Alfabeta - anno IX - n. 92 - gennaio 1987

P otremmo definire la Metapolitica come lo strato epistemologico di una cultura che serve a tenere insieme la cultura e che sta alla base delle sue forme politiche. Nel quarantottesimo esagramma degli oracoli cinesi I Ching, «Il Pazzo», si esprime quanto sto cercando di dire affermando che il bene «è indipendente da tutte le forme politiche», che «arriva ai fondamenti stessi della vita». Analogamente lo storico E.A. Burtt sostenne molti anni fa, nell'opera The Metaphysical Foundations of Modem Science, che la visione del mondo di una qualsiasi cultura - intendendo con «visione del mondo» la sua immagine della realtà e la sua concezione della natura - era il suo possesso più importante, l'eredità più significativa che lasciava alle generazioni future. Ho tenuto conferenze in varie parti del mondo - o, per meglio dire, del mondo occidentale - e una cosa che ho scoperto è che le diverse culture occidentali sono in realtà molto simili tra loro. Naturalmente rilevo importanti differenze culturali ad esempio tra gli Stati Uniti e l'Italia o tra l'Italia e la Francia, ma sostanzialmente ho conversazioni molto simili a Monaco, Parigi, New York e Roma. Mi confronto con una «modalità di discorso» (per usare il linguaggio di Miche! Foucauit) molto diversa dalla mia solo in quattro particolari circostanze (possono essere di più, ma queste sono quelle che mi vengono in mente in questo momento): 1. Quando studio la psiche e la visione del mondo pre-moderna, ad esempio quando studio la tradizione magica medioevale. L'essenza della tradizione magica è la credenza (osservazione?) che la materia non è morta; che la Terra, ad esempio, è un organismo vivente; che contiene la mente; e che, di conseguenza, una disciplina e un funzionamento appropriato delle nostre menti possono modificare tale materia, farla muovere, trasformarla ecc. 2. Quando, all'interno della nostra cultura, incontro subculture che vivono ancora in quello spazio mentale pre-moderno. All'interno della nostra società esistono, anche se quasi invisibili (per autoconservazione), gruppi di streghe, alchimisti e altri seguaci del!'occulto che hanno una visione della realtà molto diversa da quella della cultura dominante. La cultura alternativa è sempre esistita, e la storia dell'eresia lo testimonia (gnostici, catari, ecc.). Non si tratta solo di gruppi esotici o estranei alla nostra esperienza quotidiana. Quando vivevo nel quartiere greco di Montreal scoprii che i miei vicini erano terrorizzati dal malocchio e seguivano un particolare rituale di spargimento dell'olio sull'acqua che veniva praticato quando si riteneva che qualcuno fosse stato vittima di una fattura. 3. Quando incontro culture che sono sfuggite, almeno in una certa misura, agli effetti dell'occidentalizzazione e della modernizzazione. Naturalmente non si trova una ,Laiiitura. noneunpara 1gma realtà alternativa se si rimane dentro l'Hilton di Bali, ma se si cerca di comunicare con gli indigeni di Bali, del Nepal o anche con i Navajo del sud-ovest degli Stati Uniti si scopre rapidamente che le loro concezioni fondamentali della realtà sono molto diverse dalle nostre. 4. Quando mi prendo la briga di indagare i miei sogni. Qui la modalità del discorso è affettiva e simbolica. Ciascuno, in questo senso onirico, è sia metapolitico che meramente politico, come hanno sempre sostenuto i surrealisti. Le mie attività di studio sulla storia della scienza occidentale mi hanno portato a concludere che la rivoluzione scientifica del XVI e XVII secolo rappresentò un fondamentale cambiamento metapolitico. Il fattore principale fu l'abbandono di una visione magica del mondo, la perdita di una modalità di comunicazione affettiva e simbolica. La natura ora era vista come morta - una percezione che gli storici della scienza chiamano «filosofia meccanicistica». Nell'opera di Cartesio mente e corpo, soggetto e oggetto, erano considerate entità radicalmente separate, e il mondo stesso era considerato un'enorme macchina- qualcosa di simile a un orologio, caricato dall'Onnipotente per battere per l'eternità. L'uomo e la donna occidentali cominciarono a pensare sempre di più in termini meccanicistici. Contemporaneamente, e non per caso, agli inizi dell'era moderna si verificò un mutamento politico «congruo» (non riesco a trovare un termine migliore) a tutto questo: il sorgere di grandi eserciti permanenti anche in tempo di pace, e la formazione dello Stato nazionale come entità politica tipica e più adatta; la nascita dell'economia basata sul profitto, specialmente sulla scia della rivoluzione commerciale del XV secolo e, più tardi, della rivoluzione industriale del XVIII; la formulazione di un'ideologia del progresso e di un'etica che autorizzava lo sfruttamento della terra a fini di guadagno materiale; e l'idea politica del contratto, quale emerge dalle opere di Hobbes e Locke e poi di Voltaire e Thomas Jefferson. Non è un caso che la scienza proposta da Hobbes e Locke si integrasse benissimo con le loro posizioni politiche. Il Leviatano di Hobbes e il suo lavoro sull'ottica fanno parte entrambi della stessa modalità di discorso, che è di natura fondamentalmente meccanicistica. Le particelle di luce si muovono e colpiscono l'occhio producendo impressioni e sensazioni; le particelle della società (cioè gli uomini) interagiscono tra loro fino a creare forme sociali più vaste, come i governi. La scienza moderna non è quindi solo un'ideologia, ma anche una mitologia, e uso questo termine in senso descrittivo, non normativo o necessariamente negativo. Il termine Metapolitica è quindi appropriato per discutere della visione scientifica del mondo degli ultimi quattro secoli. [ ... ] Morris Berman U no degli sviluppi più importanti della nostra epoca - forse il più importatTte - è che sta cominciando a declinare e ad essere superata l'era della visione meccanicistica del mondo. È questo, in effetti, il motivo per cui si tengono ancora convegni di questo tipo: tutti sanno che qualcosa sta finendo. Attualmente ci troviamo in una posizione curiosa, in una sorta di fase crepuscolare. Dante ne parlò a proposito dell'ultima importante trasformazione metapolitica, la fine del Medioevo, e sono parole valide anche per la situazione attuale: «Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura». È· evidente che l'antica modalità di discorso comincia a incrinarsi, e questo ci lascia apparentemente senza direzione. È -chiaro anche, ' •. ~~-.:":;,·- ·-. ~- .. ·,-, ~,<;... , ...... ,.;_ Hans Baldung Grieu, La Stalla della strega, 1543 almeno per molti, che se non comincia a incrinarsi noi siamo condannati. Spinta agli estremi, l'idea che la natura è meccanica e che il mondo è morto porta a due sole possibili conseguenze: l'olocausto nucleare o l'annientamento ecologico del pianeta. Molte persone stanno cominciando, anche se solo in privato, a rendersi conto che il prezzo del vecchio paradigma è troppo alto a tutti i livelli, e non vogliono pagarlo. Three Miles Island e Chernobyl sono gli eventi pubblici che ce lo ricordano, ma tutti noi abbiamo dei fatti che ce lo tengono ben presente. Nel frattempo i dirigenti politici non sanno fare altro che sostenere ancora il vecchio paradigma: ecco allora il deliberato affondamento del battello Rainbow Warrior di Greenpeace nel 1985da parte del governo francese o la formulazione del folle programma di guerre stellari da parte di Ronald Reagan. E nello stesso momento in cui siamo riusciti a spazzar via le culture indigene dalla faccia della terra, sentiamo dentro di noi con terrore che se esse muoiono, moriamo anche noi. Film come The Gods Must Be Crazy o The Emerald Forest hanno tanto successo perché colgono un punto essenziale: malgrado le sue limitazioni tecniche, la visione magica del mondo, la modalità di discorso antica o primitiva, aveva almeno •rispetto per la vita. Naturalmente questa modalità di discorso presenta grandi pericoli: ha toni fascisti, come molti scrittori hanno sottolineato, e io con loro. C'è una preoccupazione legittima: in molte delle celebrazioni del primitivo è in agguato il neofascismo, e indubbiamente i nazisti erano molto interessati al primordiale, all'organico, all'occulto. Ma non dovremmo trascurare il fatto che Auschwitz fu anche un evento scientifico. Ricordo, quand'ero bambino, la fila di rifugiati che passavano dalla casa dei miei genitori dopo la fine della guerra e come durante l'estate, quando portavano le camicie a maniche corte, io osservavo, con una sorta di orrore affascinato il marchio indelebile, il numero assegnato nel campo di concentramento, impresso sull'interno dei loro polsi. A me pare che non esista esempio migliore di razionalizzazione weberiana del marcare i polsi con un numero indelebile, la riduzione cioè della persona a unità aritmetica. Il Brave New World è in definitiva il punto d'arrivo logico della visione del mondo meccanicistica e della metapolitica meccanicistica. Come conseguenza di tutto questo, noi oggi viviamo in un'epoca estremamente complessa. Una nuova politica sta lottando per venire alla luce, e questa lotta produce forme molto curiose. Vorrei solo accennare a due di queste tendenze. La prima è che - come ha sottolineato lo stesso Weber - l'altra faccia della razionalizzazione è il carisma. Attualmente c'è una grossa tendenza a cercare di fuggire dalla Metapolitica della scienza moderna identificandosi con l'esperienza mistica; e di conseguenza è sorta un'intera «industria» organizzata intorno al discorso irrazionale. Tipicamente questa attività si identifica con la leadership di un unico uomo - Rajneesh, il reverendo Moon ecc. - e i seguaci sono fanatici che hanno trovato la salvezza nella loro nuova setta e hanno quindi rinunciato a qualsiasi riflessione critica, considerandosi nello stesso tempo come «illuminati». [ ... ] L a seconda tendenza cui desidero accennare è il sorgere di una letteratura sul nuovo modello o paradigma. Stiamo assistendo a un tentativo deliberato e cùsciente di costruire una nuova modalità di discorso. La Nuova Era è piena di teoria dei sistemi, ologrammi, campi morfogenetici, ecc. Siamo sollecitati ad avere una visione cibernetica della realtà, a considerare la vita e la natura come «flusso autorganizzato di informazioni». Molto di tutto ciò è importante, qualcosa può anche essere «vero», ma la domanda che vorrei porvi è questa: si tratta veramente di una rottura rispetto alla filosofia meccanicistica? La distanza tra Cartesio e, diciamo, Ludwig von Bertalanffy è davvero così grande? Non ne sono tanto sicuro. In entrambi i casi la Metapolitica, la visione del mondo, è disincarnata: la natura rimane in una nuvola di astrazione. La vita vista come «sistema» non è la vita effettivamente vissuta. La nuova visione cibernetica del mondo è ancora basata, come quella cartesiana, su una metafora di tipo meccanico. Nel caso di Cartesio si trattava di un orologio; in quello della Nuova Era di un computer. In ultima analisi stiamo parlando ancora della natura come di una macchina. Non fa differenza che un computer sia più sofisticato di un orologio. Mi pàre che si stia costituendo un nuovo «club», nel quale i nomi di David Bohm, Rupert Sheldrake e altri sostituiranno quelli di Bacone, Cartesio e Galileo. Direi che nella maggior parte dei casi non era loro intenzione che accadesse questo; in generale la mia impressione è che la maggior parte dei pensatori che propongono il nuovo paradigma non abbiano interesse a coltivare seguaci o a costituirsi in una nuova élite intellettuale. Tuttavia pare che ciò stia avvenendo; e se avviene davvero la domanda è: e allora? Cosa abbiamo realmente ottenuto sostituendo un'élite con un'altra? Forse la sfida vera consiste nel riuscire ad andare al di là dell'idea di club, gruppi intellettuali ristretti ed élites. [ ... ] A me sembra che possiamo vincere il gioco che stiamo giocando solo perdendolo. Dobbiamo m qualche modo andare al di là del paradigma: questa sarebbe vera Metapolitica, nel senso de I Ching, di discesa ai fondamenti stessi della vita. John Keats, in una lettera a un amico coniò l'espressione «capacità negativa», con la quale intendeva la capacità di tollerare l'ambiguità, di vivere in uno spazio di incertezza senza cercare continuamente e freneticamente risposte e spiegazioni. Installare un nuovo paradigma al posto del vecchio, inchiodando un nuovo sistema di credenze non appena quello precedente crolla, si dimostra, a distanza di secoli, un grosso errore. Lo abbiamo fatto in passato, perché farlo ancora? Mi sembra che oggi noi abbiamo un'opportunità veramente unica, quella cioè di guardare la natura del paradigma stesso, e questa è una scelta molto più stimolante da fare. Tempo fa lessi una poesia del matematico di Cambridge G. Spencer Brown, intitolata L'apertura, che esprime ciò di cui sto parlando: «Ogni cinquecento anni / si aprono i cancelli del cielo. / Solo un po' / solo un po' di luce / solo un po'/ solo quanto basta./ Presto / si richiuderanno. / Bong / Clang / Occasione perduta. / Ah, / altri cinquecento anni.» Non riesco a non avere la sensazione che se non riusciamo a far questo, se non riusciamo a guardare tra i mondi, ad esaminare lanatura stessa del paradigma, ad esaminare la natura del nostro disperato bisogno di spiegazioni e visioni del mondo globali, perderemo qualcosa di molto importante per il nostro sviluppo culturale. [ ... ]

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