Alfabeta 101 A più voci pagina s 1 Per onestà verso l'autore - e devo innestare la marcia inferiore ogni volta che mi sforzo di controllarmi nei riguardi di quel tipo - mi corre l'obbligo di ammettere che con qualsiasi libro del genere de L'amante del Cardinale regredisco all'intelligenza del Pliocene. Quando mi trovo di fronte un romanzo storico che comincia: «Dalle piccole chiese nascoste tra il verde rigermogliato delle valli, l'Ave Maria della sera veniva dolcemente a morire sul lago», il niio unico desiderio è di venire anch'io dolcemente a morire, senza stare a sottilizzare se sul lago o all'asciutto. Continuo a leggere di una signora i cui occhi «sapevan9 la malia delle velenose passioni», e il mio unico desiderio è di farglieli chiudere per sempre, quegli occhi. E inoltre mi trovo in mezzo a un vortice di personaggi chiamati il Conte di Castelnuovo e Don Benizio e Cari Emanuel Madruzzo, Cardinale e Arcivescovo di Trento e Vescovo Principe del Trentino, e Filiberta, e Madonna Claudia - e' a quel punto tutto mi si annebbia. Mi accorgo che non arriverò mai a capire chi è chi, e da che parte sta, e che potrei benissimo abbandonare l'impari lotta. politici e ~ottili veleni, e novizie dal cuore spezzato che muoiono nei conventi e cavalieri misteriosi che fuggono saettando in nuvole di polvere e altri personaggi in tono con la vicenda, e compagnia bella. Ma cose del genere non fanno per me. Persino quando è roba decente il sonno mi sopraffà prima di arrivare a metà del libro. allungato di una scena in cui io dico a Mussolini: «E come se non bastasse, lei, vecchio Duce, non è neppure capace di scrivere un libro intelligibile!» Già mi figuro l'espressione ebete che gli si dipingerebbe in faccia. Dorothy Parker (1893-1967) fu una fragile ebrea mezza scozzese di New York, maestra nel racconto breve, nel dialogo e in acrobatici solilo-. qui: nitidissime rapide sequenze dove si coglie il senso di una vita. Fu altresì una grande cultrice del tema della morte e del disfacimento, come testimoniano quasi tutti i suoi titoli: Enough Rope (poesie), ~nset Gun (poesie), Laments for the Living (racconti), Death and Taxes (poesie), After Such Pleasures (racconti), Not So Deep As a Well (poesie), Here Lies, raccolta di racconti tradotta in Italia da Montale nel 1941 per Bompiani con l'infelice titolo Il mio mondo è qui. Un suicidio è il tema di The Big Bionde, racconto lungo che le valse il Premio O'Henry nel 1930. Altri racconti e alcune poesie dal Portable Dorothy Parke, uscito nel 1944 dalla Viking Press sono apparsi in Italia nella traduzione di Marisa Caramella per La Tartaruga nel 1973 col titolo Tanto vale vivere. lizzate. Le sue poesie, fulminee strofette al limite del limerick, di carattere spesso aforistico, tutte giocate sulla velocità e sulla rima, le dettero la fama assegnandole un ruolo di protagonista nello smart set letterario che faceva capo ali' Algonquin Hotel. Ruolo apparentemente inconciliabile con il suo coerente impegno politico: dalle manifestazioni per Sacco e Vanzetti ai vividi reportages dalla guerra civile spagnola, alle accuse di filocomunismo nel secondo dopoguerra, all'appoggio dato a Martin Luther King, che designò suo erede universale: ma, tutto questo, in sordina, in una vita sempre in bilico fra eleganza e disastro. Pare che succedano un sacco di cose nel- !' Amante del Cardinale. Ci sono intrighi A mio avviso, l'unico elemento positivo del libro è la prefazione di Hiram Motherwell, che ha anche tradotto il romanzo. Mr. Motherwell scrive la sua introduzione con una serietà irreprensibile, quasi solenne, comportandosi con il Duce come se si trattasse di un vero scrittore; eppure c'è qualcosa a questo proposito che fa intuire ad un lettore attento che il traduttore potrebbe tranquillamente cavarsela lo stesso se si tenesse alla larga per qualche tempo dal poco rassicurante clima italiano. C'è da augurarsi che decida per qualche sito simpatico e ben lontano - tipo New York, diciamo - come rifugio ideale per l'inverno. Per quanto spossata dall'ardua prova, non sarò certo io a rimpiangere il tempo e lo sforzo che ho messo nel mio tentativo di leggere L'amante del Cardinale. Il libro ha considerevolmente allargato quel sogno ricorrente di cui parlavo prima, che ora si è Il suo magistrale «parlato» restituisce le ore piccole nei cafés di Manhattan, i moderni appartamenti e le solitudini dei pomeriggi, il disagio delle coppie, le bevute e i tentati suicidi, le madri disattente, le stanze d'albergo - e l'estrema pietà di tutto. Ma sono anche vivissimi ritratti, di un sarcasmo implacabile e feroce, puntualissimo, di ottuse presunzioni e di sopraffazioni istituzionaIndignazione, insofferenza, fragilità nervosa, umorismo: Dorothy Parker, contemporanea di Hemingway e di Fitzgerald, apre un nuovo filone cittadino newyorkese della narrativa americana, al quale, via Grace Paley e certo Woody Allen, guarda sicuramente con attenzione la nuova generazione di scrittori cosiddetti minimalisti. Collaboratrice di «Vanity Fair», «Esquire» e «The New Yorker», dove le era affidata la rubrica Constant Reader, vi scrisse per anni recensioni letterarie. Non sembra privo di interesse riproporre la sua recensione, che risale al 1928, de L'amante del Cardinale di Benito Mussolini, da lei altrove definito Little Bennie o anche «Nathalia Crane italiana» (undicenne poetessa prodigio dell'epoca). Il romanzo, uscito a puntate su «Il Popolo» nel 1910, viene infatti oggi riproposto in Italia (cfr. Umberto Eco, «L'Espresso», 1 febbraio 1987) dall'editore Reverdito, con nutrita prefazione di Santi Corvaja. Laura Barile Temi.Tradizione del nuovo Dissidio di correnti • o Con questo primo scritto e con altri successivi, «Alfabeta» intende aprire un dibattito sul metodo critico per l'arte e la letteratura nuova, riferendosi alle discussioni già in corso. U n'arietta circola in Europa e negli States. Certo è pesante la cappa del!'«effetto serra» che la grande produzione vuole tenere su noi con la sua strategia degli ottanta: riprivate le aziende, selettivi gli alti studi connessi all'industria, autofertilizzanti le macchine di massima energia, poco lavoro umano futuro .. : C'è pure qualche soffio di arietta del vecchio «nuovo» moderno ... O no? Tutti guardiamo le mappe tedesche e consultiamo il Katalog che è volume secondo del terzetto di Kassel (e già in «Alfabeta» Fagone commissario ha parlato del neomoderno, con relativa «criticità» habermasiana, conversando con Antonio Porta, n. 96, maggio). L'opinione critica che corre di più parla con disagio ostile di «una cultura oppositiva», e «di un'arte sociale, di un'arte utopica» proposte a Kassel, «dove il citare o l'attraversamento stilistico non erano un copiare, ma il trovare delle forme e assemblarle alla stregua di un'operazione duchampiana»; e ci sono le vistose assenze «dei migliori esempi teutonici della nuova arte contestuale» (leggo G. Di Pietrantonio, e poi C. Christov-Bakargiev, in «Flash Art» estate 87, mensile d'arte dove ha proliferato bene in termini rispettabili di una nuova critica il filone della Transavanguardia). Io ritengo che la situazione autentica della ricerca artistica-letteraria di oggi non attinga ancora a un «nuovo» in rapporto con le punte del 60, col loro sperimentalismo e con i loro problemi di statuto linguistico; ma certo oggi si procede a smontare o verificare più sottilmente il decennio scorso col suo pittoricismo, con la sua ripresa di un figurativo riferibile per lo più a De ·chirico e a Carrà (che sono i soli buoni nell'ultimo volume della grande storia di Zeri) e con la sua fortuna commerciale enorme. Ma una scoperta comincia, vedendo e sfogliando, poi con osservazioni in casa: e consiste nel fatto, specie tedesco e americano ma ben diffuso, che le .correnti d'aria del Novecento secondo, quello di dopo il 45 e delle nuove avanguardie attorno al 60, fra grande progetto perso e rigori dell'iodi autori? Francesco Leonetti venzione formale, siano correnti resistite in questo dannato riflusso, recessione, oppure immersioni nei fanghi. Per esempio, accanto a un nuovo Morris magistrale, si legge che ricompariscono: il neoconcettuale (in modi e filoni diversi) l'assemblaggismo (Cragg, 49, Liverpool ecc.); i minimalisti (Banchet, 48, Paris, Burton, 39, Greensboro ecc.); il macchinico immaginario (Baquié, 52, Marseille); il neodada, e anche il neopop (Rollins, 55, Pittsfield, e altri del Group Materiai); l'ambientalismo e la scultura-ambiente (Drescher, 55, Karlsruhe); e il trattamento visivo della denuncia politica (Haacke, 36, Koln); e i seguiti del neoespressionismo che attorno all'80 erano, come ebbi già lunga occasione di dire (in «Alfabeta», estate 85) il nuovo interessante: vedi qui Applebroog, 29, New York ecc. Ho scelto le più varie date generazionali e provenienze, nella serie sommaria di esempi. E voglio aggiungere che Documenta 8 mischia pure con grazia il design italiano e il postmoderno, per esempio i tavolini di Bustamante; e non presenta granché di quel fitto lavoro artistico d'intervento linguistico sociale che, per esempio, Dan Cameron in un suo saggio di attento rilievo teorico connette al periodo americano glorioso di Johns e di Rauschenberg, e oggi ha con Holzer e Kruger e ancora Rollins i consapevoli portatori (il saggio è nello stesso numero di «Flash Art»). La letteratura si sa che è più tarda, assestata, circospetta, doppiopetta. C'è anzi un grosso problema teorico in questa differenzialità. L'arte si vede già dalle vetrine durante le vernici (e si deve camminare tanto). La letteratura, pur senza la lettura stilcritica rallentata mirante alle sillabe e ai nessi, chiede intere notti. Tutto il multimediale è colpo d'occhio spettacolare e persuasione occulta. È duro apprendimento il referenziale che nel letterario c'è (in senso semantico) e non c'è (perché non è direttamente accettabile). Il mercato artistico decide il terribile nesso stretto fra «valore» e «valore di scambio», o prezzo; mentre in quello letterario c'è solo un'eco ... Per esempio nella narrativa italiana giovane si respira solo con Lacatena e Comolli, e già vengono tenuti ai margini ... In letteratura insomma l'arietta è più rara; ma la continuazione delle grandi ricerche dei nostri tempi attorno al 60 c'è pure. Ora vorrei qui porre subito, nell'incertezza iniziale su questo soffio movimentato e intermittente, un quesito teorico-critico squisito. E per spiegarlo bene apro per esempio due libri recenti di Achille Bonito Oliva. La tempestività e l'accortezza che sono sue, nelle sue ricognizioni con piede lento e sicuro ovunque, sono fortunatissime e degne di ammirazione. Ora dice nel suo Progetto dolce (Milano, Nuova Prearo Editore, 1987): «Il rigore diventa un'istanza morale dell'opera, l'approfondimento linguistico un momento che connota il lavoro creativo, fuori da ogni retorica immediatezza espressiva»; «dopo l'apertura a ventaglio verso la produzione artistica del passato, ora questi artisti sembrano ritrovare la loro fiducia nelle ascendenze culturali portatrici di un ordine linguistico oggettivamente valutabile con i parametri della forma». Ottimi giudizi; ma si osservi già qui la funzione speciale che al periodo e al gruppo della Transavanguardia è serbato e riservato da Bonito Oliva: qui è l'apertura di «attenzione al passato»; poco oltre è un' «opera di azzeramento», che ora favorirebbe il nuovo. Ma questi artisti successivi, che secondo lo stesso grande critico mirano a «un rapporto di organica compenetrazione (con le cose) che ricorda la tensione verso la totalità delle avanguardie storiche», sono in un preciso dissidio differenziante verso quella «attenzione al passato». I noltre: a chi si riferisce Bonito Oliva con tale progettualità che non investe la nozione di progetto in senso pieno, ma è dolce, e come tale è «idea di costruzione del prodotto della fantasia»? La definizione è ben giocata, ha qualità, riguarda, come è giusto la linguisticità di un'opera d'arte; e però, per noi, «progetto» comporta una formalizzazione così rigorosa che incida nel contesto. Pare che Bonito Oliva rivolga le sue cure ai prosecutori della Transavanguardia, a fianco di altri diversamente decisi: Arcangelo e Bianchi, Ceccobelli e Tirelli, e Nunzio; e Dynys e Sanjust. E sono tutti artisti nati a cavallo del 55, sotto l'influenza dei grandi lanci (Clemente, Chia, Cucchi, De Maria, Paladino, pur diversi fra loro); i successivi scelti qui hanno magari altri loro puntigli; ma tutto il discorso di Bonito Oliva è giusto per il 60 piuttosto attivo ancora nelle accademie e
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