Alfabeta - anno IX - n. 103 - dicembre 1987

Alfabeta 103 Forma I a Darmstadt Gabriella Di Milia I n occasione dei quarant'anni del gruppo Forma I, il Museo Mathildenhohe di Darmstadt, diretto da Bernd Krimmel, ha inaugurato il 6 dicembre, una mostra costituita da sei personali dedicate rispettivamente a Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato. Nel lontano marzo 1947questi artisti si presentarono a Roma con la rivista «Forma I», in cui figura, tra l'altro, il loro manifesto, dichiarando la determinazione a rilevare le esperienze formali delle avanguardie storiche europee con rinnovato spirito critico. Anche se il gruppo non durò a lungo, nel febbraio 1951 la sua attività può considerarsi cessata, in realtà rimase in ognuno dei suoi componenti un nucleo di intenti comuni ancora oggi individuabili. Il segno di Carla Accardi, è espressione intima, «emanazione luminosa». Non è mai esplosione casuale come in esperienze-limite dell'action painting americana: è qualcosa che si rivela in modo controllato. La compenetrazione fra conscio e inconscio, nel caso del1A' ccardi, fa pensare per analogia al modo in cui si configurano le immagini ipnagogiche. La coscienza, dinanzi alle macchie endottiche, di colore e luminosità variabile, è portata a vedere determinate forme perché in realtà le cerca. I barlumi endottici sono forme deboli, per essere messi a fuoco dall'occhio devono acquisire contorni, costituiscono perciò principi di fascinazione che per volontà di chi guarda assumono aspetto di arabeschi. Presi in una specie di vortice, i fosfeni si muovono ai margini: sotto, sopra, a destra, a sinistra, mai, almeno all'inizio, al centro del campo visivo. Proprio come i grovigli in bianco e nero di Duello interrotto (1954) o di Grande integrazione (1957). All'inizio degli anni sessanta, tra i segni disposti in successione, il fondo viene man mano annullato, divenendo segno esso stesso. Questo ha portato l'artista a usare colori timbrici e contrastanti, calibrati con l'attitudine vibrante erotante degli inseguimenti alternati (Rossoviola, 1963, Come un prato, 1963). Nel 1966 il tratto, divenuto quasi lineare, viene applicato ripetitivamente su una superficie trasparente, il sicofoil, che delimita grandi e piccoli oggetti mobili. La Tenda (1966) allude alla possibilità di avvolgere e seguire il corpo nei suoi spostamenti ma nella sua trasparenza espone anche al mutamento del mondo, esprimendo una tendenza alla cultura nomade tipica dell'Arte Povera. In opere di Antonio Sanfilippo come Metropoli o Traffico, del 1953, l'affollarsi caotico di tracciati su tutta la superficie della tela, elimina la percezione dello spazio, richiamando alla nostra mente quell'attitudine a perdersi nel cosmo che Sartre descrive come èondizione esistenziale in L'essere e il nulla. Negli anni sessanta, l'affiorare Cfr e del vuoto determina un principio di ambiguità: non si sa se la zona priva di segni costituisca una descrizione statica, rispetto all'addensarsi dinamico della miriade di pennellate, oppure se la superficie bianca non costituisca un dilagare sottrattivo che si oppone al costituirsi di assembramenti. Nello stesso tempo, le isole pittoriche composte da corpuscoli frantumati non danno l'impressione, a ben guardare, di un convergere, ma di essere una materia nell'atto di dissolversi. Le disseminazioni ocra, arancio, verdi, grige di Sanfilippo, benché gremite, conservano una leggerezza e un fermento tali da sospingere fuori dal nucleo segni sporadici che sembrano prendere improvvisamente il volo ( Ocra arancio, 1966, Estensione blu grigio, 1966). In Linea-punti del 1970, l'ultima opera che l'artista ci ha lasciato, un'infinità di punti formano una galassia dentro un ordine di massima intensità. Sanfilippo cercava di avvicinarsi a un probabile centro da cui forse ripartire in senso inverso. In Viaggio nel cuore delle cose ostre Nei quadri del 1967-68compare una geometria deformata che altro non è che la proiezione mentale di figure solide scompaginate 3. illogiche nel disfacimento della loro tridimensionalità. Queste bizzarre costruzioni lineari, sempre in bilico, come imbrigliate in un solo punto, sembrano riprodursi all'infinito per una intima esigenza di proliferazione formale, sorretta da un colore terso e contrastante, di una artificialità parallela alla logica strutturale dell'invenzione geometrica (La pelle del computer, 1968, Rag-time, 1982). L'impasto pittorico di Arcipelago di Turcato (1953 c.), benché secco e opaco, assume attraverso una procedura di diluizione luminosa, un senso di dilatazione che allude ad uno spazio privo di quelle coordinate che l'abitudine ci induce a cercare. Il chiarore ottenuto sprigiona una forza più eversiva della luce perché ha la proprietà di diffondersi oltre il campo in cui si posa lo sguardo. In Astronomica (1959) Turcato usa per la prima volta il vinavil, per aggregare al colore una sostanza grezza che dia Un testoda.Iraro f ascin.o S~rieilistrqheeilis~riti, infernali, di provvedimenti / e di pazzie durante / la restilenza /,. de 1630. terza edizione Federico Borromeo LAPESTE DIMILANO a cura di Armando Torno RUSCONI (1958) o in Grande Eva (1958), il segno di Achille Perilli, sovrapponendosi alla volontà stessa dell'autore, sembra tracciato da un improvviso cedere della mano, dal graffio incerto di un chiodo. Perilli si propone di investire tutta la realtà dell'esistente nell'impronta più semplice, nella striscia più elementare. Per sfuggire ai mezzi tradizionali della forma-colore, riduce al minimo ogni tramite: ricava un'immagine da un filamento, una traccia di fessura. L'agile grafia non si delinea però autonomamente, si unisce al fondo intensificando le screpolature e la granulosità della materia. La rappresentazione nasce per improvvisi sbalzi e illogiche riprese, quasi per ritorni ossessivi della memoria. Verso il 1960grafismi grotteschi ed esagitati sono racchiusi da Perilli in riquadri geometrici, quasi l'artista volesse dominare i «mostri» dell'inconscio con la ragione, mediante un'elaborazione attenta dello spazio. Tuttavia questa nuova scansione temporale-spaziale non risulta affatto riduttiva, perché stabilita con assoluta libertà immaginativa. ricchezza di vibrazioni alla superficie. Sia che usi collanti plastici, sia che usi sabbie, l'artista considera il supporto come elemento neutro che nell'unione con una determinata tinta ne esalta una qualità cromatica nuova e insospettata. Nella serie di Superfici lunari del 1964-68, un materiale screditato come la gommapiuma crea la meraviglia di gradazioni soffici che la scabrosità anima di vita segreta. Del resto anche gli oggetti concreti che egli inserisce nella pittura, i soldi o le pasticche del Lenzuolo di San Rocco (1960) o di Tranquillanti per il mondo (1961), perdono il loro senso comune per diventare, all'interno del quadro, stupore cromatico, notazione ironica, grottesca. Con i Colloqui del 1952, Consagra introduce nella scultura il tema della frontalità. In Omaggio a Paisiello (1955) o Colloquio notturno (1957) le forme, disposte le une accanto alle altre, in una alternanza di pieni e di vuoti, si pongono come veri e propri schermi che evitano ogni altro percorso allo sguardo. Le zone aperte non attraversano la scultura, sono allo stespagina 19 so livello delle lamine dando il senso di uno spazio ulteriore che si è insinuato. Le immagini, tutte concentrate in superficie, nei tagli netti, nelle ondulazioni e nelle abra·sioni della materia, risultano lontane dalla geometria e dal mondo organico stabilendo piuttosto un rapporto ideale con la vitalità e l'emozionalità dei gesti. Nel 1964, nella serie di Ferri trasparenti, Piani appesi, Ferri girevoli, gli elementi compositivi, alleggeriti in una aerea traforatura, sono ricoperti dal colore. Consagra considera il colore come fattore primario che interferisce con la struttura, stemperando, con l'apporto fantastico di questo elemento, la tensione connessa alla pèrsistenza della posizione frontale. Nel 1968, in America, Consagra affronta il nuovo tema dello spessore, realizzando la scultura più sottile possibile, la Sottilissima. Contemporaneamente, proponendo la struttura più spessa possibile, progetta l'edificio della Città frontale, un complesso curvilineo e trasparente che si contrappone alle quadrature funzionali dell'architettura contemporanea. L'au~ mento dello spessore raddoppia, nell'opera dello scultore, il punto di vista portando alla bifrontalità e all'uso di un nuovo materiale, il marmo. Dorazio intende la percezione visiva come un'attività cosciente della mente che tende a sviluppare la nostra capacità di valutazione estetica dei fenomeni. In Primo viaggio I (1961) l'artista traccia con il pennello segmentazioni di colore, intrecciate e sovrapposte in modo da formare una fitta rete spaziale. La miscela di rossi, gialli, verdi, formando una ricca vibrazione cromatica tendente al verde, cattura l'occhio stimolando a distinguere i toni chiari e scuri, i timbri tenui e squillanti. Nello stesso tempo la tela viene a rappresentare un pezzo di trama che si ripete uguale a se stessa, all'infinito, ma che ci viene proposta conclusa nel margine stabilito dal quadro. Nel 1963 Dorazio allarga la maglia della sua pittura. Il dipinto perde il senso di profondità atmosferica, la superficie, che prima risultava come vaP,Orizzata, assume maggiore concretezza. In Cercando la Magliana (1964), l'intreccio è staccato dai margini per evidenziare come è fatto il quadro. L'importanza sempre attribuita al processo visivo preannuncia l'arte cinetica e visuale, anche se Dorazio si tiene lontano da questo movimento rifiutando l'esercitazione gestaltica da laboratorio e la moltiplicazione. A partire dal 1965Dorazio libera le strisce dal tessuto uniforme, dando loro il valore primario di puri elementi di colore. Si tratta di limpide gamme cromatiche di ordine euforico in cui il processo creativo risulta squisitamente formale anzi funzionalizzato alla realizzazione di strutture di massa-colore (Senza bleu, 1967, Tira e molla, 1966). Forma I 1947-1987 Darmstadt, Museo Mathildenhohe, 6 dicembre 1987 - 31 gennaio 1988 collana "Quaderni di Humanitas" Laura Ghidini Dialogo con Emmanuel Lévinas La saggezza del filosofo lituano attinge dalle sue radici ebraiche e dalla memoria dell'Olocausto la forza per un pensiero eticamente responsabile pp. 109, L. 12.000 della stessa collana presso la Morcelliana: AA.W. Karl Jaspers e la critica Con una bibliografia internazionale a cura di Giorgio Penzo pp. 160, L. 15.000 AA.W. Karl Jaspers Filosofia-ScienzaTeologia A cura di Giorgio Penzo pp. 240, L. 10.000 AA.W. Tradurre la Bibbia • per il popolo di Dio A cura e con prefazione di Pietro Rossano - • pp. 128, L. 12.000 Morcelliana V1d G Rosa 71 25121 Br.·sc,,i BIBI.JOTECA CAPPEW JAKOBSON, V BAIJTHES, MUKAROVSKY, ECO A RAPPORTO -- LucianoNanni CONTRDAOGMATICOS saggidi estetica pp. 296; L. 26.000 1111111111111111111111111111111 PietroBellasi IL PAESAGGIMOANCANTE secondeadizione pp. 208; L. 23.000 JeanBaudrillard DELLASEDUZIONE pp. 264;L. 19.000 1111111111111111111111111111111 CAPPELLEIDITOR

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==