Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

I pagina6 za dalla definizione aristotelica: «[... ] attraverso la compassione e il timore mira a liberare da passioni siffatte». La tesi di Lacan è che questi sentimenti agiscano - nel Coro con cui lo spettatore si identifica - in un momento preciso e centrale dell'azione tragica. Il momento per cui la tragedia è costruita e verso cui l'azione precipita. Allora si compie il destino dell'eroe e si produce la catarsi, scioglimento del dramma e purificazione. Per chi è la compassione? Per che cosa il timore? Ecco il punto: intorno all'oggetto di «compassione e timore» ruota l'azione. L'oggetto è un'immagine. Non Antigone, ma la sua immagine in un momento preciso della tragedia, quello verso cui precipita il dramma insieme alla sua eroina. L'azione è costruita in funzione di questo precipitare à-bout-de-course del personaggio che assume l'etica dell'eroe. La scansione fondamentale dell'evento tragico si segnala con l'immagine di Antigone che appare in tutto il suo éclat - splendore, scalpore, luminosità e scandalo sono i significati di questo termine adottato da Lacan per coniugare l'etica all'estetica dell'immagine. Perché allora? Il suo stile, dall'inizio della tragedia, non è mutato. Già il Coro l'aveva definita omòs, cruda, indigesta, inumana; inflessibile nel suo proposito di obbedire a quelle leggi non scritte, nomma agrapta che ordinano di dare l'onore della sepoltura a ogni essere che, in quanto umano, A più voci abbia avuto diritto a un nome. Polinice, suo fratello, nato da una stessa madre, autadelfos, deve, qualunque sia stato il suo delitto, essere sepolto. A qualunque prezzo. Antigone, che è disposta a pagarlo, si dichiara morta per il mondo dei vivi, pur essendo ancora giovanissima e vergine, promessa sposa a Emone. «O pais» la chiama il Coro: fanciulla quasi bambina. Pure non è questo a produrre la compassione e il timore. La funzione catartica della tragedia è assolta quando, dopo la condanna di Creonte - essere chiusa viva in una tomba - Antigone appare, gli occhi splendenti di un desiderio d'amore - «ìmeros emarghés» è, letteralmente, il «desiderio reso visibile» (p. 311) - che resterà insoddisfatto, a recitare il suo lamento. Eccola, bellissima e luminosa, condannata a restare sospesa in un insopportabile territorio di confine; dove il bello e l'orrore si confondono e lo splendore consente la visione dell'orrore. Non, banalmente, orrore della morte, ma «di una vita che si confonde con la morte sicura, morte vissuta in modo anticipato, morte che sconfina nel territorio della vita, vita che sconfina nella morte» (p. 291). La funzione catartica della tragedia consiste nel circoscrivere questa zona - tra l'anticipazione soggettiva della morte e la morte reale - che l'eroina abita. Per poterlo fare deve essersi resa impermeabile ai sentimenti - umani - del Coro, al timore e alla compassione. È per questo che è lei il vero eroe. Temi. Antigone e Lacan Alfa beta 102 I· L'indistruttibilità alla sofferenza caratterizza l'immagine della vittima. In questa immagine sacrificale, che la sofferenza non riesce ad annichilire, Lacan coglie le radici del fenomeno estetico (in questo senso Philippe Julien, nell'articolo pubblicato in questo stesso numero parla di congiunzione di un'erotica e un'estetica). In questo senso è esemplare, fa notare Lacan, l'immagine eretta dal Cristianesimo come significante del limite, «immagine esemplare che tira segretamente verso di sé i fili del nostro desiderio, l'immagine della Crocifissione» (p. 304). • L'umanità indigesta di Antigone funziona per Lacan da modello ideale, esempio difficile ma imprescindibile soprattutto per chi, come un analista, deve saper introdurre la vita a patto della morte. «La vita ha qualcosa a che fare con la morte? Si può dire che il rapporto con la morte supporta, sottende, come la corda l'arco, la curva della discesa e della salita della vita?» (p. 341). Ma, occorre precisare, la morte di cui si parla è una morte sofferenza, quella che l'immaginario umano ha sempre collocato al di là della morte. Nei termini della metapsicologia freudiana si chiama istinto di morte. Etica, nella proposta di Lacan, è assumerlo; riconoscervi, nella dinamica che lo struttura, il meno sradicabile e umano dei desideri, l'essere proiettati verso (pros), e al di là (ektòs), del limite. Come Antigone; come Elettra. O come Amleto. n'eticadelbendire N el corso dell'anno accademico 1959-1960, a Parigi, lo psicoanalista Jacques Lacan teneva un seminario sull'etica della psicoanalisi. La sua pubblicazione, avvenuta lo scorso autunno, a cinque anni dalla morte, è un avvenimento importante per il futuro della psicoanalisi freudiana. È notevole che vi si parli di quanto molto spesso gli psicoanalisti tacciono nascondendosi dietro il paravento medico della tecnica terapeutica e della neutralità scientifica, del grande problema, cioè, che ogni essere umano si pone molto presto, fin dall'infanzia: come sbrogliarsela col proprio prossimo, il Nebenmensch di Freud. Qui trovano inciampo le due etiche tradizionali dell'Occidente. La prima, l'etica del Bene, ci ordina di volere il bene del prossimo; il fatto è che non posso niente nei confronti della sua radicale cattiva volontà: più voglio e gli dico qual è il suo bene·, più lui si precipita nel suo contrario. La cosa mi sembra scandalosa fino a quando non capisco che il bene che voglio per lui è solo l'immagine del bene che auguro a me stesso; non è un granché! Scambio l'altro per il mio specchio, per il mio simile senza riconoscerne la dissimiglianza e l'alterità, al di là della buona o cattiva volontà, al "di là della bontà o cattiveria. Il buco nella sua immagine, il luogo vuoto (intorno a cui ruotano le mie rappresentazioni) è lo stesso che è in me: la stima (ex-time) è assolutamente intima per me. Il suo nome è: desiderio. Ma qual è la legge del desiderio? A questo punto, storicamente, incontriamo un'altra etica: quella formulata da Kant che prescrive la sottomissione al puro imperativo categorico che vale sempre e ovunque non per ciò che dice, ma perché lo dice: l'imperativo è dettato dalla voce della coscienza interna, ma in realtà viene dall'esterno, dal Super-Io freudiano, «figura oscena e feroce» (Lacan), voce sadica che gode e divora; quanto più le obbedisco, tanto più domanda e ridomanda. Eccomi di nuovo incappare in una strana malvagità. Il Super-Io non è, però, la legge del desiderio. A essa si accede, invece, solo spogliando, sgombrando il luogo del- !' Altro, mio prossimo, da qualsiasi buona o cattiva intenzione, da qualsiasi preoccupazione di godimento. È questa la sublimazione: elevare l'oggetto amato o temuto allo statuto di luogo vuoto: Tu! Tu al di là di qualsiasi cattura invadente esercitata dalla tua immagine;riflesso di te stessa, fino alla pura interiezione: tu! Come agisce la sublimazione? Là dove l'Etica del Bene fallisce di fronte alla malvagità, là dove la legge kantiana la reintroduce a sua volta, va sostituita un'altra etica: un'etica del bello, più precisamente del ben dire. Il ben dire è generato dal luogo del desiderio: vacuolo al centro dell'Altro e di me stesso, vuoto impenetrabile; da qui, da questo niente, ex-nihilo, c'è creazione di nuovi significanti. Lacan ne fornisce due esempi: l'amor cortese del XII secolo e l'Antigone di Sofocle. Con l'arte del canto il trovatore supera l'arbitrarietà della prova che la Dama impone all'amante. La bellezza del linguaggio eleva l'oggetto in- .quietante allo statuto di vuoto impenetrabile che è il puro desiderio. Così Dame Ena è cantata da Arnaud Daniel, Raimon de Durfort e Truc Malec. Ancor più con Antigone Sofocle fa nascere negli spettatoPhilippe Julien ri un'etica diversa da quella di Creonte, il buon rappresentante dell'etica del bene della città. In loro la paura e la pietà per la fanciulla si purificano poco a poco e fanno posto alla purezza del desiderio: esso prende fuoco da quello di Antigone. Con la sua arte Sofocle introduce al di là della crudeltà del destino di cui Creonte non è che lo strumento. Allora, al cospetto del viso di Antigone, il coro può lasciare che prorompa il canto: «Desiderio invincibile, desiderio che la notte riposi sulle gote della fanciulla. Così il desiderio trionfa, desiderio visibile nelle pupille della sposa in attesa del letto nuziale». È il culmine della tragedia: la presentazione del desiderio reso nella sua visibilità unisce un'etica, un'erotica e un'estetica. Un ultimo problema: come viene introdotto in ognuno il lavoro della sublimazione? Attraverso la funzione paterna. Agli occhi del bambino, dai cinque anni in poi, il padre reale viene cancellato e velato, dal sovrapporsi, al suo posto, di un padre di elevata statura. Il bambino si costruisce un padre ideale, supporto del Super-io, in luogo del padre reale che ha la madre come oggetto del desiderio. Il padre ideale è l'agente della privazione, in quanto è ciò che il bambino non è e in quanto ne è considerato responsabile. All'epoca del declino dell'Edipo, il bambino deve effettuare il lutto del padre ideale: potrà farlo solo rimproverandogli d'averlo fregato così malamente. Il rimprovero persiste fino a quando il lutto è portato a termine: morte del Padre, luogo da cui si enuncia la legge del desiderio. È così che più tardi il bambino e poi l'adulto sapranno che la sola· cosa di cui ci si possa sentire colpevoli è d'aver ceduto sul desiderio che ci abita. Si cede, certo, in favore del servizio dei beni (famiglia, lavoro, patria) ma vi si perde la bussola come una banderuola. A che servono i beni? Non sono inutili, nient'affatto! Servono a pagare il debito della legge del desiderio. Ogni essere umano deve pagare questo debito per accedere al desiderio. Questo implicherà il poter essere impunemente traditi, cioè che di fronte alla malvagità del prossimo non ci si ritiri nella propria tenda oppure non si diventi inclini alla denuncia virtuosa. Al contrario il debito permette di continuare ad andare verso l'Altro, proprio nel luogo dell'enigma del suo desiderio e di accettare di essere vittima della regola di struttura che ci ha fatto l'uno simile all'altro. Nel suo tracciato essenziale questo è il filo rosso che percorre la trama del seminario di Jacques Lacan sull'etica della psicoanalisi. Non è un filo sempre facile da seguire, certo, ma il-lettore che si lasci avvincere dal libro ne uscirà comunque trasformato. Traduzione di Marisa Fiumanò Il nascondiglio dell'iniquità

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