Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

Sommario Carlo Formenti II libro e la macchina pagina I Ernst von Glasersfeld Gli scimpanzé e il linguaggio pagina II Vittorio Somenzi Le obiezioni a von Glasersfeld pagina II Gesto, parola, comunicazione Intervista di S. Petrilli a Th. A. Sebeok pagina IV Freud e il computer Conver!i,azionecon U. Eco pagina V Daniele Barbieri Parola e scrittura elettronica pagina VI alfabis.1 Supplemento al n. 102 di Alfabeta • ,· .-,j;";·;- '1t·;·::· ··•-j,•·. •.. ·' ~ .J. ' Omar Calabrese Scrivere col computer pagina VII Ezio Manzini La pagina immateriale pagina IX Paul Ricoeur Che cos'è un testo? pagina X Maurizio Ferraris Scrittura secondo l'ermeneutica pagina XI Laurence Bataille L'ombelico del sogno pagina XIII Marisa Fiumanò Il momento della dettatura pagina XIII Moustapha Safouan L'inconscio e lo scriba pagina XIV Mario Vegetti Il corpo scritto pagina XV Il libro e la macc • a e osa cambia nell'esperienza della scrittura con l'introduzione delle tecnologie elettroniche? II supplemento che qui presentiamo è nato da questo interrogativo che, avendo avuto la cattiva sorte di diventare di moda, è stato rapidamente consumato fra banalità sui nuovi gadget tecnologici. Se ne può ricavare qualcosa di più? Mi pare che i materiali qui raccolti dimostrino ~he l'impresa non è impossibile, a condizione che l'interrogativo sia inserito in un contesto tematico abbastanza ampio. Non è quindi per stravaganza snobistica che un inserto sulla scrittura elettronica si apre con una documentazione relativa alle ricerche sul linguaggio dei primati, e si chiude con un articolo sulla scrittura come metafora dell'ordine del mondò nella filosofia antica. Prendiamo avvio proprio dallo scritto conclusivo di.Mario Vegetti. Il mondo classico istituisce uno stretto rapporto di analogia fra il testo scritto e il corpo animale: l'anatomia del corpo animale, con la sua armonia fra le parti e il tutto, è il modello che la scrittura deve imitare per produrre dei testi «ben formati». Ma, con Aristotele, la metafora inverte la sua direzione e diventa più forte, fondando un vero e proprio rapporto di omologia fra i suoi termini: è l'ordine della scrittura, attraverso la scala gerarchica che risale dalle sinC rlo Formenti gole lettere alle sillabe e alle frasi, a istituire il modello per una comprensione analitica del corpo. La sezionabilità teorica del testo indica la via per la sezionabilità anatomica del corpo, fonda la pratica empirico-scientifica della dissezione anatomica. Lungo la via che va da Aristotele a Galeno, la potenza del logos platonico subisce, ad un tempo, una trasformazione e un ampliamento: la parola non esprime più un sapere fondato sulla «simpatia» fra mondo e linguaggio, ma permette una vera e propria «lettura» della natura. II mondo è così come lo dice il discorso teorico, si inscrive nel testo. Con questo passaggio si esauriscono i rapporti fra ragione e mito. Nel mito, come ricorda opportunamente Somenzi nella sua introduzione allo scritto di von Glasersfeld sul linguaggio degli scimpanzé, la natura e gli animali parlano ancora. Ma la razionalità scientifica (antica e moderna) rivendica per l'uomo il monopolio del linguaggio. È solo il linguaggio umano che genera il senso, che informa di sé la natura e il mondo. Ecco perché il riaffiorare, sia pure in forma di ipotesi scientifica, del linguaggio animale è ancora capace di generare disagio, di suscitare reazioni di fastidio e di incredulità. Ma cos'è che inquieta nell'idea di un linguaggio animale, e cosa c'entra tutto ciò con i problemi della scrittura elettronica? L'intervista di Susan Petrilli a Sebeok sembra offrire risposte tranquillizzanti. Semplicemente, il sapere antico e moderno ha lungamente ignorato quell'enorme campo della produzione di informazione che è ora oggetto della semiosi non verbale. Certo, esiste un «linguaggio» animale, così come esiste un «linguaggio» delle comunicazioni interne al corpo, sia a livello molecolare sia a livello cellulare (per esempio attraverso il codice genetico e la memoria immunologica). Gli esseri umani non hanno il monopolio della produzione del senso nel mondo. Hanno però, innegabilmente, il monopolìo del discorso. È probabile che il linguaggio umano sia esistito per milioni di anni non come medium di comunicazione, afferma Sebeok, bensì come mera funzione di «modellazione». Il gesto e la parola umani non differivano allora, probabilmente, da quelli animali che per la diversa struttura anatomica della mano e dell'apparato di fonazione; erano solo una fra le tante fonti di produzione di ordine, di struttura, nel mondo naturale. Le cose sono cambiate da quando il linguaggio si è autonomizzato come medium di comunicazione, dall'evoluzione della sua capacità di funzionare come strumento di trasmissione di un sapere che trascende l'esperienza limitata del-

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