11 sette dicembre 1986, Sant'Ambrogio, è destinato ad entrare nella storia dell'emittenza televisiva d'Italia. Era domenica, il sette dicembre, e Pippo Baudo si recava ospite al Buona domenica condotto da Maurizio Costanzo per Canale 5. Ma non è questo il motivo che fa di questo giorno un giorno speciale. Sant'Ambrogio coincide anche con la prima della Scala, di Milano. Quest'anno veniva rappresentato il Nabucco, diretto dal maestro Muti, e trasmesso in diretta su Rai 3. Il Nabucco è diviso in quattro parti, tutte con un loro bel titolo. Alla fine della terza parte il Tg 2 dava notizia della conclusione dell'opera e del grande successo personale ottenuto dal direttore Muti, sono state anche trasmesse le immagini della fine della rappresentazione. Naturalmente si trattava invece delle immagini che riguardavano la chiusura della terza parte, La profezia, e non già della quarta, L'idolo infranto. Ido!i da infrangere al Tg 2 non ve ne sono certopiù, tuttavia ci viene in mente quanto detto ad un Teleconfronto, manifestazione che ha luogo ogni anno a Chianciano, a proposito di un «buco» dei Tg d' Italia: la notizia della morte dello storico Carr. Moriva nello stesso giorno, fra gli altri, l'attore Jacques Tati la notizia del cui trapasso veniva comunicata dai telegiornali. Qualcuno allora cercò di ricostruire cosa era potuto accadere e si disse: «È possibile che il redattore del Tg abbia così ragionato: Tati lo conoscono in tanti, Carr i più non sanno chi sia, la sua morda quelli delle contestazioni violente del passato; rimozione di un futuro importato e imposto da altre culture, da altri continenti. Con la sola nostalgia del passato, queste spesso sono battaglie perdute.» Il 10 dicembre è il giorno della dimostrazione «finale» indetta a Parigi, dopo la vittoria sul governo e la morte di Malik Oussekine, al grido di «plus jamais ça». È la fine del «movimento dell'86». Se ne potrà riparlare nell'87. Si sveglia anche· il Corriere della Sera, che inalbera in prima pa~na il nome di Glucksmann, sotto il titolo Il potere in sala da pranzo. Poche banalità sul solito '68 e sulla televisione... «Per uno come me che ha vissuto il Sessantotto con le sue manifestazioni e le sue barricate - e che non è un pentito - ciò che colpisce di più è l'assenza di un legame con il movimento dei liceali e degli universitari di oggi. [... ] «Come si può definire questa gioventù? Si può fare un paragone solo con il movimento del 1984, quando scesero in piazza un milione di manifestanti per la scuola libera. Quel movimento aveva le stesse caratteristiche: obiettivi limitati, partecipazione di massa, protesta che si era estesa in tutta la Francia grazie alla televisione. «Non si tratta di movimenti animati da una nuova concezione del ~ mondo, non si sostituiscono alla -~ politica. Ecco perché il Potere è ~ stato colto di sorpresa. Ha creduto -. di .dover fronteggiare una forza I'-... ~ politica. Sia 1"84' che 1"86' rap- ...., presentano movimenti di autodife- -~ sa rispetto alla classe politica. Ri- §A tengo che sia una nuova forma di ~ democrazia dovuta alla televisio- ~ ne, anzi un'utilizzazione da parte ~ della popolazione del messaggio S audiovisivo. Abbiamo assistito a ~ ,,C) telemanifestazioni cui hanno ri- ~ 13 sposto telemobilitazioni. Il goverIndice della comunicazione Pesei misur1eV te risulterebbe essere una conoscenza tardiva ed inutile. La prima è una notizia la seconda non lo è». Ma ci si chiedeva anche: «E se invece il redattore del Tg ignorasse lui stesso chi fosse Carr?» E nel caso di Nabuccodonosor il redattore del Tg 2 che salutava il trionfo ottenuto dall'opera cosa sapeva e cosa non sapeva? Poteva persino sapere che l'opera doveva essere comunque un trionfo, perché così era stato deciso dal suo direttore, o dal suo mandatario politico, o da entrambi, o, assegnandoli una indipendenza di giudizio purtroppo incredibile, poteva essere stato lui stesso a decidere che quell'opera sarebbe stata un trionfo, ed era quindi perfettamente inutile aspettare la fine per comunicare quanto era già stato deciso in anticipo. Nonostante questa nostra tiriteranon è neppure questo il motivo per cui il sette dicembre è entrato nella storia della televisione di casa nostra. È perché quel giorno è iniziata la rilevazione ufficiale de~'ascolto di televisione attraverso il sistema dei Meter. Da quel giorno l'Auditel, la società creata dagli utenti e dalle agenzie di pubblicità, dalle reti televisive pubbliche e private, è autorizzata a diffondere dati sul- ['audience dei programmi. Il Meter, si sa, è una macchina elettronica collocata sopra il televisore e ad esso collegata. È in grado di inviare ogni secondo, tramite la rete telefonica, dei segnali ad un computer centrale. Questi segnali contengono informazioni circa il canale sul quale il televisore è sintonizzato e su no cercava gli organizzatori fra gli studenti. Ma non si accorgeva che . il vero leader era la televisione. Non è il 'pouvoir de la rue' che ha vinto, una specie di Comune di Parigi degli anni ottanta, ma il 'pouvoir de la salle à manger', il luogo di raccolta della famiglia all'ora del telegiornale.» Si scuote anche La Stampa, con un commento del corrispondente da Parigi, Barbara Spinelli, che torna sul tema Le rivolteimprevedibili. «Assai più interessante è capire come mai, con impressionante regolarit~, la classe politica francese è colta alla sprovvista da movimenti di massa che esplodono d'improvviso e in maniera inattesa, gravidi di un senso di rivolta così diffuso. Come mai queste croniche eruzioni, che nessun sociologo, nessun giornale sa pronosticare con lucidità, e in tempo utile? 'La Francia si annoia', lamentava il 5 marzo del 1968 Pierre Viansson-Ponté, sul quotidiano Le Monde. E raccontava come tutti si sentissero 'in pace, anestetizzati dal benessere e indifferenti al Vietnam come al Terzo Mondo', ad esclusione di 'qualche centinaio' di inquieti certo, ma muti. Appena un mese dopo fu il maggio rivoluzionario, e l'inizio della fine di De Gaulle. «Lo stesso destino toccò a Mitterrand, nel 1984, quando fu costretto a una subitanea ritirata sull'abolizione delle scuole private. «A ritmi costanti, in altre parole, i responsabili politici si mostrano distanti dalla società civile, incapaci di spiegarsela, scrutarla in' anticipo. [... ] «Questo è l'errore più madornale degli uomini di Chirac. La spoliticizzazione, e il neo-individualismo, essi lo hanno interpretato come rifiuto dello Stato protettore, come narcisistico- e indifferente - ripiego sulla vita privata. Come Index-Archivio critico dell'informazione quanti e quali membri della famiglia stanno guardando il programma. L'individuazione dei familiari è resa possibile dall'utilizzo del push-botton, una sorta di teleco- ·mando sul quale ciascun familiare ha assegnato lfn numero da schiacciare in caso di presenza davanti al teleschermo. Le famiglie con il Meter in casa sono in questa prima fase 633 e dovrebbero diventare 2.300 in primavera. Esse rappresentano poco più di diciotto milioni di famiglie itali;ne. È ovvio che il segreto sulle loro identità è fondamentale, ma naturalmente sono già arrivate telefonate ad una rivista specializzata per «vendere» i nomi delle famiglie di un'intera regione. Essendo quello televisivo non un reale regime di mercato ma una sua simulazione, come abbiamo visto nello scorso numero nella rubrica «Giornale dei giornali», ogni nucleo familiare in questa prima fase vale circa quattro miliardi, essendo 2.500 i miliardi previsti per la pubblicità in televisione nel 1987. È pensabile che una emittente televisiva voglia risultare la prima per ascolto e sia disposta per questo a «comperare» una o più famiglie. L'acquisto avrebbe un senso solo perché ci si trova in simulazione di un mercato. Esistono ad esempio delle ricerche di mercato che vengono realizzate misurando le vendite dei prodotti in alcuni negozi e supermercati campionati. Anche in questo caso vige il segreto, sul nome delle rivendite. Trattandosi però di un mercato reale alterare i dati non porterebbe alcun vantaggio alle vendite, che coappetito di liberalismo e americanizzazione. Nei giorni scorsi si sono accorti che ·tutti i loro calcoli erano sbagliati. Che l'individualismo aveva immalinconito la gente, che il bisogno di convivialità (e di uno Stato morale) era tanto più forte.» Non saremo noi a stupirci se, a cose fatte, si aprissero le cataratte dei commentifici nazionali. Ad oggi, non abbiamo altro da segnalare, se non un secondo articolo di Bernardo Valli (La Repubblica, 11 dicembre) che ricalca nella sostanza le orme del primo. Qualche osservazione ulteriore può essere fatta a proposito dei quotidiani economici. Già il 6 dicembre, sia Il Sole 24 Ore (Glistudenti tra Barre e Chirac) sia Italia Oggi pubblicavano editoriali sulla situazione francese. ItaliaOggi è poi tornato a più riprese sull'argomento con «opinioni» non banali. L'editoriale del 6 dicembre era eloquente e secco fin dal titolo, Con gli studenti contro la scuola. Eccone alcuni brani. «Gli studenti hanno ragione. La protesta si fonda su una valutazione corretta delle condizioni generali in cui versa la scuola (basta parlare con chi nelle imprese si occupa della selezione del personale giovane) ed è alimentata da una contraddizione evidente. Da una parte infatti prosegue inesorabile il degrado dell'istruzione media man mano che si allarga la scuola dell'obbligo. Dall'altra si pretende di compiere una improvvisa e dura selezione nell'università. [... ] «Il risultato è che la disoccupazione, che ha raggiunto nella Cee il livello più alto del dopoguerra, colpisce particolarmente i giovani alla ricerca della prima occupazione. Non c'è da stupirsi che prima di trovarsi isolati e frustrati al termine degli studi cerchino di fare pressione tutti insieme nelle piazze per ottenere qualche garanzia munque resterebbero le stesse qualunque dato risulti dalla ricerca. Se una industria vuole aumentare gli introiti che gli provengono dalla vendita di biscotti è perfettamente inutile che alteri i dati delle ricerche sulla vendita dei biscotti stessi. Invece se una emittente volesse incassare più danaro dalla pubblicità, alterare i dati di ricerca le risulterebbe utile, perché l'industria televisiva non agisce in regime di mercato ma nella sua simulazione. In tutte le ricerche di questo genere il consumatore è comunque considerato una preziosa fonte di informazione. I suoi acquisti o le sue scelte televisive sono necessarie alle imprese per un ritorno di informazione sui loro stessi prodotti, tuttavia questo utilizzo del consumatore quale informatore raramente si risolve a suo vantaggio. Non si modifica cioè il prodotto, se non va, lo si fa molto di rado, ma si cerca di convincere il consumatore che quel prodotto va bene. Per far questo è necessario conoscere bene il consumatore, ed ecco che vengono spesi miliardi per sapere tutto di lui. Dove abita, Nord, Sud, Centro o isole? Grandi centri o piccole città? È colto, laureato o ha la licenza media? Che mestiere fa? E via dicendo per centinaia di sotto ripartizioni, ognuna delle quali viene riempita con dei dati, tot nordisti, tot sudisti, tot laureati, ecc. Le più recenti teorie si spingono sino a cercare di conoscere ed individuare l'immaginario del consumatore. Lo scopo è lo stesso: aggredirlo con richiami che gli sollecitino nuovi di un futuro meno precario. Forse è questo il filo conduttore che unisce gli studenti italiani a quelli francesi. Non è genericamente ideologico come nel 1968 quando perseguivano una non meglio precisata società migliore. Non è nemmeno limitato a scopi più pratici come entrare in una università dove c'è il numero chiuso o ottenere qualche aula in più. È una battaglia di valori sul significato della scuola e dell'insegnamento, sulla necessità di offrire a tutti un servizio efficace e sbocchi uguali per tutti, in linea con un criterio di equità sociale ormai largamente condiviso.» Il quotidiano della City londinese, Financial Times, ha pubblicato un lungo ed accurato articolo di analisi del corrispondente da Parigi ( A successionof blundersby government, 8 dicembre), nel quale si metteva impietosamente in luce la «sequenza di errori grossolani del governo» di Chirac. L'editoriale del giorno dopo (Cbiracgives up bis bili) rincarava la dose. Caratteristico della linea reaganiana è l'editoriale del Wall Street Journal, anch'esso del 9 dicembre, Lessons for France. «La cosa da ricordare circa le manifestazioni studentesche che sono esplose in Francia così drammaticamente è che c'è un legame possibile fra i problemi che investono gli studenti e i problemi che investono il resto della nazione. Il modo di risolvere tali problemi non è quello di battere in ritirata sulla riforma del sistema universitario che il governo di destra di Chirac ha proposto originalmente. La risposta è quelFélixLabisse Il Re e la Strega, disegnoinedito consumi e lo convincano della soddisfazione che può procurargli tal prodotto. Il prodotto in sé diventa assolutamente insignificante. Arthur Nielsen Jr. ha raccontato al recente Congresso dellapubblicità di una margarina che viene venduta con quattro nomi diversi, quattro prezzi diversi e realizza quattro campagne pubblicitarie diverse, ognuna per un target di consumatori diverso. La televisione, e gli altri mezzi di comunicazione di massa, vendono i propri consumatori ai produttori di altri beni che li considerano anche dei loro consumatori, reali o potenziali. Il sistema televisivo italiano, già eccentrico rispetto ai sistemi degli altri paesi, sta diventando sempre più anomalo. Il gruppo chepossiede le uniche tre reti nazionali private sta infatti acquisendo anche il controllo tecnico-gestionale del network Euro Tv. Il che significa che controllerà la pubblicità e la programmazione nazionali anche di questo gruppo di emittenti. E sarà un caso unico al mondo. Se poi si aggiungeche il più probabile futuro direttore della rete due della Rai è l'attuale direttore del quotidiano L'Avanti! avremo uno stesso gruppo d'interesse in grado di controllare i programmi di cinque reti nazionali. E qui entriamo nello straordinario, nella magia del made in Italy. A quel punto infatti sarebbe persino possibile avere delle reti tv specializzate, come delle riviste di settore, adatte ciascuna àd un target specifico. In linea con quelle che sono oggi considerate le esigenze degli utenti pubblicitari.. la di spingere per un ampio programma 'dal lato dell'offerta' (supply side) disegnato per rimettere in piedi l'economia della Francia. Anni di politiche stataliste e socialiste - continua l'editoriale - hanno lasciato la Francia con un impressionante tasso di disoccupazione del 10,5% - escludendo la disoccupazione mascherata dal sistema universitario... Misure radicali per ridurre le aliquote fiscali 'marginali' e per denazionalizzare le attività economiche, ponendo fine anche al controllo dei cambi - tutto ciò farebbe di più per gli studenti che le contestate riforme universitarie. Chirac potrebbe cominciare ad attraversare il guado intervenendo nel dibattito delle università e spiegando la diretta correlazione emergente fra tasse elevate ed elevata disoccupazione. «Questa storia - conclude The Wall Street Journal - va al di là della Francia; ed ecco perché la rivolta si è estesa a Francoforte e a Milano. La disoccupazione in Germania ed in Italia è del 9,2% e del 12,7%; nessuna delle due cifre è scesa nell'ultimo anno».
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