Alfabeta - anno IX - n. 103 - dicembre 1987

pagina 26 , armi e sapere -, si trovano cooriginariamente congiunti in un'unica forza capace di lasciare la propria impronta. Il che vuol dire: la volontà essenziale del corpo insegnante deve destarsi e giungere alla semplicità e ampiezza che sono proprie dell'essenza della scienza. La volontà essenziale del corpo studentesco deve obbligare se stesso alla suprema chiarezza e disciplina del sapere e deve introdurre la scienza che riguarda il popolo e il suo stato nell'essenza della scienza. L'una e l'altra volontà devono porsi in lotta. Ogni capacità della volontà o del pensiero, tutte le forze del cuore ·e tutte le facoltà del corpo devono svilupparsi mediante la lotta, accrescersi nella lotta e perseverare come lotta. Abbiamo scelto la lotta consapevole di chi pone intenogativi e con Cari von Clausewitz affermiamo: «Io mi considero libero dalla irresponsabile speranza in una salvezza proveniente dal caso». Ma la comunità in lotta di professori e studenti può mutare radicalmente l'università tedesca facendone la sede della legislazione spirituale e può realizzare in essa il cuore in cui nel modo più risoluto si raccoglie il servizio supremo che si deve al popolo e allo stato, solo se studenti e professori si mettono in ordine di marcia con maggior semplicità, rigore Materiali e sobrietà di tutti i loro compatrioti. Chi ha la responsabilità di capo deve dare la propria forza a chi è chiamato a seguirlo. Ma l'essere al seguito comporta la resistenza e l'opposizione. Questo contrasto essenziale che investe capi e seguaci non deve né venir cancellato né scomparire. Solo la lotta tiene aperto il contrasto e radica nell'intero corpo di studenti e professori quella disposizione fondamentale a partire da cui l'autoaffermazione che assegna a sé i propri limiti, potenzia la decisa autoriflessione fino a farne genuina autonomia. Vogliamo o no !',essenza dell'Università tedesca? Dipende essenzialmente da noi se e come impegnare radicalmente e non casualmente le nostre forze per l'autoriflessione e l'autoaffermazione - oppure pur con le migliori intenzioni ci limitiamo soltanto a mutare vecchi e superati indirizzi e a introdurne di nuovi. Nessuno può impedirci di fare ciò. Ma nessuno ci interpellerà: «lo voleto o no?», quando la forza spirituale dell'occidente precipiterà verso il fallimento, crollerà nelle sue strutture e una moribonda cultura stramazzerà al suolo e spingerà tutte le forze nella confusione e le lascerà cadere nella follia. Che ciò possa accadere o meno dipende dalla nostra vo- ., Alfa beta I 03 lontà, dal nostro volere· noi stessi ancora e di nuovo come popolo storico spirituale - oppure dal nostro non volerlo-. Ognuno di noi nella sua singolarità e individualità irripetibile decide su ciò, anche quando e proprio quando evita di decidere, allorché si ritrae di fronte a questa decisione. Ma noi vogliamo che il nostro popolo compia per intero la sua missione storica. Noi vogliamo noi stessi. Così ha già deciso la giovane e giovanissima forza del popolo che si muove e che si è p9sta in cammino al di sopra di ognuno di noi. Ma comprenderemo interamente la nobiltà e la grandezza di questa riscossa allorché e solo allorché avremo iscritto nei nostri cuori quella profonda e ampia riflessione da cui l'antica saggezza greca trasse la sentenza: 1:à ... µEyaÀ.a navrn ÈmocpaÀ.i.j.. Tutto ciò che è grande ... è nella tempesta. (Platone, Politeia 479 d,9) Traduzione dal tedesco di Carlo Angelino Da: <<Il rettorato 1933-1934>> e iò che mi determinò all'assunzione del rettorato può essere[ ... ] riassunto in tre punti: 1) Io vidi allora nel movimento giunto al potere, la possibilità di una più intima unità e di un più profondo rinnovamento del popolo, una via per trovare la propria destinazione nella storia come popolo dell'Occidente. Credetti che l'università, rinnovandosi, potesse essere chiamata ad operare e ad agire per l'unità più profonda del popolo in modo determinante ed esemplare. 2) Perciò vidi nell'assunzione del rettorato una possibilità di guidare tutte le forze potenziali - indipendentemente dalla loro appartenenza al partito e dalla dottrina stessa del partito - nel processo di riflessione e di rinnovamento, rafforzandone e assicurandone l'influenza. 3) In questo modo mi cullai nella speranza di poter contrastare l'avanzata di personalità inadatte e .la minacciosa supremazia dell'apparato e della dottrina del partito. È un fattù che fin da allora molte cose di nessun conto e del tutto improprie, molto veleno e molta invidia tendevano a favorire quanto si oppone all'essenza. Ma ciò fu per me, alla luce della situazione globale in cui versava il nostro popolo, una ragione di più per far rientrare nel gioco le forze potenzialmente presenti in senso positivo e le finalità essenziali. Certo sarebbe stato più comodo mettersi da parte, arricciare il naso su questa «gente impossibile» e lodare il passato senza curarsi della situazione storica dell'Occidente. Posso chiarire tale situazione con un ricordo. Nel 1930 era comparso il saggio di E. Jiinger sulla Mobilitazione totale; vi si preannunciavano i tratti fondamentali del libro del 1932 Der Arbeiter (Il milite del lavoro). Discussi quegli scritti con il mio assistente Brock in un circolo ristretto e cercai di dimostrare come in essi fosse espressa un'essenziale comprensione della metafisica nietzscheana e come nell'orizzonte di tale metafisica venissero visti e prefigurati la storia e il presente dell'Occidente. Alla luce di quegli scritti e, in modo ancor più essenziale, alla luce dei principi che ne sono alla base cercammo di cogliere ciò che era sul punto di affacciarsi sull'orizzonte della nostra storia, cercammo cioè di confrontarci con esso. Molti altri hanno letto in quegli anni quei libri; ma al pari di altre cose di grande interesse, si è preferito metterli da parte; non li si è compresi nella loro autentica portata. Nel semestre invernale 1939-40 ho commentato -ancora una volta il 2° volume di Jiinger in modo parziale.e con un gruppo di colleghi ho potuto verificare come le idee fondamentali non fossero generalmente comprese; del resto tali sarebbero rimaste fintantoché non fossero convalidate da «i fatti». Ciò che Ernest Jiinger pensa dei concetti della signoria e della forma del milite del lavoro, ciò che intravvede alla luce di tali idee, è nient'altro che il dominio universale della volontà di potenza nella storia, vista quest'ultima in una prospettiva planetaria. E a tale realtà va oggi ricondotto tutto - lo si chiami comunismo o fascismo o democrazia universale. A partire dalla realtà effettiva della volontà di potenza vidi già allora ciò che essa è. Si può anche esprimere questa realtà della volontà di potenza con l'affermazione di Nietzsche: «Dio è morto». Introdussi questa sentenza nel mio discorso di rettorato per ragioni essenziali. Non ha nulla a che fare con la tesi propria di un ateismo corrente ..Significa: Martin Heidegger il mondo soprannaturale, segnatamente il mondo del dio cristiano, ha perso la sua forza nella storia. Se le cose non fossero state così, come sarebbe stata possibile la prima guerra mondiale? E a maggior ragione la seconda? Non era questo un motivo sufficiente e una necessità essenziale per incamminarci con il pensiero in direzione di una più originaria riflessione sul superamento della metafisica della volontà di potenza? Vale a dire per iniziare un confronto con il pensiero occidentale sulla base di un ritorno alle sue origini. Non era questo un motivo sufficiente e una necessità essenziale per cercare di trovare una sede in vista di tale meditazione sullo spirito dell'Occidente presso i tedeschi? E di mettere in campo perciò la sede più propria del sapere e della conoscenza - l'università tedesca [... ]. [... ] Il discorso non venne compreso da coloro cui era rivolto, né nel suo contenuto, né in relazione a quanto vi era Adelphi ~ Premio Nobel 1987 per la letteratura IOSIF BRODSKIJ Il canto del pendolo Traduzione di Gilberto Forti « Biblioteca Adelphi ", pp. 250 Fuga da Bisanzio Traduzione di Gilberto Forti « Biblioteca Adelphi ", pp. 244 Poesie A cura di Giovanni Buttafava « Biblioteca Adelphi ", pp. 224 * * KAREN BLIXEN Lettere dall'Africa 1914-1931 A cura di Frans Lasson « Biblioteca Adelphi "• pp. 487, con 76 fotografie in bianco e nero ELIAS CANETTI Il cuore segreto dell'orologio Quaderni di appunti 1973-1975 « Biblioteca Adelphi ", pp. 200 HENRY-PIERRE ROCHÉ Jules e Jim A cura di Ena Marchi « Biblioteca Adelphi ", pp. 246 JOSEPH ROTH La marcia di Radetzky « Biblioteca Adelphi ", pp. 420 affermato: il criterio cui mi sarei rifatto nelle mie decisioni per distinguere ciò che è essenziale, ciò che lo è meno, ciò che non lo è del tutto. Tanto meno il mio discorso venne compreso dal partito e dalle autorità competenti e quindi il mio atteggiamento; al contrario venne inteso come se annunciasse un atteggiamento di opposizione. Il ministro Wacker nello stesso giorno dopo il pranzo di rettorato mi comunicò la sua «impressione» sul discorso che aveva ascoltato. 1) Che io avevo espresso una mia visione privata del nazionalsocialismo che fraintende le prospettive programmatiche del partito. 2) Che non vi era traccia in tutto il discorso dell'idea di razza. 3) Di non poter condividere il rifiuto dell'idea di scienza politica, anche se era disposto ad ammettere che tale idea non era ancora sufficientemente fondata. Questa presa di posizione del ministro non fu senza con- ·seguenza in quanto venne comunicata a personalità del partito, all'allora capo degli studenti Scheel e ai docenti di medicina dottori Stein e Krieck dell'università di Francoforte. Costoro da tempo spadroneggiavano nel ministero del culto a Karlsruhe e avevano in loro potere il consigliere ministeriale addetto all'istruzione superiore Fehrle, un uomo debole, inadatto, facilmente influenzabile. [... ]. [... ] Quanto ho raccontato fu solo la prima avvisaglia di una situazione che divenne sempre più chiara nel corso dell'anno: i più diversi gruppi politici e le più varie leghe di interessi avevano libero accesso in università accampando pretese e privilegi; il ministero svolgeva quasi un ruolo secondario ed era inoltre impegnato a difendere la propria autonomia minacciata da Berlino. Ovunque si svolgevano lotte di potere i cui protagonisti erano interessati all'università solo in quanto rappresentava un centro organizzato nel quale corpo studentesco e corpo docente costituivano un fattore di forza. Oltre a ciò gli ordini professionali dei medici, dei giudici e degli insegnanti avanzarono le loro richieste politiche, pretendevano che venissero allontanati i professori che non gradivano. Questa atmosfera di caos dominava su tutto e non offriva possibilità alcuna di dedicarmi ai cbmpiti che unicamente erano miei e per i quali avevo assunto l'ufficio di rettore; e neppure mi era consentito di farli conoscere. Essi erano la riflessione sull'essenza dell'attività scientifica e sull'essenza dell'insegnare. Il semestre estivo passò e fu speso interamente in problemi istituzionali e personali. L'unica cosa che, se pur solo in senso negativo, diede un qualche frutto consistette nell'irppegno a limitare questa azione che minacciav·a di estendersi al di là dei suoi fini e limiti, e nella possibilità di impedire ingiustizie e danni all'università e ai colleghi. Questa pura e semplice azione di difesa non venne alla luce in tutti i suoi sforzi né ritenni necessario farne parola. Colleghi benemeriti della facoltà giuridica, di medicina e di scienze naturali rimasero sorpresi, quando vennero a sapere cosa allora sarebbe stato loro riservato senza il mio intervento. Nelle prime settimane della mia attività mi venne riferito che il ministro assegnava grande importanza al fatto che i rettori entrassero nel partito. Un giorno vennero a farmi visita in rettorato il dirigente locale del partito Dottor Kerber e altri del suo ufficio per invitarmi ad aderire al partito. Solo nell'interesse dell'Università che non aveva alcun peso nel gioco delle forze politiche, io, che prima non avevo mai aderito ad alcun partito, accolsi quell'invito, ma feci anche ciò alla condizione chiaramente espressa e riconosciuta che per quanto riguardava la mia persona, escluso l'ufficio di rettore, non avrei assunto alcun incarico di partito né avrei esercitato una qualche attività. A questa ·condizione mi sono attenuto, cosa che non fu difficile in quanto dopo le mie dimissioni dal rettorato nel fébbrafo -Ì934 fui considerato politicamente infido e di anno in anno sorvegliato in misura crescente [... ] . Traduzione dal tedesco di Carlo Angelino

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