Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

come zar a Mosca Simeon Bekbulatovic [... ] e lo incoronò con la corona di zar, mentre lui si fece chiamare Ivan di Mosca e uscì dalla città e visse alla Petrovka; a Simeon cedette la propria condizione di zar, mentre lui se ne andava in giro alla buona, come un bojaro, sulle stanghe della carrozza, e quando giungeva dallo zar Simeon si sedeva lontano dal suo posto, insieme coi bojari». Su Simeon Bekbulatovic, secondo alcune testimonianze, fu addirittura compiuto il rito sacro dell'incoronazione, ma neppure questo poteva fare di lui un vero zar. L'insediamento sul trono di Simeon Bekbulatovic è direttamente collegato con la creazione (o meglio, con la ripresa) dell'opricnina' anch'essa caratterizzata da accentuati elementi di mascherata: Ivan cede a Simeon Bekbulatovic la «zemscina», limitandosi a governare l' «opricnina»; se il primo termine sta a indicare la parte principale della terra posseduta, la parola opricnina significa «a parte, laterale, infernale». Va rilevato che anche I.P. Fedorov capeggiava il governo della zemscina, e quindi in entrambi i casi colui che era a capo della zemscina si presentava nel ruolo dello zar camuffato, cosa questa, certamente, tutt'altro che casuale. È inoltre altamente significativo il fatto che Simeon Bekbulatovic sia un diretto discendente dei khan dell'Orda d'Oro, cioè di coloro ai quali un tempo apparteneva il potere effettivo sulle terre russe e che si chiamavano zar ( abbiamo già ricordato come ai khan tatari si desse appunto questo appellativo): lo zarevic Bekbulatov, padre di Simeon, era nipote di Achmat, l'ultimo khan dell'Orda d'Oro, quello stesso di cui aveva scritto Vassian Rylo nell'Epistola all'Urga del 1480 come di uno zar falso, impostore (vedi sopra), e che era allo stesso tempo uno dei più forti pretendenti al titolo di khan nell'Orda tatara oramai frammentata. Ivan il Terribile pone dunque sul trono russo il khan tataro. Zar camuffato, impostore, diventa colui che in precedenza avrebbe avuto il diritto di chiamarsi zar e di governare lo stato russo; questo zar si rivela ora finto, zar solo per l'apparenza esteriore, e con ciò anche i precedenti khan tatari si rivelano zar finti e non autentici. Abbiamo sotto gli occhi quella che si potrebbe definire l'ultima fase della lotta col dominio tataro: la fase semiotica. A suo tempo, sconfitto il khan (Io zar), il gran principe russo diventa zar, cioè comincia a farsi chiamare come si chiamavano i khan; ora il khan si trasforma in zar impostore. È molto significativo che a far ciò sia Ivan il Terribile, il primo zar russo ufficialmente incoronato, cioè il primo monarca dotato del diritto formale di chiamarsi zar russo. Si può dire che in entrambi i casi (sia nell'episodio di I. P. Fedorov, sia in quello di Simeon Bekbulatovic), il «gioco dello zar» ha per Ivan carattere simbolico e serve a fini di smascheramento politico: nel primo caso, di una precisa persona (I.P. Fedorov, accusato di pretendere al ruolo di zar), nel se- ~ condo, del principio stesso dello -~ stato (il potere dei khan tatari). :!: Allo stesso tempo, in entrambi i ~ casi èolui che è messo sotto accusa ...... è chi governa la zemscina. Conosciamo anche un altro zar che si diletta del «gioco dello zar»: si tratta di Pietro il Grande. Come Ivan il Terribile designa zar Simeon Bekbulatovic e pone se stes- ~ so in posizione di suddito, Pietro il ~ Grande designa F. Ju. Romoda- l novskij «principe-cesare», lo chia- ~ ma «re» (konich) e «Sua Maestà», definendo se stesso «schiavo e ultimo dei servi», ricevendo da lui cariche e promozioni. Partendo nel 1697 per il suo viaggio all'estero, Pietro affida a Romodanovskij, in quanto principe-cesare il governo di Mosca e nelle sue lettere dall'estero gli si rivolge come al monarca, sottolineando la propria condizione subordinata. Tutte le cariche più alte, cioè quella di colonnello (1706), generale-tenente e contrammiraglio (1709), e infine vice-ammiraglio (1714), furono concesse a Pietro dal principe-cesare. Nessuno osava entrare in carrozza nella corte di Romodanovskij, e lo stesso sovrano lasciava alla porta il suo carro a due ruote; nelle cerimonie per finta Pietro baciava la mano a Romodanovskij. Anche questo gioco contiene, evidentemente, elementi di smascheramento simbolico. È significativo, ad esempio, che alle nozze del buffone dello zar, Sanski j, nel 1702, Romodanov~kij indossasse l'abbigliamento di uno zar russo del XVII secolo, accanto a Nikita Zotov, che era vestito da patriarca; questa parodizzazione dell'immagine tradizionale dello zar russo in qualche modo preannuncia l'assunzione da parte di Pietro del titolo di imperator. Dopo la morte di F. Ju. Romodanovskij (nel settembre 1717) il titolo di zar-cesare viene ereditato da suo figlio I.F. Romodanovskij (dall'aprile 1718); significativo è il fatto che alle nozze del principe-papa P.1. Buturlin, nel 1721 (poco prima che Pietro fosse proclamato imperatore!), anche I.F. Romodanovskij portava il costume dello zar russo, sua moglie era vestita da zarina, e intorno a loro era schierata una folla di servi in abiti russi. Ciò che più conta è il fatto che sia F. Ju. Romodanovskij, sia I.F. Romodanovskij erano noti come fautori delle antiche tradizioni russe, e nella vita privata conservavano il tradizionale modo di vivere dei bojari. In termini più generali, il principecesare si pone sullo stesso piano del principe-papa, e se il primo è una parodia dello zar, il secondo lo è del patriarca: come la parodia dell'aspetto esterno dello zar precede l'assunzione del titolo di imperatore," così quella del patriarca precede l'esautoramento del patriarcato. Viene parodiato allo stesso tempo anche il principio (di origine bizantina) della coesistenza di clero e zar, cioè la divisione Dall'Oriente del potere in spirituale e laico, in contrasto col potere di Pietro, concentrato in una sola persona. Infine, non si può non rilevare che la stirpe dei Romodanovskij, a differenza di quella dei Romanov, trae origine da Rjurik 5 . Perciò anche in questo caso, come in quello di Simeon Bekbulatovic, il ruolo del monarca è impersonato da chi in precedenza avrebbe potuto pretendere al titolo. È assolutamente evidente, inoltre, che sia per Ivan il Terribile, sia per Pietro il Grande la mascherata è in diretto rapporto con l'impostura, di cui costituisce un altro aspetto. Essa si basa, infatti, su quella contrapposizione di zar""veri e zar per aspetto esteriore (impostori), di cui si è già parlato: in tutti questi casi il vero zar, togliendosi i segni esterni della dignità di zar e inducendo un altro a svolgere di fatto il ruolo dell'impostore, pare sottolineare il proprio autentico diritto al trono, non derivante da alcuna caratteristica formale. Ivan il Terribile e Pietro il Grande chiaramente condividono questa concezione e da essa prendono le mosse nel loro modo di agire. È significativo il fatto che Ivan nel corso del proprio regno abdichi più volte (nel 1564 in seguito alla creazione dell'opricnina e nel 1575 con la sua ripresa e con l'insediamento sul trono di Simeon Bekbulatovic), quasi sapesse che in ogni circostanza egli resta comunque il vero e autentico zar: zar per natura, «per volere di Dio, e non per il turbolento arbitrio dell'umanità», come egli stesso si esprime nell'epistola a Stefan Batory. Così lo stesso Ivan può in una situazione critica abbandonare dimostrativamente Mosca, lasciando il trono di zar (nel 1564 si reca nella Aleksandrovskaja sloboda), e, purtuttavia, continua a rimanere zar. È interessante anche che sia Ivan il Terribile, sia Pietro il Grande possono definire un 'altra persona non solo zar, ma anche santo, gesto questo che non senza ragione apparve ai contemporanei un vero e proprio sacrilegio; se si tiene conto della sacralità del titolo di zar, si può dire che in entrambi i casi si ha in sostanza il medesimo tipo di comportamento. 7. È necessario tener presente che qualsiasi forma di mascherata (di camuffamento) nell'antica Russia era in rapporto diretto con l'anticomportamento, cioè in linea di principio le si attribuiva un significato «nero», stregonesco. Ciò è abbastanza evidente nei camuffamenti compiuti in occasione delle feste natalizie, di carnevale, di san Giovanni, poiché si riteneva (e ciò vale sia per il pubblico, sia per gli stessi protagonisti della mascherata!) che essi rappresentassero i diavoli o una forza impura; di conseguenza, il travestimento s1 accompagnava regolarmente a ogni possibile eccesso, spesso di carattere francamente sacrilego. È proprio in questo modo che viene interpretata in Russia l'impostura, così come, probabilmente, anche il «gioco dello zar». In questo contesto indossare l'abito dello zar appare un tipico caso di anticomportamento, cui sul piano del contenuto corrisponde l'intenzione sacrilega di acquisire mediante l'aspetto esteriore proprietà sacrali. Non a caso a questa mascherata prendono parte Ivan il Terribile e Pietro il Grande, cioè gli zar inclini in generale all'anticomportamento, che si manifestava sia nel travestimento, sia nell'imitazione sacrilega dei riti sacri. [ ... ] L'impostura in quanto tipo specifico di comportamento si inserisce quindi pienamente nella situazione tradizionale della Russia, che, accanto al comportamento corretto, normativo, presuppone anche l'anticomportamento nelle sue varie forme; in altri termini, l'impostura risponde alla tradizione dell'anticomportamento m Russia. 8. L'impostura viene dunque interpretata nell'antica Russia come anticomportamento. In questo senso è significativo il fatto che il falso Dmitrij venga visto come uno stregone («eretico»), cioè che nella coscienza popolare gli si attribuiscano i tratti del comportamento stregonesco. [... ] È interessante che anche il Falso Dmitrij, considerando Boris Godunov un falso zar, cioè un impostore (egli infatti dispone che il suo corpo venga t_rasferito dalla cattedrale dell'arcangelo Michele e seppellito fuori del Cremlino, nella chiesa di Sant' Ambrogio), veda in lui uno stregone e, «temendo le magie e le stregonerie, fece distruggere [... ] dalle fondamenta» il palazzo di Boris. Gli impostori sono dunque recepiti come stregoni, cui si attribuiscono i tratti dell'anticomportamento. E, viceversa, Pietro il Grande, il cui comportamento, dal punto di vista dei suoi contemporanei, non era altro che anticomportamento, viene sostanzialmente recepito come un impostore: ancora vivo Pietro, la diceria popolare lo dichiarò zar non autentico («naturale»), ma scambiato, privo di diritti al trono. Ecco, ad,, ese~pio, una delle numerose testimonianze che rivelano una interpretazione di questo tipo: nel 1722 «la monaca venerabile Platonida diceva di sua altezza imperiale: è uno svedese che è stato messo al suo posto, e quindi, figurarsi, opera contro Dio, celebra i battesimi e le nozze muovendosi in senso contrario al sole, e dipinge immagini di personaggi svedesi e non riesce a osservare il digiuno e si è innamorato degli abiti svedesi e mangia e beve con gli svedesi e non esce dal loro regno [... ] e il gran principe Petr Alekseevic è nato da una svedese già con i denti, ed è un anticristo». Le voci secondo cui lo zar sarebbe stato «sostituito» (all'estero o durante l'infanzia) e al suo posto sul trono ci sarebbe stato un altro (cioè un impostore, uno zar per apparenza esteriore) furono ampiamente diffuse all'epoca di Pietro e furono dotate di singolare tenacia. Levoci stimolarono la comparsa di una serie di impostori, che si presentavano come il legittimo erede del vero, autentico Pietro: si tratta in gran parte di Finti Aleksej, che si attribuivano il nome dello zarevic Aleksej Petrovic. È interessante il fatto che il primo Finto Aleksej compaia quando ancora Aleksej Petrovic era vivo: nel 1712, cioè sei anni prima che venisse mandato a morte. Questo dimostra, probabilmente, che la visione di Pietro come zar «sostituito» poteva trasferirsi anche a suo figlio: poiché Pietro è visto come falso zar, suo figlio può essere considerato un falso erede; si suppone che il vero Pietro abbia un vero erede Aleksej Petrovic. La mancanza di impostori che si presentino come Pietro stesso è del tutto comprensibile, se si tiene conto dell'opinione diffusa, secondo la quale Pietro sarebbe stato ucciso durante la «sostituzione»; questa convinzione è uno dei componenti della leggenda dello zar «sostituito». Perciò, accanto al mito sul ritorno dello zar-salvatore (analizzato da K.V. Cistov in rapporto al problema dell'impostura) esisteva in Russia un mito abbastanza persistente sull'impostore in trono, basato sulla specifica concezione russa del potere dello zar, cioè sulla distinzione di zar veri e falsi. La contemporanea esistenza di questi miti favorì notevolmente la diffusione dell'impostura nell'antica Russia. Traduzione di Maria Di Salvo Note (1) Chlysty (deformazione di Christ, Cristo) e skopcy ( castrati) furono due sette religiose nate nel Seicento e praticanti una vita rigorosamente ascetica (N.d.T.). (2) Elisabetta, figlia di Pietro il Grande, regnò dal 1741 al 1761, quando le succedette per qualche mese il figlio Pietro III, detronizzato e ucciso l'anno dopo dalla moglie Caterina II (N.d.T.). (3) Lo zemskij sobor (assemblea di stato) fu convocato per la prima volta nel 1550 da Ivan il Terribile; nel 1593 affidò la corona di zar a Boris Godunov, e svolse poi un notevole ruolo politico· durante l'epoca dei torbidi (N.d.T.) . (4) Ivan il Terribile aveva diviso lo stato russo in due parti: la zemscina, governata da un consiglio di bojari, e l'opriénina (territorio separato), direttamente dipendente dallo zar, con una corte e una guardia militare (gli opricniki) autonome (N.d.T.). (5) Sino alla fine del'Cinquecento la dinastia. regnante in Russia fu quella che discendeva da Rjurik, il fondatore dell'antico stato russo; i Romanov salirono al trono nel 1613 (N.d.T.).

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