I I lavoro di ricerca de~'eredità letteraria di Isaak Babel' può oggi considerarsi concluso. Qualche manoscritto disperso verrà forse rintracciato col tempo (Babel' usava, a volte, regalare agli amici i manoscritti dei racconti che aveva deciso di abbandonare); forse tra breve verrà restituito alla famiglia dello scrittore il manoscritto del racconto L'anello di Efira ( Kol'tso Efiry) che Babel' scrisse nel 1922, quando si trovava a Tbilisi, e che è rimasto in possesso della famiglia di un'amica georgiana dello scrittore. Non è improbabile che tornino alla luce, ricuperati negli archivi di «Novyj mir», i racconti che Babel' consegnò nel /931 e la cui pubblicazione fu annunciata nella pagina speciale del numero di dicembre della rivista. Di questi cinque racconti uno solo fu poi pubblicato, La viola del pensiero (Ivan-daMarija), sulla rivista «30 giorni» («30 dnej»), nel 1932 (n. 4). Degli altri si sa soltanto che Adrian Marinets (Adrian Marinets) apparteneva al ciclo narrativo sulla collettivizzazione della campagna (Velikaja Krinitsa) e che Presso il monastero di S. Sergio (U Troitsy) trattava della solitudine di una persona anziana. Degli altri due si conosce soltanto il titolo, Med' (Rame) e Vesna (Primavera). Ma non è sul ritrovamento di qualche manoscritto disperso che fondano le loro speranze i cultori del/'opera di Babel' e gli studiosi di letteratura sovietica. L'auspicio è che in un futuro non lontano siano restituiti alla storia tutti i manoscritti sequestrati allo scrittore, nella casa di Peredelkino e ne~'abitazione di vicolo Nikolo- Vorobinskij, a Mosca, quando venne arrestato il 15 maggio del 1939. Questa speranza è diventata più concreta dopo il recente annuncio apparso in Unione Sovietica che ha rettificato, in modo forse singolare ma comunque ufficiale, l'anno di morte dello scrittore odessita. Isaak Babel' non morì il 17 marzo drato, bevvero il vino e ballarono sul ponte, e i tacchi risuonarono più forte che i tuoni di un vecchio dio sdentato. Perché tutto ciò era davvero comico: i marinai inglesi non avevano perso niente restituendo generosamente quanto era stato rapinato dai loro padroni, e tutti noi consideravamo una vittoria esserci ripresi una nave ingiustamente appartenuta ad estranei. I proletari, quel giorno, non avevano perso perché avevano bevuto il vino e fatto risuonare sul ponte i tacchi, più forte dei tuoni di un dio. Note (1) In turco, Efendi significa: Signore. (2) In turco, Jachsy significa: bene, bene. Ottobre sulla Neva Velenir Chlebnikov Ho festeggiato il compleanno a Tsarskoe Selo da solo, in mezzo a paurose esplosioni. Quando, di notte, tornando a casa, passavo lungo la città dei pazzi, mi veniva sempre in mente il soldato semplice Lysak, il pazzo, che avevo incontrato durante il servizio militare, e risentivo quel suo parlare veloce e sommesso: «Verità o, verità no, verità c'è, verità non c'è». Il suo incalzante parlare si faceva_sempre più veloce e veloce, poi, piano piano, il pazzo si infilava sotto la coperta, scompariva sotto di essa fino al mento, come /941 in un campo di concentramento, come fu annunciato dalle autorità sovietiche nel lontano /957 ma fu fucilato nei primi mesi del /940 (molto probabilmente nel mese di gennaio) nel carcere moscovita della Lubjanka dove era stato trasferito, in attesa del processo, alla fine di dicembre del 1939. Dal giorno dell'arresto a quello del trasferimento alla Lubjanka Babel' rimase rinchiuso in una prigione alla periferia orientale di Mosca. Sulla autenticità della nuova data di morte dello scrittore esiste una testimonianza diretta e certa che attribuisce alla fonte che ha autorizzato la pubblicazione della rettifica «il livello più alto di autorevolezza». E se anche altri archivi, oltre a quello di Babel', e documenti, torneranno alla luce, la storia della letteratura sovietica potrà finalmente essere tracciata in tutta la sua autenticità, nella sua verità e nella sua bellezza. È importante ricordare che in questo senso si sono espressi al congresso degli scrittori del dicembre 1985, a Mosca, due rappresentanti di rilievo dell'attuale letteratura sovietlca, il poeta Evgenij Evtusenko e lo scrittore Valentin Rasputin. Un segnale importante, forse decisivo, che potrebbe preludere ad una svolta sostanziale nei rapporti tra intelligentsija e potere e che consentirebbe di ricomporre, con l'inchiostro «del coraggio e della maturità civile», le tante «pagine bianche» che ancora mutilano la storia e le lettere sovietiche, di rimuovere gli oltraggiosi «sbarramenti psicologici» che hanno generato soltanto silenzio e menzogna. Gli scritti di Babel' che qui proponiamo sono costituiti dal frammento inedito (si tratta della quarta, ultima pagina) di un racconto che molto probabilmente faceva parte di quel gruppo di racconti dell'Armata a cavallo ( Konarmija) che Babel' non pubblicò e di cui, finora, non si è trovata più traccia. se volesse nascondersi da qualcuno, e solo gli occhi brillavano, e intanto continuava a parlottare sottovoce con una velocità che nulla aveva di umano. Poi, lentamente riemergeva da sotto la coperta e si metteva seduto sul letto; mentre riemergeva la sua voce diventava sempre più sonora; si metteva poi coccoloni e rimaneva immobile e i suoi occhi, rotondi come quelli di un astore, emettevano una luce gialla, poi, d'improvviso, si ergeva in tutta la sua statura e scuotendo il letto cominciava ad invocare la verità con voce furente e questa voce si diffondeva ovunque nell'edificio, e faceva tremare i vetri delle finestre: «Dov'è la verità? Portate _qui la verità! Datemi la verità!» Poi si rimetteva seduto e con i lunghi e rigidi baffi e con i gialli occhi rotondi spegneva le fiamme di un incendio che non c'era, afferrandole con le mani. In quel preciso momento arrivavano di corsa gli inservienti. Annotazioni da una terra morta, baleni di una lontana terra di morte a cavallo dei secoli. Un Ercole, somigliante ad un prof eta, su una brandina d'ospedale. A Pietrogrado ci incontravamo tutti - io, Petnikov, Petrovskij, Lur'e, qualche volta facevano una capatina lvnev ed altri Presidenti ... «Ascoltate, amici. Ecco: noi non abbiamo commesso un errore quando abbiamo creduto che al mostro della guerra era restato un Dall'Oriente Legate al ciclo della «cavallarmata» sono anche le corrispondenze Altri ancora di questi Trunov! (Pobol'se takich Trunovych!) e In memoria del compagno Trunov ( Pamjati tovarisca Trunova), pubblicati il 13 agosto 1920 sul «Cavalleggero rosso» («Krasnyj kavalerist»), il giornale della 6• divisione di cavalleria, la prima scritta da Babel' (con lo pseudonimo K. LjutovJ, la seconda anonima. Queste due corrispondenze rivestono un interesse particolare perché sono, da una parte, un esempio importante della pubblicistica rivoluzionaria e agitatoria del periodo della guerra civile, poi perché danno la possibilità di penetrare in quel ricco e complesso universo che era il laboratorio creativo dello scrittore odessita. Il racconto Il caposquadrone Trunov (Eskadronnyj Trunov), uno dei più belli, intensi e, nella sua genesi, complessi dell'intero ciclo, è infatti legato a queste due corrispondenze per i fatti che vi si narrano e per i prototipi dei personaggi. Nella «lettera» La «Parizot» e la· «Julija» («Parizot» i «Julija»), pubblicata nella primavera del 1924 sul giornale di Odessa «Notizie della sera» («Vecernie izvestija») con lo stesso pseudonimo (Bab-El') con cui Babel' firmò, nel 1918, i bellissimi elzeviri su « Vita nuova» («Novaja zizn' », giornale di tendenza menscevica fondato e diretto da M. Gor'kij), lo scrittore ritorna ad un tema da lui già trattato nel 1922 nella corrispondenza dalla Russia meridionale La «Kamo» e la «Saumjan» (pubblicata su «Alba d'Oriente» («Zarja Vostoka»), giornale di Tbilisi, con il titolo Alla proda (U pristani), il tema cioè del ritorno nei porti d'origine delle navi russe sequestrate dall'esercito controrivoluzionario durante la guerra. Nell'agosto del 1918 Ve/mir Chlebnikov tornò per l'ultima volta ad Astrachan', la città che presto sarebbe diventata uno dei solo occhio e che sarebbe bastato mettere sul fuoco una trave, appuntirla e con le forze di tutti accecare la guerra e poi aggrapparsi al vello delle pecore. Non ho forse ragione quando dico questo? Forse che non dico la verità?» «Giusto» - fu la risposta. Fu deciso di accecare la guerra. Lo Stato della sfera terrestre emanò una pubblicazione, un corto foglio: 1 «Le firme dei Presidenti della Sfera Terrestre» su di un foglio bianco, nulla di più. Fu questo il suo primo passo. «Morti! Venite con noi e gettatevi nella battaglia. I vivi sono stanchi - tuonò una voce. Suvvia, che in una battaglia si uniscano i vivi e i morti! Morti! Sorgete dalle vostre tombe!» In. quei giorni, pronunciata con strano orgoglio, risuonava la parola «bolscevica» e fu presto evidente che le tenebre dell' «oggi» sarebbero state ben presto lacerate dai bagliori degli spari. Petrovskij, con un enorme colbacco nero, il viso di trasparente magrezza, sorrideva enigmatico. «Senti?» - disse seccamente quando d'improvviso, al nostro passaggio, rumoreggiò uno sciacquone. «Quello che è successo non lo capirò mai» - aggiunse - e, sornione, si mise a riempire la pipa in un modo che diceva chiaramente che quella era una cosa che non sarebbe mai più successa nel futuro. Era di umore nero. Più tardi, quando Kerenskij era «fuochi» della guerra civile. Questo suo soggiorno nella «città degli antenati» costituisce un momento importante, anche se poco conosciuto, della vita del poeta. Arruolatosi ne~'esercito, Chlebnikov fu destinato alla redazione dell'organo di stampa del Consiglio di guerra di Astrachan' e del Commissariato militare regionale, il giornale «Il combattente rosso» («Krasnyj voin»), uno dei primi fogli di agitazione e propaganda stampati dai reparti in guerra, nelle tipografie mobili. (Anche il «Cavalleggero rosso», di cui era redattore Isaak Babel', veniva stampato in una tipografia mobile, un vagone del treno di propaganda che accompagnò la Prima armata di cavalleria durante l'intera campagna di guerra.) Chlebnikov fu fin dall'inizio uno dei più assidui collaboratori del giornale, cronista attento della vita che si svolgeva ad Astrachan' in un periodo tormentato dalla guerra e dalla fame ma nello stesso tempo ricco di iniziative e di fermenti culturali e sociali. Nel mese di novembre del 1918 fu infatti inaugurata l'Università regionale di Astrachan' e poco dopo furono istituiti presso l'Università stessa i corsi serali della Scuola popolare superiore. Sempre nel 1918 fu ideato e programmato il primo Parco nazionale della giovane repubblica sovietica alla cui realizzazione partecipò çmche il padre di Chlebnikov, ornitologo e botanico di fama. Il Parco nazionale di Astrachan' fu ufficialmente inaugurato all'inizio del 1919. Molte furono, come abbiamo detto, le iniziative culturali e sociali che vennero realizzate nel periodo in cui Chlebnikov soggiornò ad Astrachan' (agosto 1918 - gennaio 1919) e di queste Chlebnikov fu cronista partecipe, attento ed efficace. L'attività pubblicistica del poeta di Astrachan', nonostante i notevoli risultati raggiunti nel lavoro di ricerca, è ancora lontana dall'essere ricostruita nella ormai alla vigilia di essere rovesciato, io sentii un'incredibile frase: «In soli nove mesi ho messo così profonde radici che ci vorranno le cannonate per smuovermi.» Ma cosa aspetta? Non c'è persona che non lo giudichi ridicolo e patetico! Nel palazzo Mariinskij, a quel tempo, era insediato il Governo provvisorio, e una volta noi vi facemmo recapitare la seguente lettera: «Qui. Palazzo Mariinskij. Governo provvisorio. A tutti! A tutti! A tutti! Il governo della Sfera Terrestre, nella sua seduta del 22 ottobre, ha deliberato di: 1) Considerare il Governo provvisorio provvisoriamente inesistente e mettere Aleksandr Feodorovic Kerenski j, l'insettatore in capo, agli arresti di rigore. «Come è pesante la stretta di una mano di pietra. «I Presidenti della Sfera Terrestre Petnikov, Ivnev, Lur'e, Petrovskij, Io - 'Statua di commendatore'». Un'altra volta spedimmo invece questa lettera: «Qui. Palazzo d'inverno. Ad Aleksandra Feodorovna Kerenskaja. A tutti! A tutti! A tutti! Come? Non sapete ancora che esiste uno Stato della Sfera Terrestre? No, voi non sapete che esso esiste. Il Governo della Sfera Terrestre (firme)». Una volta ci riunimmo tutti e, rosi dall'impazienza, decidemmo sua completezza. Ancora non sono stati rintracciati tutti i numeri del «Combattente rosso» e sono tutt'ora sottoposti ad una attenta analisi filologica e stilistica alcune corrispondenze, in parte anonime, in parte firmate con pseudonimi, che dovrebbero appartenere alla penna di Chlebnikov. In occasione del primo anniversario della rivoluzione, Chlebnikov pubblicò sul «Combattente rosso» Ottobre sulla Neva (Oktjabr' na Neve), esempio tipico di racconto documentaristico, tra i primi della letteratura sovietica, che ricorda gli elzeviri di Isaak Babel' di « Vita nuova», che al pari del racconto chlebnikoviano, descrivono la difficile e tormentata realtà di Mosca e di Pietrogrado nei giorni immediatamente successivi alla rivoluzione. L'inaugurazione della galleria d'arte (Otkrytie chudoiestvennojgalerej), pubblicato il 20 dicembre con lo pseudonimo Vecha ( dalle iniziali del nome) è un interessantissimo saggio critico sui quadri donati alla città di Astrachan' dal collezionista P.M. Dogadin ed esposti al pubblico in una mostra inaugurata il 15 dicembre. «Si tratta - ha scritto Aleksandr Parnis, studioso dell'avanguardia russa - dell'unico scritto di Chlebnikov dedicato alle arti figurative e, poiché tocca precisi problemi teorici, è importante per la comprensione delle concezioni estetiche del poeta.» La breve nota La Gioconda di Astrachan' (Astrachanskaja Diiokonda) fu pubblicata il 22 dicembre, anche questa con lo pseudonimo Vecha, ed è una «considerazione» sulla storia del ritrovamento nella città di Astrachan' e della vendita al museo del/'Ermitage di Leningrado (dove è tutt'ora conservato) dal famoso dipinto di Leonardo da Vinci La madonna Benois. di chiamare al telefono il Palazzo d'inverno. «Palazzo d'inverno? Qui l'arte! dei barrocciai.» «Cosa desiderate?» - rispose una voce fredda, gentile ma triste. «L'arte/ dei carrettai desidera sapere quando se ne andranno dal Palazzo d'inverno gli inquilini.» «Cosa? Cosa?» «Se ne andranno o no gli inquilini dal Palazzo d'inverno?» «Ah! Nient'altro?» - si sente ridere acidamente. «Nient'altro!» All'altro capo del filo ridono. Io e Petnikov ridiamo invece a questo capo del filo. Dalla stanza vicina s'affaccia l'espressione sbigottita di un volto. Due giorni più tardi cominciarono a parlare i cannoni. Al teatro Mariinskij rappresentavano il Don Juan e chissà perché in Don Juan vedevano Kerenskij; ricordo che nella fila opposta di palchi tutti sussultavano e diventavano tesi quando qualcuno di noi ":!- chinava la testa, ammiccando a c::s .s Don Juan in segno di assenso, e ~ prima che fosse il commendatore a c:i.. farlo. ~ Qualche giorno dopo !'«Auro- -. ra», silenziosa, era alla fonda nella ]; Neva di fronte al Palazzo, e la !un- E ~ ga canna del cannone, puntata su ~ di esso, somigliava ad un immobi- ~ le sguardo d'acciaio - lo sguardo ....., di un mostro marjno. i:: Di Kerenskij si raccontava che .S ~ era fuggito con un vestito da infer- .Q ~ miera e che era stato coraggiosa-
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