Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

Alfabeta 102 dico, o a scosse, dello svuotarsi, consegnarsi - ritornare a sé). E, in corrispondenza con questo andare dal pretesto alla meditazione, rilevabile in Scomposizioni, Sistema ed epoca si sviluppa mimando inizialmente, in modo programmatico, il procedimento pedagogico e quasi saggistico del filosofare hegeliano, quello dell'intervenire criticamente sulle rappresentazioni della Miche! Surya Georges Bataille. La mort à l'oeuvre Paris, Séguier, 1987 pp. 578, FF. 180 Carlo Pasi La favola dell'occhio Saggi su Georges Bataille Napoli, Shakespeare & Company, 1987 pp. 160, lire 20.000 D ue anni fa, al termine di un denso studio che riportava al centro del pensiero di Georges Bataille la complessa dimensione del politico (nel senso barthesiano di «ensemble des rapports humains dans leur structure réelle, sociale, dans leur pouvoir de fabrication du monde»), Francis Marmande evocava, non senza rammarico, il silenzio che circondava l'opera dello scrittore nel momento stesso in cui si poteva leggere in tutta la sua ampiezza. Infatti, nel 1985, nove dei dodici volumi previsti delle opere complete erano già usciti mentre la bellissima edizione, a cura di Denis Hollier, del voluminoso materiale del «Collège de Sociologie» (la cui traduzione a cura di Marina Galletti cerca ancora un editore in Italia) era disponibile da ben otto anni. Eppure, dopo l'infatuazione degli anni sessanta che, in sintonia con i tempi, esaltava l'immagine alquanto riduttiva di uno scrittore solitario, Georges Bataille sembrava ancora emarginato dalla scena culturale alla quale aveva pure fornito alcuni dei suoi concetti chiave come quelli di dépense, trasgressione, festa, comunicazione o non sapere. Non è certo un caso che, pure essendo il curatore degli ultimi tre volumi delle Opere complete (Gallimard), Marmande abbia dovuto pubblicare i due volumi estratti dalla sua Thèse pour le Doctorat d'Etat presso due piccole case editrici di cui va sottolineato il coraggio (L'indifférence des ruines, Chemin de ronde, 1985, Bataille politique, Presses Universitaires de Lyon, 1985). Ma la situazione sembra ora cambiata. Con la giusta dimensione che richiedeva colui che Foucault salutò come uno degli scrittori più importanti del secolo, attraverso le singole voci, si è formata una sotterranea quanto salda comunità elettiva che, lontano dai clamori delle ricorrenze, ha recentemente offerto l'occasione di ritornare alla opera dello scrittore, attraverso una serie di pubblicazioni e di incontri, tutti di ottimo livello. E così, più che di «batailliani» si parlerà qui di «amici-lettori» di Bataille, di colui che prese l'amicizia a modello della comunicazione - nel senso attivo che soltanto lo scrittore riuscì a dare (e a praticare) del termine: «Mon amitié complice: c'est là tout ce que mon humeur apporte aux autres hommes». E di fatti dai nomi sparsi di Métraux, Leiris, Masson, Queneau, Kojève, Klossowski, Caillois, Ambrosina, Blanchot partono le innumerevoli direzioni di un pensiero plurimo che si avventurò nelle zone allora non limitrofe della filosofia, della letteratura, dell'arte, dell'etnologia, dell'economia e della sociologia. «Une biographie cherche, d'un homme sur lequel le silence s'est fait, le secret de la fascination qu'exerce son oeuvre. Sans doute, échappera-t-il. Sans doute, est-ce la vérité d'une biographie qu'aussi proche I pacchetti di Alfabeta coscienza comune, correggendo le sue immagini e le sue parole predilette, fino a consumarle per arrivare all'assenza di figure del pensiero puro. Rilevare queste corrispondenze stilistiche e compositive tra le due opere significa saltare oltre Bodei, gettare uno sguardo sulla situazione pedagogica in cui necessariamente si produce il filosofare hegeliano (recentemente evidenziaqu'on puisse etre par instant de ce secret, à la fin il échappe [... ]» (p. 7). Pur muovendo da questa amara quanto irrimediabile constatazione, Michel Surya ha ripercorso per quasi 600 pagine l'intera vita di Georges Bataille, alla ricerca di quanto poteva in qualche modo averne costituito se non il principio attivo per lo meno qualcosa di equivalente ad un filo di Arianna. Come, infatti, orientarsi nello spazio labirintico che Bataille, fin dall'inizio, ha aperto alla sua quéte, spingendone i confini ai limiti dell'impossibile, dell'indicibile? L'ordine cronologico postula un senso laddove il più delle volte non c'è niente altro che una giustapposizione di fatti puramente casuali. Cosa dire poi nel caso di Georges Bataille che rifiutò sistematicamente di sottomettere la sua esistenza alla linearità di un qualsiasi progetto, esponendola invece alla disarticolazione, attraverso una totale disponibilità a quella che chiamò la «volonté de chance»? In una prospettiva strettamente metodologica l'impresa sarebbe stata destinata al fallimento se Miche! Surya non ne avesse posto i limiti preliminari. Che cosa ha potuto giustificare una tale impresa di cui si deve sottolineare l'estremo rigore e il convincente fervore? Per quanto riguarda i fatti strettamente biografici non c'è nulla di significativamente nuovo. Con l'estrema lucidità di chi si è sottoposto a un trattamento psicoanalitico Bataille aveva del resto già ripercorso e sintetizzato la propria vita in una nota autobiografica di scarne ma essenziali pagine ( Opere complete, voi. VII, pp. 459-462). Le testimonianze dei pochi amici e compagni ancora vivi (Leiris, Pie!, per ricordare i più famosi) che puntellano il lavoro, aggiungono ben poco a quanto già si sapeva o si intuiva della vita proibita del rispettabile e coscienzioso bibliotecario. È dunque all'interno dell'opera che, con ammirevole precisione, Surya è andato a ricercare non solo i dati biografici occultati ma anche e soprattutto il filo conduttore della vita (e così, per esempio, è nella falsa riga de Le coupable, diario di vita e di mor- , te, che ha seguito, giorno per giorno, la vita quotidiana dello scrittore durante l'occupazione tedesca), ritrovando, anzi, in questa lo specchio o il prolungamento di quella: «C'est en ceci que Bataille est aussi peu philosophe que possible et en ceci que sa biographie intéresse au tout premier chef sa pensée: il n'a jamais rien pensé qu'il ne voulut vivre, et rien imaginé dont il ne voulut, sur lui-meme, seul, ou avec quelques autres, faire l'expérience [... ]» (p. 258). Non si tratta certo di stabilire delle equazioni ma di ritrovare, attraverso una serie di immagini e di slittamenti delle equazioni ma di ritrovare, attràverso una serie di immagini e di slittamenti fantasmatici, quanto vita e scrittura si nutrono a vicenda - impegnate, l'una come l'altra, in una identica, radicale, interrogazione dei reciproci fondamenti. In questo prolungato processo osmotico che Surya pone giustamente sotto il segno di una irresistibile attrazione per la morte (La mort à l'oeuvre è il sottotitolo del volume) quello che conta non è tanto la verità quanto l'autenticità del soggetto che si costruisce attraverso le proprie istanze di discorso, al presente della scrittura. In questo senso - ma in questo soltanto - leggerta più volte, per esempio, da Derrida). E questa è, insieme, la precondizione per estrarre da Scomposizioni l'intenzione speculativa, al di là di quella propositiva, immediatamente percepibile. Appunto dall'intreccio tra carattere speculativo e carattere operativo del metodo dialettico risulta forse, in ultima analisi, il fatto che il gesto compositivo in stile hegemente derisorio risulta il tentativo di afferrare una verità assente, di colmare delle lacune sui cui vuoti si è anzi costruito l'insieme dell'opera: «La question se pose bien siìr de l'authenticité de ce que dit Bataille au sujet de son enfance [... ] Il fait pourtant peu de doute qu'à un ou deux détails près, Bataille a dit vrai» (p. 24). Dettagli certo ma il cui segreto costituisce il nucleo germinale di una intera vita-scrittura. I n tutta altra prospettiva si muove Carlo Pasi che, abbandonando la superficie del dato biografico, si immerge nel cuore della rete fantasmatica che sottende l'insieme dell'opera finzionale e teorica dello scrittore. La volontà di risalire all'origine, alla «favola» oscena dell'infanzia, si percepisce fin dal titolo che, aldilà dello specifico studio su Histoire de l'oeil, si applica di fatto all'insieme di questo densissimo libro giustamente definito da Jacqueline Risset come «le récit de la genèse ·d'une écriture» («Le Magazine Littéraire») - la scrittura parodica del basso. Nel saggio iniziale, La scrittura-sacrificio, Pasi espone molto lucidamente il proprio procedimento critico, prendendo le mosse da L'expérience intérieure, testo paradigmatico e centrale che trascrive la sconvolgente esperienza di denudazione e di spogliazione di sé provocata, nei primissimi anni quaranta, dalla morte di Colette Peignot e dallo scoppio del conflitto mondiale. Opera aperta e frammentaria, L'expérience intérieure segna una svolta decisiva, messa in moto da una intensa meditazione sulle ormai !,en note fotografie del giovane suppliziato cinese che costituirono l'ossec;sione permanente di Bataille e sulle quali egli focalizzò l'esperienza dell'illuminazione estatica che sottende la sua sperimentazione di una «scrittura-sacrificio»: «L'estasi è la prima scossa contro un pensiero anchilosato, poi l'uscita da sé, dai condizionamenti incrostati nelle sedimentazioni dell'essere [... ] L'estasi è il supplizio che slabbra l'identità, mutila se stessi. Nell'agonia sorge una possibilità di rinascere...:diversi: 'car condamné à devenir homme (ou plus), il me faut maintenant mourir (à moi-meme), m'accoucher moi-meme'» (p. 64). Distinguendo nettamente il procedimento crudelmente attivo di Bataille dalla passività stereotipata della scrittura automatica di Breton, Pasi delinea il modello di una comunicazione contagiosa all'interno della quale, in un intenso rapporto dialettico, soggetto e oggetto (autore e critico) alternano le proprie parti, in una reciproca alterazione dalla propria identità. Lungo l'insieme di queste prime, belle, pagine echeggia, nutrendole, la straziante invocazione di Bataille: «C'est pourquoi il me faut te demander maintenant, puisque tu parcours des phrases où le silence de la pensée s'est inscrit avec plus de nécessité encore que son enchainement, de renoncer si de très loin tu ne ressens pas l'angoisse dans laquelle je suis cherchant à communiquer avec toi. Si cette lecture ne devait pas avoir pour toi la gravité, la tristesse mortelle du sacrifice, je voudrais ne rien avoir écrit» (p. 27). Nel capitolo successivo, La favola del- /' occhio, viene scomposta la serie di ossessioni fantasmatiche che ruotano intorno al nucleo centrale dell'immagine dell'occhio pagina 13 liano sia necessariamente, come più volte sottolinea Bodei, non garantito, rischioso, non automatico negli esiti - e proprio a causa del suo alto potenziale di efficienza. Ed è su questo che Bodei punta per instaurare un dialogo tra le voci cooptate da Hegel, Hegel stesso e le altre voci che nel nostro presente propongono altre strategie di individuazione o di autodifesa. (diventato per slittamenti analogici uovo, sesso, sole, ano, testicolo). In questo bellissimo studio della favola nera che «senza pudori sgretola la parola del dominio» (Histoire de l'oeil e Madame Edwarda, disse Foucault, hanno rotto «le fil des récits pour raconter ce qui jamais ne l'avait été»), Pasi si avvale dell'insieme dei testi scritti all'incirca nello stesso periodo, che si tratti delle voci Oeil, Solei/ pourri, apparse nel 1929 su Documents, de L'Anus so/aire, scritto nel 1929 e pubblicato nel 1931 o del postumo Dossier de l'oeil pinéal. Infatti, sostanziata da una complessa drammatizzazione fantasmatica, la narrazione di Histoire de l'oeil si allaccia inoltre a una articolata interrogazione che si dirama in varie direzioni del sapere, come la sociologia, l'antropologia, la psicoanalisi, la storia delle religioni. Il merito di questo capitolo (ma anche dell'intero libro poiché questo vale di fatto per l'insieme della produzione batailliana) è proprio di aver dimostrato che ogni indagine che non rispetti questo intrico fra elementi fantasmatici, elementi finzionali e processi conoscitivi è destinata a fallire. Bataille stesso. del resto, confessò che non avrebbe potuto scrivere Le supplice (seconda parte de L'expérience intérieure) se non ne avesse «d'abord donné la clé lubrique» con Madame Edwarda. Allo stesso modo. il racconto in prima persona, Le bleu du ciel (scritto nel 1935 ma pubblicato soltanto nel 1957) riflette, nella finzione narrativa, il clima di incertezza soffocata e tesa in cui Bataille si dibatteva alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel momento in cui, fallita l'esperienza di ContreAttaque, stavano maturando quelle di «Acéphale» e del Collège de Sociologie (si veda anche L'indifférence des ruines di Marmande). Questi anni durante i quali prese forma la scienza del «tout autre», definita «eterologia» dopo una serie di aggiustamenti semantici («agiologia», «scatologia», «ateologia») sono al centro dell'ultima parte del libro. Nel capitolo Il pensiero eterologico Pasi analizza il corpus postumo e frantumato del Dossier de la polémique avec André Breton e del Dossier «Hétérologie» mentre in «Acéphale» studia i cinque numeri della rivista concepita in perfetta sintonia con André Massone Tossa de Mar in Spagna, insieme agli articoli pubblicati su «La critique sociale», la rivista di Boris Souvarine (La dépense improductive e Structure psychologique du fascisme). Facendo risalire la prima intuizione dell'eterogeneo all'interno dello spazio analitico, inteso come «spazio altro, simile in tale senso a quello sacro» (p. 109), Pasi riconduce con estrema convinzione queste altre forme di eversione alla loro matrice originaria, al rifiuto di «tout ce qui cherche à faire autorité», simboleggiato scatologicamente da Bataille, fin dai tempi di Histoire de l'oeil, nello pseudonimo Lord Auch («Dieu aux chiottes»): «Il fantasma di Lord Auch trapassa dunque dal piano individuale a quello sociale, dalla Histoire de l'oeil a 'Acéphale', passando dal sogno, mito personale, al mito, sogno collettivo» (p. 133). Il volume si chiude con un Profilo di Georges Bataille nel quale il lettore troverà tutti gli elementi necessari ad un primo approccio dello scrittore.

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