-. <"'-l W olfgang Hildesheimer è nato ad Amburgo nel 1916, ha studiato a Mannheim nella Odenwaldschule, una famosa scuola internazionale, poi in Inghilterra sino al trasferimento in Palestina della famiglia (1934), voluto dal padre. In Palestina Hildesheimer fa un apprendistato come falegname, secondo le scelte dei sionisti tedeschi che volevano il ritorno alla natura e rifiutavano l'intellettualità. A Gerusalemme, ali'età di vent'anni, si sottopone a un'analisi freudiana. Nel 1937 ritorna a Londra, alla Centrai School of Arts and Crafts, dove studia disegno e scenografia. Durante la guerra è di nuovo in Palestina su incarico del governo inglese come ufficiale dell'informazione; qui fa anche le prime esposizioni e compone le prime poesie. Nel 1946, dopo un breve lavoro a Londra come pittore e designer, fa ritorno in Germania per partecipare come traduttore simultaneo ai processi di Norimberga ( 19461949), continuando parallelamente l'attività di pittore; scrive anche le prime prose e alcuni radiodrammi. Alla fine dei processi decide di non far ritorno in Israele - non è sionista - e di restare in Germania. Nel 1952 compone la raccolta di racconti Lieblose Legenden. In questi anni abita a Monaco, dove scrive il primo romanzo Paradies der Falschen Voge! e il primo pezzo teatrale Der Drachenthron. Nel 1957 si trasferisce a Poschiavo, in Svizzera, e qui compone Tynset (1965). Dal 1967 al 1978 abita a Urbino dove scrive radiodrammi, prose (Masante, 1973) e la prima redazione di Mozart (1977). Nel 1976, su invito della città, espone a Urbino disegni, acquerelli e collage. Nel 1980 tiene il discorso di apertura del Festival di Salisburgo, l'anno successivo esce Marbot. Del 1982 è Mitteilungen an Max iiber den Stand der Dinge; nello stesso anno espone insieme a Gunther Grass disegni e collage nel museo statale di Bonn. L'anno seguente scrive Das Ende der Fiktionen. Compaiono negli anni successivi due raccolte di collage e testi, Endlich allein e In Erwartung der Nacht. Nel marzo del 1987 è uscito «Nachlese», unbenutzte Notizen und Zettel von 19621984. Le opere di Hildesheimer sono state pubblicate dalla casa editrice Suhrkamp. Rossana Dedola Dedola. In questi ultimi tempi lei si è impegnato a fondo nella difesa della natura. Mi sembra che la sua radicalità contrasti con l'atteggiamento di molti intellettuali anche italiani che non si battono con altrettanta fermezza. Le sem- ~ bra giusto - dire - come fa Stefano -~ Mecatti, (Abitare la Terra «Alfa- ;:: betp», gennaio 1987) - che biso- ~ gna lasciare gli alberi dove sono e -. che non dobbiamo continuare a ~ ..C) ~ ~ "' ~ ~ -. disporne oltre ogni limite come di un oggetto? Le sèmbra che oggi la «sfida» sia questa? Hildesheimer. Non mi sembra che qui si esprima una presa di posizione ecologica, è però la prima !::! volta che sento dire a voce alta che "' l un italiano parla degli alberi. Nel- ~ la mia esperienza ci sono tra gli intellettuali italiani poche persone che hanno veramente coscienza della natura; sono convinto che in Italia l'intero problema - per dirla in termini psicoanalitici - venga rimosso. Io mi impegno molto per la protezione della natura, sono membro di Greenpeace, che comincia proprio ora a lavorare anche in Italia. Essere coscienti della morte della natura è per me qualcosa di assolutamente fondamentale. Io non scrivo più perché credo che alla fine del prossimo secolo la Terra non esisterà più. Il sintomo-simbolo di questo disastro è la morte degli alberi che qui nella valle di Poschiavo è particolarmente forte come a Basilea. In Germania si ha un rapporto particolare con la foresta, con gli alberi e per questo i francesi prendono in giro i tedeschi. Oggi dire che la natura fa parte della nostra vita significa fare una dichiarazione postmoderna: appartiene al postmoderno il ritorno alla natura. Di qui nasce un cerjo odio da parte di coloro che pensano che noi rinunciamo alla ragione e ripieghiamo sui sentimenti, ma non è questo il problema, non si tratta di sentimentalismo ma di realtà: senza la natura, senza gli alberi moriremo in ogni caso presto. Molti intellettuali ancora non se ne rendono conto, pensano che la difesa della natura sia un alibi per non impegnarsi sul piano sociale e di fronte ai problemi del Terzo Mondo giudicano la difesa della natura un'attività secondaria se non addirittura fascista. È, dunque, estremamente importante convincere anche gli intellettuali che senza la natura siamo destinati all'estinzione. Dedola. Queste convinzioni, quindi, hanno determinato la sua scelta di non scrivere più? Hildesheimer. Naturalmente ci sono vari motivi, ma la mia convinzione che tra due o tre generazioni non ci sarà più nessuno che leggerà narrativa è al primo posto. Sin da ora dobbiamo occuparci del «sopravvivere» (in ital.) e non abbiamo più tempo per i romanzi. Inoltre ho l'impressione che noi scrittori non conosciamo più il mondo, ciò che scriviamo è di ieri. Se vediamo le cose terribili che nei loro laboratori preparano coloro che si occupano di ingegneria geConversazioni di varie discipline I netica o di astrofisica, dobbiamo renderci conto che siamo rimasti indietro, facciamo finta che il mondo segua sempre le stesse leggi chimiche o fisiche, mentre non è affatto così. Mi meraviglio s mpre che i bambini capiscano ancora le fiabe che noi sentivamo da piccoli. Sono convinto, e lo ribadisco, che alla fine del prossimo secolo l'umanità sarà scomparsa dalla faccia della Terra. Per questo rinuncio alla letteratura anche se non rinuncio all'arte: sono un homo faber, devo aver sempre qualcosa da fare. Ho ripreso a dipingere e poiché la mia professione originaria era quella di pittore si potrebbe dire che dopo una pausa di quarant'anni in cui ho scritto, sono ritornato al mio vecchio mestiere. Ho rinunciato alla letteratura ma scrivo ogni anno un discorso: nel 1985 ho tenuto il discorso inaugurale del Festival internazionale di musica di Stoccarda e ora sto scrivendo il discorso d'apertura delle «Fest-Wochen» di Vienna (naturalmente prima mi sono assicurato che non dovrò stringere la mano a Waldheim). In autunno si svolgerà a Berlino una mostra intitolata Der Wald («Il bosco», organizzata da Giinther Grass nell' Accademia d'arte, e anche lì terrò il discorso d'apertura perché si tratta di un tema che mi sta molto a cuore e mi offre l'occasione di parlare del mio impegno con Greenpeace e di convincere i membri dell'Accademia, di cui anch'io faccio parte, a iscriversi anche loro a Greenpeace. Dedola. Nel suo Requiem, che è stato trasmesso dalla televisione tedesca e da quella svizzera nel dicembre del 1986, lei ha messo sotto accusa i «padroni della tecnica»... Hildesheimer. Sì, non si tratta però di accusare ingegneri o quelli che costruiscono, ma le persone da cui essi dipendono, che mirano solo ai profitti e sono prive di scrupoli. Esse fanno delle cose che io in Requiem ho messo sotto accusa, come costruire laghi artificiali o nuove centrali nucleari: questi sono per me i veri criminali. Naturalmente chiamo in causa fatti precisi, come la catastrofe della Sandoz a Basilea, dove gente priva di scrupoli ha messo a repentaglio non solo la salute ma la vita stessa di un'intera popolazione. Pensavo anche a nuovi progetti di centrali d'energia con i quali si preparano a violentare l'ambiente naturale, ma questo peccato - come ho detto in Requiem - verrà punito nelle generazioni future. Ecco perché dico che i figli maledi_ranno i genitori. La gente rimuove il futuro, questa è la vera malattia di oggi, altrimenti non sarebbe immaginabile che persone anche ragionevoli non si preoccupino dei propri figli. Non riesco a liberarmi da tali pensieri e anche questa è una delle ragioni per cui non scrivo più; in letteratura m1 devo necessariamente misurare con la psiche umana e con le parole, in pittura invece i pensieri sono completamente da un'altra parte. Devo ammettere che dipingere è una vera fuga dalla vita e siccome sono creativo funziona bene. Dedola. Lei è stato chiamato da qualcuno «profeta della rassegnazione» ... Hildesheimer. No, non voglio assolutamente essere un profeta di nessun tipo. Sono uno che si è sempre confrontato con se stesso, come è testimoniato dai monologhi Tynset e Masante. Per qualcuno come me che ha fatto anche una psicoanalisi è naturalmente difficile comunicare con persone il cui livello di coscienza è rimasto fermo a un altro gradino. Non mi considero affatto un profeta, ma considero queste persone come persone che rimuovono, e se gli altri rimuovono non è difficile essere profeti. Tra l'altro non sono l'unico nella letteratura tedesca a pensarla così, il mio amico Giinther Grass ragiona come ragiono io, anche se non rinuncia alla letteratura, e anche Giinther Kunert il quale come me non scrive più e si chiede da dove la gente tiri fuori tutto questo ottimismo. Basterebbe interpretare le statistiche per capire che non va bene così: l'anno scorso c'erano sulla Terra 5 miliardi di uomini e nei primi anni del prossimo secolo dovrebbero essere 7 miliardi e mezzo. Ci vuole poco a immaginarsi che non ci sarà più posto per muoversi e per non arrivare a questa situazione saranno inevitabili catastrofi di proporzioni globali. Già oggi assistiamo all'inizio di una terribile catastrofe, l'Aids. Credo che non ci sarà bisogno di una guerra atomica, sono convinto che l'uomo è fatto per distruggere se stesso e ora sembra che quel tempo sia arrivato. Dedola. Anche se sono usciti in italiano Tynset (Rizzo/i) e Marbot (Frassinelli) lei in Italia non è conosciuto come scrittore ma come biografo di Mozart. Hildesheimer. Anche in Germania è successo che con questa biografia io mi sono allontanato dal campo strettamente letterario, ne hanno parlato - e molto bene - soprattutto i critici musicali. Da quanto ne so, anche in Italia non sono stati i critici letterari a parlarne, ma i critici musicali e anche in Italia, dove il libro ha avuto un grande successo di vendite, è stato letto da persone che non mi avevano mai sentito nominare. Perciò, se sono conosciuto in Italia, lo sono solo come biografo di Mozart. Dedola. Perché ha deciso di scrivere una biografia e perché proprio di Mozart? Hildesheimer. Ho scelto Mozart perché lo amo molto, sono un grande mozartiano. Una voltavolevo persino diventare musicista, ho riflettuto a lungo su che cosa sarei potuto diventare, scrittore, musicista oppure pit~ore. Avevo lavorato per vari anni, naturalmente facendo anche altre cose, a Mozart. Dopo aver scritto due libri come Tynset e Masante, dove c'è un io narrante, ho pensato che non potevo scrivere un altro romanzo con un eroe; allora ho deciso di scrivere una biografia e la scelta naturalmente è andata a Mozart. Un'altra figura ideale per me sarebbe stata Shakespeare, ma su di lui si sa molto meno. Mentre scrivevo Mozart, m1 sono reso conto di quanto sia difficile scrivere una biografia e allora ho pensato che sarebbe stata una buona idea scrivere una biografia ideale, come me la immagino io; doveva trattarsi quindi di un personaggio mai esistito e così è venuto Marbot. È una biografia molto convenzionale, al contrario di Mozart. Con Mozart potevo presupporre tutto, tutti conoscono Mozart, nessuno invece conosce Marbot. Mi sono sempre occupato dei giudizi estetici dei Romantici, dei criteri che hanno adoperato per giudicare l'arte della loro epoca e delle epoche precedenti. Goethe, ad esempio, non ha colto niente durante il suo viaggio in Italia. Inoltre mi interessava dal punto di vista psicoanalitico l'incesto madre-figlio. Nella letteratura psicoanalitica non esiste quasi nulla, oltre al libro di Reich, L'incesto nella saga, nel mito e nella storia. Il mito è quello di Edipo, ma non è convincente al cento per cento perché Edipo non sa che si tratta di sua madre. Volevo costruire un caso (l'ho sottoposto anche a degli analisti freudiani che lo hanno trovato plausibile) e la cosa, come credo, mi è eccezionalmente riuscita: lady Catherine è diventata una figura da dramma tragico. Sono molto contento del libro. Sono molto meno contento della sua traduzione italiana. Il sottotitolo dell'edizione originaria «Eine Biografie» è stato sostituito con Viaggio immagina_riotra i grandi dell'Ottocento e l'indice dei nomi e le illustrazioni sono persino stati tralasciati. La sua natura di biografia è stata così distrutta. Si trat-
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