Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

pagina Xli 'serà di orientare il nostro rapporto con le opere d'arte, Schleiermacher vede l'interpretazione come un atto capace di riportarci alla base délla genesi dell'opera: l'interpretazione è la decostruzione genetica di quell'atto poetico che sta all'origine del testo, l'ermeneutica è l'inverso speculare della poetica e della retorica come arti della costruzione del discorso. Sebbene in figure come Friedrich Schlegel (che vedono l'infinità non nell'individuo, ma nella lettera, riabilitando per questa via il ruolo della scrittura) si possa scorgere un certo contro-movimento che ora - alla luce della grammatologia di Derrida, per esempio - ci appare molto attuale, resta che il corso maggiore dell'ermeneutica ottocentesca è sostanzialmente orientato dall'orizzonte schleiermacheriano. Così, paradigmaticamente, in Dilthey, l'interpretazione è concepita come penetrazione in uno psichismo estraneo, per cui si deve riportare in vita le «ombre esangui del passato» passando attraverso il testo come solidificazione dello spirito, ma mirando a un al di là della lettera, un oltre che è vita e spirito, cioè alla fine uno spirito vivente, secondo una mai consumata eredità hegeliana. Anche qui la scrittura (i documenti e i monumenti del passato) è una fase mediale che non potrà mai accedere a una vera autonomia. La fortuna e il perdurare di un simile paradigma interpretativo va molto al di là degli sviluppi disciplinari dell'ermeneutica in senso stretto (basti pensare all'estetica freudiana, interamente calata nell'orizzonte della genialità e della trasposizione dell'interprete in uno psichismo estraneo e in una vita perenta: il riduzionismo psicocritico della prima metà del nostro secolo, riportando il testo letterario alle vicende psicobiografiche dell'autore rientra appunto in questo ethos romanticovitalistico). L ' ermeneutica ontologico-esistenziale di Heidegger e di Gadamer supera la prospettiva schleiermacheriana, ma, alla fine, non si libera sino in fondo dei suoi presupposti vitalistici, così che non può effettuare una piena riabilitazione della scrittura. In fondo, le accuse di antropologismo mosse da Husserl a Essere e tempo si congiungono con la critica del residuo umanismo nel pensiero heideggeriano dell'essere formulate quasi mezzo secolo dopo da Derrida; e ciò non per caso, ma in base a un comune orizzonte. Per Heidegger, l'ermeneutica, il costitutivo rapporto interpretativo che congiunge l'uomo al mondo, è anteriore alla distinzione tra soggetto e oggetto (nonché alle attività epistemologiche dell'asserzione e del giudizio). Da questo punto di vista, dunque, siamo distantissimi dallo psicologismo dell'ermeneutica romantica e storicistica. Nell'ermeneutica heideggeriana non c'è spazio per la comunione tra spiriti, così come non si dà luogo a una dialettica soggetto-oggetto, nella misura in. cui queste categorie sono già ermeneuticamente determinate, sono già l'esito di una interpretazione che le precede e le costituisce. Ciò vale a maggior ragione per il «secondo» Heidegger, che sposta la propria attenzione dall'analitica dell'essere nel mondo al linguaggio come condizione trascendentale del Dasein. E tuttavia né l'idea essenzialmente linguistica della storia dell'essere (che diviene il tema prevalente della riflessione heideggeriana) né il gadameriano essere-per-il alfa bis. 1 testo come tentativo di ristabilire i rapporti con la tradizione filosofica, alienati dalla metafisica, rompono definitivamente con la filosofia dell'interiorità. Ciò non si vede tanto nelle intenzioni dirette (che, soprattutto in Heidegger, mirano a un oltrepassamento dell'umanismo), quanto piuttosto in spie indirette, come appuntai! privilegio accordato alla voce rispetto alla scrittura. L'interrogazione dei testi del passato mira, in Heidegnozione paradigmatica di classico in Gadamer si appoggia a un presupposto vitalistico: classico è ciò che vive attraverso le epoche, e che sa parlarci con una vera attualità - al contrario di quanto avviene per gli aspetti ormai morti di una tradizione, che, privi di attualità, ci sfidano con un mutismo inerte, a cui non potremmo strappare alcuna parola, ma soltanto gli elementi di una indagine erudita. Che lo si voglia o no, la felicità Nelle migliori librerie o direttamente presso PIERO MANNI viale Leopardi, 66 - Lecce - c.c.p. 11383734 ger e in Gadamer, a restituir loro una voce e una vita perdute. Dall'alba del pensiero greco è il detto di Anassimandro che ci parla; sebbene qui non sia la soggettività esistenziale del filosofo greco che viene evocata, resta tuttavia che il rapporto ermeneutico con il passato trattiene in sé qualcosa del ridar vita alle lettere morte e alle ombre esangui del passato. Così pure, la dell'atto ermeneutico consiste qui nel superare la dimensione dello scritto, della traccia inerte e mnemotecnica, per risalire dalle lettere ai logoi viventi chç non sono impressi sulla carta, ma scritti nell'anima. Sebbene per intenti diversi, ma all'interno di un orizzonte culturale comune, Ricoeur e Derrida hanno proposto una riabilitazione inghiotti Tokio ·Economia l~Gi_ud_i_c_i C,,.:.vooua10 ltn--.. -~11c,;wyw d.tlll~-O·- ... ?O -,..---1~·· ld~- ---f/llYT'O·. '\.a~~ ..,.._ou""p,,do o•.,.,~-- ,_._,__.....~-- il manifesto U01 pa i. Vll:l"di.in ~- Orpn: la at\l.LDOn-t~- ,._t& 1.ambo1im.i MJCOndt i WSll di Dd,o,IIMiò 1·····•'"''"'"'"'"'"' ····················•1 I Ilgovernosiè fuso ! I~ !,?"'· f§.=- g;; I l l l_ l~-o-1=~1~- i __ ., -- - ,.,... ___,_ 1· - .e,_...... _ .. _ __ _. - ,_ ,_ --- ---·---·--- ladomenica ·--·-·-- la domenica Reportage Inchieste Racconti Giochi Alfabeta 102 della scrittura proprio in base alla constatazione di questa sopravvivenza romantico-umanistica nella ontologia ermeneutica heideggeriana e gadameriana. Per Ricoeur, il tema della scrittura si raccomanda per ragioni essenzialmente epistemologiche. Portare l'attenzione dell'ermeneutica sulla dimensione anzitutto scritta degli oggetti di cui si occupa consentirebbe di accrescerne la portata critica e di elevarne il tenore epistemologico. Il testo scritto ci viene infatti trasmesso di là dai suoi vincoli vitaltradizionali, in assenza dell'autore e del lettore originari, e del suo contesto di produzione; si presenta quindi come un oggetto, passibile di critica (in quanto possiamo prendere le distanze rispetto a esso) e di spiegazione epistemologica. Solo in un secondo tempo, una volta che se ne saranno accertate epistemologicamente le proprietà oggettive, si potrà passare alla comprensione ermeneutica del testo, nella quale - come in Heidegger - vien meno la contrapposizione fra soggetto e oggetto, e l'atto dell'intendere il senso coinvolge esistenzialmente l'interprete. Nel caso di Derrida, invece, l'idea di écriture si configura come una metacritica della critica heideggeriana dell'umanismo: il compito di una filosofia ultrametafisica, che condanni la riduzione (umanistico-soggettivistica) dell'essere all'essere dell'ente consiste anzitutto nell'enfatizzare la differenza. E il primo atto di questa metacritica è escludere che i lasciti scritti di una tradizione possano mai pervenire nuovamente alla presenza, attraverso una interrogazione ermeneutica che riporti le morte lettere all'attualità (alla fine, soggettivistico-antropologica) dei logoi scritti nell'anima. il manifesto N.

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