Alfabeta - anno IX - n. 103 - dicembre 1987

Alfa beta 103 L a recente pubblicazione di una ricerca sulle responsabilità politiche di Heidegger durante il nazismo (Victor Farias, Heidegger et le nazisme, Verdier, Paris, 1987) ha suscitato, soprattutto in Francia e in Italia, vivaci dibattiti non solo sulla legittimità dell'opera del grande filosofo, ma anche sull'opportunità di richiamarsi al suo insegnamento. Al di là delle polemiche, non sempre documentate e pertinenti, sul caso specifico, è chiaro che queste discussioni investono un prpblema capitale della nostra cultura, il difficile nesso filosofia-politica. Per contri/JUirea una riflessione più articolata sull'intera questione, «Alfabeta» ha ritenuto opportuno pubblicare un ampio stralcio del documento che costituisce l'autentica pietra dello scandalo, e cioè il famoso discorso con cui Heidegger assunse il rettorato dell'Università di Friburgo, il Materiali Intorno al tavolo oso Alessandro Dal lago, Umberto Galimberti, Alfredo Marini, Pier Aldo Rovatti 27 maggio 1933 (Die Selbstbehauptung der deutschen Universitat), e alcuni passi del Poscritto del 1945 in cui Heidegger interpreta il suo passato politico. Entrambi i documenti sono ora in corso di stampa, a cura di C. Angelino, presso «il me/angolo» di Genova, a cui vanno i nostri ringraziamenti per avere acconsentito ali'anticipazione. Abbiamo inoltre riportato un brano significativo del libro di Victor Farias, che contiene le sue tesi più importanti. Infine, abbiamo invitato a discutere il caso Heidegger e le sue implicazioni filosofiche Alessandro Dal Lago, Umberto Galimberti, Pier Aldo Rovatti e Alfredo Marini, il quale ha curato l'edizione italiana dell'intervista di Martin Heidegger a « Der Spiegel» del 23 settembre 1976 (Ormai solo un Dio ci può salvare, Parma, Guanda, 1987). Dal Lago. Dai dibattiti e dagli ~~~~~' '~,> . ~~ .,·1,·· J ~ .,,..-,;··· ~, ... ~ ..... ,,., • " l I •• ♦ .·•·. .,· ; ,,. r;::::;:, , .... '--:::::.> . . ' .. -_;':'.·~ --@ ·,:•.';.~ ,Il'• I,::; o• • interventi recenti sul «caso Heidegger» (il libro di Victor Farias su Heidegger e il nazismo, il saggio su Heidegger nella raccolta di Habermas, Il discorso filosofico della modernità, il saggio di Derrida, De l'esprit) e anche dai numerosi interventi su quotidiani e periodici emergono, a mio avviso, due interrogativi di fondo: uno legato specificamente alla questione della «colpa» di Heidegger, e l'altro a un certo stile della storiografia filosofica, che sembra ormai obsoleto. Il primo quesito è: la filosofia di Heidegger prima della cosiddetta Kehre, e cioè quella che ha il suo culmine in Essere e tempo e la sua più interessante espressione «politica» nel Discorso di rettorato, ha avuto qualche effetto sulla cultura di destra in generale e sul nazionalsocialismo in particolare? Evidentemente, questa domanda riguarda una serie di autori, non solo filosofi, che negli anni venti e trenta hanno dimostrato simpatia per il nazismo o vi hanno aderito esplicitamente. Penso, ad esempio, a Gottfried Benn, Cari Schmitt, Ernst Jiinger, e anche a Jung. In·breve, dobbiamo ritenere le opere di questi autori, e in particolare di Heidegger, capaci di influire direttamente sulla loro epoca? Il secondo quesito è: con che tipo di sguardo storico-filosofico ci accostiamo a queste compromissioni di grandi pensatori o scrittori con il nazismo? Crediamo ancora che esista un rapporto di implicazione diretta tra la loro opera e il nazismo, come pensava Lukacs negli anni cinquanta? Possiamo ancora applicare a questi autori l'etichetta di «irrazionalismo politico» - ciò che implica un giudizio preciso sulla loro responsabilità pubblica? Anche se può sembrare un po' azzardato, io risponderei negati- • pagina 21 vamente ad entrambe le domande. Non credo che la filosofia di Heidegger, in quanto tale, abbia avuto qualche influenza sul nazismo, e non credo che si possa utilizzare più lo stile storiografico accusatorio che mette in diretta relazione un tipo di pensiero e un certo sviluppo politico. Per quanto riguarda il primo punto, mi sembra che lo stesso Farias sottolinei la sostanziale emarginazione di Heidegger a partire dal 1934 (indipendentemente dal fatto, inconfutabile, che egli mantenesse legami ufficiali con il partito e che si «sentisse» nazista fino alla fine della guerra, e oltre - come sostiene Farias). Francamente, la seconda questione mi sembra ben più importante, da un punto di vista filosofico o di storia della cultura. pra, è abbastanza evidente che alcuni concetti che oggi vengono imputati a Heidegger come sintomi di

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