Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

mente difeso dalle bellicose fanciulle di Pietrogrado - la sua ultima guardia. Il Nevskij era sempre frequentato, pieno di gente, e lì non fu sparato nemmeno un colpo. Vicino ai ponti aperti ardevano i falò e stazionavano le sentinelle, con indosso ampi tulup; i fucili erano stati posti in fascio, a passi felpati passavano, fitte e nere, le schiere dei marinai, che appena si distinguevano nella notte. Si vedevano soltanto baluginare i solini. Al mattino venimmo a sapere che una dopo l'altra si erano arrese le scuole militari. A Mosca non era invece così; lì dovemmo sostenere un assedio di una settimana. Passavamo la notte seduti ad un tavolo, sul Kazanskij, la testa appoggiata sulle mani, di giorno affrontavamo il fuoco sulla Trubnaja e sulla Mjasnitskaja. Gli altri quartieri della città erano isolati. Ciò nonostante, pur essendo stato più volte fermato e perquisito, una volta riuscii ad attraversare, percorrendo la Sadovaja, tutta Mosca - naturalmente fu di notte. Le fitte tenebre venivano ogni tanto rischiarate dai fari delle autoblindo, e ogni tanto risuonava qualche sparo. Ed ecco che fu firmato l'armistizio. Uscimmo allo scoperto. I cannoni tacevano. Noi ci gettammo nella fame delle strade ed eravamo come i bambini quando, felici, guardano la neve che cade, e noi guardavamo le stelle di ghiaccio nei vetri delle finestre, bucherellati dalle pallottole, e i cristalli di neve delle sottili crepe tutt'intorno ai fori delle pallottole, e camminavamo sulle lastre di vetro, trasparenti come ghiaccio, che ricoprivano la Tverskaja - la gioia di queste prime ore era tutta nelle pallottole deformate che raccoglievamo sotto i muri delle case, pallottole ricurve come corpi di farfalle bruciate dal fuoco. Vedemmo poi le nere ferite aperte nei muri ancora fumanti. In una bottega c'era una bellissima gatta grigia. Attraverso lo spesso vetro, miagolando, salutava la gente supplicando di farla I Quello dell'impostura non è un fenomeno prettamen- • te russo, ma in nessun altro paese è stato un fenomeno altrettanto frequente, né ha svolto un ruolo altrettanto significativo nella storia del popolo e dello Stato. È impossibile scrivere la storia della Russia senza occuparsi del problema dell'impostura: come scrive Kl jucevskij, «nel nostro paese, dopo il fortunato esordio del primo Falso Dmitrij, l'impostura è divenuta malattia cronica dello Stato: da allora fino quasi alla fine del XVIII secolo pochi sovrani hanno regnato senza la .s comparsa di un impostore». Dal- ~ l'inizio del XVII secolo e fino alla c:i.. t-.... ~ ...... ~ ..C) E ~ <I) "' ~ ...... metà del XIX, saranno stati al massimo due-tre i decenni non contrassegnati dalla comparsa in Russia di un nuovo impostore: in alcuni periodi si contarono a decine. Le radici di questo fenomeno non sono state ancora pienamente chiarite. La maggior parte degli .S! studiosi ha cercato di risolvere il <I) l problema dell'impostura in chiave 1:i sociale o politica; nel primo caso uscire: troppo a lungo era rimasta sola e prigioniera. Noi volevamo dare ad ogni cosa i nostri nomi. Nonostante la bestemmia di ferro che era stata lanciata sulla città dal Monte dei passeri, Mosca era rimasta intatta. Io amavo particolarmente il quartiere di Zamoskvorec'e, quelle tre ciminiere delle fabbriche, che erano come tre candele accese da una mano sicura, e il ponte di ferro, e gli stormi di corvi sul ghiaccio. Ma su tutto - simile ad una cupola dorata - s'innalza, come sostenuta da una enorme mano, il candelabro delle tre ciminiere, una scaletta di ferro conduce alla cima, su di essa a volte sale un uomo, il chierico delle candele, e lassù s'incontra con una creatura di fumo, un fumo bianco di fabbrica. Ma chi è quella creatura? Un amico o un nemico? La fronte disegnata dal fumo è forse appesa sulla città? E con una barba di nuvole avviticchiate? O forse una novella, occhinera Kurat-al-'Ajn offre i suoi meravigliosi capelli di morbida seta al fuoco che la brucerà predicando l'uguaglianza e la parità di diritti. Non lo sappiamo ancora, noi siamo soltanto spettatori. Ma queste nuove candele innalzate all'ignoto signore si stagliano sul vecchio tempio. Proprio qui, e per la prima volta, ho sfogliato le pagine del libro dei morti, quando vidi il corteggio dei congiunti, lì presso il giardino Lomonosov, sfilacciarsi lungo la strada, e addensarsi poi all'entrata del deposito dei morti. La prima lettera dei nuovi giorni di libertà spesso viene scritta con l'inchiostro della morte. Nota (1) Si tratta della raccolta Vremennik edita a Praga nel 1917. L'inaugurazione della Galleria d'arte Velimir Chlebnikov Domenica 15 dicembre è stata inaugurata la Galleria d'arte «Dogadin». I quadri esposti, una colleDall'Oriente zione davvero di gran gusto, abbraccia molte tendenze della pittura russa, ma non più à sinistra di «Mondo dell'arte». C'è l'illustre Siskin con la sua secca e mortifera scrittura. L'occhio di questo pittore ha interpretato la natura in modo servile, come attraverso la lente di uno strumento ottico, servilmente e fedelmente. Ha ricreato la natura come uno schiavo silenzioso e senz'anima, rinunciando ad ogni partecipazione di ordine espressivo e passionale. L'irriverente, estroso ribelle Maljavin, il «Razin della tela scarlatta», è rappresentato da uo essenziale studio delle Baby. Questo pittore, che ha concesso nelle sue tele libertà sfrenata al colore rosso, da cui, come da una tenebra pagana, esce l'olivastra donna delle campagne russe, Maljavin, con i suoi quadri, è stato il primo ad assuefare l'occhio del visitatore alla «bandiera rossa». Così la bandiera rossa della sua anima è esplosa incontro al nostro tempo. I. Repin ha firmato la propria impotenza e quella sua particolare e fiacca mellifluità trattando il tema di Prometeo. 1 Benois, come sempre mediocre e senza personalità in tutte le sue manifestazioni, è presente con la sua veduta di Pekino di sera. 2 È doveroso segnalare Sapunov per le sue Rose appassite e Rerich per le sue Pietre. È di Nesterov il bellissimo Di là del Volga, così ricco di fascino che solo un'orgogliosa e riservata stanchezza può suscitare. Un altro suo quadro, La visione del profeta Bartolomeo,3 dove un fanciullo ifi lapti, con il bastone da pastore e un'aureola dorata intorno ai chiari capelli castani, è immobile, estasiato dinanzi ad una visione - uno starets, sceso dall'alto dei cieli, è appoggiato ad un albero e con un klobuk monacale in testa. Questo quadro è la perla dell'intera collezione. Al pennello di Surikov appartiene la testa di un arciere, uno studio per il suo Stenka Razin. Con più quadri è presente Serov, la pennellata è forte e sanguigna, c'è poi Somov, con la sua raffinata mano di «cittadin·o». Teodorovic-Karpovskaja è rappresentata con una bellissima tela! C'è anche uno studio per i( quadro La tsarevna-cigno del grande Vrubel'. Vrubel', questo Mickiewcz della pittura, porta nella follia scarlatta di Maljavin, nella muta rinuncia e nel distacco dalla vita di Nesterov e nell'estremo rigore di Surikov - il vibrare di un verbo pagano e l'orgoglioso cromatismo vibratile della sua corda. I virgulti dell'arte di Astrachan', riuniti oggi in una comunità, sono presenti con gli splendidi Kustodiev, Mal'tsev e Kotov. La Verocka di Kotov, illuminata dal sole e sprofondata nei fiori è una grande speranza. Nella collezione ci sono anche lettere di Tolstoj, di Skrjabin, di Dostoevskij e di altri. La collezione abbraccia la pittura russa che va dai peredviiniki al «Mondo dell'arte». Forse, in futuro, accanto a Benois apparirà l'indomabile negatore Burljuk, oppure il bellissimo e sofferente Filonov, cantore poco conosciuto della sofferenza della città; e sulle pareti ci sarà posto per il raggismo di Larionov, per la pittura astratta di Malevic e per il tatlinismo di Tatlin. È vero, in costoro spesso si riscontra non tanto la pittura quanto un irriverente esplodere dei canoni pittorici, essi sono infatti governati da principi artistici carichi di tensione. Come un chimico divide l'acqua in ossigeno e idrogeno, così questi pittori hanno diviso l'arte del dipingere nelle varie forze costitutive, ora isolando il principio cromatico, ora quello del segno. Questa tendenza dell'analisi pittorica non è affatto rappresentata nella collezione di Dogadin. Note (1) L'acquerello di I. Repin, Prometeo (1908), si trova oggi nel Museo statale di Kiev «Taras Sevcenko». (2) Si tratta di un acquerello del 1914 dal titolo Sera a Pekino. (3) È uno schizzo del famoso quadro di M. Nesterov La visione del fanciullo Bartolomeo (1889-1890) che si conserva nella galleria «Tret'jakov» di Mosca. Zareimpostore l'impostura viene considerata una delle forme specifiche e più persistenti del movimento antifeudale, mentre dal punto di vista politico appare come una lotta per il potere. Nessuno dei due approcci chiarisce tuttavia lo specifico dell'impostura come fenomeno culturale: come vedremo più oltre, l'impostura in senso lato non è affatto sempre collegata con movimenti sociali, né è necessariamente collegata con la lotta per un potere reale. Per comprendere l'essenza dell'impostura è necessario, evidentemente, portare alla luce i meccanismi culturali che determinano questo fenomeno, cioè passare all'esame (in prospettiva storica) delle concezioni ideologiche della società russa. Un passo fondamentale in questa direzione è stato compiuto da K.V. Cistov, che ha dimostrato in modo estremamente convincente il nesso dell'impostura con la leggenda utopica del ritorno dello zar salvatore: secondo Cistov, si tratterebbe appunto di una realizzazione di questa leggenda. Pur accogliendo interamente l'argomenBoris A. Uspenskij tazione di Cistov, dobbiamo osservare che la sua spiegazione non esaurisce la questione. Un simile approccio spiega, in generale, non tanto la comparsa dell'impostore, quanto la reazione della società alla sua comparsa, cioè l'eco e il sostegno che riceve dalle masse popolari: esso sottolinea però un aspetto importante del fenomeno che ci interessa, e cioè la fede nell'impostore. È evidente, tuttavia, che il problema dell'impostura non si può risolvere senza studiare a fondo la psicologia degli impostori, ossia l'insieme di convinzioni che fornisce una motivazione diretta alle loro azioni. Cercheremo di mostrare che alla base di tale psicologia si trovano convinzioni religiose: in altri termini, studieremo l'aspetto religioso dell'impostura in quanto fenomeno della cultura russa. 2. È del tutto evidente che la psicologia dell'impostura è direttamente collegata col rapporto verso lo zar, ossia con una particolare percezione del potere dello zar. Gli impostori compaiono in Russia solo con la comparsa degli zar, cioè dopo che il potere di questi ultimi è stato instaurato e si è srabilizzato (non si conoscono casi di impostori che pretendano al trono di principe). Il carattere specifico del rapporto con lo zar è definito però in primo luogo dalla percezione del potere dello zar in quanto sacrale, dotato di natura divina. Si può ipotizzare che l'impostura, in quanto fenomeno tipico della Russia, sia collegata appunto con la sacralizzazione dello zar (a sua volta in rapporto con la bizantinizzazione del potere monarchico). Anzi, la comparsa degli impostori può testimoniare appunto di un incipiente processo di sacralizzazione del monarca; non è forse casuale il fatto che il primo impostore compaia in Russia poco dopo che, accanto all'incoronazione, nel rito dell'investitura dello zar era stata introdotta l'unzione con l'olio santo, che conferisce allo zar una sorta di particolare status carismatico: in quanto unto, lo zar viene equiparato a Cristo (cfr. christ6s, «l'unto»), e di conseguenza, a partire dall'inizio del XVIII secolo può essere perfino (4) E. Teodorovic - Karpovskaja (1894 - ?) era in quel periodo allieva ali' Accademia di belle arti di Pietrogrado. Alla mostra era rappresentata con il quadro Nello studio di un pittore (I 917). La «Gioconda» di Astrachan' Velimir Chlebnikov Voi avrete certamente visto quadri che hanno perso la loro luce, ricoperti di una antica e calda patina dorata, come se il tempo li avesse rivestiti con una pelle morbida come la seta, con un velo di polvere dorata. Voi riconoscerete la mano di un grande artista, ma sul quadro non c'è firma. Nella patria della pittura antica, l'Italia, le città natali degli artisti conservano questi dipinti come fossero il loro unico occhio. Ricordate la Gioconda di Leonardo da Vinci? Essa fu rubata da un suo pazzo ammiratore e dopo mille peripezie tornò tuttavia nella sua città natale, con grande solennità. Le città che per secoli hanno conservato un dipinto antico ne diventano la migliore cornice. Una cornice di popolo, di gente viva - in cosa è inferiore ad una cornice di legno? Astrachan' ha la sua Gioconda. È una madonna del grande Leonardo da Vinci: sconosciuta a tutti e dimenticata, era entrata a far parte della collezione dei Sapoznikov; fu poi scoperta da Benois e da lui venduta all'Ermitage per centomila rubli. Semplice e grazioso. Questo quadro non. può forse essere considerato patrimonio della città di Astrachan'? Se la risposta è sì, allora questo quadro deve essere riportato nella sua seconda patria. Pietrogrado ha sufficientti tesori artistici e portare via ad Astrachan' la Madonna non è forse come portare via ad un poveraccio l'ultima pecora? Comunque, la Galleria d'arte di Astrachan' è sul Kutum, di fronte al palazzo Lbov. Traduzioni di Costantino Di Paola chiamato «cristo». Bisogna rilevare che la stessa parola «zar» nell'Antica Russia è un termine sacrale ed è quindi caratterizzata da un atteggiamento non convenzionale verso il segno linguistico, tipico in genere del lessico sacrale; per questo stesso motivo, il fatto di chiamare se stessi «zar» non può essere in alcun modo considerato un atto puramente arbitrario, volontaristico. Nelle sue note del 1607, il capitano Margeret osserva: «Per quanto riguarda il titolo, i russi credono che la parola zar, usata dai sovrani russi, sia più importante di ogni altro titolo al mondo. L'imperatore romano lo chiamano cesar', parola che fanno risalire a Cesare; gli altri sovrani, a imitazione dei polacchi, li chiamano re: il signore persiano lo chiamano kizel pascia, e quello turco 'grande signore Turco'. La parola zar, secondo loro, si trova nella Sacra Scrittura, dove Davide, Salomone e altri signori sono ·chiamati zar. Per questo dicono che il nome di zar, con cui piacque un giorno a Dio onorare Davide, Salomone, e altri gover-

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