Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

Alf abeta 102 I pacchetti di Alfabeta pagina 11 Il nazionalismo nell'Est Istvan Bib6 Misère des petits Etats de l'Europe de l'Est Paris, L'Harmattan, 1986 pp. 462, s.i.p. Valogatott tanulmanyok (Saggi scelti) Budapest, Magvetò, 1986 3 voli., pp. 728, 924, 654 Agnes Heller Un democratico senza democrazia «Micromega», n. 3, 1986 pp. 125-134 I n Ungheria, e ormai anche in Occidente, si è da qualche tempo ridestato l'interesse per la figura e l'opera di lstvan Bib6, pensatore e uomo politico che occupò una posizione di rilievo nella vita pubblica ungherese degli anni quaranta, fu nel governo Nagy del 1956 e morì a Budapest, dimenticato quasi da tutti in patria e all'estero, nel 1979. Intorno a Bib6 - intellettuale non marxista, ma fautore di un riformismo radicale assai vicino al socialismo - aleggia un prestigio morale, di cui possono godere pochi dei protagonisti della storia centroeuropea dell'ultimo mezzo secolo. Si racconta, ad esempio, che il 4 novembre 1956, quando i soldati russi entrarono nel Parlamento di Budapest, vi trovarono uno solo dei membri del governo rivoluzionario: Istvan Bib6 appunto, intento a redigere un appello all'ONU, perché facesse rispettare le libere decisioni del popolo ungherese. L'avversione di Bib6 a ogni compromesso, a ogni forma di Realpolitik, la fede quasi «ingenua» nella bontà delle istituzioni democratiche e nella necessità di lottare perché esse possano funzionare, fanno di lui uno dei pochi «eroi» della storia contemporanea ungherese, una figura affine, come bene osserva Agnes Heller, a quella di un'altra grande esponente del pensiero politico «liberale» novecentesco, Hannah Arendt. Non è un caso che l'opera di Bib6 ridiventi attuale proprio ora, in un momento cioè in cui la parziale democratizzazione della vita politica in Ungheria mette in luce i nodi non risolti della storia nazionale e fa riemergere antichi motivi di attrito fra gli ungheresi e le altre piccole nazioni della Mitteleuropa. L'obiettivo principale della saggistica di Bib6 fu infatti sempre quello di evidenziare le peculiarità dell'evoluzione storica delle nazioni dell'Europa centro-orientale rispetto a quelle dell'Occidente, peculiarità a cui vanno ricondotte le cause delle tragedie che da alcuni secoli si abbattono sul popolo ungherese, come su quello polacco o ceco. La rinascita dell'interesse per Bib6 è da collegarsi all'incapacità dimostrata finora dal socialismo reale di risolvere i problemi delle nazioni della Mitteleuropa, è parte del tentativo in atto in certi settori dell'intellettualità ungherese di riallacciare i legami con le fragili radici del pensiero nazionale democratico, progressista e non marxista. Negli anni quaranta e cinquanta, nel paese sconvolto dalla guerra e dal clima di delazione e connivenza colpevole che inquinava la coscienza civile, la personalità di Bib6 si staglia con la grandezza morale di un maestro. Egli fu uno dei pochi a testimoniare con la propria vita contro i compromessi: emarginato· dalla vita politica e dall'insegnamento, accettò nel 1950 un posto di bibliotecario; condannato all'ergastolo nel 1957, dopo la restaurazione sovietica, rimase in carcere fino al 1963. Si tenne poi sempre volutamente ai margini della vita politica: un'autocritica sarebbe stata contro i suoi principi; alle autorità del suo paese chiese soltanto, ripetutamente, che venissero rimessi in libertà anche gli altri Giampiero Cavaglià prigionieri politici del 1956 che, diversamente da lui, non avevano beneficiato dell'amnistia. Le tappe della sua biografia sono quindi segnate dalle stesse drammatiche cesure che bloccarono l'evoluzione democratica della sua nazione. Fu a causa di quelle cesure che il lavoro teorico di Bib6 poté procedere solo con grandi difficoltà e che il suo pensiero esercitò una scarsa influenza sull'opinione pubblica nazionale. La prima opera di vasto respiro progettata da Bib6 risale agli anni della seconda guerra mondiale: doveva essere un ampio studio che, prendendo le mosse dall'analisi della situazione tedesca, avrebbe abbracciato tutto il contesto mitteleuropeo, per formulare infine concrete proposte di soluzione delle numerose vertenze interetniche e per un'integrazione dell'Unione Sovietica nello spazio geo-politico europeo. Del libro Bib6 scrisse soltanto i capitoli iniziali, il primo dei quali è ora stato tradotto in francese: Les raisons et l'histoire de l'hystérie allemande (1942). Il titolo è rivelatore dell'approccio di Bib6: l'isteria non ha qui infatti un semplice valore euristico, si tratta proprio della categoria delle scienze della psiche, applicata allo studio dell'opinione pubblica tedesca negli anni venti e trenta. L'isteria, argomenta Bib6, negli individui e nelle comunità, è frutto di un'esperienza traumatica, che impedisce la percezione equilibrata della realtà, e i traumi inferti alla coscienza nazionale tedesca sono stati numerosi nella storia recente. Dal fallimento della rivoluzione quarantottesca all'ambigua e antidemocratica unificazione del 1871, ha preso l'avvio nell'opinione pubblica tedesca la tendenza a evadere dalla realtà e a rifugiarsi nel mondo dei suoi «fantasmi» (culto del wagnerismo, nietzscheanismo triviale), ad abbracciare soluzioni illusorie dei problemi che si pongono alla nazione. La soluzione illusoria e fantasmatica per eccellenza è, secondo Bib6, quella del militarismo prussiano, ma il trauma più grave fu inferto alla coscienza nazionale tedesca dalla prima guerra mondiale e dai trattati di pace. Qui l'analisi si"'fapiù puntuale, perché Bib6 era per formazione uno specialista di diritto internazionale (aveva studiato, oltre che a Budapest e Vienna, a Ginevra, L'Aja e Parigi) e l'originalità del suo metodo di indagine consiste proprio nella capacità di sintetizzare l'approccio del politologo con quello dello psicologo delle masse. L'umiliazione della coscienza nazionale orientò l'opinione pubblica tedesca nel primo dopoguerra verso posizioni revansciste, verso un crescente antieuropeismo. S ono evidenti le analogie fra la situazione tedesca e quella - che più stava a cuore a Bib6 - dell'Ungheria, a cui è dedicato uno dei saggi ora tradotti in francese: Les déformations du caractère national hongrois et Les impasses de l'histoire de LaHongrie (1948). I mali che affliggono la coscienza nazionale ungherese . negli anni venti e trenta sono assai simili all'isteria di cui soffriva la società tedesca coeva e le ragioni dello sciovinismo irredentistico, che trascinò il paese nella guerra a fianco del nazismo, vanno ricercate per Bib6 nelle vicende del recente passato ungherese, nel mezzo secolo di storia (18671918) in cui l'Ungheria condivise il potere con l'Austria nella forma istituzionale del «dualismo» (Ministeri della guerra· e. degli esteri in comune e per il resto autonomia quasi totale). L'accordo stipulato con l'Austria nel 1867- noto nella storiografia come «compromesso», perché le sue clausole dovevano essere ridiscusse periodicamente - significò per la nazione ungherese la rinuncia alla democratizzazione delle istituzioni politiche e all'indipendenza totale, cause per le quali essa aveva lottato nella guerra del 1848-1849. La nobiltà ungherese aveva stipulato l'accordo con l'Austria nella convinzione che un'Ungheria indipendente non avrebbe potuto sopravvivere nel contesto mitteleuropeo, terreno di scontro degli imperialismi tedesco e russo. Ma fu proprio quel patteggiamento, secondo Bib6, la premessa dell'isteria che si impadronì, nel primo dopoguerra, della coscienza nazionale ungherese: nell'età del compromesso la nazione visse infatti nell'illusione di aver raggiunto l'indipendenza, mentre indipendente non era. La disgregazione dell'Ungheria «storica» (tre volte più grande dell'attuale), che seguì alla caduta dell'impero absburgico, fu un trauma grave per l'opinione pubblica magiara, che fu spinta, negli anni venti e trenta, verso un irredentismo estremistico. Su di esso si fondava la politica estera del paese che culminò con l'alleanza con la Germania nazista: questa permise all'Ungheria di recuperare i territori (come la Transilvania, assegnata dal trattato di pace del 1920 alla Romania) in cui abitavano consistenti minoranze ungheresi, ma trascinò il paese nella rovina. Le ragioni delle ripetute tragedie che si sono abbattute in questo secolo sulla nazione ungherese vanno rintracciate secondo Bib6 nell'assetto instabile instàurato nella Mitteleuropa dai trattati di Versailles e del Trianon; ma, in ultima analisi, quei trattati non avevano fatto che trarre le conclusioni dallo sviluppo distorto che i vari nazionalismi avevano avuto in quell'area geografica. Alla ricostruzione di tale sviluppo è dedicato il saggio che dà il titolo al volume francese: Misère des petits Etats de l'Europe de l'Est (1946). Le nazioni prese in esame sono la ceca, la polacca e l'ungherese, cioè quelle che in passato ebbero ciascuna una potente ed efficiente organizzazione statale. Esse però, a differenza delle nazioni occidentali, come l'Inghilterra o la Francia, Il nascondiglio dell'iniquità

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