Alfabeta - anno IX - n. 92 - gennaio 1987

L'uniièi-so, unsistemainamicoinsta i e [ ] Talvolta ho l'im- • • • p~~ssione che oggi V1v1amoun momento privilegiato. Un grande storico francese, Koyré, ha scritto un libro straordinario che parla della transizione dall'universo chiuso di Aristotele all'universo infinito di Giordano Bruno e Galileo. Ma in effetti, se guardiamo le cose da un punto di vista retrospettivo, vediamo che questa transizione è ancora in corso, perché le prime applicazioni delle nuove idee - delle idee di Galileo, di Cartesio, di Newton - si riferiscono essenzialmente a· sistemi periodici, a sistemi particolarmente semplici, mentre oggi ci troviamo di fronte ad una nuova complessità e stiamo solo cercando di trovare nuovi metodi e nuovi mezzi necessari per descrivere l'universo in evoluzione in cui ci troviamo. Evoluzione, come ha detto Laszlo, ad un tempo delle culture, delle società e del cosmo. D'altra parte vorrei ricordare che la storia della fisica può essere descritta in molti modi. Per esempio, si può parlare prima di Galileo, poi di Newton e poi di Einstein. Ma un'altra storia della fisica potrebbe parlare prima di Condorcet - cioè della storia umana - poi della storia della biologia (di Darwin)- fortemente influenzata, del resto, dalla sociologia - e infine della storia del cosmo, che continua ancora oggi (la storia dellà cosmologia è lungi dall'essere terminata). Vedete dunque che c'è un intreccio fra le due culture, anche se la specializzazione troppo spinta della scienzà fa perdere talvolta di vista il radicamento della scienza nella cultura considerata come un insieme. Certamente dobbiamo continuare sulle strade che si sono dimostrate fertili sino ad oggi, ma ne cerchiamo anche altre, che devono far partecipare maggiormente la società ai suoi nuovi sviluppi. Infatti la cosa importante è che oggi noi abbiamo coscienza di vivere in un universo in evoluzione: non sono solo le società umane che cambiano, è anche la natura che ci circonda a cambiare insieme a noi. Evidentemente avvenne qualcosa di completamente nuovo, quando nel XIX secolo Darwin ottenne il primo grande successo di una teoria evoluzionistica.. E voi sapete che questo primo grande successo si ripercosse immediatamente nella filosofia, nella filosofia della scienza, nella logica. Si dovrebbero fare molti nomi, ad esempio quello di Charles Peirce, per citare un autore americano molto noto. Voi sapete che Peirce ha dedotto che se la biologia era fondata sull'evoluzione, anche' l'insieme dell'universo doveva avere una base evolutiva. Ma a quell'epoca le idee di Newton, le idee del determinismo e della reversibilità, erano talmente radicate (eravamo ancora, come dicevo poco fa, nella prima fase della transizione da Aristotele al mondo moderno) che queste concezioni non riuscivano a imporsi. Peirce era considerato un po' matto e non ebbe mai l'occasione di insegnare in un'università: di lui si diceva che era intelligente ma che doveva cambiare prima le sue idee strampalate e accettare il punto di vista della fisica classica come definitivo. Sotto questo aspetto noi viviamo dunque un nuovo momento, un momento in cui possiamo riprendere il pensiero del tempo, il pensiero dell'evoluzione. E prima di tutto vorrei pormi questa domanda: quali sono i criteri che caratterizzerebbero un universo evolutivo? Come possiamo caratterizzare un universo evolutivo? I o penso che un universo evolutivo sia un universo in cui devono giocare un ruolo importante tre nozioni. Prima di tutto, Ilya Prigogine nismi di coerenza, occorre ad esempio che le molecole possano organizzarsi, oppure - nel campo della sociologia - bisogna che gli .uomini agiscano in modo concertato, non caotico, per poter creare nuove istituzioni o, ad esempio, nuove forme di Stato. Dunque probabilità, irreversibilità e coerenza: ecco le tre grandi nozioni chiave che dominano l'idea di un universo evolutivo. Come ha detto Laszlo, nei primi decenni della mia vita scientifica mi· sono appassionato alla termodinamica del non equilibrio e oggi, dopo tanti anni, capisco meglio perché me ne sono interessato._ babilistico e coerente che si ritrova in ogni opera d'arte. E da questo Bergson - o in fondo Cartesio, sia pure in altro modo - volevano dedurre la struttura dell'universo; ma era impossibile, perché si trattava di un salto molto grande. Ciò che caratterizza la nostra situazione è che oggi questo salto si è ridotto, e si è ridotto perché nel dominio del non equilibrio - un dominio di agevole sperimentazione - queste condizioni si sono realizzate. Non dobbiamo più fare appello, come Bergson, a uno slancio vitale, non dobbiamo più, come Cartesio, stabilire un dualismo tra cose dello spirito e cose della Le pene dell'Inferno, in Grant Kalendrier ... des Bergiers, Troyes, XVI secolo la nozione di probabilità. Noi parliamo di evoluzione quando parliamo del cambiamento di posizione della luna rispetto alla Terra, perché sappiamo bene che rientra nelle equazioni di Newton e che possiamo calcolarlo per un consi.- derevole periodo di tempo. Occorre quindi che vi siano elementi probabilistici. Inoltre perché si possa parlare di evoluzione occorre che ci sia una differenza tra passato e futuro, cioè bisogna che ci sia un'irreversibilità. Questo secondo elemento è essenziale: se passato e futuro restano simmetrici, non possiamo evidentemente parlare di evoluzione. In terzo luogo, gerché possano verificarsi nuovi eventi occorrono dei meccaMe ne sono interessato perché il mondo della termodinamica del non..equilibrio contiene questi tre elementi: probabilità, irreversibilità, coerenza. Il mondo del non equilibrio è quindi un mondo in cui si trovano realizzate queste tre condizioni. Voi sapete che in fondo il mio approccio non er;:i molto diverso da quello di Bergson o di altri che a loro volta sono partiti dall'idea che nella vita mentale, nella vita interiore, vi siano elementi evolutivi: com~ ben sapete, quando scrivete una lettera, un articolo, quando li rifinite, c'è un momento in cui cominciate a pensare e poi dal disordine nasce l'ordine. C'è questo carattere irreversibile, promateria: possiamo mantenere una certa unità seguendo, direi, la trama dei fatti. Parliamo prima di tutto di questa termodinamica del non equilibrio. Cosa significa «non equilibrio»? Non equilibrio - è ovvio - è solo un'espressione complicata per dire che non consideriamo un sistema isolato, ma un sistema attraverso il quale facciamo passare energia, un sistema che è fortemente legato al mondo esterno. L'esempio che mi piace sempre fare è quello di una città: una città non potrebbe esistere, Firenze non sarebbe Firenze, se si fossero costruite gigantesche mura per racchiuderla. Sono gli scambi tra il mondo esterno e la città che hanno creato la struttura di Firenze, e la struttura di Firenze è diversa dalla struttura di Venezia, la struttura di Venezia è diversa dalla struttura di Roma, perché ogni volta sono completamente diverse le interazioni fra territorio urbano e mondo esterno. Un centro religioso non ha la stessa struttura del centro di un impero o di un centro di commercio internazionale. Le interazioni portano quindi a una determinata struttura. E questa struttura la vediamo comparire nei più semplici fenomeni fisico-chimici. Pensate a un fenomeno che i chimici conoscono bene, quello della termodiffusione: prendete due recipienti, collegateli, metteteci un miscugliogassoso, ad esempio idrogeno e azoto. Quando la temperatura è la stessa avete tanto idrogeno nell'uno quanto nell'altro, tanto azoto nell'uno quanto nell'altro; ma se le temperature non sono più le stesse, avrete più idrogeno e più azoto in un determinato recipiente. Il disordine e l'ordine si scrivono quindi simultaneamente. [ ... ] Altro esempio: quella che si chiama instabilità di Bénard: se scaldo un liquido da sotto creo dei bei vortici; ma per far comparire questi vortici devo consumare qualcosa: devo scaldare dal di sotto. Una parte serve quindi ad aumentare l'agitazione termica, creare un gradiente, e grazie a questo ho le magnifiche figure che si trovano in tutti i libri di fisica attuali, i bei vortici di Bénard. Così quando si è costruito questo magnifico palazzo è stato necessario prima portare i materiali, fare molto disordine in tutti i dintorni; poi si è tolto quanto non era necessario, ed ecco il magnifico palazzo che vediamo qui. Ma evidentemente questo non è che un aspetto del risultato: c'erano anche tutti i prodotti di scarto che sono stati eliminati. Pare che la natura abbia proceduto come noi: la natura ha creato l'universo mediante un'enorme esplosione di entropia. Questa entropia è servita da un lato a fabbricare scarti che oggi non si vedono più, perché la temperatura è bassa, scarti che costituiscono la radiazione· residua del corpo nero, e dall'altro i protoni, che sono serviti a formare le galassie, le stelle, i pianeti, la vita e noi stessi. E Dio o la natura hanno trovato un mezzo veramente straordinario per effettuare la ripulitura, perché hanno abbassato la temperatura dell'universo in modo che gli scarti (i fotoni) divenissero sempre meno importanti dal punto di vista energetico, dato che la loro energia dipende dalla temperatura. Questo fa sì che oggi non li si veda quasi più: si vede solo la bella organizzazione che rimane. E davvero - bisogna pur dirlo - in cosmologia, in fisica come in biologia non si può che ammirare gli straordinari meccanismi che la natura ha immaginato. Spesso· ~ amo citare Lévy-Bruhl, che diceva l che l'uomo moderno non può più ~ meravigliarsi di niente perché sa bene che ci sono delle grandi leggi fondamentali, e ogni volta che vede un fenomeno nuovo sa che esso

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