Alfa beta 102 ·1pacchetti di Alfabeta pagina23 Transmutazione La mosca (The Fly) regia di David Cronenberg USA, 1986 Greg Bear L'ultima fase. La musica del sangue tr. it. Gianluigi Zuddas Milano, Nord, 1987 pp. IV-256, lire 8.000 L , ingegneria genetica, l'innesto di geni umani in organismi del regno vegetale o animale, le implicazioni etiche di tali manipolazioni, le nuove conquiste dell'informatica, il dibattito sull'intelligenza artificiale, la possibilità di interazione e comprensione sistemica fra i modelli gnoseologici della genetica da una parte e dell'informatica dall'altra, la possibilità di manipolare dei feti umani, rendono attuali ulteriori considerazioni sulla transmutazione. Con il termine transmutazione indichiamo una rivoluzione copernicana, uno spostamento cognitivo di prospettiva, la caduta di ogni barriera fra umano, animale o alieno, constatando persino - in alcuni casi - la scomparsa di quello che abbiamo definito il complesso del dottor Moreau. Sul corpo, sulle sue mutazioni, talvolta incontrollabili e che generano la proteofobia, sull'innesto di elementi inorganici, è centrato l'interesse dell'analisi della transmutazione definita per l'appunto come trans mutazione, ovvero: oltre la mutazione, mutazione forte, mutazione di specie e mentale, del soggetto transmutante; con ulteriori, eventuali, contaminazioni con il mondo inorganico dei computer e dell'informatica. Punto di arrivo ideale del nostro discorso il film La mosca di David Cronenberg, pellicola di fantascienza della scorsa stagione cinematografica, dove il protagonista, uno scienziato, inventa una macchina capace di trasferire la materia da un punto all'altro dello spazio. La storia è nota. L'invenzione è costituita da due apparecchi, due «cabine», l'una trasmittente e l'altra ricevente, e un computer. Le cose, gli aggregati inorganici, sono facilmente trasferibili. La vera scommessa è quella di trasferire organismi viventi, dai più semplici ai più complessi. All'inizio tutto sembra facile. Le cose scompaiono e riappaiano velocemente come in un gioco di prestigio. I problemi sorgono quando la complessità delle strutture organiche, dapprima una bistecca, poi un organismo vivente (una scimmia), trasferite, ricompaiono sì, ma rovesciate, come se fossero riflesse in uno specchio, e non riuscissero a oltrepassarlo. Risolto il problema, lo stesso scienziato cercherà di trasferirsi da una cabina all'altra. L'esperimento riuscirà fin troppo bene. Infatti il computer che sovrintende al trasferimento non solo «ricostruirà» la complessità dell'organismo umano ma addirittura lo integrerà geneticamente con quello di una mosca che, inavvertitamente, era entrata nella cabina, considerando entrambi un solo organismo vivente. Senza voler ripercorrere l'intera storia ci sembra particolarmente significativo che l'inizio visivo della mutazione avvenga con lo spuntare di strani peli duri (poi scopriremo, che si tratta di peli di mosca) sulla schiena del protagonista. Non ci sarebbe niente di strano se non fosse per il fatto che essi spuntano da una ferita «informatica», procurata da un componente elettronico durante un rapporto d'amore. Un particolare importante che, oltre a denotare, per l'ennesima volta, l'identità fra codice genetico e codice binario, ben rappresenta la natura «elettronica» del cinema di effetti speciali: I~ nuova pornografia, i nuovi (faiAntonio Fabozzi e Gianni Mammoliti si) divieti sul visibile del corpo. Lo striptease della pelle caratterizza l'inizio di questo decennio di fantacinema. La mosca è l'ultima diretta filiazione di Alien e, in questo scorcio degli anni ottanta, rappresenta il precipitato di tutti i significati possibili del fantacinema di trasformazione. Il tragico finale è un'apoteosi impazzita di integrazione ed evoluzione della cosa-uomo-mosca. Dopo aver completato il proprio ciclo evolutivo lo scienziato, persa ogni «pellicola» umana, si trasforma in una gigantesca mosca senz'ali, quindi, si trasferisce, P'?r errore, integrandosi insieme alle lamiere di una cabina di trasferimento vecchio-modello, quasi a volerne controllare il processo. Precedentemente, aveva dichiarato di voLa' campionessa lersi integrare con il proprio partner femminile e il suo nascituro esibendo un'eccezionale volontà di potenza nel tentativo di trascendere gli eventi. Padre-madre-figlio-uomo-donna-macchina la cosa-mosca tenta, con ogni successiva (o avvenuta) proposta di integrazione, di colmare il divario fra l'umano e l'animale, fra organico e inorganico. Ma i suoi tentativi sono solo quelli di uno psicotico che respinge e allo stesso tempo desidera marcare la propria differenza, il cancro fisico e l'incontrollabile aleatorietà di ruolo sociale che investe la propria figura. M olto simile alla Mosca, la transmutazione del protagonista del romanzo L'ultima fase di Greg Bear. Protagonista della narrazione Vergil Ulman, uno scienziato del tutto simile al ricercatore del film di Cronenberg. Al pari dell'uomo-mosca egli prova su di sé il risultato dells proprie ricerche e, esattamente come il suo cugino cinematografico, mostra una notevole moltiplicazione delle proprie capacità sessuali, una modificazione del proprio corpo, maggiore forza e nessuna predisposizione alle malattie. Le prime settanta pagine del romanzo sembrano aver ispirato il film del regista canadese. Soltanto due le differenze. La prima: mentre nel film c'è una concezione della ricerca abbastanza rétro e romantica, ovvero singola e solitaria, da laboratorio del doctor Frankenstein, nel romanzo c'è una coscienza realistica, effettiva, dell'attuale organizzazione della ricerca scientifica: masters, équipes, centri che posseggono i sofisticatissimi mezzi, regolamentazione ecc. La seconda: il tipo di mutazione. L'utopia della Città del Sole trasferita nell'ambito della genetica: la possibilità di codificare la complessità di un intero organismo in una singola cellula, il noocito. C~llula intelligente, ma limitata, che ha ancora bisogno di aggregarsi con alcune centinaia di compagne per poter funzionare. Infine, l'evolversi dell'uomo da organismo pluricellulare a organismo formato da più organismi pluricellulari: gli introni. Il superamento del concetto di individuo a favore di quello di una collettività individuale è difficilmente rappresentabile dagli schemi del pensiero e della cultura umana ordinaria. Alla base, una spinta di carattere trascendente, come nel costume e nella tradizione della più forte fase tecnologica: superare le barriere fra l'individuo e la specie significa oltrepassare la morte, attraverso la conservazione delle informazioni del singolo nella banca dati dell'intera collettività. E, in un momento cruciale della nuova evoluzione di Vergil Ulman, viene addirittura (psicoticamente?) teorizzato che lo scienziato in realtà non ha fatto altro che seguire il piano che la stessa natura, ovvero il DNA, gli avrebbe indicato, facendo scomparire il caso dal discorso evolutivo per farlo abdicare definitivamente alla necessità: «[I geni] non vogliono più aver bisogno di noi. Il gene individuale per eccellenza. Io credo che in tutto questo tempo il DNA abbia cercato di evolversi fino al punto in cui l'ho portato. Di diventare adulto, di andarsene di casa, facendo pressione su questo o quello per ottenere infine da noi ciò che oscuramente voleva». Vergil, lentamente, dopo esser entrato in contatto con i suoi noociti attraverso una comunicazione chimico-fisico-telepatica che Bear chiama la musica del sangue, trànsmuta, sciogliendosi in un blob «alieno», che ricorda molto da vicinp gli invasori spaziali dei film di fantascienza americani degli anni cinquanta. Vergil, prima del completo disfacimento fisico, muore, ucciso da un suo amico medico che tenterà di fermare quella che poi si dimostrerà un'epidemia capace di transmutare l'intera umanità. È tutto inutile. In poche settimane l'intero Nord America sarà percorso da maree rosso-brune formate da un'enorme quantità di cellule-individuo. L'epidemia non supererà il cerchio dei 7.000 km di diametro del Nord America per evitare una distorsione temporale, un buco nero dei pensieri come lo definisce Bear, che potrebbe distruggere la Terra. I noociti infatti, la nuova tappa evolutiva dell'uomo, hanno cambiato non solo fisicamente il territorio ma soprattutto l'universo, le sue leggi fisiche, il modo di rappresentarle, ovvero hanno cambiato l'episteme che lo interpreta: «Ho ragione di credere [... ] che più che scoprire le leggi fisiche noi collaboriamo alla loro esistenza. Le nostre teorie sono costruite su osservazioni fatte in passato da noi stessi ... e dall'universo. Se l'universo è d'accordo che gli eventi passati non contraddicono una teoria, questa diviene un fatto reale. E l'universo la assume come funzionante. Più le teorie collimano con i fatti, e più a lungo durano ... e su spazi più vasti. [... ] Le teorie non possono restare funzionanti per sempre. L'universo sta già cambiando; possiamo immaginare regioni in cui la realtà si evolve finché non diverranno necessarie nuove teorie. Fino a oggi la razza umana non ha prodotto una densità o un ammontare di processi informativi (pensiero, memoria computerizzata, o che altro vuoi) sufficiente a manipolare in modo effettivo lo spazio tempo. Non abbiamo creato teorie così complete da vederle imporsi all'evoluzione della realtà. Ma tutto ciò è recentemente cambiato in modo notevole». Nel finale il romanzo prende una piega tradizionale, avvicinandosi a Solaris di Stansislaw Lem: il premio per l'individuo che accetta la propria transmutazione nel nuovo corpo sociale biologico è la possibilità di rivivere le situazioni del passato, cambiandole, in una sorta di simulazione del tempo perduto che annulla ogni possibilità di recherche e quindi di scrittura.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==