i.: s Cl) ..t) ~ Poesie da tutti i paesi ZbigniewHerbert Le querce Sulla duna nel bosco tre querce rigogliose da cui cerco aiuto e consiglio perché tacciono i cori spariti i profeti non c'è sulla terra nessuno più degno di stima perciò a voi indirizzo - querce - domande oscure attendo il responso del fato come un tempo a Dodona Mi inquieta però devo ammetterlo il rituale del vostro concepire - o sagge - sul finir della primavera all'inizio dell'estate ali'ombra dei grossi rami è un pullulare di vostri figli e neonati ospizi di.foglioline orfanotrofi di germogli pallidi molto pallidi più deboli del!'erba nel!'oceano di sabbia lottano soli soli perché non difendete i vostri figli su cui il primo gelo poserà la spada dello sterminio Che significa - querce - la crociata folle la strage degli innocenti la tetra selezione questo spirito nietzscheano sulla duna silenziosa capace di acquietare i lamenti d'usignolo di Keats qui dove tutto pare inclini ai baci alle confessioni alla conciliazione Come devo interpretare la vostra oscura parabola il barocco di rosei angioletti il riso di bianche tibie il tribunale all'alba l'esecuzione notturna la vita alla cieca mescolata con la morte passi per il barocco che non sopporto ma chi governa un dio dagli occhi acquosi col viso da conta/:Jile un demiurgo di abiette tabelle statistiche che gioca ai dadi non va mai in rosso o la necessità è solo una variante del caso e il senso una nostalgia dei deboli un'illusione dei delusi Tande domande - o querce - tante foglie e sotto ogni foglia la disperazione La favola del chiodo Per mancanza d'un chiodo cadde il regno - insegna la saggezza della balia - ma nel nostro regno da tempo non ci sono chiodi non ci sono e non ci saranno né di quelli piccoli adatti per attaccare un quadretto alla parete né grandi coi quali si chiude una bara e malgrado ciò o forse proprio grazie a ciò _ il regno dura e perfino desta l'ammirazione altrui come si può vivere senza chiodi carta e spago mattoni ossigeno libertà e cos'altro ancora evidentemente si può visto che dura e dura la gente da noi abita in case non in grotte fumano le fabbriche nella steppa il treno attraversa la tundra e bela il bastimento sul freddo oceano ci sono esercito e polizia sigillo inno e stendardo all'apparenza ogni cosa è come in tutto il mondo solo ali'apparenza perché il nostro regno non è un prodotto della natura né un prodotto umano apparentemente duraturo eretto sulle ossa dei mammut nella sostanza debole come trattenuto tra l'azione e il pensiero l'essere e il non essere cadono la foglia e la pietra ciò che è reale ma gli spettri vivono a lungo con caparbia a dispetto di tramonti sorgere del sole rotazioni degli astri sulla terra infamata cadono le lacrime delle cose Traduzioni di Pietro Marchesani ... Metamorfosi di Livio Come interpretavano Livio mio nonno e il mio bisnonno poiché di certo lo leggevano in ginnasio in una stagione poco adatta quando alla finestra si affacciava il castagno - ardenti candelabri di fiori - e tutti i pensieri del nonno e bisnonno correvano ansanti da Mizia che cantava nel giardino mostrava il decolté e le gambe divine fin alle ginocchia o da Gabi del!'opera di Vienna coi boccoli come un cherubino Gabi col nasetto all'insù e Mozart nella gola o infine dalla onesta ]ozia rifugio degli afflitti senza bellezza talento e grandi esigenze e quindi leggevano Livio - o stagione delle infiorescenze - al profumo del gesso della noia della nafta con cui si lavava il pavimento sotto il ritratto dell'imperatore perché allora c'era l'imperatore e l'impero come tutti gli imperi sembrava eterno Leggendo la storia del!'Urbe soggiacevano all'illusione di essere Romani o discendenti dei Romani questi figli degli sconfitti essi stessi soggiogati certamente ne era corresponsabile il latinista col grado di consigliere di corte una collezione di virtù antiche sotto una consunta redingote quindi seguendo Livio inculcava negli allievi il disprezzo per la plebaglia la rivolta del popolo - res tam foede - suscitava in loro ripugnanza invece tutte le conquiste sembravano giuste significavano semplicemente la vittoria di ci"òche è migliore più forte per questo doleva loro la sconfitta sul lago Trasimeno le vittorie di Scipione colmavano d'orgoglio accolsero con sincero sollievo la morte di Annibale facilmente troppo facilmente si facevano guidare attraverso le trincee delle proposizioni secondarie le complicate costruzioni rette dal participio i fiumi rigonfi del!'eloquenza i tranelli della sintassi - alla battaglia per una causa non loro Solo mio padre e io con lui leggevamo Livio contro Livio esaminando attentamente quel che c'è sotto l'affresco perciò non destavano echi in noi il gesto teatrale di Scevola il grido dei centurioni i cortei trionfali ed eravamo propensi a commuoverci per la sconfitta dei Sanniti dei Galli e degli Etruschi contavamo i numerosi nomi dei popoli ridotti in polvere dai Romani sepolti senza lode i quali per Livio neppure erano degni di increspature dello stile di quegli Irpini Apuli Lucani Ugentini ed anche degli abitanti di Taranto Metaponto Locri Mio padre sapeva bene e lo so anch'io che un giorno qualunque sui lontani confini senza segnali celesti in Pannonia e Sarajevo o anche a Trebisonda in una città su un mare freddo o nella valle del Panjshir scoppierà un incendio locale e crollerà l'impero Zbigniew Herbert, nato nel 1924 a Leopoli, viene considerato, accanto a Czesfaw Mifosz, il maggior poeta polacco vivente. Risiede attualmente a Parigi. La sua produzione comprende sei raccolte di poesie, testi teatrali, saggi. In Italia, a parte traduzioni su riviste (cfr. «Alfabeta», n. 57, 1984), di Herbert è finora appàrso un volumetto di 24 poesie, Rapporto dalla città assediata, presso l'editore Scheiwiller, nel 1984. Un'am_pia scelta della sua opera poetica è in preparazione presso le edizioni Adelphi. Le potsie qui riprodotte sono apparse sulla rivista «Kultura» di Parigi (n. 1-2, 1987). Pietro Marchesani ~L..-----------------------------------------------------------------------------1
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