Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

11rapporto fra tecnica ed etica non è così semplice come per esempio quello fra sporcizia e sapone. Ad una osservazione sociologica più ravvicinata potrebbe perfino essere difficile scoprire in generale una qualunque relazione fra queste due entità. Le quali, così pare, nascono indipendenti l'una dall'altra; e potrebbe anche darsi che entrino in contatto solo casualmente. Bisogna perciò domandarsi seriamente se si può reagire al problema della tecnica in genere con preparati morali. Con questo non voglio tuttavia mettere in dubbio che la morale possa sviluppare un'etica universale e prendere posizione rispetto a tutti i comportamenti umani. Per delimitare il tema, non parlerò di tecnica, ma degli effetti della tecnica nella società e nell'ambiente di vita. La tecnica viene applicata risolutamente, ma provoca effetti collaterali che fuoriescono dai determinati fini che si è prefissa. Oggi questi effetti secondari sembrano diventare sempre più effetti primari della tecnica - se non nella realtà, certamente nella discussione pubblica. Inoltre non partirò dall'etica, ma dalla morale. L'etica è soltanto la teoria riflessiva della morale, solo il tipo e il modo in cui i moralisti si raffigurano la morale. Ma ai sociologi interessa naturalmente in primo luogo il modo in cui la morale sociale reagisce di fatto al problema delle conseguenze della tecnica. Anzitutto: io non credo che questo problema possa essere risolto sul piano della tecnica. Naturalmente dalle conseguenze della tecnica sorgono nuovi problemi per la tecnica stessa e qualsiasi ritrovato tecnico che possa risultare d'aiuto a tale proposito, è il benvenuto. Ma, anzitutto, benvenuto solamente in chiave teoretica. Sotto il profilo pratico è utilizzabile Etica e caso Tecniceadetica economicamente solo una frazione delle possibilità tecniche. L'aliquota è inferiore al 20% e può diminuire ulteriormente per quanto riguarda problemi ecologici. La scelta finale spetta dunque all'economia, secondo i propri criteri di razionalità, che si distinguono nettamente dai criteri morali, cosa risaputa non solo dai tempi di Adam Smith. Ma anche la morale stessa si trova in questo caso di fronte a problemi verso i quali non è orientata. Mi limiterò ai due aspetti che considero più importanti: 1. le conseguenze della tecnica appaiono in ampia misura solo come rischi. Potrebbe cioè darsi che succeda qualcosa. Il rischio può essere minimo, ma grande la catastrofe: esplosioni colossali o epidemie incurabili come conseguenze di un'evoluzione azionata dalla medicina. Abbiamo saldamente in pugno la situazione, assicurano i tecnici, ma l'umanità angosciata guarda fissa ai buchi fra le dita. Personalmente non vedo alcuna possibilità di regolare in senso morale la predisposizione al rischio. Ma con ciò non si sottrae a nessuno l'attenzione morale, poiché costui può guardare al futuro con un po' più di fiducia e speranza, o viceversa con più preoccupazione e desiderio di rassicurazione. 2. Le conseguenze della tecnica hanno lati tipicamente positivi e negativi, in una frammentazione del terreno molto complessa. La morale non accetterà che qui il calcolo economico dei costi abbia la decisione ultima. Ma la stessa morale in questo caso non può essere d'aiuto, poiché non c'è alcuna relazione transitiva comune, universalmente riconosciuta, fra i singoli valori. Essa non può ridurre a un unico e decisivo giudizio questo tipo di complessità strutturata. È evidente che oggi nessuno dei due aspetti - predisposizione al riNiklas Luhmann schio e mix di conseguenze - può essere afferrato nella teoria della decisione se non per mezzo della soggettivazione. Si chiede a ciascuno, come voglia valutare ed eventualmente poi determinare valori medi o dati aggregabili. Questi procedimenti hanno la loro validità, ma possono a malapena essere d'aiuto alla morale. Infatti, chi sarebbe disposto a mettere in gioco il proprio rispetto verso se stesso in favore dei risultati di tali calcoli? Al contrario: ciascuno si riterrà legittimato a considerare la propria opinione sulla predisposizione al rischio e sul mix di conseguenze come moralmente buona. Una condizione di giudizio così decentrata e frantumata è probabilmente lo stato di natura sociale in generale della morale, riguardo alla quale l'etica regolativa ci ha ingannato solo per un momento. Proprio se si scorge questo fatto, si manifestano problemi completamente nuovi - in ogni caso nuovi per i sociologi, ma forse anche per l'etica. Proprio in questa situazione decentrata, la morale diventa un miscuglio pericoloso e generatore di conflitti. Questa miscela può infiammarsi in ogni momento per così dire per autocombustione. Ognuno instaura per i propri fini il rispetto per se stesso e in base ad esso decide riguardo al rispetto o al disprezzo degli altri. Corrispondentemente vengono vagliati i pro e i contra. Non si giunge all'unificazione, ma allo scontro. La moralizzazione dei temi diventa irreversibile. Può estendersi improvvisamente e imprevedibilmente come un incendio nella steppa. L'etica da parte sua soffia possibilmente sul fuoco e incoraggia la morale a subordinare ogni altra riflessione. e i troviamo quindi davanti a un problema politico - analogamente a quanto accadde nelle lotte di religione dell'inizio dell'epoca moderna, che furono spazzate alla fine del liberalismo politico e dalla sua tecnica giuridica. Morale dunque come liquido infiammabile, che può essere fatto esplodere con la religione o con l'ecologia, accennando a questo o a quell'inferno. Davanti a questo sfondo, la morale riveste di conseguenza una funzione politica, precisamente in primo luogo una funzione di allarme. Essa disturba la politica nel suo occuparsi di se stessa. Essa richiama l'attenzione su temi che denunciano attacchi rivolti verso l'uomo, corporei addirittura. Tuttavia nemmeno questa è una via che conduce direttamente in paradiso, ma soltanto un ulteriore differimento del problema, che produce un nuovo miscuglio di possibilità e difficoltà. La politica stessa può fare molto poco. Può vietare, può consentire, può favorire e rifiutare l'appoggio, ma rimane la domanda: cosa? I problemi del rischio e del mix di conseguenze si ripetono solamente. Le decisioni sono cioè filtrate preliminarmente da un lato dalle particolari condizioni dell'attenzione politica, dall'altro, in misura ancora più considerevole, dalla pericolosa miscela di violenza e morale. Proprio in questa situazione la politica non viene dotata di un'intransigenza morale vigorosa e che parli ad alta voce. La politica vive, per quanto riguarda le conseguenze, in un inedito complesso di Edipo: né conscio, né voluto, e ciò nonostante colpevole. Un indizio che ci può essere d'aiuto è per esempio la garanzia delle pensioni per i politici. Ma condizioni edipiche di questo tipo pongono problemi anche al giudizio morale. Quale morale è valida per una moralizzazione retroattiva, che pur non lasciando nulla a desiderare in quanto univocità, non tocca tuttavia l'esistenza morale della persona? Ci sono esempi di moralizzazioni piene di contraddizioni, che non hanno necessariamente un effetto ispiratore: la morale del cacciatore di teste o la morale dei delitti cavallereschi. Se l'etica può essere concepita come teoria riflessiva della morale (e non quasi come una meditazione purificata da qualsiasi problema), le riflessioni precedenti portano alle seguenti raccomandazioni: 1. l'etica dovrebbe partire, in modo più netto che fino a questo momento, da una critica della ragione impura. 2. Dovrebbe inserire le conseguenze di una moralizzazione dell'agire e quelle del proprio appoggiarsi alla morale nella propria responsabilità. Essa dovrebbe incaricarsi di mettere in guardia dalla morale, o quanto meno di avere un effetto di raffreddamento. 3. Dovrebbe comprendere che, in vista della struttura problematica delle conseguenze della tecnica, valutazione del rischio e mix di conseguenze sono principi inadeguati e che può essere presa in considerazione soltanto un'etica casistica, con uno stretto rapporto con problemi speciali e situazioni particolari. Si tratta di un intervento svolto da Luhmann al 2° Akademie-Forum della Rheinisch-Westfalische Akademie der Wissenschaften, tenutosi il 17 ottobre 1984 a Diisseldorf e intitolato Technik und Ethik (fecnica ed etica). Ora pubblicato nei Vortrage della Rheinisch-Westfalische Akademie der Wissenschaften (2° Akademie-Forum, Technik und Ethik), Opladen, Westdeutscher Verlag, 1987, pp. 31-34. La traduzione è di Renato Cristin.

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