Alfabeta 101 antichissima: la verità è qualcosa accanto alla quale abitiamo sin dall'inizio dei tempi, salvo che la abbiamo dimenticata. Se l'abbiamo dimenticata, qualcuno deve averla conservata per noi, e noi non siamo più capaci di capire le sue parole. Questa sapienza deve essere dunque esotica. Jung ci ha spiegato che quando una qualsiasi immagine divina ci è diventata troppo familiare e ha perso ogni mistero, dobbiamo rivolgerci a immagini di altre civiltà, perché solo i simboli esotici conservano un'aura sacrale. Per il secondo secolo la saggezza segreta avrebbe dovuto dunque abitare o presso i Druidi, i sacerdoti dei Celti, o presso i sapienti dell'Oriente, che parlavano lingue incomprensibili. Il razionalismo classico identificava i barbari con coloro che non sapevano neppure articolare la parola (l'etimologia di barbaros è questa, è barbaro chi balbetta). Ora invece è proprio il presunto balbettio dello straniero che diventa lingua sacra, piena di promesse e di rivelazioni taciute. Se per il razionalismo greco era vero ciò che poteva essere spiegato, ora è vero solo ciò che non si può spiegare. Ma quale era il sapere misterioso di cui erano in possesso i sacerdoti dei barbari? L'opinione diffusa era che costoro conoscessero le catene occulte che uniscono il mondo spirituale al mondo astrale e questo al mondo sublunare, per cui agendo su una pianta si può influire sul corso delle stelle, il corso delle stelle influenza il destino degli esseri terrestri, e le operazioni magiche compiute su una immagine della divinità costringono la divinità a seguire il nostro volere. Come è in basso, così è in alto. L'universo diventa un grande Teatro degli Specchi dove qualsiasi cosa riflette e significa tutte le altre. Si può parlare di simpatia e somiglianza universale solo se si rifiuta il principio di non contraddizione. La simpatia universale è effetto di una emanazione di Dio nel mondo, ma all'origine della emanazione sta un Uno inconoscibile che è la sede stessa della contraddizione. Il pensiero neoplatonico cristiano cercherà di spiegare che noi non possiamo definire Dio in modo univoco a causa della inadeguatezza del nostro linguaggio. Il pensiero ermetico dice che il nostro linguaggio, quanto più è ambiguo, polivalente, e si avvale di simboli e metafore, è particolarmente adatto a nominare un Uno in cui si realizza la coincidenza degli opposti. Ma dove trionfa la coincidenza degli opposti cade il principio di identità. Tout se tient. Come conseguenza, l'interpretazione è infinita. Nel tentativo di ricercare un senso ultimo e inarrivabile, si accetta uno slittamento inarrestabile del senso. Una pianta non viene definita nelle sue caratteristiche morfologiche e funzionali,' ma in base alla sua somiglianza, sia pure parziale, con un altro elemento del cosmo. Se assomiglia vagamente a una parte del corpo umano, ha senso perché rinvia al corpo. Ma quella parte del corpo ha senso perché rinvia a una stella, questa ha senso perché rinvia a una gamma musicale, questa perché rinvia a una gerarchia angelica, e-così all'infinito. Ogni oggetto, mondano e celeste, nasconde un segreto iniziatico. Ma, come affermerà nel XIX secolo Josephin Péladan, un segreto iniziatico rivelato non serve a nulla. Ogni volta che si pensi di aver scoperto un segreto, esso sarà Saggi tale solo se rinvia a un altro segreto, in un movimento progressivo verso un segreto finale. Tuttavia l'universo della simpatia è un labirinto di azioni reciproche, in cui ogni evento segue una sorta di logica spiraliforme in cui entra in crisi l'idea di una linearità, ordinata temporalmente, delle cause e degli effetti. Non ci può essere segreto finale. Il segreto finale della iniziazione ermetica è che tutto è segreto. Il segreto ermetico deve essere un segreto vuoto, perché chi pretende di rivelare un segreto qualsiasi non è un iniziato e si è arrestato a un livello superficiale della conoscenza del mistero cosmico. Il pensiero ermetico trasforma l'intero teatro del mondo in fenomeno linguistico, e contemporaneamente sottrae al linguaggio ogni potere comunicativo. Nei testi fondamentali del Corpus Hermeticum, che appare nel bacino mediterraneo appunto intorno al secondo secolo, Hermes Trismegistos riceve la sua rivelazione nel corso di un sogno o visione in cui gli appare il Nous. Il Nous per Platone era la facoltà che intuiva le idee e per Aristotele era l'intelletto, grazie al quale riconosciamo le sostanze. Certamente l'agilità del Nous si opponeva al lavorìo più complesso della dianoia, che già in Platone era riflessione, attività razionale, della episteme come scienza, e della phronesis come è riflessione sulla verità; ma non vi era nulla di ineffabile nella sua operazione. Invece nel secondo secolo il Nous diventa la facoltà dell'intuizione mistica, della illuminazione non-razionale, della visione istantanea e non-discorsiva. Non è più necessario dialogare, discorrere, ragionare. Occorre attendere che qualcuno parli per noi. Allora la luce sarà così rapida da confondersi con l'oscurità. Questa sarà la vera iniziazione, di cui l'iniziato non deve parlare. S e non c'è più linearità temporalmente ordinata delle catene causali, l'effetto potrà agire sulla propria causa. Così avviene nella magia teurgica, ma così avviene anche in filologia. Al principio razionalistico del post hoc ergo propter hoc si sostituisce il principio del post hoc ergo ante hoc. Un esempio tipico di questo atteggiamento è il modo in cui i rinascimentali hanno dimostrato che il Corpus Hermeticum non era un prodotto della cultura ellenistica ma era stato scritto prima di Platone: poiché il Corpus contiene idee che palesemente circolavano già ai tempi di Platone, ciò significa e prova che esso apparve prima di Platone. Se queste sono le caratteristiche dell'ermetismo classico, esse ritornano quando esso celebra la sua seconda vittoria sul razionalismo della scolastica medievale. Nei secoli in cui il razionalismo cristiano cercava di dimostrare l'esistenza di Dio attraverso ragionamenti ispirati al modus ponens, il sapere ermetico non muore. Sopravvive, emarginato, tra gli alchimisti e i cabalisti ebrei, e nelle pieghe del timido neoplatonismo medievale. Ma all'alba di quello che noi chiamiamo il mondo moderno, nella Firenze del Rinascimento dove frattanto si inventa la moderna economia bancaria, viene riscoperto il Corpus Hermeticum, creazione del secondo secolo ellenistico, come testimonianza di una sapienza antichissima anteriore a quella di Mosè. Rielaborato da Pico della Mirandola, Ficino, Reuchlin e cioè dal neoplatonismo rinascimentale e dal cabalismo cristiano, il modello ermetico passa· a nutrire gran parte della cultura moderna, dalla magia alla scienza. La storia di questa rinascita è complessa: ormai la storiografia ci ha insegnato che non possiamo separare il filone ermetico dal filone scientifico, Paracelso da Galileo. Il sapere ermetico influenza Bacone, Copernico, Keplero, Newton, e la scienza moderna quantitativa nasce anche dialogando col sapere qualitativo dell'ermetismo. In fin dei conti il modello ermetico suggeriva l'idea che l'ordine dell'universo descritto dal razionalismo greco poteva essere sovvertito, e che era possibile scoprire nell'universo nuovi nessi, nuovi rapporti, che avrebbero permesso all'uomo di agire sulla natura e di alterarne il corso. Ma questa influenza si amalgama con la persuasione che il mondo non debba essere de_scritto attraverso una logica della qualità, ma attraverso una logica della quantità. Così, paradossalmente, il modello ermetico contribuisce alla nascita del suo nuovo avversario, il razionalismo scientifico moderno. Allora l'irrazionalismo ermetico emigra da un lato tra i mistici e gli alchimisti, e dall'altro tra poeti e filosofi, da Goethe a Nerval e a Yeats, da Schelling a von Baader, da Heidegger a Jung. E non è difficile riconoscere in molte concezioni post-moderne della critica l'idea dello slittamento continuo del senso. È ermetica l'idea espressa da Valéry, per cui il n'y a pas de vrai sens d'un texte. Recentemente Gilbert Durand ha cercato di dimostrare che tutta la cultura degli ultimi decenni - compresa gran parte di quella scientifica - non sta sotto l'insegna del raziopagina 37 nalismo greco, ma sotto quella del modello ermetico. 2 Ma questo modello di un pensiero che devia dalla norma del razionalismo greco-latino sarebbe incompleto se non considerassimo un altro fenomeno che prende forma nello stesso periodo storico. Abbacinato da visioni folgoranti mentre va a tastoni nell'oscurità, l'uomo del secondo secolo elabora anche una coscienza nevrotica del proprio ruolo in un mondo incomprensibile. La verità è segreta, ogni interrogazione dei simboli e degli enigmi non dice mai là verità ultima, ma sposta solo il segreto Altrove. Se questa è la condizione umana, significa che il mondo è frutto di un errore. L'espressione culturale di questa condizione psicologica è la Gnosi. Nella tradizione del razionalismo greco gnosis significava vera conoscenza (discorsiva e dialettica) dell'essere, opposta alla semplice percezione ( aisthesis) e alla doxa ( opinione). Ma ora il termine ha assunto il senso di una conoscenza 'metarazionale, intuitiva, dono della divinità o di un mediatore celeste, e che ha il potere di salvare chi la consegue. La rivelazione gnostica racconta in forma mitica che la divinità, oscura e inconoscibile, contiene già in sé il principio del male, e una androginia che la rende sin dall'inizio contraddittoria, non identica a se stessa. Un suo esecutore inabile, il Demiurgo, dà vita a un mondo sbagliato ed instabile, in cui una parcella stessa della divinità cade come in prigionia, o in esilio. Un mondo creato per errore è un cosmo abortito. Tra i primi effetti di questo aborto sta il tempo, deforme imitazione dell'eternità. In questi stessi secoli la Patristica cerca di conciliare il messianismo giudaico col razionalismo greco, e inventa il concetto di direzione provvidenziale e razionale della Storia. Lo gnosticismo invece elabora una sindrome di rigetto nei confronti del tempo e della storia. Lo gnostico si sente esiliato nel mondo, vittima del proprio corpo, che definisce come tomba e prigione. È gettato nel mondo da cui deve uscire. Esistere è un male. Ma lo sappiamo, quanto più ci si sente frustrati, tanto più si è colti da delirio di onnipotenza, e da desideri di rivincita. Così lo gnostico si riconosce come una scintilla della divinità che si trova provvisoriamente, a causa di un complotto cosmico, in esilio. Se riesce a ritornare a Dio, l'uomo non solo si ricongiunge col suo principio e la sua origine, ma contribuisce a rigenerare quella stessa origine, a liberarla dall'errore originario. Benché prigioniero di un mondo malato, l'uomo si sente investito di un potere sovrumano. La divinità può ricomporre la propria frattura iniziale solo grazie alla collaborazione dell'uomo. L'uomo gnostico diventa un ubermensch. Ciò che caratterizza il potere di questo ubermensch è che la salvezza si raggiunge attraverso la conoscenza ( Gnosis) del mistero del mondo. Rispetto agli ilici, legati alla materia, senza speranza di salvezza, gli pneumatici sono gli unici che possono aspirare alla verità e dunque al riscatto. La gnosi non è, come il cristianesimo, una rel\gione per gli schiavi, ma una religione per i signori. Lo gnostico si trova a disagio in un mondo che avverte estraneo ed elabora un disprezzo aristocratico nei confronti della massa, a cui rimprovera di non riconoscere la negatività del mondo, e atten-
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