Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

ti; il verbo conoscere si colora di significati «politici», equivale ad agire, decidere, scegliere: chi nascerà? Ecco quindi, dice Serres, che lo scienziato si ritrova suo malgrado moralista. Il sapere non può più pretendersi puro, disinteressato; dal momento in cui lo scienziato si appropria del gesto che Leibniz attribuiva all'intelletto divino, egli ne assume la terribile responsabilità etica. Come difendersi dal rischio della mancata assunzione di responsabilità? Impresa tanto più difficile in quanto anche l'assunzione di responsabilità appare problematica; anche l'etica, infatti, dopo la scienza e il diritto comincia a dubitare dei suoi principi universali. Effettivamente, mentre è agghiacciante la logica di coloro che continuano a operare «come se» la Questo scritto è la traduzione della Prefazione di Miche[ Serres al libro di Jacques Testart L'oeuf transparent (Flammarion, 1986). Testart è stato il primo scienziato a praticare la fecondazione in vitro, e in questo volume faceva il punto sulle tecniche di procreazione artificiale, ma affrontava anche i problemi biologici, etici e sociali che tali tecniche sollevano. Ringraziamo Serres per averci concesso la disponibilità di questo suo testo. 11dottor Faust portava il nome di un uomo felice. La scienza, a quei tempi, anche se talvolta pensava di vendere l'anima al diavolo, esultava considerando buona la sua opera. Effettivamente questa condizione felice non ci ha abbandonato sino al giorno di Hiroshima. Quel primo colpo inferto al narcisismo della scienza non ha impedito che le bombe si moltiplicassero e aumentassero di potenza, progresso difficilmente accreditabile ai tecnici o ai politici. Un'attività pura in ogni aspetto cominciava a porre questioni diverse da quelle cognitive. I trionfi e le inquietudini sono emigrati a poco a poco, da circa cinquant'anni, dalla fisica alla biologia. Diventata scientifica e sperimentale, essa interviene ormai energicamente dentro i corpi. Non nei corpi morti, come i nostri antenati che affondavano il coltello nei cadaveri, per farne delle mummie, con un gesto carico di eternità, ma nei vivi e nei possibili, per sostituirsi sempre più a una funzione naturale e rischiosa, la procreazione, con un gesto carico di programmazione razionale e di previsione. È a questo punto che essa pone allo scienziato delle questio- ~ ni che non sono puramente cogni- -~ tive: continuerà egli ad essere fau- ;:: stus,. ad essere ancora felice? ~ Jacques Testart, dottor Faust -. del nostro secolo, si può dire feli- ~ ~ ce: di aver molto inventato, incon- ~ testabilmente primo nelle tecniche ~ di avanguardia, padre di Amandi- ~ ne, la prima figlia della nuova era, -. illustre e noto tra i grandi del nostro tempo; felice dunque ma im- ~ provvisamente preoccupato, solle- ~ vando lo sguardo oltre lo speri1; mentabile e la sua passione di riconoscenza scientifica fosse un'attività pura e disinteressata, come se non avesse effetti immediati nel mondo, non convince nemmeno la via opposta del divieto a operare, verso cui sembrano orientarsi certi settori della cultura ecologista. Non convince perché dà per scontata la possibilità di una sintesi ideologica fra il pensiero scientifico della «nuova alleanza» e una sorta di naturalismo ingenuo che condanna la hybris della manipolazione tecnica in nome della spontaneità del gioco combinatorio. Occorre invece riflettere sul fatto che l'epistemologia della complessità è nata proprio dai saperi contemporanei più carichi di «artificialità», così come occorre riflettere sulla splendida descrizione che Serres fà dell'uomo come di quell'animale che «perde», che riversa nell'ambiente le sue funEtica e caso zioni oggettivate (vedi il saggio su questo numero): se l'uomo è questo, osserva Serres, perché non anche la procreazione? Anche le tecniche di manipolazione genetica appartengono al processo evolutivo dell'essere che è per natura culturale. La risposta non può dunque venire dall'opposizione naturale/artificiale, così come non può venire da nessun altro tipo di opposizione sostanzialista che pretenda di fondare una nuova etica trascendentale e universale. Posso rinunciare a interventi genetici capaci di debellare tremende malattie o di risolvere gravissimi problemj. alimentari (la spontaneità naturale è feroce nei confronti dell'uomo e di tutti gli altri esseri viventi)? D'altro canto: posso correre il rischio che la manipolazione genetica produca effetti imprevisti e disastrosi (gli effetti controfattuali e imprevedibili dell'opera~e tecnico umano sono sotto i nostri occhi)? Quello che forse stiamo finalmente - e faticosamente - scoprendo è che non esistono risposte fondate a priori, che la «cura» che ci è richiesta riguarda tanto la spontaneità naturale quanto l'agire intenzionale, che essa coincide con l'impegno di tutelare la possibilità di oscillare fra questi due poli nessuno dei quali può essere neutralizzato senza annientare il nostro stesso essere. Ecco perché Serres ci invita a riscoprire le virtù della casuistica, dello studio faticoso, paziente, tollerante, lungimirante di ciò che è, e non può non essere, locale, limitato, contingente. Ci invita cioè a decidere caso per caso, ad orientarci verso un atteggiamento che mi pare simpatetico con quella Chiamiamuoomo labesti~kh,p,~eerde cercatore libero dal tarlo dell'invidia, prudente, posato, riflessivo, profondo: egli si interroga: che cosa facciamo, dove andiamo spinti dalla competizione? Domani l'uomo che procreiamo quasi artificialmente differirà da noi più di quanto noi differiamo dall'Homo Sapiens. Stiamo dunque preparando, senza porvi attenzione, l'oblio dell'uomo che noi siamo: già ce ne ricordiamo appena. È necessario dire che la verità, presso gli antichi Greci, era precisamente definita come il contrario di un simile oblio? Questa cancellazione spaventa. L'inquietudine, lo sgomento, la richiesta di pausa e di riflessione definiscono uno scienziato di seconda generazione, che è ~iverso dal dottor Faust quanto questi era diverso dagli imbalsamatori del- !' Antichità. La pausa che questo libro, che il suo autore chiedono al lettore, la chiede da un po' di tempo il lettore stesso. La nostra epoca è alla ricerca di un potere sui nostri poteri, di una padronanza dolce sulle nostre padronanze dure e richiede una rinnovata meditazione sulla stupida trasposizione della competizione animale a un sapere che si vuole ancora umano. Jacques Testart, scienziato della seconda generazione, inquieto, sereno, prudente, profondo cerca di preservarci dalle molteplici dominanti parassitarie istituite dalla prima generazione. Quest'ultima può perché sa. Certamente. Ora bisogna, in più, pensare. La nuova scienza diventa, più e meglio che felice, grave. Ecco un libro e un autore due volte seri e gravi. Innanzitutto in ciò che dicono e descrivono, fidatevi della loro competenza. In secondo luogo e soprattutto in ciò su cui riflettono, in ciò che confessano e prevedono. In fondo, noi crediamo sulla parola solo a quelli che si discostano qal gruppo cui appartengono e dalle sue pressioni; essi non ripetono, ma profetano. Jacques Testart sa, si rende conto e pensa, ammirate la rarità. Che cosa c'è da pensare oggi? Carnalmente, l'avvento del nuovo uomo. Chiamiamo uomo la bestia il cui corpo perde. Si direbbe che talvolta i nostri organi si svuotino delle loro funzioni per riversarle all'esterno. La bocca non afferra più come le fauci che furono, parla o significa; la mano non si appoggia più per terra, né cammina, come una zampa, ma prende; presto èssa lavora più che non afferri; quasi non lavora più, ma scrive o preme dei tasti; non scrive più molto, che cosa si accinge a fare oggi? La memoria . travasa sulla pagina i ricordi analizzati nei loro elementi, eccoci circondati da volumi, da circuiti e da banche dati che oggettivano nello spazio vecchie funzioni del sistema nervoso. Perdiamo. Dormiamo in dimore dolci come grembi o uteri, lo spazio sociale e ben presto il mondo fisico si riempiono delle nostre membra sparse pronte all'uso, o piuttosto delle antiche funzioni che le nostre membra hanno deposto fuori di loro, e perciò si ingeniano di trovarne di nuo11e. Chiamiamo uomo l'animale il cui corpo cede le sue funzioni. La bestia resta fortezza. Sguarnito di questo muro di bestialità, l'uomo, poroso, perde, riversa nello spazio la sua capacità. Questo tracollo fa la storia, scandisce la nostra lunga durata. Perché mai la riproduzione dovrebbe sfuggjre al' destino che ha sorta di «etica della contingenza» di cui parla Odo Marquard in un altro scritto che compare su questo stesso numero di «Alfabeta». E tuttavia un imperativo etico sui generis assoluto Serres tenta pure di azzardarlo: «nessuno deve occupare un posto da cui possa decidere in modo ampio o globale della definizione dell'uomo»; così come sappiamo che il migliore dei mondi possibili di cui siamo chiamati a decidere non può né deve essere unitario. Etica della complessità ed etica della contingenza convergono nell'invito a renderci custodi del molteplice, del virtuale, del casuale, di quel nodo di temporalità differenti - e che tali devono restare - che è il vivente. indirizzato il nostro cammino, messo la parola al posto della preda, impresso i ricordi sulle tavolette di cera o nelle memorie dei calcolatori, che ha inseminato il volume del mondo di istituzioni e macchine attrezzate con le nostre funzioni e relazioni? Ecco dunque che l'ovaia e lo scroto riversano all'esterno cellule celibi che vanno nel mondo a cercare fortuna, senza di loro, ma con l'aiuto della parola e dell'impresa. Il corpo perde di nuovo una delle sue funzioni e la insemina nello spazio, dando luogo di nuovo a istituzioni, a oggetti, a discorsi, al tempo: evoluzione e non rivoluzione, storia che si allinea a quello che avremmo dovuto prevedere. Ciò che è normale ci coglie sempre di sorpresa. Noi non facciamo nascere soltanto bambini, partoriamo o abortiamo interi quartieri di pietra, di ferro, oppure codici che mostrano o nascondono la grande ombra del corpo sulla storia, le istituzioni, il potere o le città. Così nasceva ieri, nasce oggi, nascerà domani la cultura lasciata a se stessa o la scienza primogenita, come un'altra natura, secondo il significato di ciò che si appresta a nascere. Cominciamo a generare corpi nella cultura. Tutto succede come se ciò che chiamiamo nascita sotto controllo medico, considerata artificiale, rimanesse ancora naturale, dal punto di vista di tutta questa storia. Ci avviciniamo lentamente alla celebrazione di due nozze in una: quelle dell'artificio e della natura, inattese e prevedibili; quelle del maschio, ridotto dalla natura a generare nella cultura, e della donna, a lungo condannata da certe culture ad accontentarsi del travaglio cosiddetto naturale. Ci avviciniamo, attraverso processi che stanno unificandosi, al momento della loro uguglianza. LI antica legge concernente la perdita delle nostre funzioni ci aiuta a capire quello che facciamo, ma anche come viviamo; non capiamo nulla del vivente senza pensare il tempo. Nelle scienze dell'inerte, per esempio nella meccanica ordinaria, il tempo equivale a uno spostamento: caduta di un grave o di un rivolo d'acqua dall'alto in bas-

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