Alfabeta 101 teressante segnalare un fenomeno che da un po' di tempo ha ripreso vigore: la disponibilità da parte dell'industria, in questo caso la Rank Xerox e Fiat Auto, a sponsorizzare progetti culturali ed artistici che non sono semplicemente operazioni pubblicitarie o di prestigio ma progetti dotati di più ampio respiro. C. Crupi, P. Forosetti De Hominibus Milano, Tranchida, 1986 pp. 88, lire 120.000 C. Valentini Firenze. Lo spazio e le parole Milano, Tranchida, 1986 pp. 96, lire 80.000 I giochi del Diavolo Alberto Cappi S i può rimproverare all'autore la diretta incastonatura del testo nel Modello, sia che questo accada per concomitanza o eco, in parallelo o seriormente? Fino a non molto tempo fa era il discrimine per stabilire i conTinguely e l'inutilità pratica dell'arte Aldo Colonetti L a bellezza di un oggetto, di una performance, non sta solo nella risoluzione formale di una intuizione; consiste, soprattutto, nella messa in opera, all'interno del circuito delle idee, di una realtà nuova che possa interagire con il tempo e lo spazio preesistenti. Non sempre una mostra d'arte possiede queste qualità, anche perché il consumo culturale sempre più accelerato impedisce, spesse volte, la memorizzazione dell'evento e quindi la sua necessaria storicizzazione affinché lo stesso accadimento possa realmente parlare oltre la cronaca. Jean Tinguely con la sua recente mostra antologica Una magia più forte della morte che si chiuderà il 18 ottobre a Palazzo Grassi dimostra, tra le altre qualità espositive, che l'atto creativo, nell'arte, non potrà mai essere estinto dai modelli interpretativi precostituiti, sempre che la trasgressione, o meglio, l'infrazione dei codici abituali, siano esposti dall'artista con grande chiarezza nel suo programma di ricerca. Da qui discende immediatamente la circolazione, nel dibattito culturale, di idee, di provocazioni culturali, che diventeranno poi patrimonio comune ad ogni disciplina che ha a che fare con la creazione. Non è un caso che Ernst Cassirer, parlando di costruzione a proposito della creazione, abbia affermato che «ogni comprensione di forme spaziali, ad esempio, èin definitiva legata a questa attività della loro produzione interna e al fatto che questa produzione obbedisce a una legge [... ]. La libertà dello spirito non coincide affatto con un arbitrio ribelle ad ogni legge» (Filosofie delle forme simboliche, Firenze, La Nuova Italia, 1966, p. 23). Tinguely costruisce, nel vero senso del termine, oggetti, macCfr fini d'originalità del_l'opera, per attribuire a ciascuna la proprietà e lo svincolo dello stile e della lingua. Oggi il narratore è maggiormente avvertito. Conscio che l'invenzione e la ricchezza sono solo linguistiche, non ha preoccupazioni sul modello e lo occupa in una pratica d'intarsio così che la scrittura abbia rilievo nello spazio tra intarsio e slocamento, tra gli intertesti e il flusso inarrestabile del prodursi. È il caso del romanzo li Diavolo in chiostro, dal titolo tanto esemplante quanto ammiccante, cresciuto nell'area che ha dato diverso nome a Umberto Eco, ad esempio, ed in ogni caso nell'atmosfera del romanzo claustrale. I referenti potrebbero essere amplissimi e Mario Spinella si diverte con alcuni in sede di prefazione stanandoli dalla territorialità di Convenzione per chiamarli al nuovo gioco in cui prendono corpo. Un gioco, Frediano Sessi ne è conscio, che pone in causa e in movimento le possibilità dell'argomentare e il destino dell'espressione. Se vogliamo essere della partita non resta che visionare le pagine, e chine, straordinari pannelli meccanici sempre in movimento che, da un lato obbediscono a una serie di conoscenze tecnologiche, di materiali detentori di precisi e rigorosi vincoli, dall'altro, trasgrediscono, nella loro nuova e decontestualizzata funzionalità, la tradizione, realizzando così un'originale eccitazione estetica. A proposito di questa conflittualità tra vecchio e nuovo, così scrive nel catalogo della mostra lo stesso Tinguely: «L'arte è una forma di rivolta, manifesta, totale e completa, un atteggiamento politico, senza bisogno di fondare un partito politico. Non è questione di prendere il potere: quando si è contro il potere, non lo si prende. Si è contro tutte le forme di forza che si agglomerano e cristallizzano una autorità che opprime gli altri». (P. Hulten, Catalogo della mostra, p. 350). La consapevolezza della rivolta in arte dipende direttamente dalla conoscenza dei vincoli delle discipline e delle tradizioni codificate: la prima riflessione che emerge dalla mostra di Tinguely è proprio questa. Anche in un artista così apparentemente irregolare come Tinguely, ogni azione, ogni ricomposizione dell'altro in un oggetto nuovo e originale, si sviluppa da una ricerca nella quale sapienza tecnologica, gusto scenografico, intuizioni meccaniche, leggi del movimento, costituiscono la base conoscitiva sulla quale costruire l'opera d'arte. Connesso a questa prima considerazione, emerge un altro pensiero che forse rappresenta la prima e più forte curiosità che ogni interprete prova di fronte alle macchine di Tinguely: l'assenza chiara ed esplicita, quasi paradigmatica per un discorso sull'arte, dello scopo immediato in ogni progetto dell'artista svizzero. Ciò significa che la costruttività del- /' arte non coincide, esclusivamente, con una razionalità apparente dell'opera d'arte, del suo linguaggio: «L'uomo si riconosce tale, aprirle come carte, manipolarle infine. Eccoci subito alle prese con l'incipit. La prima mossa, davvero in primissima battuta, scopre l'inesistenza del prologo. Meglio suggerire che il prologo entra senza stacchi in direzione dialogica, quasi a sancire e a rimarcare che l'universo si dà in ordo linguistico; di più, in astuzia e forza cataforica e proiettiva. Nella dialogia si insedia pure l'orientamento, che si snoda mentre il fondo obliterato del discorso diretto recupera la descriptio. Siamo ormai alla presenza di un farsi della scrittura che magnetizza il punto di vista e l'io narrante, che li ingloba, consentendo un'azione complicante esente da valutazione e una coda a punto interrogativo. Ma, in cauda venenum: appunto quel diavolo inchiostro che sa abilmente organizzare e far oscillare la frastica nell'ondulazione, mai azzardata, anzi ambigua, della vis prolettica. È qui che appoggiano le figure della reticenza e della preterizione, veicoli e tenore del campo narrante, sorta di operatori pragmatiostre proprio in quanto liberarsi dall'assillo di scopi immediati: allo scopo immediato, che non è proprio soltanto dell'uomo, si sostituisce lo scopo mediato e, nello stesso tempo, l'assenza di scopo. Su questa base nasce ciò che viene definito oggi arte». (E. Garroni, Creatività, Enciclopedia Einaudi, vol. 4, Torino, Einaudi, 1978, p. 91). Ecco, le opere di Tinguely possiedono questa straordinaria qualità di rappresentare, quasi didatticamente, lo scopo mediato dell'arte, da cui dipende l'autenticità del gesto creativo; accanto a questa caratteristica costruttiva, c'è istantanea, quasi un'intuizione folgorante, la piena totale consapevolezza della inutilità dell'arte. «La creatività artistica si esplica nella forma di un gioco puramente costruttivo [... ] ma è specificamente creatività artistica in quanto assume come dominante il principio della costruttività metaoperativa» (E. Garroni, op. cit., p. 93). In questo senso si chiarisce pienamente il significato di opere come Méta-Harmonie 1, (1978), Méta-Matic n. 17, (1959) e soprattutto la Grande Méta Maxi-Maxi (1987), posta nell'atrio di Palazzo Grassi. Il termine inutilità deve essere inteso sia sul piano pratico, sia su quello più propriamente ideologico: cioè a dire l'incapacità di ogni potere costituito, ma anche di ogni modello interpretativo più o meno consolidato, di trasformare completamente ogni proposta culturale in una merce, capace simbolicamente di produrre comportamenti e scenari, utili al sistema delle arti. È chiaro che questo ultimo fenomeno è molto diffuso e quasi totalmente ineliminabile, per cui una riflessione del genere apparirebbe una pura esercitazione accademica se non indicasse una linea di tendenza delle grandi espressioni artistiche: l'impossibilità, cioè, di un consumo totale del Bello. Tinguely è in grado di deviare ogni tentativo di classificare il bello dentro un sistema immobile di vapagina 29 ci che abitano tra il dire e il fare: il testo allora inaugura con se stesso la diplomazia in quanto interpretazione. Un testo, Il Diavolo in chiostro, tutto legato all'intreccio che riverbera dell'ironia, dell'arguzia, del riso, della voluptas, dalla struttura ai nomi, presi al laccio della fisiognomia o della fisionomia umorale. I nomi, sottratti, carpiti e stornati dai depositi della lettera, contaminano con il loro alone i personaggi, e, dalla lettera tratti, danno al personaggio lo spessore, spesso irridente, della parola. Quale parola se non quella dei «lazzi», «frizzi», delle «oscenità», del corpo? Se non quella del dirottamento delle più lingue? Il linguaggio del romanzo trae corpo dunque nella musica delle voci; trova velo nel mistero che insegue e di cui si compone. Una trovata. Una calma, delicata presa in giro. Frediano Sessi Il Diavolo in chiostro Milano, Elitropia Edizioni, 1986 pp. 88, lire 8.000 lori: il movimento, una certa casualità, l'intreccio di vecchio e nuovo, di natura e artificio, la commistione di unà componente artigianale con una cultura tecnologica di tipo industriale. Tutti questi elementi si presentano contemporaneamente e l'interprete non sarà mai sazio dello spettacolo, perché il programma è totalmente imprevedibile e quindi inutile dal punto di vista di una sua possibile funzionalità, esterna all'opera stessa. Una terza ed ultima riflessione intorno alla mostra di Venezia (vorrei che fosse chiaro che questi pensieri poco hanno a che fare con il problema del valore dell'artista, se non sul piano della rilevanza teorica dei progetti di Tinguely) consiste nell'analisi dell'atteggiamento ironico che dovrebbe esistere sempre tra l'intuizione e la sua realizzazione, tra la velleità del pensiero e i suoi prodotti, i segni della storia. Nel 1981 e nel 1983 Tinguely ha realizzato due grandi altari, Cenodoxus, e un omaggio all'altare Isenheim di Griindewald a Colmar, Posa Altar; anche di fronte a un tema così coinvolgente sul piano esistenziale, la soluzione formale si presenta «con una forte componente di statica e delusione [... ] Tinguely si pone a livello estetico, non fornisce alcuna risposta e soluzioni alle miserie del mondo. Vuole mostrare gli orrori del mondo in maniera beffarda, affinché si possano affrontare con maggiore disinvoltura, non essendo reali» (P. -Hulten, op. cit., p. 291). È una grande lezione di umiltà, ma nello stesso tempo una grande testimonianza di realismo; Tinguely è un grande artista realista, e l'ironia è l'unica condizione per esserlo fino in fondo. Jean Tinguely, 1954-1987 Una magia più forte della morte Palazzo Grassi, Venezia fino al 18 ottobre 1987 Catalogo a cura di Pontus Hulten Milano, Bompiani, 1987 pp. 384, lire 50.000 Biblioteca di Storia contemporanea diretta da Gabriele De Rosa Giorgio Campanini (a cura) I cattolici italiani e la guerra di Spagna Studi e ricerche Prefazione di Gabriele De Rosa pp. 232, L. 18.000 nella stessa collana: Roberto Sani Da De Gasperi a Fanfani: «La civiltà Cattolica» e gli ambienti clerico-moderati nel secondo dopoguerra (1945-1962) Prefazione di Pietro Scoppola pp. 192, L. 16.000 Francesco Malgeri La Sinistra cristiana (1937-1945) pp. 368, L. 18.000 Andrea Riccardi Il «Partito romano» nel secondo dopoguerra (1945-1954) pp. 280, L. 18.000 Morcelliana Collana di poesia I Campi Magnetici IGINO CREATI "Via Donatello 23" L. 15.000 FABIO GALLI "Impura" L. 8.000 Collana Narrativa ALFONSO LENTINI "Trappole delicate" L. 10.000 Collana Azioni Parallele di saggistica LINA FERRANTE "La verità che scotta" postfazione di Umberto Piersanti L. 12.000 Collana Universi paralleli C. PAGETTI - B. D'EGIDIO F. MARRONI "Il nostro cammino tortuoso" (Conrad tra autobiografia e fiction) L. 15.000 Collana L'Albero cavo OSVALDO SALAROLI "Puzzle" L. 12.000 PASQUALINODELCIMMUTO "La lezione di Gide" L. 8.000 Edizioni Tracce Via Vittorio Veneto, 47 65100 PESCARA
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