Alfa beta 102 Prove d'artista pagina31 Strofe veneziane V A Urania Tutto ha un limite, compresa la tristezza. a Susan Sontag I Fradicia stanga del pontile. Vi è legata triste una giumenta che agita nel buio la criniera, resistendo al sonno. Un tempo qui colpi di coda, guizzi, e in tondo torcendosi in fregola, le coppie balzavano di sbieco nell'ovale dello specchio, e che emozione sotto il [dominio S'impiglia lo sguardo alla finestra, come alla palizzata la foglia. Puoi versare acqua, scuotere chiavi. Solitudine è l'uomo al quadrato. Il dromedario lo scollo bianco e fondo! così fiuta, ingobbendosi, il binario. Le chiavi di violino delle gondole dondolano, emettendo silenzio in disaccordo. Che scirocco in laguna! Gonne visi pantaloni si mischiavano in zuppe tiepolesche. Si scosta il vuoto, come una portiera. E cos'è poi lo spazio, in generale, io dico? assenza di corpo in ogni punto. Per questo Urania è più vecchia di Clio. Di giorno, e al lume di lumini ciechi, vedi che non nasconde nulla: cerchi Quanto più il moro è fidente, tanto più nera è la carta Dove sono finiti i pulcinella, gli arlecchini, le maschere, le tresche? di parole. E la mano, per raggiungere un collo troppo corta, sgualcito dalle dita di Jago stringe al viso il merletto d'un fazzoletto di pietra. II Le rive sono deserte, la piazza è vuota. VI Come all'opera lenti si spengono i lumi, così a notte le cupole calano come meduse di volume, così si stringe, avvitandosi, la calle anguilla, di guardare il globo, e guardi una nuca. Eccoli, i boschi pieni di mirtillo, Più visi dentro i fondi del caffè, che vivi nel caffè; una fanciulla in pantaloni di seta suona un liuto e s'appiatta la piazza razza. E coglie pettini caduti da capelli fiumi dove si pesca a mano lo storione, una città che non ti annovera più nell'elenco del telefono. E a sud anzi a sud-ovest, ecco montagne brune, e vagano nel càrice cavalli przevali, a un Mustafà vestito come lei. Secolo decimonono! O nostalgia d'Oriente! In posa cotonati di donna per le proprie figlie Nereo, ma lascia intatte tutte le perle gialle dei lampioni stradali. si fanno gialli i visi. Poi, più in là, corvette navigano e si fa azzurro lo spazio, l'esule è sulla roccia! E come un globulo bianco nel sangue [traspare la luna nelle opere dei cantori, che bruciano di tisi, VII come una biancheria con i merletti. ma dicono che è amore. III Le orchestre tacciono. La città è lo sforzo dell'aria di trattenere sull'orlo del silenzio l'ultima nota e si ergono, come leggii ravvicinati, palazzi In Italia Nessuno ha nulla da fare qui, la notte. Né un'ugola d'oro né la dolce Duse. Batte un tacco solitario mal rischiarati. Solo una stella azzarda un falsetto nella linea aRoberto e Fleur Ca/asso Vivevo anch'io in una città con le statue che spuntano ·sopra l'acciottolato. La vostra ombra, come uno spaurito carbonaro, si allontana da voi sotto il fanale ed espira vapore. Di notte noi si chiacchiera col nostro stesso eco: il fiato caldo inzacchera del telegrafo là dove riposa il cittadino di Perm'. Ma l'acqua applaude, e la riva pare brina posata su un doremì. VIII sopra le case e il filosofo locale che al grido: «stupra! stupra!» correva per le strade, scuotendo la barbetta, e un lungofiume infinito faceva breve la vita. Ora, accecando cariatidi, declina il sole laggiù. il vetro trasudato di quest'acquario in marmo, vuoto, l'ideale per ogni risonanza. Notte, moltiplicata per mare, non dà folla di zeri, cioè folla di uomini, anche se i loro volti, a dir la verità, più bianchi si fanno. Ma coloro che mi hanno amato più di se stessi non sono ormai tra i vivi. I cani, perduto il contatto con l'oggetto della caccia, ne fiutano i rifiuti, IV Oltre le scaglie d'oro delle finestre emerse dal canale, è un olio in cornice di bronzo, e un angolo di pianoforte, una cosa. Segreti dell'acquario veneziano, Palazzo Sarago, Ca' Cefalo, dietro le loro branchie-gelosie. Voglia di spogliarsi, gettare la corazza di panno, crollare sopra un letto, stringersi ad ossa vive, come a uno specchio ardente, dalla cui superficie nessun dito più vi scrosterà. in questo simili alla memoria, alla vita delle cose. Tramonto; in lontananza voci, grida del tipo: «porco! vattene via!» in un'altra parlata. Ma nulla è più comprensibile. Con la sua colombaia d'oro risplende irresistibile E se per caso incontri una dea con nulla addosso sotto un soffitto, ti gira la testa, e gli ingressi con il palato che un lume infiamma d'angina si spalancano a pronunciare un' «a». da Poesie A curadi Giovanni Buttafava Adelphi Edizioni, 1986 per gentileconcessione dell'editore I l premio Nobel 1987 a Iosif Brodskij è stato accolto con soddisfazione quasi unanime anche in Italia. Anche a «Milano.poesia» Brodskij era stato ascoltato con grande attenzione, a lungo, e aveva colto un meritato successo (1985). Occorre anche ricordare che il suo primo libro italiano (Fermata nel deserto) ha ottenuto nel 1979 il riconoscimento del Premio internazionale Mondello. Riteniamo di far cosa utile per i nostri lettori aggiungere qualche osservazione sui CO"}mentidi questi giorni. E stato posto l'accento sul fatto che Brodskij sarebbe ora un poeta bilingue. Di fatto egli ha scritto in inglese i saggi pubblicati (e quelli annunciati) dall'editore Adelphi e si è sempre autotradotto, in inglese. Giustamente Vittorio Strada ha fatto notare (cfr. «Corriere della sera», 23 ottobre 1987) che la condizione di esule forzato e il passaggio da un impero (quello sovietico) a un altro (quello USA) ha messo Brodskij in una posizione molto difficile, al limite del tollerabile, proprio perché la sua poesia si fonda essenzialmente sul linguaggio. Il poeta è «custode» ·del linguaggio, al poeta è storicamente affidato questo compito non delegabile; la poesia, di conseguenza, è il linguaggio ultimo, la sintesi finale di ogni altro possibile linguaggio umano. Si capisce allora la sua lunga fedeltà alla tradizione metrico-musicale della poesia russa e lo scontro politico che lo ha portato al processo e alla condanna (nel 1972) per «fannullaggine» e «parassiti1982 la laguna più bella, velando la pupilla. Quando arriva al punto in cui di più non può essere amato, l'uomo, disdegnando di risalire a nuoto la corrente violenta, si nasconde in prospettiva. 1985 Omaggioa IosifBrodskij smo». Nessuno sembra essere più lontano dalla realtà del linguaggio quanto l'autorità politica costituita e soprattutto inamovi- , bile. Pier Paolo Pasolini aveva recensito l' «Almanacco dello Specchio» del 1974, notando, a proposito di Brodskij che la «sua poesia si fonda sull'idea dell'inutilizzabilità della poesia». Il che è vero e falso insieme. La poesia non è utilizzabile a fini direttamente politici perché è essenzialmente politica, politica del linguaggio. Di qui la vicinanza di Brodskij alle avanguardie e l'abissale distanza che lo separa dai poeti minori di propaganda (inutile far nomi, li sanno tutti... ). Pasolini lo capiva be-· nissimo e subito lo rimuoveva, intenzionato com'era a assoggettare il linguaggio della poesia a qualcosa d'altro. Non solo ne~'Unione Sovietica post-staliniana il poeta che si dedica alla realtà linguistica, e ai problemi, conseguenti, del linguaggio della poesia, può essere accusato di «fannullaggine>>;ma per capire fino in fondo quanto Brodskij sia radicato dentro il linguaggio e quanto sia convinto della sua «sacralità sociale», occorre averlo sentito leggere, e la grande occasione in Italia è stata certamente quella di «Milano.poesia» più che la bolgia di Castelporziano. Fuori d'Italia l'ultima volta che l'ho sentito leggere è stato nel maggio 1986 al «World poetry festival» di Toronto e in quell'occasione ho avuto modo di notare che l'ultima poesia che ha letto in inglese, . scritta direttamente in quella lingua, assomigliava in modo impressionante a quelle russe. Iosif Brodskij aveva «russificato» l'inglese e l'invenzione venne apprezzata dal pubblico (che per l'appunto si aspetta dai poeti invenzioni, non ripetizioni ... ). Da~'episodio di quella lettura bilingue si può utilmente tornare al rilievo dato alla condizione di «esule», del nostro poeta. La sua fedeltà alla lingua russa mi è sembrata incontestabile e commovente, oltre che ricca di conseguenze poetiche; una fedeltà che acquista, oggi, un valore politico forte; oggi, si vuol dire, che in Unione Sovietica è in atto il recupero della vera cultura letteraria. Del tutto conseguente è il progetto, confermato proprio in questi ultimi giorni, di pubblicare l'opera di Brodskij su «Novij Mir». Ci si augura, naturalmente, che si vada anche oltre e che Brodskij possa tornare, se lo desidera, nella sua adorata patria. «Cittadino americano e poeta russo», così si è presentato Brodskij alla stampa, a 1 Londra, dopo l'annuncio del premio. . Antonio Porta Bibliografia italiana «Almanacco dello specchio», n. 3 Arnoldo Mondadori Editore, 1974 Fermata nel deserto A cura di Giovanni Buttafava Arnoldo Mondadori Editore, 1979 Poesie 1972-1985 A cura di Giovanni Buttafava Adelphi ?dizioni, 1986 Fuga da Bisanzio Saggi tradotti da Gilberto Forti Adelphi Edizioni, 1987 In preparazione: Il canto del pendolo Saggi Adelphi Edizioni In antologia: Poesia sovietica degli anni 60 Arnoldo Mondadori Editore, 1971 • Disegno di Rudolf Keller
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