Alfabeta - anno IX - n. 101 - ottobre 1987

1· Alfabeto 101 punizione anziché il rovescio, il protagonista beckettiano mantiene pur sempre un residuo di estraneità alla presunta colpa, che consente di non far «decadere Io humour a mancanza di senso, a mera assurdità». Una strategia paradossale della parola denuncia insieme la sua menzogna e la sua - la sola - verità transitoria di movimento, e il linguaggio è «tanto più umoristico quanto più ostenta la parvenza del Logos, delle verità oggettivate nel Verbo: le Sacre Scritture diventano fonte inesauribile di inI pacchetti di Alfabeta versioni umoristiche». Il teatro di Beckett esemplificato da Godot può così essere definito una «bonifica dell'inconscio» e il suo humour un «esercizio di compromesso tra principio di piacere ed esame di realtà», il piacere scaturendo da una capacità di rivincita dello humour che non accetta nulla al di sopra di questa sua capacità: per questo parte dal perturbante stesso, dalle situazioni più angosciose - imminenza della morte, malattia, mu- _tilazione, follia - per raggiungere attraverso la disgregazione e l'incertezza la propria rivincita. Ma questo modello dello humour non esaurisce Beckett, che dalla tragicommedia (indicata nel sottotitolo a Godot) passa a un teatro più conciso e lirico, in cui è piuttosto il lutto barocco a dominare, secondo le categorie della melanconia contemplativa individuate da Benjamin. Il paradosso diviene allora quello di una parola che esalta la propria insufficienza per nominare l'innominabile, senza più le fruizioni edoni- .. pagina 15 stiche consentite dallo humour. La visitazione «a rete» del testo ripete in Tagliaferri l'interrogazione multipla con modelli dive;si che si è vista proposta in Segre, da versanti fortemente differenziati per stile critico, interessi dominanti, competenze. Emerge così, al di là di problemi specifici di lettura, una «filosofia» dell'operare critico destinata, è da augurarsi, a più ricchi incroci, ad una modalità di interpretazione oggi, come mai precedentemente, così ampia e ramificabile . dividualismo vecchioenuovo Pietro Barcellona L'individualismo proprietario Torino, Boringhieri, 1987 pp. 155, lire 19.000 Neo-individualismo e massificazione in «Palomar», n. 3, 1987 pp. 29-49, lire 8.000 N ei suoi ultimi, importanti studi, Pietro Barcellona ha tentato di confrontarsi con due «evidenze» apparentemente contraddittorie della nostra situazione storica (e culturale): la ripresa dei temi dell'ideologia individualistica e la «scomparsa» del soggetto come centro motore - o punto di riferimento e d'imputazione - del sistema sociale complessivo. Il punto di partenza dell'analisi è dato dalla definizione della società moderna come società giuridica, caratterizzata dal primato della legge, che legittima qualsiasi tipo di potere che pretende di essere esercitato: essa governa le condotte degli uomini, ponendo fine, con la sua razionalità, al circolo della vendetta permanente, della minaccia continua di guerra civile. È stato Kelsen che ha pensato con coerenza la norma come «modello di condotta», che ha individuato nel diritto una tecnica di produzione di comandi articolati e regolati dal diritto stesso. Con Kelsen, il diritto diviene un «misuratore universale» dei comportamenti individuali, senza essere vincolato ad alcun contenuto materiale e dedotto da organizzazioni sociali e gerarchie di valori dati. L'astrazione del diritto, come «misura- .tore universale», riesce a parificare ciò che concretamente è diversificato: vengono cioè formalmente rimosse le differenze radicali riscontrabili sul piano della cosiddetta esistenza «privata». Barcellona sottolinea come tale raffigurazione del diritto come società atomizzata, realizzi la coesistenza «miracolosa» del «politeismo dei valori» con la compattezza di una totalità sociale, impedendo che l'individualismo degeneri in caos, in disordine irrisolvibile. Questo trionfo della tecnica giuridica rappresenta però anche il momento della massima separazione tra la concezione del diritto come tecnica di controllo sociale e la concezione della giustizia come realizzazione di un valore condiviso e perseguito da tutti gli individui. Al divorzio tra il diritto e la giustizia corrisponde quello tra la norma e la verità. Barcellona ricorda come, in questa prospettiva, nessun valore della giustizia, nessuna verità assoluta, siano vincolanti. È così che in fondo la stessa norma non può più essere considerata come legge, nel senso classico, come direttiva di un comportamento, ponendosi invece come regola di un gioco, della società degli atomi, di cui stabilisce ambiti e modalità. Il diritto come tecnica di controllo assicura quindi una regolarizzazione giuridica della società ed è in questo contesto che la giustizia appare sempre più «lontana e indicibile». E proprio per cogliere le implicazioni e i riflessi della perdita d'immagine del diritto come segno di giustizia, come Ubaldo Fadini «espressione di un ordine supremo», Barcellona si rivolge a quelle letture della crisi della modernità che possono illuminare tratti della stessa crisi del diritto: i riferimenti sono l'interpretazione dell'alienazione fondamentale dell'Occidente - la decisione di separarsi dall'essere: presupposto essenziale dello stesso progetto moderno di controllo e di dominio della natura - sviluppata da Emanuele Severino, e la riflessione di Giovanni Vattimo sulla «fine della modernità», sulla fase post-storica delle società occidentali attuali, in cui si assiste ad un trionfo della tecnica in grado di autogovernarsi e il cui sviluppo produce la secolarizzazione della secolarizzazione, degli stessi concetti di progresso e di storia. Il carattere specifico della post-storicità è infatti la dissoluzione del nuovo a favore del sempreuguale manifesto nell'incessante rinnovarsi della produzione di beni di consumo. Il sistema - una vera e propria «superstruttura automatizzata»: nei termini di * a cura del!'Associazione Polo Ovest breve una evidente v1cmanza della logica giuridica, alla Kelsen, alla logica sistemica. Gli elementi che accomunano queste letture della crisi della modernità sono i se- -guenti: il processo di rischiaramento del mondo provoca la scomparsa del soggetto, inteso in senso «forte»; l'indebolimento della forza cogente della realtà evidenzia una riduzione dell'essere stesso a struttura interpretativa (e dell'esperienza a «ermeneutica»). Ciò che conferisce senso a queste affermazioni può anche così essere espresso: alla differenziazione sociale di tipo stratificatorio, che organizza la società tradizionale, è subentrata, nell'epoca moderna, una differenziazione sociale di tipo funzionale, che consente di non riferirsi più ad alcun cei:itro unificante, gerarchizzante, e di porre la massa degli individui in relazioni contingenti, revocabili, con l'insieme dei ruoli e delle funzioni che il sistema sociale articola in considerazione delle proprie esigenze di funzionamento. Tutto que- (I) Comune di Milano Settore Cultura e Spettacolo Scenemilanesi conospiti Spettacoli serali e pomeridiani per ragazzi, tavole rotonde, video, letture·e installazioni. da martedi 13 a domenica 18 ottobre 1987 Compagnia Alkaest, Banda Magnaetica, Giuseppe Baresi, Gabriella Belotti, Francesca Bettini, César Brie, Lella Bussolin, Antonio Caronia e gli ospiti di Milano Kaput Mundi, Compagnia Italiana, Correnti Magnetiche, Equart, Fiat Teatro Settimo, Compagnia Gente di Teatro, Valeriano Gialli, Gincobiloba, Gli Ingenui, Metamorphosi, Giovanni Moretti, Antonio Neiwiller, Moni Ovadia, Marco Paolini, Amato Pennasilico, Cooperativa Prometeo, Angela Scarparo, Studio Azzurro, Studio Pontaccio, Ticoteatro. TEATRO CELLA Milano, via Oglio 18, telefono 5390413 A. Gehlen - opera ormai del tutto indipendentemente dall'uomo, a cui si aprono delle nuove possibilità di vita, non più gravate dalla produzione di norme, di civiltà, che però si collocano nella «contingenza del fruire interminabile degli evénti minimi». '. La capacità di autofunzionamento del sistema libera un soggetto debolmente in grado di occuparsi di se stesso. E in questa prospettiva sembra che il diritto, con il suo carattere d'imperativo ipotetico, con la sua «virtù» di riunire il molteplice e il diverso, con il suo formalismo privo di contenuti, abbia trasferito le sue «qualità» al sistema tecnologico, alla tecnologia sociale. C'è in sto vuol dire che la differenziazione funzionale si presenta come un processo di liberazione dai sistemi di vincoli e d'interdipendenze personali propri della tradizionale st_ratificazione sociale, realizzando una libertà, 'ridotta a mera contingenza, di relazione con il sistema vigente di azioni, ruoli, funzioni. È a questo punto che Barcellona avanza l'ipotesi che tra l'individualismo attuale (del consumatore) di massa - che sembra apparentemente negare la forma della soggettività giuridica: di quel soggetto la cui libertà si configura come un suo diritto, una sua prerogativa formale - e l'individualismo ongmario, possessivo proprietario, della moderna ideologia borghese ci sia un rapporto di continuità. Quest'ultima si manifesta nella trasformazione dell'individuo unitario, soggetto di diritto, in individuo- • massa, frammentato e frantumato nella pluralità dei bisogni (di consumo). Detto in altri termini: l'individualismo indeterminato e di massa è la conseguenza, !'«erede», di quell'individualismo possessivo (raccolto nel pensiero di Hobbes e di Locke) che ha rotto con l'ordine tradizionale, che ha prodotto l'esperienza della libertà dei moderni, che è però insieme condanna a·divenire appendici della cosa, della proprietà. Ma ancora: l'antropologia individualistica di Hobbes, Locke, Smith è alla base, attraverso il delinearsi di una antropologia «negativa», dello stesso pensiero sistemico. L'ordine di quest'ultimo può infatti essere considerato come l'espansione dell'ordine artificiale teorizzato da Hobbes: «L'ordine sistemico è il compimento del progetto del Leviatano, un ordine artificiale capace di autolegittimarsi e autofondarsi sulla base di una decisione immanente allo stesso principio costitutivo della società degli uomini» [ ... ). e on questo passo, tratto ancora da . L'individualismo proprietario, Barcellona ribadisce come scorgere il filo che connette l'antropologia individualistica con l'antropologia. «negativa» (che vede l'uomo come «mancanza»: così Gehlen) permetta di ritrovare uno dei punti essenziali che stanno alla base del processo della modernità, con il suo attuale esito della «scomparsa del soggetto». Ora, il «punto forte» che segna la modernità è dato dalla maniera in cui si rapportano e si strutturano la soggettività astratta e l'individualità empirica. Considerare la soggettività come astrazione dell'individuo rende possibile pensare un ordine delle forme giuridiche che registra l'uguaglianza di tutti proprio a partire dalla nozione d'individualità. Ciò significa però che è consentito pensare all'individualità soltanto nella forma dell'astrazione (che riduce de facto l'individuo concreto a «irripetibilità contingente», in balia dell'accadere), che la trasforma in «soggettività giuridica»: l'individuo diviene così oggetto di una norma che lo qualifica dall'esterno della propria esperienza di vita. È in questo senso che si può dire che tra la forma del soggetto e la realtà dell 'individuo si spalanca un baratro, una voragine terrificante. L'analisi sviluppata da Barcellona insiste sulla continuità tra le teorie che si collocano all'origine del mondo moderno e le forme teoriche che ci restituiscono il suo attuale ri-strutturarsi. Quest'ultime (teoria dei sistemi, antropologia «negativa», epistemologia della complessità) sono deboli rispetto alla realtà che si tenta di rappresentare (perché le si contrappongono) e forti per quanto riguarda la decisione d'astrazione che seleziona gli elementi, i «fatti», da prendere in considerazione. È in questo senso che l'affermazione della circo-

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