Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

nanti giudei e israeliti, è molto più adeguato al sovrano, che non le parole cesare e re, create dall'uomo e, a loro giudizio, fatte proprie da un conquistatore». Perciò il nome dello zar si considera creato non dall'uomo, ma da Dio; di conseguenza, il titolo di zar è contrapposto a tutti gli altri, in quanto dotato di una particolare natura divina. Ancora più significativo è il fatto che la parola si applichi a Dio stesso: nei testi liturgici Dio viene spesso definito zar, così che si instaura un significativo parallelismo fra lo zar e Dio, quasi si trattasse di un dato presente fin dalle origini nella coscienza cristiana: un parallelismo che si manifesta in epiteti speculari come «zar celeste» (detto di Dio) - «zar terreno» (dello zar), «zar immortale» (di Dio) - «zar mortale» (dello zar); cfr. anche l'epiteto di «dio in terra», riferito allo zar, e presente in Russia dal XVI secolo. In un simile contesto il fatto stesso di chiamarsi zar (a prescindere dal godimento del potere effettivo) presenta indubbiamente aspetti religiosi, poiché in qualche modo riceve una pretesa al possesso di attributi sacrali. È significativo che il Falso Dmitrij venga definito, come Cristo, «giusto sole»; nella Cronaca Barkulabovskaja si dice di lui: «egli è il vero zar orientale elevato al trono Dmitrij lvanovic giusto sole»: si tratta del primo caso a noi noto di un simile epiteto riferito allo zar. In questo senso autoproclamarsi zar è come dichiararsi santi, come avviene, ad esempio, fra i chlysty e gli skopcy1 russi. In effetti, in alcuni casi le due tendenze coincidono; ad esempio, il celebre Kondratij Selivanov, nel quale gli skopcy vedevano un'incarnazione •di Cristo, era allo stesso tempo considerato l'imperatore Pietro Terzo: secondo la dottrina degli skopcy, «in principio fu il Signore Sabaoth, poi Gesù Cristo, e ora il Signore Padre Petr Feodorovic, Dio sopra gli Dei e Zar sopra gli Zar». Così anche la «madonna» degli skopcy, Akulina Ivanovna, era considerata sia Madre di Dio, sia l'Imperatrice Elisabetta Petrovna2 e di conseguenza madre di Kondratij Selivanov in quanto zar e in quanto Dio; un'altra «madonna» degli skopcy, Anna Sofonovna, si considerava la granduchessa Anna Feodorovna, moglie dell'erede dello cesarevic Konstantin Pavlovic. In generale, oltre agli impostori che assumevano il nome di uno zar, esistevano in Russia impostori che assumevano un nome di santo o pretendevano di possedere poteri ricevuti dall'alto; in un certo senso, si tratta di fenomeni del medesimo livello. Così, ad esempio, nella prima metà del XVIII secolo in Siberia compare un falso profeta Elia; si noti, a questo proposito, che anche in Kondratij Selivanov, di cui si è parlato sopra, alcuni vedevano il profeta Elia. Alla fine del XVII secolo Kuz'ma Kosoj (El'cenin), che guidava sul Don uno dei moti di vecchi credenti, si chiamava «papa» e sosteneva di dover mettere sul trono lo zar Michele, che riteneva essere Dio stesso: secondo altre testimonianze, era lui a ritenersi lo zar Michele, cioè zar e Dio insieme. Finti zar Michele, come anche persone che credevano di avere la missione di innalzare al trono f o zar Michele, ne comparvero in Russia anche in seguito. 3. L'idea che il potere dello zar sia ordinato da Dio determina la differenziazione, attuale in Russia soprattutto nel XVII secolo, fra zar «giusti» e «ingiusti», dove giusto non significa «conforme a giustizia», ma «vero». Così, nel suo Vremennik Ivan Timofeev distingue zar autentici («originali», «verissimi e naturali») e zar solo per l'aspetto esteriore («non genuini», «che attraverso l'apparenza esteriore cercano di elevarsi al potere di zar»). Né l'usurpazione del trono, né l'elevazione al trono condotta correttamente dal punto di vista del rito (incorona~ione) bastano a fare di una persona Io zar. Non è il comportamento, ma la predestinazione a determinare il vero zar; perciò egli può essere un tiranno (come, ad esempio, Ivan il Terribile), senza essere per questo inadeguato al suo posto. Si distinguono dunque zar per provvidenza divina e zar per propria volontà personale, e solo i primi sono riconosciuti come «zar», in altri termini, si distinguono un significato assoluto e uno convenzionale della parola «zar». È per questo che, dal punto di vista di Ivan Timofeev, il Falso Dmitrij, a differenza di Ivan il Terribile non è zar (pur essendo stato legalmente elevato al trono), ma è un «autozar». Così anche Boris Godunov, secondo lo stesso autore, meditava di «imporsi su di noi di propria volontà», si era installato sul trono «per suo arbitrio», e per questo Ivan Timofeev non lo riconosce come zar; identico atteggiamento assume verso Vasilij Sujskij. Al contrario, lo zar Michail Fedorovic, come si sottolinea nello Skazanie di Avraamij Palicyn, «fu eletto non dagli uomini, ma veramente da Dio», e ciò non è inteso nel senso che sia stata la volontà divina a guidarne l'elezione allo zemskij sobor, 3 ma nel senso che Michail Fedorovic era già «prima della sua nascita eletto da Dio e unto quando uscì dal grembo materno», e lo zemskij sobor non fece che indovinarne la predestinazione; gli scrittori antico-russi tuttavia non forniscono indicazioni pratiche che consentano di distinguere un vero zar da uno falso. Così anche nell'Epistola ali'Ugra dell'arcivescovo di Rostov Vassian (Rylo) del 1480, indirizzata a Ivan Terzo, Vassian contrappone il khan tataro (Achmat), in quanto falso zar, impostore e usurpatore, che «in modo brigantesco ha preso prigioniero tutto il nostro paese, e l'ha fatto schiavo, e si è insediato come zar [... ] senza esserlo, senza essere della stirpe degli zar>>, a Ivan in quanto vero zar, «confermato da Dio»: «è stato un qualche profeta a profetare, o un apostolo o un padre venerabile Dall'Oriente a insegnare che tu, grande zar cristiano delle terre russe, debba sottometterti a questo essere inviso a Dio e spregevole che da sé si chiama zar»: si tenga presente che durante il dominio tataro il khan veniva chiamato in Russia «zar», anche se ora questo zar viene riconosciuto un impostore (su questo problema torneremo più avanti). Cfr. una motivazione analoga nella missiva inviata dal clero (con a capo il futuro metropolita Iona) al principe Dmitrij Semjaka nel 1447, con l'invito a sottomettersi al principe Vasilij l'Oscuro: «Oppure, signore - chiedono a Semjaka i pastori spirituali - dovremo dire che ti ha colpito la cecità del1'anima, facendoti amare l'onore e la gloria temporanei e transeunti, che in breve trascorrono in nulla, del governo e del dominio, che consistono nel sentirsi chiamati e definiti Gran Principe, e non sono donati da Dio?». Anche in questo caso il potere fittizio (per apparenza esterna) è contrapposto a quello dato da Dio (potere per natura), il potere autoproclamato .è contrapposto a quello proveniente da Dio: a questo proposito è opportuno osservare che proprio Vasilij l'Oscuro per la prima volta in Russia (cioè primo fra i principi russi) viene chiamato in modo più o meno conseguente «zar» e «autocrate»; in particolare, così lo chiama il metropolita Iona, che è forse l'autore dell'epistola citata del 1447; anche in questo caso, dunque, la questione riguarda l'elezione divina del potere dello zar. Se i veri zar ricevono il potere da Dio, quelli falsi lo ricevono dal diavolo. Neppure il rito sacro dell'incoronazione e dell'unzione dello zar. conferisce al finto zar la grazia, poiché di queste azioni si conserva solo l'apparenza, mentre in realtà sono i demoni per ordine del diavolo ad incoronarlo e ungerlo. Di conseguenza, se il vero zar può essere paragonato a Cristo (v. sopra) e percepito come immagine di Dio, come icona vivente, l'usurpatore può essere visto come finta icona, cioè come idolo. Ancora Ivan Timofeev nel suo Vremennik dice del falso Dmitrij: «Quando era ancora fuori dei confini della terra russa, tutti gli si souomisero di spontanea volontà come allo zar, benché fosse un idolo»; lo zar come icona viene dunque contrapposto all'impostore in quanto idolo. 4. L'idea che il vero zar sia tale per predestinazione divina, che sia segnato da una scelta divina, si manifesta appieno in una credenza dotata di singolare tenacia, relativa alla presenza sul corpo dello zar di speciali «segni regali», in genere una croce, un'aquila (cioè lo stemma imperiale) o segni solari, che testimonierebbero la sua natura di eletto. Questa credenza svolse un ruolo importante nella mitologia dell'impostura: secondo molte fonti storiche e folcloriche, fu proprio grazie ai «segni regali» che i più svariati impostori, come il Falso Dmitrij, Timofej Akundinov, Emel'jan Pugacev e altri, cercarono di dimostrare la propria origine regale e il proprio diritto al trono di zar; e proprio la presenza di segni sul loro corpo induceva chi li circondava a credere loro e a sostenerli. [... ] Non c'è ragione di vedere in ognuno di questi ceti una mistificazione consapevole: non c'è dubbio che gli stessi impostori potevano essere convinti che la presenza di vari segni sul loro corpo testimoniasse con certezza la loro natura di eletti. In generale, l'idea che lo zar sia eletto da Dio e misticamente predestinato può spiegare, a nostro modo di vedere, non solo la specifica concezione del potere dello zar imperante nell'antica Russia (e di cui si è parlato sopra), ma anche la psicologia dell'impostore. In assenza di criteri precisi che consentano di distinguere il vero zar da quello falso, l'impostore può, evidentemente, credere in qualche misura alla propria predestinazione, alla propria elezione divina. È significativo in questo senso che gli impostori di maggior rilievo, il Falso Dmitrij e Pugacev, appaiano nel momento in cui è stato violato l'ordine naturale (familiare) della successione al trono e in cui chi occupa realmente il trono dello zar può egli stesso, in fin dei conti, essere considerato un impostore. Come tale può essere visto Boris Godunov, il quale, secondo Ivan Timofeev, occupò il trono «per suo arbitrio» (vedi sopra), e, certamente, tale poteva apparire Caterina Seconda, che non aveva alcun diritto al trono russo. La presenza di un impostore (in questo caso, di un impostore sul trono) provoca la comparsa di altri: si ha una sorta di concorso di impostori, ciascuno dei quali pretende di essere segnato (eletto). Per quanto la cosa sia paradossale, all'origine di una simile psicologia può nascondersi appunto la convinzione che debba essere Dio, e non l'uomo, a giudicare chi è il vero zar. Perciò l'impostura costituisce la conseguenza pienamente regolare e logicamente giustificata della concezione del potere dello zar di cui abbiamo parlato. La psicologia specifica dell'impostura si basa allo stesso tempo in varia misura sull'identificazione mitologica. A questo proposito è significativo che Pugacev, il quale si fa chiamare Petr Fedorovic, imponga al suo più stretto collaboratore, I.N. Zarubin-Ciku, il nome di «conte Cernysev». Anche un altro falso Pietro Terzo, lo skopec Pankratij Selivanov, di cui abbiamo già parlato, aveva il suo «conte Cernysev» (che era un altro capo degli skopcy, A.I. Silov). In maniera analoga la «madonna» degli skopcy, Akulina Ivanovna, si definì «l'imperatrice Elisabetta» (alla fine del secolo XVIII, cioè dopo la morte di Elisabetta Petrovna), ed aveva una persona di fiducia, che si chiamava E.R. Daskova; il fatto che la vera E.R. Daskova fosse una persona del seguito di Caterina, non di Elisabetta, non fa che confermare il ruolo puramente funzionale di un nome di questo genere. In questo caso il . nome è una sorta di funzione del posto. Non meno interessante è il ritratto di Pugacev conservato nella raccolta del museo storico di Mosca, dove la raffigurazione di Pugacev è sovrapposta a un ritratto di Caterina: se il ritratto è un equivalente pittorico del nome, il rifacimento del ritratto equivale all'atto del cambiamento di nome. 5. È dunque la stessa concezione del potere dello zar nell'antica Russia a presupporre la contrapposizione di zar veri, genuini, agli zar per apparenza esteriore, cioè agli impostori. In questo senso il comportamento dell'impostore si propone come comportamento carnevalesco: in altri termini, gli impostori vengono percepiti come persone camuffate. L'impostura è inoltre legata in modo evidente col cosiddetto «gioco dello zar», diffuso in Moscovia nel XVII secolo, in cui si giocava a essere lo zar, cioè ci si camuffava da zar, ricreando le cerimonie relative. [... ] Il «gioco dello zar» è in sostanza una variante dell'impostura, completamente libera da pretese politiche: una sorta di impostura in forma pura. Non a caso il «gioco dello zar» fu duramente perseguitato nel XVII secolo, e il fatto che, nonostante le persecuzioni, il gioco abbia continuato ad esistere, lasciando addirittura tracce nel folclore, è altamente significativo. 6. Quanto sia caratteristico della Russia il «gioco dello zar» lo rivela il fatto che possono prendervi parte non solo degli impostori, ma anche i veri zar, i quali inducono un'altra persona ad essere il finto zar, lo zar per apparenza esteriore. Così nel 1567 Ivan il Terribile fa vestire il suo scudiero, il bojaro Ivan Petrovic Fedorov (Celjadnin), sospettato di complotto, con l'abito imperiale, gli fa dare lo scettro e altri segni della dignità di zar e Io fa sedere sul trono; poi, dopo esserglisi inginoc- 'O chiato ai piedi e avergli resi tutti c:::s .s gli onori dovuti allo zar, Ivan ucci- g:i de di sua mano lo zar travestito. Cl. t--... [ ... ] Ancora più significativo è il fatto che nel 1575 Ivan il Terribile ~ ...... ~ ,J:) E ~ - ~ "' ~ ...... impone la corona di zar a Simeon Bekbulatovic, affidandogli il proprio grado di zar, tutti i segni della dignità di zar, assumendo a sua volta il nome di Ivan di Mosca e I:! svolgendo la parte del semplice ~ bojaro: come scrive il cronista, «lo Ì zar Ivan Vasil'evic volle insediare ~

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