è del tutto comprensibile. Dico noi, che siamo cinesi da molte generazioni, che stiamo in Cina, che abbiamo preso parte agli avvenimenti, che siamo stati protagonisti di fatti così drammatici, persino noi ci sentiamo spesso perplessi, stupiti ... » Il discorso del capo delegazione dette origine ad una risata. Anche Ni Zao rise. Ridere è proprio un miracolo, pensava Ni Zao, una risata comune, dopo tutto, non è una forma di collegamento? «... nel 1949 il popolo cinese ha preso in mano il proprio destino, per mezzo della rivoluzione la società cinese è stata ribaltata, con la rivoluzione la società cinese ha subito trasformazioni radicali, questo è fondamentale, è grandissimo, è sacrosanto. Tuttavia la strada della rivoluzione non è piana ... » Il capo delegazione continuava a parlare. Ni Zao pensava che stava parlando molto bene. Nel disporsi ad ascoltare bene le parole del suo capo, Ni Zao aveva bloccato i movimenti del suo corpo, dopo essersi avvicinato alla caffettiera di vetro termico per versarsi una tazza di caffè. Zhao Weitu gli aveva fatto cenno di aggiungere lo zucchero e una polverina bianca - «l'amico del caffè» un surrogato del latte privo di grassi - ma ricevette solo un grazie. Al caffè nero Ni Zao era stato abituato da suo padre, fin da piccolo. «... ma per il fallill).entodella rivoluzione culturale provo un certo dispiacere ... » Il professore con il dito troppo carnoso e traslucido parlava cinese incespicando. Cercò l'interprete girando lo sguardo rapidamente, ma la signorina Bei Di non era al suo posto. Zhao Weitu gli si rivolse con un gesto come per dire «prego» e cominciò a parlargli nella lingua materna, dicendogli che gli avrebbe fatto da interprete. «Io ho un certo dispiacere per il fallimento delle guardie rosse. Nel 1966ero ancora studente universitario e pensavo che le guardie rosse sarebbero state un esempio universale, che i giovani cercassero una via per trasformare rapidamente la società, contro la tradizione, contro il sistema ... » Le parole del professore troppo carnoso furono una sorpresa per Ni Zao. Nell'uscire dal paese si era preparato ad affrontare ogni sorta di pregiudizi, di incomprensioni, di dubbi e persino di provocazioni. Ma non pensava che avrebbero affrontato argomenti di ultrasinistra. E poi sembrava impossibile armonizzare l'aspetto occidentale di questo signore con le sue opinioni. «Infatti è molto difficile realizzare una veloce trasformazione della società.» Il capo-delegazione aveva dato una risposta che non c'entrava per niente. Di nuovo ci fu una risata collettiva. Zhao .Weitu aggiunse qualche frase in inglese e poi si tradusse da solo. «Ho detto che sono contento di quello che lui chiama 'fallimento' delle guardie rosse, che esulto come un matto. Se non fosse stato un 'fallimento', la Cina e tutti noi saremmo finiti ... » Ni Zao si accorse subito che il cinese parlato dal professor Zhao non aveva l'intonazione che di solito hanno quelli che risiedono a lungo all'estero, al contrario pare-· va «uno dei nostri». Nello stesso tempo quelle poche frasi di Zhao facevano parte di una lingua in disuso, che immetteva in quella conversazione informale ed elegante una certa aria di pesantezza. Il cielo si era fatto improvvisamente scuro, i padroni di casa avevano acceso il lampadario. Ni Zao guardò l'orologio: non erano ancora le cinque. Guardò di nuovo fuori della finestra. C'era già la luna. I due piccoli uccelli non si vedevano più. Sembrava che si fossero spaventati per la pioggia che cominciava a cadere. Non era chiaro se gli uccelli di H. fossero in grado di trovare un riparo dalla pioggia... L'edificio sembrava sprovvisto di grondaie. Ad un tratto entrò la signorina Bei Di. Non incedeva col petto in fuori né ancheggiava per fare la graziosa, ma si presentò come una professionista leggermente strabica, che parlava con il nervosismo della persona efficiente. In realtà la signorina Bei Di era anc9ra molto giovane, ma il suo abbigliamento, le sue parole e persino il suo modo di ridere era di una semplicità tutta cinese. Ni Zao credeva fermamente in questa semplicità tutta cinese e capiva se uno aveva studiato un certo linguaggio, dal quale si poteva venire culturalmente influenzati. Ni Zao stesso aveva fatto questo tipo di esperienza. E inoltre era convinto che questo linguaggio serviva come orbita-culturale e non solo come modello ideale, e allo stesso tempo era un segno intercambiabile con la propria lingua i:nadre e persino una condizione indispensabile per studiare bene quel linguaggio. La signorina Bei Di si diresse immediatamente verso Ni Zao, prese una sedia e si sedette accanto a lui, informandolo sottovoce: «Sono andata a prendere informazioni su Shi Fugang. Dopo il suo ritorno dalla Cina, ha sempre insegnato in questa università. Nel novembre dell'anno scorso è andato in pensione. Spesso è fuori, fa dei viaggi in Asia oppure va in campagna. Dicono che non molto tempo fa lui e la sua signora sono stati di nuovo in Cina, adesso invece pare che marito e moglie stiano a Manila. Il professor Shi è pensionato, tuttavia ha avuto un contratto dall'Università delle Filippine ... » «Mi sta dicendo insomma che non ha trovato· né lui, né la sua ... signora.» Quest'ultima espressione, ormai in disuso, era stata pronunciata da Ni Zao con una sfumatura insolita. Fuori sembrava che già cadesse una pioggia fitta e minuta. Si vedevano tremare le foglie, i piccoli rami degli alberi e gli schizzi sollevati dalle macchine per la strada. La finestra aveva un ottimo isolamento acustico, il rumore della pioggia non entrava dentro la stanza, cosicché sembrava di guardare qualcosa che assomigliava ad un quadro. Da lontano il colore dei monti/da vicino l'acqua senza suono/in primavera i fiori non cadono/e gli uomini non spaventano gli uccelli. Era una filastrocca che gli aveva insegnato la zia. «Gli uccelli non sfuggono gli uomini - pensava - perché nessuno li molesta. Perché non ci mettiamo in testa che gli uccelli vanno protetti? Non è il caso di arrivare a proporre una legge per questo. Ci sono quelli che si sentono molestati da uccelli innocui ed almeno una volta hanno molestato anche gli uomini. E poi essi finiscono per ... » «Sì, il loro appartamento è vuoto. Purtroppo non potrà vedere il suo vecchio amico», disse la signorina Bei Di, con voce compassionevole, ammettendo la sua assoluta impotenza. «A quanto pare non potrò vederli ... » Ni Zao vi mise una leggera intonazione. Non si capiva bene se si sentisse liberato o afflitto. Zhao Weitu lo guardò e si mise a ridere. L'incontro era finito. Gli altri si preparavano ad andarsene. Zhao Weitu si incamminò per uscire, poi girò appena il corpo all'indietro, verso Ni Zao: «Lei, scusi, desidera vedere Shi Fugang o la sua signora?» «Ah! Lei lo conosce?» Le sopracciglia di Ni Zao si spianarono. «Li conoscevo non molto a fondo.» Aveva pronunciato «li conoscevo» con una certa enfasi, un po' come nei drammi moderni di prima della liberazione, un po' come ... no, non come parlano oggi i cinesi della madrepatria. «Secondo le notizie più recenti che ho io, la signora Shi è già tornata, è arrivata l'altro ieri sera con il volo di una compagnia spagnola che ha tariffe più convenienti. A quanto ne so, le cose stanno così.» Mentre parlava faceva ogni tanto un cenno alla signorina Bei Di, come se le cose stessero così per merito suo, come se la signorina Bei Di non fosse stata abbastanza zelante. «Potrebbe essere così gentile da aiutare il professor Ni Zao a mettersi in contatto con la signora Shi?» disse la signorina Bei Di con un tono allegro e scherzoso. S econdo il programma originario, la delegazione sarebbe dovuta rientrare in albergo. Alle sei e mezzo sarebbero andati a cena da un'anziana signora. Questa signora da giovane aveva sposato uno degli studenti cinesi, uno di quei radicali che si erano recati a studiare all'estero, poi era rientrata in Cina con lui e insieme si erano uniti al movimento rivoluzionario, insieme avevano accolto la Liberazione nel 1949, lei aveva ottenuto la cittadinanza cinese ed era diventata famosa. Da vecchia era tornata a casa per curarsi e per trascorrervi il tempo che le era rimasto, ma aveva ancora nostalgia della Cina. Dopo cena, alle otto e mezzo, sarebbero andati all'opera e il giorno dopo il programma sarebbe-stato più serrato. Il professor Zhao suggerì: «Lei dovrebbe rinunciare alla cena da quella signora, così noi possiamo cenare in una trattoria e poi andremo a trovare la signora Shi. Per le otto e mezzo l'accompagnerò a teatro ... Così avrò la possibilità di parlare più liberamente con lei». «È una buona idea.» Prima che Ni Zao accettasse, i suoi compagni dissero che la cosa era fattibile ed espressero a turno la loro approvazione. Ni Zao, sebbene non avesse mai visto l'anziana signora, provava un certo rimorso, ma pensò che, mancando ancora più di tre ore, avrebbe potuto riposarsi un po'. Gli sembrava che ne avesse davvero bisogno. E poi aveva intuito che Zhao Weitu volesse ancora dirgli qualcos'altro. Gli fece cenno col capo, che aveva deciso di accettare. Zhao Weitu, come se la proposta fosse stata accettata da lui .90po aver ricevuto un suggerimento, appariva allegro. Estrasse dalla tasca una piccola rubrica telefonica con i nomi scritti nella sua lingua materna, trovò la pagina con il numero di casa di Stephens Wolfgang (Shi Fugang). Prese il ricevitore, fece il numero appoggiando leggermente le dita sulla piccola tastiera che ad ogni impulso emetteva un suono modulato. Dopo qualche secondo Zhao Weitu con voce ispirata disse: «Lei è la signora Shi? Mi scusi se la disturbo ... Sono ... lei forse non si ricorderà di me... con quel rumore del motore, sull'aereo. Sono Zhao ... » Tutta la frase di Zhao Weitu, il tono di voce, la sua espressione, lasciava vedere che non c'era niente in comune con il pezzo di terra sotto i loro piedi, con lo stato europeo, con la città di H., con la nazionalità della «signora Shi», né con la pura denominazione europea del «signor Shi». La voce che usciva chiaramente dal microfono aveva un vistoso sapore pechinese. E per di più la voce della signora aveva il sapore della vecchia Pechino: «Ah! Zhao ... che tipo intelligente! Come hai fatto a ritrovarmi?» Per un attimo Ni Zao dimenticò dove si trovava. Era soltanto uno che sta vicino al telefono pubblico tra la folla e le bancarelle del mercato di Long Fu. «È arrivato da Pechino un amico, suo padre era un vecchio amico del signor Shi... Lei ne ha sentito parlare? Forse no, si chiama Ni. Ni Zao». Ci fu un attimo di silenzio senza alcuna reazione dall'altra parte. Ciò dette un leggero fastidio a Ni Zao. Ebbe persino il dubbio se non si era allontanato di migliaia di chilometri per fare quella domanda. Stasera, si domandava, aveva fatto bene a lasciare il gruppo, andandosene per i fatti suoi? Zhao Weitu coprì il microfono con la mano e con un tono completamente diverso da quello della conversazione telefonica, ma ugualmente gentile, disse: «La signora Shi chiedeva se suo padre si chiama Ni Wuchen». «Sì, si chiama proprio Ni Wuchen!» «Ha detto di sì», disse Zhao Weitu al telefono, tutto eccitato. «Il figlio del professor Ni Wuchen è qui e vuole vederla ... no, non veniamo a cena, abbiamo già un impegno ... sì, se ne andrà prima delle otto, alle otto e mezzo deve ~ <:::! stare in un posto ... bene, saremo .:; da lei alle sette e venti, le rubere- ~ mo una mezz'ora ... No, non si ;:: preoccupi se non ha niente da of- ~ ...... frirci, lei del resto è appena torna- .si ta ... Ma non ha portato i mango ;:: dalle Filippine? E poi va bene una :2 tazza di tè soltanto.» ~ Mise giù il microfono con una o< sonora risata. I:! a <u Traduzione dal cinese di 1 Vilma Costantini ~

Gli individualistidella causa comune La riflessione sul movimento di dicembre a Parigi è ancora soltanto ai suoi inizi. Per quanto l'informazione sia stata rapida, ampia e sostanzialmente disposta a capire (in Francia come in Italia) - bisogna dire che l'interpretazione politica, l'apprezzamento dei nuovi valori culturali e sociali prodotti da questo autentico sommovimento sembra ancora balbettante ed incerto. L'immaginazione sociologica e la creatività politica sono certo rimaste sorprese, ma per essesi apre un campo assai vasto di scoperta e di azione. Chi sono, che cosa rappresentano, i centomila che hanno costituito il nucleo centrale della mobilitazione, delle assemblee, degli enormi cortei che fra il 26 novembre ed il 10 dicembre hanno stravolto la normalità parigina? È opportuno dire che non sono definibili soltanto come studenti: sono studenti, ma anche immigrati e beurs - ed una grande parte del movimento aveva trentacinque, quaranta o cinquant'anni, senza la timidezza e quasi l'imbarazzo che avevano in Italia alla fine del 1985 gli ex-militanti dei movimenti del '68. Ma certamente la vera novità, l'oggetto misterioso di quella storia, sono gli studenti. Al di là di ogni giovanilismo è fuori questione che il punto più stuzzicante per il pensiero critico è oggi proprio questo: come può manifestarsi (e può manifestarsi?) il valore della libertà e quello dell'uguaglianza nella prima generazione telematica? Occorre_direche il casofrancese fornisce un ottimo test per una ricerca del genere: con due milioni di Minitel installati nel giro di due anni, usati a pieno ritmo dai giovanissimi per telematizzare tutto, anche il corteggiamento delle sbarbe, si può ben dire che l'adolescenza francese ha subito, negli ultimi dieci anni, un processo di telematizzazione a tappe forzate che ha pochLparagoni nel mondo. Basti pensare che nell'estate del 1986 si verificò un incidente sintomatico nel funzionamento del MiAlainLeautbier,NicolasBeau Grandezza e decadenza di una stella: Isabelle Thomas, figura emblematica del movimento studentesco (almeno si pensava), non è stata eletta fra i quattordici delegati che da ieri sera formano il Coordinamento nazionale delle università in lotta. La disavventura non è certo fortuita [... ]. Dopo la manifestazione del 28 c:::s .s novembre e le prime dichiarazioni ~ governative il paesaggio si è leg- ::: germ'ente modificato [... ] certe ~ forze che sino ad ora sembravano ...... .s;i minoritarie, hanno spinto ad una ~ certa radicalizzazione del mov1- ..C) ..C) ~ ~ mento. Tattica ben conosciuta ma rivestita, questa volta, di abiti nuovi che il movimento stesso ~ metteva a disposizione. Gli stu- ~ denti trotzkisti o comunisti hanno l giocato a fondo sulla diffidenza ~ della base contro il «vedettariat» e DaParigi nitel (una rete simile all'italiano Videotel, ma molto più estesa): fra i. servizi messi a disposizione dal Minitel (metereologia, orari del treno, degli ·spettacoli ecc.) ve n'era uno per i messaggi personali, scarsamente attrezzato per l'enorme richiesta tanto che, a luglio, si verificò un crack dell'intero sistema che obbligò la compagnia telefonica ad una ristrutturazione dei canali di accesso e ad un potenziamento degli annunci per- • sonati. Nel 1986, inoltre, si sono verificati (e la stampa ne diede notizia) un certo numero di matrimoni fra utenti del Minitel che si erano conosciuti tramite terminale. Fra la stampa e la pubblicistica francese di quei giorni abbiamo evidenziato alcuni testi che cercano di ricostruire una prima ipotesi di lettura dell'emergenza politicoculturale della prima generazione telematica. Una prima definizione dello spirito di questo movimento la propone «Libération» il 26 novembre: Alain Leauthier definisce gli studenti «gli individualisti delle «manipolazioni». Una sorda battaglia ha così avuto inizio, di fronte a un pubblico spesso disorientato di studenti pronti a sospettare di strumentalizzazione perfino il loro amico più prossimo. È forse qui che si colloca l'errore di Isabelle Thomas. Molto presente nell'insieme dei media, un po' troppo a parere di alcuni, ha pagato probabilmente l'astuta utilizzazione del riflesso anti-star della base. [... ] «Libération», 4 dicembre 1986 Serge July Per il Primo ministro da quindici giorni la realtà supera la più inverosimile delle finzioni. [... ] Perfino Charles Pasqua dovrà convivere con questi «nuovi» democratici, questi vigilanti dei diritti fondamentali che traducono in emoziola causa comune». Il valore della dimensione individuale viene difeso dal pericolo dell'attribuzione di un'identità politica o progettuale comune. «C'è un quadro minimo che riunisce tutti, il rifiuto del progetto Devaquet. Ma poi vi è una quantità di opinioni e considerazioni personali sulla natura profonda ed il futuro di questo movimento. E qui non siamo certo tutti d' accordò. Ma non è grave» («Libération>>2,6 novembre, p. 4). Come già nel 1985 italiano il rapporto con i media (che funzionano come specchio ed al tempo stesso come produttori dell'immagine che si riflette) sembra più indipendente, più forte. L'operazione di costruzione mediatica di figure accattivanti e pubblicitarie, immagini-saponetta chs evocano una sorta di buon senso clean e à la page funziona solo a metà (co- • me nel caso di Harlem Desir, leader di SOS Racisme, contestato da un settore crescente di giovani maghrebini ed africani) oppure non funziona per niente (come nel caso di lsabelle Thomas, un po' ne collettiva gli abusi del potere politico. Questa opposizione inedita, il cui collegamento con la opposizione politica è decisamente precario, non era prevista nella teoria chiracchiana della -coabitazione. Già non era semplice prima; ora tutto improvvisamente è divenuto abominevolmente complesso. [... ] La società francese del 1986non è fondamentalmente conservatrice nel senso tradizionale. Non è tuttavia nemmeno socialista e ne abbiamo avuta la dimostrazione. Ecco perché questo movimento civico è una occasione. La società francese scopre i valori del diritto. Lo fa attraverso una dimostrazione esemplare su cui tutti i suoi leader politici dovrebbero meditare attentamente, compresi i socialisti. Il movimento di dicembre testimonia di una formidabile maturazione della società civile: non lo s1 era mai visto affermare così troppo sponsorizzata dai media, che non è stata eletta nel coordinamento dei delegati studenteschi). Il rifiuto della politica si mescola e si intreccia con il rifiuto del riflesso-distorsione mediatica; in questo si manifesta un nuovo interessante elemento del panorama. Leauthier e Beau descrivono questa reciproca elisione delle componenti anti-politica ed antimediatica nella cultura giovanile. (Les «radicaux» tentent une OPA, «Libération», 4 dicembre, p. 5). Nei giorni seguenti emergono • due linee di interpretazione (sia pure ancora soltanto abbozzate). L'una interpreta questo movimento come una sorta di «forza civica» conseguente, una forza che mira a realizzare concretamente la promessa dei diritti e della tolleranza senza rimettere in questione i paradigmi fondamentali della vi- , ta, della produzione, del sapere. È in sostanza questa la tesi di Serge July, il quale nel suo editoriale dell'11 dicembre definisce il movjmento come La nascita di una forza civica, («Libération», 11 dicembre, p. 3) e legge gli avvenichiaramente. Né violenza né politica: la semplice evidenza del diritto. Ed è già tutto un programma il fatto che la nascita di questa forza civica che rovescia la scena politica e sociale in Francia si sia svolta in silenzio. (Riferimento alla manifestazione silenziosa del 10 dicembre, N.d.R.). «Libération», 11 dicembre 1986 I André Comte-Sponville Ciò che più di ogni cosa colpisce è la rottura. Ricordiamocelo: la sera del 10maggio 1981, in quella grande festa della Bastiglia, sentivamo tutti che il maggio '68 continuava e finiva ad un tempo, per l'arrivo al potere di un movimento e di una generazione (con un uomo che, al tempo stesso, ad essi non apparteneva). Attraverso quali trasformamenti di dicembre come l'emergere di una possibilità tutta istituzionale di mantenere aperto il pluralismo che Chirac mette in pericolo. Sulla medesima linea si colloca André Comte-Sponville, il quale, in La morale sans !'utopie («Libération», 9 dicembre, p. 12) accentua la distanza dal '68, e riduce la novità al superamento dei «sogni spaventosi» dell'utopia. Ma nell'ultima settimana le componenti più radicali del movimento hanno cominciato a manifestarsi: prima di tutto nella forma di un'opposizione (soprattutto da parte dei giovani beurs) alla direzione riformista e clean di SOS Racisme. In proposito vedi: Pour continuer, foglio diffuso durante la manifestazione del 10 dicembre. Ma i nodi fondamentali che il movimento pone alla riflessione teorica sembrano emergere dagli interventi di Virilio e di Castoriadis. Viri/io riesce a far emergere il problema della dinamica nuova che ha investito l'universo dei valori culturali: competizione ed egualitarismo - un binomio che in questi anni sembrava essersi completamente sbilanciato, con l'opposizione di individuo e collettività solidale, con la centralità attribuita ai valori economici e carrieristici nella formazione dell'identità, e che ora entra in tensione, sembra rompersi. (Les enfants du coeur, «Libération», 11 dicembre, p. 15). Castoriadis, infine, ci guida diritto a quello che può diventare il problema nodale, il contenuto fondamentale della lotta fra produttori ed espropriatori nella società post-industriale: il diritto al sapere in una forma sostanziale, dunque non semplicemente come diritto allo studio, ma come diritto ali'accesso libero e generalizzato ai processi fondamentali di conoscenza e di modificazione tecnologica che sono attualmente privatizzati, militarizzati e clandestini. (Les ambigui'tés de l'apolitisme, «Libération», 11 dicembre, p. 14). Franco Berardi Bifo zioni, rinnegamenti, incertezze, lo sappiamo bene, comunque senza equivoci: la stessa generazione che aveva fatto il '68, coglieva finalmente l'obiettivo dei suoi progetti e dei suoi sogni. «Abbiamo vinto!», si gridava, ed era vero. [... ] Lo scarto appare maggiore, la rottura più importante, fra il 1986 e il 1981, di quanto non apparisse quello fra il 1981 e il '68. Il 1981, che fu la fine della nostra giovinezza, non era ancora l'inizio della loro. Politicamente, essi sono privi di passato. Vengono da chissà dove, li si potrebbe definì.reextraterrestri della politica. [.·.. ] Questa gioventù è bella e commovente perché è senza utopia; quanto più sono giovani, tanto più sono forti per essersi così liberati di quei sogni spaventosi (per gli altri!) che volevano farci credere che fossero compagni inevitabili dell'entusiasmo o dell'ingenuità. Questi sono ingenui senza illusioni

ed entusiasti senza dogmatismo. Morali, dunque, ed in questo tanto diversi da noi, che lo eravamo così poco. Da qualche parte Trotzki ha scritto: «Le questioni della morale rivoluzionaria si confondono con quelle della tattica e della strategia rivoluzionaria». In altre parole: tutto ciò che è politicamente giusto è moralmente buono, e perciò si ha il diritto (lo ha detto anche Lenin) di mentire, di imprigionare, e di uccidere. [... ] Nello specchio del tempo essi sono la nostra immagine rovesciata: noi eravamo l'utopia senza la morale - loro sono la morale senza utopia. Hanno ragione: 1986 è meglio. « Libération», 9 dicembre 1986 Per continuare La legge Devaquet potrà anche essere «ritirata»: dopo l'assassinio di venerdì sera non si tratta di mettere in causa la legge, ma l'esistenza stessa della polizia, improvvisamente percepita come una realtà inammissibile, mentre i suoi capi sono percepiti come criminali e provocatori. La moderazione tanto vantata degli stud~nti consisteva nel fatto di pretendere soltanto di opporsi all'autoritarismo del monologo statale. Volendo far intendere direttamente la loro voce, dovevano inevitabilmente affrontare i guardiani di quel silenzio su cui riposa questa democrazia che ormai non è altro che coabitazione di interessi mafiosi. Chi non 'si considera perfettamente rappresentato dai vari PS, RPR, PC, FN, che crepi. Così, per destabilizzare lo stato francese sarebbe sufficiente che una frazione della popolazione faccia conoscere senza intermediari il suo giudizio sulla sorte che le viene riservata dagli esperti del potere, cioè che essa pratichi realmente la democrazia. Ciò che è terrificante per tutte le gerarchie stabilite non è qualche vetrina rotta, ma la minaccia di estensione di questo movimento a tutta la società. Infatti queste due settimane di agitazione hanno dimostrato che ogni pretesto è buono quando tutto ciò che offre occasioni di rifiuto è malvagio. La modernizzazione dell'insegnamento non è che un dettaglio di un progetto di modernizzazione che è ovunque tossico come il Reno, bucato come lo strato di ozono. Si ripete con compiacenza che «i giovani sono ansiosi per il loro avvenire». Come se fossero capaci solo di preoccuparsi del posto che avranno nella gestione dell'avvelenamento, nella falsificazione della vita. Ma è l'umanità intera che ha tutte le ragioni di preoccuparsi, e non solo per il suo avvenire, ma per il suo presente chernobylizzato. Quanto all'avvenire dell'università, è lo stesso di un mondo alle prese con ogni sorta di aberrazioni, davvero terrorizzanti, dalla distruzione sistematica delle basi della vita alla barbarie della decomposizione ordinaria: oggi i flics sparano anche su chi cerca di impedire una rissa, come a Pantin. Come potrebbero la scuola e l'università essere migliori del mondo che esse si apprestano a gestire o a subire? Nondimeno, se questa società non ha nient'altro da insegnare che la sottomissione, c'è molto da imparare rifiutando di piegarsi agli ordini di coloro che pretendono di governarla. Quando questo rifiuto comincia ad organizzarsi in una lotta che vuole essere senza dirigenti né vedettes - che vada a cagare Harlem des Shires (deformazione del nome di Harlem Desir, leader contestato del movimento SOS Racisme, da alcuni accusato di leaderismo e di moderatismo, soprattutto in relazione alla questione del secondo ragazzo arabo ucciso dalla polizia il 5 dicembre e scarsamente preso in conto dalla dirigenza del movimento, N.d.R.) - allora que- • •sto rifiuto si collega spontaneamente con i movimenti di emancipazione del passato. Se esso respinge tutto quel che gli è stato detto del '68, continua ciò che nessuno gli ha detto del '68, riprendendone le esigenze più avanzate: la volontà di democrazia diretta, il controllo dei delegati da parte delle assemblee, la discussione libera per criticare tutto quel che è criticabile. Come si è gridato nelle manifestazioni di questi ultimi giorni: Maggio '68 è vecchio! Nell'86 facciamo meglio. Comité «Il n'est jamais trop soixante-huit tard pour bien faire» (Volantino diffuso alla manifestazione del 10 dicembre 1986) Paul Virilio Soprattutto, non parliamo di '68. Diciotto anni fa gli avvenimenti del Maggio erano, checché se ne dica, un bilancio preventivo, senza impegno, o quasi, mentre qui si tratta di un bilancio di fine esercizio di una generazione, responsabile di una mutazione che lascia la gioventù priva di eredità. Tra la contestazione, per lo più simbolica, della società dei consumi, e la critica della società della disoccupazione e della comunicazione a senso unico, vi è una singolare differenza di ambiente che vieta ogni analogia. «La rapidità di sviluppo delle tecniche contribuisce a far saltare le frontiere fra formazione ed attività lavorativa» come spiega uno specialista di economia del lavoro, Dominique Gambier. Più che sul livello di occupazione dei giovani e dei meno giovani, le nuove tecnologie hanno dunque un effetto sull'insieme dei sistemi di formazione professionale, con l'evoluzione verso la precarietà dei contratti di lavoro, ma anche di formazione scolare ed universitaria. [... ] Una specie di darwinismo sociale, di evoluzionismo accelerato in cui la lotta per la vita diviene sempre più feroce non solo nell'impresa, come si sa, ma anche nei vari livelli dell'insegnamento superiore. Non si può capire nulla di quel che accade oggi per le strade e nell'università se ci si rifiuta di analizzare i diversi parametri di questa crisi. Non si può ripetere in continuazione con Bernard Tapie (l'imprenditore-modello vincente ma progressista, una specie di ibrido fra Berlusconi e De B.enedetti alla francese, N.d.R.): «Diventate un vincente!» ed al tempo stesso rifiutare il dialogo con gli studenti che desiderano - come dicono loro - «realizzarsi pienamente». Non si può al tempo stesso favorire lo spirito di competizione e opporsi violentemente ai risultati di questa competizione pubblica che finisce nel contempo per rivelare temperamenti, talenti, ambizioni generose per l'università, ma soprattutto per la nostra società. Da due o tre anni in effetti si notano in questa nuova generazione, nonostante una certa sfiducia nell'avvenire, le premesse di un rilancio, di un soprassalto straordinario di volontà per sfuggire al disastro promesso, al nichilismo come al manicheismo circostante. Di qui l'onda di generosità, di volontariato che si esprime verso i più poveri in Francia, o verso i paesi della fame, attraverso un numero crescente di associazioni studentesche - come se la minaccia che pesa sul loro avvenire professionale li conducesse non a ripiegare su se stessi, ma a ritrovare il senso della solidarietà con i più indifesi, i nuovi poveri del «progresso post-industriale», il quale contribuisce ad aumentare il numero degli abbandonati alla loro sorte, non perché incompetenti, inadatti, come si dice, ma soprattutto perché incapaci di adattarsi all'ingiustizia, incapaci di accettare l'inaccettabile che consiste nel calpestare gli altri pur di riuscire. senso morale. Ma io mi interrogo su questi «vecchi giovani» che si congratulano dell'assenza di un progetto globale nel movimento di questi quindici giorni e vi vedono una superiorità del 1986 sul '68. Nel '68 si trattava di una critica globale della società, con il suo seguito di aberrazioni, illusioni ed estremismo. Il movimento dell'86 accetta la società esistente, e da qui viene forse il suo apoliticismo. Se si pensa che la società attuale sia la forma al fine trovata in cui vivere, allora non si può che ammirare il modo in cui il movimento agisce. Ma questo vuol dire che essi sono a favore dello status quo? Cioè sono a favore di una legge catastrofica come quella che si chiama legge Savary? Questa non è una critica del movimento, ma un incitamento a veder più lontano, e fra gli studenti ce ne sono molti che si pongono queste questioni. Lib. Perché? C.C. Per tre ragioni almeno. Primo: la classe operaia è uscita dalla scena, o quasi. Secondo: vi è stata dopo la guerra una massificazione della popolazione studentesca. Terzo: la cultura, l'immaginario capitalista, è in crisi, e ja gioventù ha sostituito la classe operaia in quanto principale forza di contestazione. Ma oggi, al contrario del '68, la società nel suo insieme e la cultura dominante non sqno messe in questione, il punto è solo il diritto al diploma. Io non sono sicuro che il movimento si batta solo per questo, credo piut- «Libération», 11 dicembre 1986 tosto che sia per il diritto al lavo- , ro, o, meglio ancora, per il diritto ,-------------- ... Intervista a CorneliusCastoriadis Libération. Cosa ti ha più impressionato in questi ultimi 15 giorni del uwvimento studentesco? C.C. In 15 giorni gli studenti hanno rotto con la passività che caratterizzava la società francese ed occidentale da vari anni. L'autorganizzazione di cui hanno dato prova è esemplare. Non solo hanno reinventato i delegati ma.anche la revocabilità dei delegati da parte delle assemblee, [... ] hanno dato prova di grande creatività e di saggezza insieme. [... ] Lib. Molti osservatori hanno insistito sulla dimensione «morale» del movimento. Che ne pensi? C.C. Certamente, il rifiuto della strumentalizzazione politica, così come il fatto di dire: «ci sono cose inaccettabili e nulla potrà farcele accettare» testimonia di un sicuro al sapere. Lib. Gli studenti hanno fatto un nuovo uso della parola democrazia, e fra loro, contrariamente ai loro predecessori, non ti pare che si sentano delle adesioni positive a tutta una serie di valori? C.C. Certo. Non si tratta solo di una presa di coscienza, ma della messa in atto di valori democratici forse in modo più esplicito che nel '68. La questione è sapere perché ciò che vale per gli studenti non vale per l'insieme della società, perché il sistema delle assemblee generali con delegati revocabili debba funzionare solo nelle facoltà. Nessuno vuol riconoscere questa validità al di là dell'ambito studentesco perché ciò sarebbe in contraddizione con il principio di irrevocabilità del potere politico. Lib. Tuttavia gli studenti sembrano avere agito anche in quanto cittadini, dunque il loro è un movimento civico, no? C.C. Sì, però non ci si può rallegrare della vittoria degli studenti e sostenere contemporaneamentè il sistema nel suo insieme. [... ] Nella logica dei grandi pensatori liberali la rappresentanza nazionale compete a 50 milioni di elettori, gli studenti sono un milione; è la nazione che deve decidere, non gli studenti. Ma si può obiettare'che il Parlamento è una parodia di rappresentanza. Non funziona. I veri poteri sono negli apparati dei partiti, e nell'ambito di questi ultimi in quegli elementi che detengono una superiore capacità di manovra. «Libération», 11 dicembre 1986 Appello Riproduciamo infine il testo di un appello pubblicato nel numero 476 (16-31 dicembre 1986) de «La Quinzaine littéraire» Les signataires appellent l'e11.- semble des intellectuels et artistes de toutes disciplines à s'associer à eux pour affirmer leur solidarité entière avec l'actuel mouvement des étudiants et lycéens. Un te! mouvement témoigne du renouvellement décisif de sensibilité qui est à l'reuvre dans !es jeunes générations. Il est porteur d'exigences de dignité, d'égalité et de respect d'autrui auxquelles il serait scandaleux de ne pas répondre. Il dit dans le meme temps son refus des projets que multiplient !es hommes du pouvoir et qui tendent à asservir. Nous faisons nòtres cette révolte, ces exigences, ce refus. Le 8 décembre 1986 Anne Andreu, André-Marcel d'Ans, Louis Arénilla, François Amai, Maurice-Dominique Arrighi, Sabine Azéma, Jean-Louis Bédouin, Loleh Bellon, Raymond Bellour, Robert Benay.oun, Luc Béraud, Pierre Beuchot, Maurice Blanchot, Jacques Blot, Robert Bonnaud, Patrick Bouchain, Michel Boujut, Pierre Bourdieu, Esther Brym, Christine Buci-Glucksmann, Daniel Buren, Miche! Butel, Michel Butor, Michel Camus, Alain Carbonnier, Jacques Cervione, Jean-Claude Chambon, Jean-Claude Charbonnel, Noelle Chatelet, Jean Chesneaux, Miche! Ciment, Marce! Cohen, Philippe Collage, Denise Colon, Alain Corneau, Claude Courtot, Alain Cuny, Didier Daenincks, Giles Deleuze, Jacques Demy, Jacques Derrida, Gérard Desarthe, Daniel Dobbels, Jean-Philippe Domecq, Marguerite Duras, Nicole Eizner, Anne Ethuin, Serge Fauchereau, Gaston Ferdière, Lucette Finas, Elisabeth de Fontenay, Roger Galizot, Patrick Genet, Roger Gentis, Francis Girod, Georges Goldfayn, Giovanna et Jean-Michel Gontier, Roger Gosse, Félix Guattari, Pierre Halbwachs, Edmond Jabès, François Jacob, Edouard Jaguer, Leslie Kaplan, Pierre Klossowski, André S. Labarthe, Dominique Lambert, Jean-Claude Lambert, Monique Lange, Roger Laporte, Robert Lapoujade, Jean-Jacques Lebel, Gérard Legrand, Michel Leiris, Jéròme Lindon, Jean-François Lyotard, Octave et Maud Mannoni, Dionys Mascolo, Monique Massafero, Claude Miller, Jean-Claude Missiaen, Jeanne Moreau, Edgar Morin, Maurice Nadeau, Bernard Noel, Paul Otchakovsky-Laurens, Evelyne Ortlieb, Claire Paulhan, Jean-Claude Pecker, Jéròme Peignot, José Pierre, Marie-Anne Pini, Anne et Patrick Poirier, François Poirié, Suzanne Prou, Dominique Rabourdin, Madeleine Rebé- "° rioux, Claude Régy, Denis Roche, Eli- .5 sabeth Roudinesco, Claude Roy, Jean- ~ Pierre Salgas, Anne Sarraute, ·Claude ~ Sautet, Max Schoendorff, Gérard Seb- "- bag, Louis Seguin, Jean-Claude Silber- ~ inann, Bertrand Tavernier, André Té- -. chiné, Guy Teisseire, Paule Thévenin, -9 ~ Claire Tiévant, Nadine Trintignant, .Q Serge Tubiana, Anne-Marie Urbain, .Q Agnès Varda, Jean-Pierre Vernant, ~ Pierre Vidal-Naquet, Jean-François ~ Vilar, Claude Viseux, Emmanuel i::: Wardi. s 'I.) Traduzioni dal francese l di Franco Berardi ~

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