Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

Alfabeta 102 e he la scrittura debba (e poss~) produrre testi ar~ moniosamente composti come corpi organici, è metafora risalente almeno a Platone: «Ogni discorso deve essere composto come un animale, con un suo proprio corpo, sì da non risultare né acefalo né privo di piedi, ma da presentare una parte centrale e delle estremità, scritte in modo che si accordino fra loro e con l'intero» (Fedro, 264C). La metafora organica ha un immediato rilievo in termini estetici, perché detta il canone della misura proporzionata, quindi della bellezza, dei testi letterari: un canone che connette strettamente corpo e scrittura, visto che questa soltanto, a differenza della sregolata composizione orale, può imporre al testo il limite e l'armonia dell'altro. Aristotele trasferirà infatti la metafora alla composizione del testo tragico, che risulterà bello solo se dimensionato secondo le proporzioni corporee: «Come nei corpi in genere e negli animali deve esserci una certa grandezza, equesta ha da essere facilmente visibile nel suo insieme con un unico sguardo, così anche nei racconti dev'esserci una certa est!;!nsione,e questa ha da potersi con facilità abbracciare con la mente nel suo insieme» (Poetica, 7). Fin qui, la metafora indica soprattutto •l'armoniosa ed organica integrazione delle parti nell'intero, di cui il corpo animale è modello e che la scrittura deve trasferire nei suoi testi. Ma, rendendo pensabile il testo come un corpo, la metafora indica non solo la regola della sua unità, ma anche la vita per la sua comprensione analitica: che sarà, immediatamente, quella del suo smembramento secondo una procedura adeguata, quale viene operato sui corpi dal macellaio e dal sacerdote sacrificatore (che del resto il greco indica con un unico termine, magheiros, perché si tratta dei due versanti, sacro ed umano, di un unico evento di uccisione e partizione del corpo animale). Lo stesso Fedro rende esplicita questa espansione del percorso metaforico: essa consiste nella «capacità di smembrare l'oggetto in forme separate, seguendone le articolazioni naturali, e guardandosi dallo spezzarne le parti, come potrebbe fare un cattivo macellaio. Per fare un esempio dei due Ileo discorsi di poco fa (sulla follia d'amore), essi riducevano tutti gli elementi che compongono l'irrazionale del pensiero in un'unica forma, analogamente a quanto avviene in un corpo, che, pur essendo unico, si dirama naturalmente in membra doppie e omonime - e sono designate come gli arti di destra e di sinistra; così anche glielementi della follia sono stati considerati nei due discorsi come un'unica forma naturale in noi. Il primo discorso, tagliata via la parte sm1stra, e sezionando ancora [... ]» (264D, e sgg.). Se il testo è un corpo, il buon macellaio diventa dunque il modello dell'analisi dialettica. O, nel Politico, lo diventa la figura contigua del sacerdote sacrificatore. Se non è possibile dividere per due, geometricamente, le parti di un complesso concettuale, «distinguiamole dunque membro per membro, come si fa di una vittima sacrificale» (287C). Del resto, come ha mostrato Svenbro, 1 quando il testo poetico scritto si rende disponibile all'analisi metrica, questa nasce trasponendo al verso il linguaggio della dissezione sacrificale. Il cammino della metafora si può dunque riassumere così: al principio c'è il corpo, con la sua unità organica e con i procedimenti di smembramento «naturale» cui esso è sottoposto, nel sacrificio e nella macellazione; dal corpo, il testo scritto riceve il modello sia dell'unità sia della sezionabilità questa volta «teorica». Ma la metafora può rovesciarsi, o almeno rendersi percorribile in entrambi i sensi. Il corpo - a partire dal gran corpo del mondo - può venir letto come un testo scritto: i suoi elementi materiali, come acqua aria terra e fuoco, dice Platone nel Timeo, ne costituiscono le parole, a loro volta scomponibili in sillabe (i solidi primi) e ancora in lettere, i triangoli rettangoli elementari (56B e sgg.). Platone sostituisce qui «elementi» geometrici (i triangoli) a quegli atomi che Leucippò e Democrito avevano immaginato come vere e proprie «lettere» cosmiche, descrivendoli appunto come angolosi o arrotondati o uncinati. 2 Che essa sia tracciata con lettere alfabetiche, come per gli atomisti, o con triangoli, come in Platone, c'è comunque una gran scrittura del mondo, il cui soma può, ora, venire compiutamente pensato come un testo; la sua scomponibilità è non solo Stefano Tassinari ALL'IDEA CHE SOPRAGGIUNGE pag. 108 Lit. 10.000 Milano 1987 Viennà è una città dove ancora si può sostare, ancora il pensiero si fa linguaggio, romanzo. Così ci sembra, leggendo il Tassinari. Friederich l'eroe, trova in questa città una patria, l'elemento aggregante di ciò che sente, l'unità di un io che finalmente può riposarsi, scandagliare le proprie passioni nella lenta penetrazione che il viaggio compie in se stesso. CORPO 10 Via Maroncelli, 12 Milano Tel.02/654019 alfa bis. 1 o scritto Mario Vegetti ... strutturalmente possibile, ma necessaria per la comprensione analitico-sintetica della sua configurazione. Una possibilità e una necessità che - a livello del mondo - restano per molti secoli soltanto teoriche. La situazione muta se si torna, seguendo all'indietro il percorso della metafora, al suo punto d'inizio, il corpo dell'animale. Anch'esso può e deve, ormai, venire concepito come un testo, come risultante dalle modalità di composizione scrittoria. In Aristotele, il rapporto diventa infatti perfettamente speculare. Se c'è una synthesis organica dei versi che dà luogo alla tragedia, c'è del pari una synthesis di elementi-lettere (stoicheia) che costituiscono il corpo animale. «Tre sono i livelli di composizione. Come prima si potrebbe porre la composizione risultante da quelli che alcuni chiamano elementi. [... ] La seconda composizione, risultante dagli elementi primi, costituisce negli animali la natura delle parti omogenee, come l'osso, la carne e le altre dello stesso genere. Terza e ultima della serie è poi la composizione delle parti non omogenee, come il viso, la mano e le altre simili» (Parti degli animali, II, 1). e he Aristotele abbia qui precisamente in mente la sequenza lettere-sillabeparole come componenti del «testo» animale, è confermato da un'estensione genetica della metafora: «È a partire dalle parti omogenee che si costituiscono quelle non omogenee, sì che il provenire del seme da queste si può considerare come il provenire da quelle e dalla loro composizione. È come se dalla parola scritta derivasse qualcosa: se ciò avvenisse dall'insieme dovrebbe anche avvenire da ciascuna delle sillabe, e se da queste anche dalle lettere e dalla loro composizione» ( Generazione degli animali, I, 18). Se il corpo animale viene dunque pensato come un testo complesso, la sua conoscenza andrà ottenuta - secondo un metodo ormai generalizzato e consolidato - attraverso la sua scomposizione nelle parti semplici ed elementari. Solo che, mentre il corpo del mondo è smembrabile nella teoria, quello animale lo è anche di fatto: la dissezione, che all'inizio del percorso metaforico era quella «naturale» operata dal macellaiosacrificatore, diventa, al suo termine, quella scientifica operata dal filosofo della natura. 3 Con Aristotele, la zoologia - e con essa l'intero sapere biologico - risulta rivoluzionariamente rifondata su tre assi principali. Il primo è il privilegio accordato, nella fisiologia e nella tassonomia, alla conoscenza della struttura delle «parti» che compongono il corpo: cuore, vene, polmoni, cervello, fegato, organi riproduttivi e alimentari. Il secondo è il procedimento della dissezione anatomica, il solo che possa portare alla luce queste parti liberandole dell'involucro che le protegge e le occulta nel corpo dell'animale vivo: ne viene che a fondamento del sapere biologico è ora posto, per la prima volta, il cadavere dell'animale metodicamente ucciso e sezionato in nome della conoscenza teorica, non del sacrificio e del banchetto. Infine, il terzo asse consiste nella scrittura del trattato scientifico, che ripercorre analiticamente il tracciato del coltello anatomico, descrivendo via via le parti che esso mette in iuce e riproducendone, nella sua scrittura, l'unità complessiva. Dopo Aristotele, con gli anatomisti alessandrini e con Galeno, questi tre assi avrebbero annesso al proprio dominio anche il sapere medico, che per un certo periodo avrebbe potuto giovarsi anche della maggiore fonte di conoscenza anatomo-fisiologica, la vivesezione umana (operata ad Alessandria su criminali condannati a morte e consegnati all'anatomo anziché al carnefice). Per Galeno, scrittura e anatomia sono così strettamente connesse che, posto di fronte all'assenza di trattati anatomici nella tradizione della medicina ippocratica, egli sostiene con naturalezza che a quei tempi non era necessario scrivere di anatomia, giacché «allora gli allievi apprendevano dai genitori, fin dall'infanzia, a sezionare come a leggere e scrivere» (Procedimenti anatomici, II, 1). Non mancano, è vero, sia da parte pagana che cristiana, critiche alla forma estrema di crudeltà scientifica costituita dalla vivisezione umana. Celso scrive: «È ben crudele [... ] che l'arte che presiede alla salute umana inferisca a qualcuno una morte atrocissima, tanto più che delle cose che con tanta ferocia si indagano alcune non possono affatto venir conosciute, altre lo potrebbero senza commetter delitti» (Proemio, 40). E Terpagina XV tulliano lancia la sua invettiva contro «quell'Erofilo, medico o macellaio, che ha sezionato seicento corpi, che odiava l'uomo per conoscerlo» (Anima, 10.4). Nessuno protesta tuttavia contro la dissezione e la vivisezione • del corpo aIJimale, largamente praticate da Galeno. Quest'ultimo anzi riconsacra in un certo senso l'opera del coltello anatomico. Esso scopre infatti nel corpo-testo, al di là della sua apparente confusione materiale, l'ordine mirabile inscrittovi dalla razionalità e dalla provvidenza divina all'opera nella natura. Questi, egli esclama, sono gli autentici misteri da venerare, più di quelli di Eleusi o Samotracia; è l'anatomia il vero fondamento di una «teologia rigorosa», «l'inno agli dèi» elevato dallo scienziato (Uso delle parti, 17, 12). Galeno riconduce dunque l'anatomia scientifica presso le origini sacre della pratica del sacerdote sacrificatore. Ma con ben diversa consapevolezza: il corpo dell'animale non è più là per esser bruciato o mangiato, bensì per esser letto - come il testo dell'ordine provvidenziale del mondo - e trascritto nel trattato della scienza. La dissezione è la pia procedura necessaria ad aprire questo libro e a decifrare la legge che vi è inscritta. Molto tempo dopo, qualcuno penserà di integrare l'opera della provvidenza inventando un dispositivo capace di scrivere la «legge» direttamente sul corpo. «La nostra condanna non è severa: al condannato viene scritto sul corpo con l'erpice il comandamento che ha violato. A questo condannato, per esempio - l'ufficiale accennò all'uomoverrà scritto sul corpo: onora il tuo superiore!» Si tratta, naturalmente, del comandante della Colonia penale di Franz Kafka. Note (1) J. Svenbro, La découpe du poème. Note sur !es origines sacrificielles de la poétique grecque, «Poétique», 58, 1984. (2) Cfr. in proposito G.A. Ferrari, La scrittura invisibile, «aut aut», 184-5 (Nuove antichità), 1981. (3) Per questi temi e per la relativa bibliografia rinvio al mio Il coltello e lo stilo, Milano, Il Saggiatore, II ediz., 1987. Sull'insieme dei problemi della scrittura nel mondo antico, è di prossima pubblicazione, a cura. di M. Détienne, il volume degli atti del colloquio parigino sulla scrittura del 1984 (Presses Universitaires de Lille). « Più che di una do s a t a mistura di concetti, ori o 0g,\iera momentaneamente /.J si trattava di un assortito confabulare di stu? ' ò.i ~~a se :t-.,i,q • -ç,er contatti 0· O"'' \>ibv, •1 Onde troppo lonta 17 v "(5. ~~ <" con 1 mare. coltate e o ·-..· ~ .:::: per essere as ru ', s; lJrta~a~ ~'?.<."' ◊&' ~ · n h1Jt e\\ \'~ ·~ <ies· · · rernazia, ra per <:> '\ 1.d~no d1 sup \are i ricami anche di un orizzonte qualsiasi. f1n1vanoper ce ' . Nel contendere a se stesso il primato dell'indecisione,. passeggiava tra sentenze di primo grado e corti d'appello, con il plausibile . . e il superfluo ben stretti nelle due mam, quasi a voler cogliere

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