Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

Mensile di informazione culturale Settembre 1987 Numero 100 / Anno 9 Lire 5.000 100 Planetario Dall'Oriente Edizioni Cooperativa Intrapresa W/////////////////////////////////////////////////////////~ Via Caposile, 2 • 20137 Milano f& ~ Spedizione in abbonamento postale ~ ~ gruppo IIl/70 • Printed in ltaly ~ A Ma~allan j ~ s1arriva ~ ~ d. ~ ~ per gra 1. ~ I ! ~ ~ ~ §k ~ ~;-! ~ y.~~ ~ ~ ~°ll"'kdy ~ 0 ~ i/////////////////////////////////////////////////////////~ (Babel,ChlebnikovU,spenskiDi, iPaola,Costantini) Grandecerimonifailosofica Londra · (GiorelloR, ortyV, aHimo,GarganiF, erraris) Poesieda tuHi paesi (CarverS, mithV, alaoritis,KolcifH, erbert) Conversaziodniivariediscipline • (Hildesheimer,Damisch,Jabès,Frye,Genel le,Ballester) Eticaecaso • (SerresL, uhmannM, arquarclC, ristinF, ormenti) incorsaverso il raddoppio allabetacompie cento numeri dal numero I01 .;...,........ • • #C ' .. ~· .J'\ ~,, • ' • • • • • ..-·.• ••, ••-'i-1(\. s1presenteraconsp1r1et1vester1nnovab ,;:<; <:\l .. ·.. . ... • . :,;,. ·.: . .. . \ ... . ~

Einaudi VirginiWa oolf Notte giorno Nel secondo romanzo della Woolf, ambientato nella Londra inizio secolo, una giovane aristocratica si ritrova al centro di una imprevedibile trama amorosa. «Supercorall»i , pp. v-404,L. 22 ooo Robert L. Stevenson Emigranpte rdiletto In viaggio con gli emigranti dall'Inghilterra alla California, Stevenson registra in un reportage d'eccezione il dramma da cui nascono gli Stati Uniti d'America. A cura di Giovanna Mochi. «Gli struzzi»,pp. x1x-I37,L. IOooo W.SoyinkSa,.Bemba, S.LaboTuansiB, .Tomoloju Teatroafricano Quattro autori fra questi il Premio Nobel 1986 - testimoniano la forza espressiva e l'originalità linguistica con cui il teatro africano si è affacciato sulla scena internazionale. A cura di Egi Volterrani. «Supercoralli»,pp. x1v-337,L. 20 ooo GianCarloFusco Durai Marsiglia Una gangsters story degli anni '30, come in un film conJean Gabin. L'autore delle Rose del ventennio dà qui un'altra prova delle sue impareggiabili qualità di cronista. Con una nota di Giovanni Arpino. «NuoviCoralli»,pp. 1v-20I,L. IOooo PierrePascal Dostoevskij: l'uomoel'opera Un profilo biografico e critico che offre al lettore un orientamento sicuro. «Pbe», pp. x-350, L. 20 ooo Germaniuan:passato chenonpassa I criminni azistei l'identità tedesca AcurdaiGianEnricRousconi Per la prima volta in volume i testi della polemica che ha coinvolto storici, filosofi, politologi_ Interventi di E. Nolte, J. Habermas, K. Hildebrand, J. Fest, J. Kocka, H. Mommsen,M. Broszat, R. Augstein, A. Hillgruber,W. Mommsen. «NuovoPolitecnico»,pp. XLlll-I69, L. I4 ooo RemoBodei Scomposizioni La scomposizione di un frammento di Hegel consente l'analisi di temi che sono anche nostri: l'interiorità e il suo coinvolgimento negli eventi, l'emancipazione, la dialettica, l'individuo. «Bibliotecadi cultura filosofica», pp. xxv-27I, L. 28ooo CharledseBovelles li librodelsapiente Il ruolo del sapiente, la funzione della memoria, la ricerca della perfetta scienza: uno dei grandi libri della filosofia del '500. A cura di Eugenio Garin. «Nue», pp. xxx1v-I8Icon 29 ili., L. 16 000 le immagindiiquestonumero L a memoria di un evento artistico, come una mostra estemporanea, è affidata sia alle parole sia alle immagini: ma sono quest'ultime a stimolare direttamente il nostro interesse culturale e la nostra attenzione perché il visivo ci riporta sempre all'interno stesso dell'avvenimento. C'è un altro elemento, oltre agli oggetti esposti e alle loro riproduzioni, che determina e condiziona una mostra: il contenitore. In genere, il rapporto tra opera d'arte e contenitore consiste in un asettico scambio d'informazioni e di linguaggi, scambio che non sempre semplifica l'interpretazione, anzi, spesse volte turba la fruizione e si sovrappone alle specifiche funzioni, semantiche ed estetiche, di un quadro, di una scultura. Questo genere di lettura forzata, poco filologica, è frequente anche in alcune riprese fotografiche di eventi artistici, dove difficilmente si è in grado di distinguere l'artista dal fotografo: la confusione delle competenze e dei linguaggi è sempre segno di confusione culturale e professionale. Le immagini che presenta Alfabeta in questo numero sono invece un esempio diverso, nella direzione di un rispetto delle singole autonomie culturali che sono prima di tutto storiche; perché è il contesto, solo il contesto a rendere possibile la comprensione di un gesto, di un linguaggio e, contemporaneamente, la sua eventuale trasgressione. I Sassi di Matera, in particolare le chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, le sculture straordinarie di Fausto Melotti, le fotografie di Mario Cresci: queste sono le tre coordinate entro le quali è necessario leggere una tra le migliori esposizioni di questi ultimi anni. Fausto Melotti, disegni sculture: 1918-1986: è il titolo della mostra organizzata a Sommario Dall'Oriente Inediti di Babel' e Chlebnikov pagine 3-5 Costantino Di Paola Fogli dimenticati pagina 4 Boris A. Uspenskij Zar e impostore pagine 5-7 Vilma Costantini Scrittori oggi a Pechino pagina 8 .. Grande cerimonia filosofica a Londra Maurizio Ferraris Filosofia post analitica? pagina 9 Giulio Giorello Metafisica o libertà? pagina 10 Fausto Melotti nei Sassi di Matera: immagini di Mario Cresci Matera, aperta fino a fine settembre e coordinata dal Circolo La Scaletta e dal MOSA, Azienda Speciale della Camera di Commercio per i Sassi di Matera. Le strutture degli oggetti-scultura di Melotti parlano al di là della storia dell'artista; come scrive lo stesso Melotti, «l'arte è scienza esatta e perfino il rischio può essere calcolato: l'arte si rivolge all'intelletto e non ai sensi e quindi è inutile e anzi dannosa la pennellata». Dentro i Sassi di Matera, la scienza di Melotti si rivolge, sì, all'intelletto, ma la suggestione dello spazio, che è storico, accentua il mistero delle forme, dei pieni e dei vuoti e delle loro relazioni con le pareti, con i corridoi, con la semplice e chiara funzionalità di un insediamento umano antichissimo. Le sculture di Melotti sono state rispettate, si può girare intorno, la luce non violenta l'autonomia dell'oggetto, tutto è giocato nel rispetto sia del contenente sia del contenuto; ma è chiaro che il solo trasferimento delle opere di Richard Rorty Nominalismo e contestualismo pagine 11-12 Aldo G. Gargani Gli enunciati sono i fatti pagine 12-13 Gianni Vattimo Il dimagrimento della filosofia pagina 13 Poesie da tutti i paesi Raymond Carver pagina 15 Lawrence Smith pagina 15 Nanos Valaoritis pagina 16 Jifi Kolaf pagina 17 Zbigniew Herbert pagina 19 Conversazioni di varie discipline Hildesheimer, natura e Mozart A cura di Rossana Dedola pagine 21-22 Damisch, prospettive nell'arte A cura di Giovanni Careri pagine 22-23 Jabès, assenza di Dio A cura di Alberto Folin pagine 24-25 un autore come Melotti in uno spazio come i Sassi di Matera, genera uno spettacolo nuovo, senza, con questo, violentare l'unicità dell'esperienza artistica. L'isolamento di Melotti, nel panorama dell'attività artistica italiana, favorisce un rapporto sempre creativo con i suoi progetti; come scrive Gillo Dorfles, «mentre nel resto del mondo la scultura si era venuta riducendo alle vacue elucubrazioni meccaniche e fredde delle strutture primarie, Melotti riusciva a fare esplodere tutta la gamma dei suoi temi e variazioni, dei suoi contrappunti, motivi essenzialmente musicali.· Un semplice tema, proposto in forma d'una figura geometrica realizzata in filo o foglio di ottone, viene poi modificato attraverso raddoppi, rivolti, canoni, cadenze, abbellimenti, ritardi, dando vita a delle serie di sagome che da un lato denunciano il rigore di una ricerca formale programmata, dall'altro conservano quelle fluidità e quell'humor che non manca nelle sue opere». Genette, paratesto A cura di Maria Teresa Russo (Seuils, di G. Genette) pagine 25-27 Frye, critica letteraria A cura di Loretta Innocenti pagine 28-29 Ballester, Don Juan A cura di Elisabetta Pintor pagina 29 Etica e caso Carlo Formenti Custodire il caso (ILcoltello e lo stilo, di M. Vegetti; L'Oeuf transparent, di J. Testart) pagine 30-31 Miche! Serres Chiamiamo uomo la bestia che perde pagine 31-33 Odo Marquard Apologia del casuale pagine 33-34 Renato Cristin Il contesto di Marquard pagina 35 Niklas Luhmann Tecnica ed etica pagina 36 Cfr. pagine 37-39 Le immagini di questo numero Fausto Melotti nei Sassi di Matera: immagini di Mario Cresci di Aldo Cofanetti Ecco, rigorosità costruttiva e infrazione alla rigida serialità, appellandosi a una serie di figure retoriche trasferite creativamente dal verbale al visivo, rappresentano gli elementi ideali per una mostra che si sviluppa in uno spazio ricchissimo di storia già decifrata, ma nello stesso tempo ricco anche di segni misteriosi, come sono sempre misteriose le tracce degli uommt. Materiali diversi, ma sempre riconoscibili, strutture primarie con sparse qua e là alcune infrazioni ali'ordine, i pieni e i vuoti, il dentro e il fuori che si scambiano a seconda degli spazi e dei tempi dell'interprete: tutti questi elementi sono correttamente presenti nelle fotografie di Mario Cresci. Il rigore filologico di Cresci non impedisce, comunque, di riconoscere il Braccio e la Mente di questo grande fotografo: un autore, quando interpreta un altro autore, resta tale solo se si trasforma in un bravo traduttore. Questo è il caso delle immagini di Cresci: all'interno del fotogramma, costruito rigorosamente nel rispetto dei volumi e dei piani delle sculture di Melotti e del palcoscenico dei Sassi, recitano in primo luogo gli oggetti, poi l'allestimento, infine i bianchi e i neri del fotografo. I linguaggi presenti non si sovrappongono l'uno sull'altro, anche se, pur mantenendo la loro specificità, il risultato finale va al di là di una semplice somma di presenze: siamo di fronte a una straordinaria regia che è riuscita a coniugare tre autori, ottenendo uno spettacolo unitario. Il rigore filologico, in questo caso, non è polveroso né accademico, ma realizza un'opera d'arte nuova, perché il consumo interpretativo dell'arte non potrà essere esaurito, se non dal processo infinito della storia. Quindi mai. Aldo Colonetti alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabeta Direzione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese Maria Corti, Gino Di Maggio Umberto Eco, Maurizio Ferraris Carlo Formenti, Francesco Leonetti Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella Paolo Volponi Redazione: Maurizio Ferraris, Carlo Formenti, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti Art director: Gianni Sassi Editing: Studio Asterisco - Luisa Cortese Grafico: Bruno Trombetti Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale Redazione e amministrazione: via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Pubbliche relazioni: Monica Palla Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile: Leo Paolazzi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, 20139 Milano Telefono (02) 5392546 Stampa: <'.I Rotostampa, <::s Brugherio -S Distribuzione: ~ Comunicazione ai collaboratori titolo, editore (con città e data), nume- terio indispensabile del lavoro intellet- Messaggerie Periodici ~ di «Alfabeta» ro di pagine e prezzo; tuale per Alfabeta è l'esposizione degli ~ Le collaborazioni devono presentare i c) gli articoli devono essere inviati in argomenti - e, negli scritti recensivi, Abbonamento annuo Lire 50.000 -. seguenti requisiti: triplice copia ed è richiesta l'indicazio- dei temi dei libri - in termini utili e estero Lire 65.000 (posta ordinaria) ~ a) ogni articolo non dovrà superare le ne del domicilio del collaboratore. evidenti per il lettore giovane o di li- Lire 80.000 (posta aerea) -c:i 4-5 cartelle di 2000 battute; ogni ecce- La maggiore ampiezza degli articoli o vello universitario iniziale, di prepara- Numeri arretrati Lire 8.000 ~ LudovicAoriosto zione dovrà essere concordata con la il loro carattere non recensivo sono zione culturale media e non speciali- Inviare l'importo a: Intrapresa ~ direzione del giornale; in caso contra- proposti dalla direzione per scelte di sta. Cooperativa di promozione culturale "" Satire rio saremo costretti a procedere a ta- lavoro e non per motivi preferenziali o Manoscritti, disegni e fotografie non si via Caposile 2, 20137 Milano ~ ...... Edizione critica e commentata gli; personali. Tutti gli articoli inviati alla restituiscono, Alfabeta respinge lettere Telefono (02) 592684 b) tutti gli articoli devono essere corre- redazione vengono esaminati, ma lari- e pacchi inviati per corriere, salvo che Conto Corrente Postale 15431208 i::: a cura di Cesare Segre. dati da precisi e dettagliati riferimenti vista si compone prevalentemente di non siano espressamente richiesti con ~ «Collezionedi poesia..,pp. xx1x-u 3 , ai libri e/o agli eventi recensiti; nel ca- collaborazioni su commissione. tale urgenza dalla direzione. Tutti i diritti di proprietà letteraria -c:i L. 10 ooo so dei libri occorre indicare: autore, Occorre in fine tenere conto che il cri- Il Comitato direttivo e artistica riservati !:f;. ----------------:, ___________________________________________ .__ ___ _ ___,~

Dall'Oriente IneditidiBabele' Chlebnikov Frammento lsaak Babel' [... ) e la porse poi all'eremita. Questi, in piedi e immobile, stordito, senza rendersi conto di quanto faceva, bevve intera la coppa, e poi un'altra e un'altra ancora, e inghiottì con avidità le delizie che l'incantatrice gli metteva una dopo l'altra in bocca. Poi lo condusse fuori da quel miserabile tugurio e piangendo cominciò a implorare il suo perdono perché, disse, senza volere aveva recato offesa alla santità dei suoi occhi. E intanto che parlava il suo viso si torceva nel dolore e nel rimorso, e le sue mani stringevano con ardore quelle di lui. Poi la donna cadde in ginocchio dinanzi all'eremita e nel movimento la veste si aprì, e s'intravvidero così un'altra volta i suoi seni, e la luna argentata si posò sullo smagliante biancore di essi. Un vento lieve muoveva impercettibilmente i riccioli neri dell'incantatrice. E allora la natura così lungamente repressa si risvegliò con violenza nel sangue dell'eremita e questi cadde su quei bianchi e splendidi seni, incosciente di quello che faceva. L'incantatrice lo portò furtivamente da un grado all'altro del godimento e quando l'eremita fu sul punto di cogliere il fremito più intenso del piacere, la donna, d'improvviso, gli sussurrò all'orecchio: «Sarò tua per l'eternità se mi vendicherai di quelle canaglie e se prenderai i loro tesori, così che vivremo ricchi e felici fino alla fine dei nostri giorni». L'eremita, che s'era un po' ripreso, chiese: «Cosa vuoi dire e cosa vuoi da me?» Tra baci lascivi e sguardi pieni di passione l'incantatrice sussurrò all'orecchio dell'uomo, premendo i seni al suo petto che aveva ripreso a battere furiosamente: «I loro pugnali sono sul tavolo, tu ne uccidi uno, io l'altro, indosserai i loro vestiti e prenderai i loro tesori. «Poi bruceremo la casa, e fuggiremo in Francia». In memoria del compagno Trunov. I funerali del compagno Trunov, comandante del 34° Reggimento di cavalleria Isaak Babel' Il 3 agosto 1920 è caduto nella battaglia di K. uno dei più coraggiosi comandanti di reggimento, il comandante del 34" Reggimento di cavalleria - compagno Trunov. La pallottola di un nemico ha colpito a morte l'eroe che in un impari duello, dopo aver ucciso sette cavalleggeri polacchi ed essere rimasto senza più pallottole nella sua «Nagan», si era ugualmente lanciato all'inseguimento di due .s ufficiali polacchi che stavano fug- ~ gendo in groppa allo stesso cavai- ~ lo. L'ardito voleva tagliare la testa - ~ ai due pan con la sua affilata sciabola, che tante volte aveva fatto a pezzi le guardie bianche, da Voronez al Mar Nero, e adesso qui, sul fronte occidentale, fino al villaggio di K. Ma una di quelle due canaglie ha sparato a bruciapelo un colpo ~ di «Mauser» contro il compagno ~ comandante, che era ormai a ri- ~ dosso dei due pan, e la pallottola ha sfondato la tempia e in un attimo l'eroico compagno Trunov non è stato più il padre-comandante, come lo chiamavano i suoi soldati. Sei morto da comandante glorioso e indomito, ma sei ancora vivo per il tuo reggimento e nelle future battaglie i tuoi combattenti avranno negli occhi la tua immagine, quando cavalcavi alla testa di tutti. E i tuoi combattenti giurano di sterminare in nome tuo, a centinaia, i nobili polacchi. E questo già è stato fatto dai tuoi figli. Un intero reggimento nemico, il 17° Ulani, è stato ricacciato nella palude e non arrecherà più danno. La vendetta potrebbe già dirsi compiuta. Ma così non è, ché continueremo a vendicarti fino alla fine perché ti amiamo, perché tu rimarrai in eterno con noi. Tu sei morto, amato compagno, al tuo posto di combattimento. Laggiù dove sei stato colpito dalla pallottola nemica; laggiù dove il tuo sangue ha bagnato i campi di Klekotovo, laggiù nasceranno fiori rossi per ricordare al proletariato che lì è caduto uno dei tanti eroi che hanno donato la loro vita per il bene del popolo. Come figli pieni di amore e di rispetto i combattenti hanno ricuperato il corpo del loro amato comandante e lo hanno portato attraverso i campi di battaglia fino a Barjatino. Hanno comperato una cassa da morto da un curato, hanno raccolto venticinque rubli per far erigere un monumento sulla tomba del loro comandante, morto in nome di un ideale sacro, la liberazione dei lavoratori dalle catene della schiavitù. Il 5 agosto 1920 il 34°Reggimento di cavalleria ha messo il lutto e ha accompagnato il corpo del suo comandante alla città di Dubno. Con gli occhi colmi di pianto tutti, dal primo all'ultimo, hanno percorso la strada senza ritorno che portava il loro amato comandante lontano da chi aveva imparato da lui a morire con coraggio, come lui stesso è morto. Anche l'orchestra ha pianto suonando la marcia funebre. I volti severi, tesi bruciavano nell'ansia di vendetta, e hanno giuratèr che non ti perdoneranno mai, szlachta. Lontano si sfilaccia il corteo, vogliono esserci tutti, il reggimento intero, e vanno sulla strada per Dubno, la città dove sarà sepolto il loro comandante e compagno. Così è stato in tutte le battaglie. Il 34°Reggimento di cavalieri~ con il suo eroico comandante ha travolto ogni resistenza che incontrava sul suo cammino, tutte le difese costruite dai pan polacchi sono volate via in mille frantumi. Sì, uno dei nostri gloriosi comandanti è morto, ma l'idea per la quale ha immolato la sua vita è ancora viva. Il suo nome sarà inciso a lettere d'oro nel libro della storia e il proletariato onorerà nei secoli i suoi eroi, che hanno lottato per conquistare e donare agli altri la libertà, pagando con la propria vita. Il popolo non dimenticherà la strada che conduce alla tua tomba, e così essa sarà sempre cosparsa di fiori. Riposa, compagno amato, e che la terra ti sia di coperta. Sulla tua tomba i combattenti hanno fatto una solenne promessa, e in nome tuo migliaia di illustrissimi marciranno sotto terra. La tua morte non ha infranto le nostre schiere. La rivoluzione non seppellisce gli eroi ma li crea. Per questo noi diventiamo sempre più forti e coraggiosi, e con la tua immagine negli occhi e nel cuore ci lanceremo, impetuosi, all'assalto e non ci sarà pietà per i pan polacchi. Addio compagno! Sei morto al tuo posto di combattimento ma tu vivi e vivrai in eterno per il 34" Reggimento di cavalleria. I combattenti sanno onorare i loro eroici comandanti. Altri ancora di questi Trunov! K. Ljutov (Isaak Bàbel') Nei nostri elenchi, mesti e sanguinanti, dobbiamo aggiungere un nome che la 6• Divisione non dimenticherà mai - il nome del comandante del 34° Reggimento di cavalleria Konstantin Trunov, ucciso il 3 agosto nel combattimento presso K. Un'altra tomba è ora immersa nell'ombra dei fitti boschi della Volinia, un'altra vita straordinaria, piena di abnegazione e di senso del dovere, sacrificata nel nome degli oppressi, un altro cuore proletario spezzato per tingere col caldo suo sangue i rossi stendardi della rivoluzione. Gli ultimi anni di vita del compagno Trunov sono stati indissolubilmente legati alla titanica lotta dell' Armata rossa. La coppa lui l'ha bevuta fino in fondo - ha partecipato a tutte le campagne, da Tsartsyn a Voronez, da Voronez alle rive del Mar Nero. II suo passato - fame, privazioni, ferite, combattimenti sfibranti, sempre in prima linea e infine - la pallottola di un ufficiale polacco sparata contro il contadino di Stavropol', venuto dalle lontane steppe a portare a genti sconosciute la novella della rivoluzione. Fin dai primi giorni della rivoluzione il compagno Trunov ha, senza esitazione, occupato subito il suo posto. È stato tra gli organizzatori dei primi reparti rivoluzionari di Stavropol'. Nell'Armata . rossa ha ricoperto, successivamente, i gradi di comandante del 4° Reggimento «Stavropol'», di comandante della I Brigata della 32• Divisione, di comandante del 34° Reggimento di cavalleria della 6• Divisione. Il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore dei nostri combattenti. Nelle condizioni più sfavorevoli egli ha strappato la vittoria al nemico con l'abnegazione e il coraggio, con l'incrollabile perseveranza, con un sangue freddo che mai gli è venuto meno, fulgido esempio per i suoi fratelli del1'Armata rossa. Altri ancora di questi Trunov nelle nostre schiere - e per i pan di tutto il mondo sarà la fine! II corrispondente di guerra della 6• Divisione di cavalleria. La ~Parizot» e la «,Julija» Isaak Babel' È accaduto non molto tempo fa. Sulla «Parizot» era stata ammainata la bandiera inglese. La «Parizot» era una nave russa, si chiamava «Julija», ed era stata requisita dai bianchi nel 1919. La «Julija» aveva solcato per quattro anni il Mediterraneo e il mar di Marmara, poi era stata destinata alla 'linea per l'Anatolia. Nel dicembre dell'anno scorso aveva lasciato Costantinopoli e aveva fatto rotta per Zonguldak, per caricare carbone. A Zonguldak il comandante in seconda era andato dall'agente. «Efendi 1 - aveva detto il secondo - nel tuo porto sono in attesa molti piroscafi e il mio turno non è tanto vicino. Andrò a Eregli, efendi.» «Jachsy»2 - rispose il turco e portò la mano alla fronte, al cuore e dove ancora si ·usa. E la «Julija», quando fu notte, salpò per Eregli. Aveva percorso quindici miglia quando il comandante in seconda, Gavrilicenko, pistole in pugno, salì sul ponte. «Compagni - disse rivolto all'equipaggio - non andremo a Eregli, ma a casa, a Odessa. Chi non è d'accordo, che salga pure sul ponte e mi getti in mare.» Nessuno salì sul ponte e allora Gavrilicenko mise via le pistole. II timoniere girò la barra e la «Julija» puntò su Odessa. Navigava a luci spente e lottava contro una tempesta violentissima. II mare aveva raggiunto forza undici, proprio in quei giorni a Novorossijsk aveva rotto gli ormeggi il gigantesco «Transbalt». Erano state inghiottite dai flutti la «Kapnaro» e la «Ammiraglio Tserojter», ma la «Julija», a luci spente e con l'elica in avaria, senza carbone ormai e incalzata dagli inseguitori, navigava verso casa, verso Odessa. Quel piccolo guscio aveva affrontato un mare montagnoso, i segnali radio e il suono delle sue sirene erano riusciti a superare i neri baratri delle onde e la piccola nave, con l'elica inutilizzabile, presa a rimorchio da un rompighiaccio, era entrata alla fine nella rada di Odessa. Ed ecco che oggi sulla «Parizot» hanno ammainato la bandiera inglese. Al porto sono arrivate le fanfare, e i giovani comunisti, e i marinai. La bandiera inglese si è adagiata sul ponte dopo essere scesa lentamente, come un uccello ferito, poi il rosso porpora della nostra bandiera si è arrampicato in alto, lassù, in cima a quell'erta scala sulla quale da sei anni ormai stiamo salendo. I marinai inglesi ridevano lasciando la nave, l'equipaggio russo rideva prendendo possesso della nave. E poi si riversarono nel qua-

I I lavoro di ricerca de~'eredità letteraria di Isaak Babel' può oggi considerarsi concluso. Qualche manoscritto disperso verrà forse rintracciato col tempo (Babel' usava, a volte, regalare agli amici i manoscritti dei racconti che aveva deciso di abbandonare); forse tra breve verrà restituito alla famiglia dello scrittore il manoscritto del racconto L'anello di Efira ( Kol'tso Efiry) che Babel' scrisse nel 1922, quando si trovava a Tbilisi, e che è rimasto in possesso della famiglia di un'amica georgiana dello scrittore. Non è improbabile che tornino alla luce, ricuperati negli archivi di «Novyj mir», i racconti che Babel' consegnò nel /931 e la cui pubblicazione fu annunciata nella pagina speciale del numero di dicembre della rivista. Di questi cinque racconti uno solo fu poi pubblicato, La viola del pensiero (Ivan-daMarija), sulla rivista «30 giorni» («30 dnej»), nel 1932 (n. 4). Degli altri si sa soltanto che Adrian Marinets (Adrian Marinets) apparteneva al ciclo narrativo sulla collettivizzazione della campagna (Velikaja Krinitsa) e che Presso il monastero di S. Sergio (U Troitsy) trattava della solitudine di una persona anziana. Degli altri due si conosce soltanto il titolo, Med' (Rame) e Vesna (Primavera). Ma non è sul ritrovamento di qualche manoscritto disperso che fondano le loro speranze i cultori del/'opera di Babel' e gli studiosi di letteratura sovietica. L'auspicio è che in un futuro non lontano siano restituiti alla storia tutti i manoscritti sequestrati allo scrittore, nella casa di Peredelkino e ne~'abitazione di vicolo Nikolo- Vorobinskij, a Mosca, quando venne arrestato il 15 maggio del 1939. Questa speranza è diventata più concreta dopo il recente annuncio apparso in Unione Sovietica che ha rettificato, in modo forse singolare ma comunque ufficiale, l'anno di morte dello scrittore odessita. Isaak Babel' non morì il 17 marzo drato, bevvero il vino e ballarono sul ponte, e i tacchi risuonarono più forte che i tuoni di un vecchio dio sdentato. Perché tutto ciò era davvero comico: i marinai inglesi non avevano perso niente restituendo generosamente quanto era stato rapinato dai loro padroni, e tutti noi consideravamo una vittoria esserci ripresi una nave ingiustamente appartenuta ad estranei. I proletari, quel giorno, non avevano perso perché avevano bevuto il vino e fatto risuonare sul ponte i tacchi, più forte dei tuoni di un dio. Note (1) In turco, Efendi significa: Signore. (2) In turco, Jachsy significa: bene, bene. Ottobre sulla Neva Velenir Chlebnikov Ho festeggiato il compleanno a Tsarskoe Selo da solo, in mezzo a paurose esplosioni. Quando, di notte, tornando a casa, passavo lungo la città dei pazzi, mi veniva sempre in mente il soldato semplice Lysak, il pazzo, che avevo incontrato durante il servizio militare, e risentivo quel suo parlare veloce e sommesso: «Verità o, verità no, verità c'è, verità non c'è». Il suo incalzante parlare si faceva_sempre più veloce e veloce, poi, piano piano, il pazzo si infilava sotto la coperta, scompariva sotto di essa fino al mento, come /941 in un campo di concentramento, come fu annunciato dalle autorità sovietiche nel lontano /957 ma fu fucilato nei primi mesi del /940 (molto probabilmente nel mese di gennaio) nel carcere moscovita della Lubjanka dove era stato trasferito, in attesa del processo, alla fine di dicembre del 1939. Dal giorno dell'arresto a quello del trasferimento alla Lubjanka Babel' rimase rinchiuso in una prigione alla periferia orientale di Mosca. Sulla autenticità della nuova data di morte dello scrittore esiste una testimonianza diretta e certa che attribuisce alla fonte che ha autorizzato la pubblicazione della rettifica «il livello più alto di autorevolezza». E se anche altri archivi, oltre a quello di Babel', e documenti, torneranno alla luce, la storia della letteratura sovietica potrà finalmente essere tracciata in tutta la sua autenticità, nella sua verità e nella sua bellezza. È importante ricordare che in questo senso si sono espressi al congresso degli scrittori del dicembre 1985, a Mosca, due rappresentanti di rilievo dell'attuale letteratura sovietlca, il poeta Evgenij Evtusenko e lo scrittore Valentin Rasputin. Un segnale importante, forse decisivo, che potrebbe preludere ad una svolta sostanziale nei rapporti tra intelligentsija e potere e che consentirebbe di ricomporre, con l'inchiostro «del coraggio e della maturità civile», le tante «pagine bianche» che ancora mutilano la storia e le lettere sovietiche, di rimuovere gli oltraggiosi «sbarramenti psicologici» che hanno generato soltanto silenzio e menzogna. Gli scritti di Babel' che qui proponiamo sono costituiti dal frammento inedito (si tratta della quarta, ultima pagina) di un racconto che molto probabilmente faceva parte di quel gruppo di racconti dell'Armata a cavallo ( Konarmija) che Babel' non pubblicò e di cui, finora, non si è trovata più traccia. se volesse nascondersi da qualcuno, e solo gli occhi brillavano, e intanto continuava a parlottare sottovoce con una velocità che nulla aveva di umano. Poi, lentamente riemergeva da sotto la coperta e si metteva seduto sul letto; mentre riemergeva la sua voce diventava sempre più sonora; si metteva poi coccoloni e rimaneva immobile e i suoi occhi, rotondi come quelli di un astore, emettevano una luce gialla, poi, d'improvviso, si ergeva in tutta la sua statura e scuotendo il letto cominciava ad invocare la verità con voce furente e questa voce si diffondeva ovunque nell'edificio, e faceva tremare i vetri delle finestre: «Dov'è la verità? Portate _qui la verità! Datemi la verità!» Poi si rimetteva seduto e con i lunghi e rigidi baffi e con i gialli occhi rotondi spegneva le fiamme di un incendio che non c'era, afferrandole con le mani. In quel preciso momento arrivavano di corsa gli inservienti. Annotazioni da una terra morta, baleni di una lontana terra di morte a cavallo dei secoli. Un Ercole, somigliante ad un prof eta, su una brandina d'ospedale. A Pietrogrado ci incontravamo tutti - io, Petnikov, Petrovskij, Lur'e, qualche volta facevano una capatina lvnev ed altri Presidenti ... «Ascoltate, amici. Ecco: noi non abbiamo commesso un errore quando abbiamo creduto che al mostro della guerra era restato un Dall'Oriente Legate al ciclo della «cavallarmata» sono anche le corrispondenze Altri ancora di questi Trunov! (Pobol'se takich Trunovych!) e In memoria del compagno Trunov ( Pamjati tovarisca Trunova), pubblicati il 13 agosto 1920 sul «Cavalleggero rosso» («Krasnyj kavalerist»), il giornale della 6• divisione di cavalleria, la prima scritta da Babel' (con lo pseudonimo K. LjutovJ, la seconda anonima. Queste due corrispondenze rivestono un interesse particolare perché sono, da una parte, un esempio importante della pubblicistica rivoluzionaria e agitatoria del periodo della guerra civile, poi perché danno la possibilità di penetrare in quel ricco e complesso universo che era il laboratorio creativo dello scrittore odessita. Il racconto Il caposquadrone Trunov (Eskadronnyj Trunov), uno dei più belli, intensi e, nella sua genesi, complessi dell'intero ciclo, è infatti legato a queste due corrispondenze per i fatti che vi si narrano e per i prototipi dei personaggi. Nella «lettera» La «Parizot» e la· «Julija» («Parizot» i «Julija»), pubblicata nella primavera del 1924 sul giornale di Odessa «Notizie della sera» («Vecernie izvestija») con lo stesso pseudonimo (Bab-El') con cui Babel' firmò, nel 1918, i bellissimi elzeviri su « Vita nuova» («Novaja zizn' », giornale di tendenza menscevica fondato e diretto da M. Gor'kij), lo scrittore ritorna ad un tema da lui già trattato nel 1922 nella corrispondenza dalla Russia meridionale La «Kamo» e la «Saumjan» (pubblicata su «Alba d'Oriente» («Zarja Vostoka»), giornale di Tbilisi, con il titolo Alla proda (U pristani), il tema cioè del ritorno nei porti d'origine delle navi russe sequestrate dall'esercito controrivoluzionario durante la guerra. Nell'agosto del 1918 Ve/mir Chlebnikov tornò per l'ultima volta ad Astrachan', la città che presto sarebbe diventata uno dei solo occhio e che sarebbe bastato mettere sul fuoco una trave, appuntirla e con le forze di tutti accecare la guerra e poi aggrapparsi al vello delle pecore. Non ho forse ragione quando dico questo? Forse che non dico la verità?» «Giusto» - fu la risposta. Fu deciso di accecare la guerra. Lo Stato della sfera terrestre emanò una pubblicazione, un corto foglio: 1 «Le firme dei Presidenti della Sfera Terrestre» su di un foglio bianco, nulla di più. Fu questo il suo primo passo. «Morti! Venite con noi e gettatevi nella battaglia. I vivi sono stanchi - tuonò una voce. Suvvia, che in una battaglia si uniscano i vivi e i morti! Morti! Sorgete dalle vostre tombe!» In. quei giorni, pronunciata con strano orgoglio, risuonava la parola «bolscevica» e fu presto evidente che le tenebre dell' «oggi» sarebbero state ben presto lacerate dai bagliori degli spari. Petrovskij, con un enorme colbacco nero, il viso di trasparente magrezza, sorrideva enigmatico. «Senti?» - disse seccamente quando d'improvviso, al nostro passaggio, rumoreggiò uno sciacquone. «Quello che è successo non lo capirò mai» - aggiunse - e, sornione, si mise a riempire la pipa in un modo che diceva chiaramente che quella era una cosa che non sarebbe mai più successa nel futuro. Era di umore nero. Più tardi, quando Kerenskij era «fuochi» della guerra civile. Questo suo soggiorno nella «città degli antenati» costituisce un momento importante, anche se poco conosciuto, della vita del poeta. Arruolatosi ne~'esercito, Chlebnikov fu destinato alla redazione dell'organo di stampa del Consiglio di guerra di Astrachan' e del Commissariato militare regionale, il giornale «Il combattente rosso» («Krasnyj voin»), uno dei primi fogli di agitazione e propaganda stampati dai reparti in guerra, nelle tipografie mobili. (Anche il «Cavalleggero rosso», di cui era redattore Isaak Babel', veniva stampato in una tipografia mobile, un vagone del treno di propaganda che accompagnò la Prima armata di cavalleria durante l'intera campagna di guerra.) Chlebnikov fu fin dall'inizio uno dei più assidui collaboratori del giornale, cronista attento della vita che si svolgeva ad Astrachan' in un periodo tormentato dalla guerra e dalla fame ma nello stesso tempo ricco di iniziative e di fermenti culturali e sociali. Nel mese di novembre del 1918 fu infatti inaugurata l'Università regionale di Astrachan' e poco dopo furono istituiti presso l'Università stessa i corsi serali della Scuola popolare superiore. Sempre nel 1918 fu ideato e programmato il primo Parco nazionale della giovane repubblica sovietica alla cui realizzazione partecipò çmche il padre di Chlebnikov, ornitologo e botanico di fama. Il Parco nazionale di Astrachan' fu ufficialmente inaugurato all'inizio del 1919. Molte furono, come abbiamo detto, le iniziative culturali e sociali che vennero realizzate nel periodo in cui Chlebnikov soggiornò ad Astrachan' (agosto 1918 - gennaio 1919) e di queste Chlebnikov fu cronista partecipe, attento ed efficace. L'attività pubblicistica del poeta di Astrachan', nonostante i notevoli risultati raggiunti nel lavoro di ricerca, è ancora lontana dall'essere ricostruita nella ormai alla vigilia di essere rovesciato, io sentii un'incredibile frase: «In soli nove mesi ho messo così profonde radici che ci vorranno le cannonate per smuovermi.» Ma cosa aspetta? Non c'è persona che non lo giudichi ridicolo e patetico! Nel palazzo Mariinskij, a quel tempo, era insediato il Governo provvisorio, e una volta noi vi facemmo recapitare la seguente lettera: «Qui. Palazzo Mariinskij. Governo provvisorio. A tutti! A tutti! A tutti! Il governo della Sfera Terrestre, nella sua seduta del 22 ottobre, ha deliberato di: 1) Considerare il Governo provvisorio provvisoriamente inesistente e mettere Aleksandr Feodorovic Kerenski j, l'insettatore in capo, agli arresti di rigore. «Come è pesante la stretta di una mano di pietra. «I Presidenti della Sfera Terrestre Petnikov, Ivnev, Lur'e, Petrovskij, Io - 'Statua di commendatore'». Un'altra volta spedimmo invece questa lettera: «Qui. Palazzo d'inverno. Ad Aleksandra Feodorovna Kerenskaja. A tutti! A tutti! A tutti! Come? Non sapete ancora che esiste uno Stato della Sfera Terrestre? No, voi non sapete che esso esiste. Il Governo della Sfera Terrestre (firme)». Una volta ci riunimmo tutti e, rosi dall'impazienza, decidemmo sua completezza. Ancora non sono stati rintracciati tutti i numeri del «Combattente rosso» e sono tutt'ora sottoposti ad una attenta analisi filologica e stilistica alcune corrispondenze, in parte anonime, in parte firmate con pseudonimi, che dovrebbero appartenere alla penna di Chlebnikov. In occasione del primo anniversario della rivoluzione, Chlebnikov pubblicò sul «Combattente rosso» Ottobre sulla Neva (Oktjabr' na Neve), esempio tipico di racconto documentaristico, tra i primi della letteratura sovietica, che ricorda gli elzeviri di Isaak Babel' di « Vita nuova», che al pari del racconto chlebnikoviano, descrivono la difficile e tormentata realtà di Mosca e di Pietrogrado nei giorni immediatamente successivi alla rivoluzione. L'inaugurazione della galleria d'arte (Otkrytie chudoiestvennojgalerej), pubblicato il 20 dicembre con lo pseudonimo Vecha ( dalle iniziali del nome) è un interessantissimo saggio critico sui quadri donati alla città di Astrachan' dal collezionista P.M. Dogadin ed esposti al pubblico in una mostra inaugurata il 15 dicembre. «Si tratta - ha scritto Aleksandr Parnis, studioso dell'avanguardia russa - dell'unico scritto di Chlebnikov dedicato alle arti figurative e, poiché tocca precisi problemi teorici, è importante per la comprensione delle concezioni estetiche del poeta.» La breve nota La Gioconda di Astrachan' (Astrachanskaja Diiokonda) fu pubblicata il 22 dicembre, anche questa con lo pseudonimo Vecha, ed è una «considerazione» sulla storia del ritrovamento nella città di Astrachan' e della vendita al museo del/'Ermitage di Leningrado (dove è tutt'ora conservato) dal famoso dipinto di Leonardo da Vinci La madonna Benois. di chiamare al telefono il Palazzo d'inverno. «Palazzo d'inverno? Qui l'arte! dei barrocciai.» «Cosa desiderate?» - rispose una voce fredda, gentile ma triste. «L'arte/ dei carrettai desidera sapere quando se ne andranno dal Palazzo d'inverno gli inquilini.» «Cosa? Cosa?» «Se ne andranno o no gli inquilini dal Palazzo d'inverno?» «Ah! Nient'altro?» - si sente ridere acidamente. «Nient'altro!» All'altro capo del filo ridono. Io e Petnikov ridiamo invece a questo capo del filo. Dalla stanza vicina s'affaccia l'espressione sbigottita di un volto. Due giorni più tardi cominciarono a parlare i cannoni. Al teatro Mariinskij rappresentavano il Don Juan e chissà perché in Don Juan vedevano Kerenskij; ricordo che nella fila opposta di palchi tutti sussultavano e diventavano tesi quando qualcuno di noi ":!- chinava la testa, ammiccando a c::s .s Don Juan in segno di assenso, e ~ prima che fosse il commendatore a c:i.. farlo. ~ Qualche giorno dopo !'«Auro- -. ra», silenziosa, era alla fonda nella ]; Neva di fronte al Palazzo, e la !un- E ~ ga canna del cannone, puntata su ~ di esso, somigliava ad un immobi- ~ le sguardo d'acciaio - lo sguardo ....., di un mostro marjno. i:: Di Kerenskij si raccontava che .S ~ era fuggito con un vestito da infer- .Q ~ miera e che era stato coraggiosa-

mente difeso dalle bellicose fanciulle di Pietrogrado - la sua ultima guardia. Il Nevskij era sempre frequentato, pieno di gente, e lì non fu sparato nemmeno un colpo. Vicino ai ponti aperti ardevano i falò e stazionavano le sentinelle, con indosso ampi tulup; i fucili erano stati posti in fascio, a passi felpati passavano, fitte e nere, le schiere dei marinai, che appena si distinguevano nella notte. Si vedevano soltanto baluginare i solini. Al mattino venimmo a sapere che una dopo l'altra si erano arrese le scuole militari. A Mosca non era invece così; lì dovemmo sostenere un assedio di una settimana. Passavamo la notte seduti ad un tavolo, sul Kazanskij, la testa appoggiata sulle mani, di giorno affrontavamo il fuoco sulla Trubnaja e sulla Mjasnitskaja. Gli altri quartieri della città erano isolati. Ciò nonostante, pur essendo stato più volte fermato e perquisito, una volta riuscii ad attraversare, percorrendo la Sadovaja, tutta Mosca - naturalmente fu di notte. Le fitte tenebre venivano ogni tanto rischiarate dai fari delle autoblindo, e ogni tanto risuonava qualche sparo. Ed ecco che fu firmato l'armistizio. Uscimmo allo scoperto. I cannoni tacevano. Noi ci gettammo nella fame delle strade ed eravamo come i bambini quando, felici, guardano la neve che cade, e noi guardavamo le stelle di ghiaccio nei vetri delle finestre, bucherellati dalle pallottole, e i cristalli di neve delle sottili crepe tutt'intorno ai fori delle pallottole, e camminavamo sulle lastre di vetro, trasparenti come ghiaccio, che ricoprivano la Tverskaja - la gioia di queste prime ore era tutta nelle pallottole deformate che raccoglievamo sotto i muri delle case, pallottole ricurve come corpi di farfalle bruciate dal fuoco. Vedemmo poi le nere ferite aperte nei muri ancora fumanti. In una bottega c'era una bellissima gatta grigia. Attraverso lo spesso vetro, miagolando, salutava la gente supplicando di farla I Quello dell'impostura non è un fenomeno prettamen- • te russo, ma in nessun altro paese è stato un fenomeno altrettanto frequente, né ha svolto un ruolo altrettanto significativo nella storia del popolo e dello Stato. È impossibile scrivere la storia della Russia senza occuparsi del problema dell'impostura: come scrive Kl jucevskij, «nel nostro paese, dopo il fortunato esordio del primo Falso Dmitrij, l'impostura è divenuta malattia cronica dello Stato: da allora fino quasi alla fine del XVIII secolo pochi sovrani hanno regnato senza la .s comparsa di un impostore». Dal- ~ l'inizio del XVII secolo e fino alla c:i.. t-.... ~ ...... ~ ..C) E ~ <I) "' ~ ...... metà del XIX, saranno stati al massimo due-tre i decenni non contrassegnati dalla comparsa in Russia di un nuovo impostore: in alcuni periodi si contarono a decine. Le radici di questo fenomeno non sono state ancora pienamente chiarite. La maggior parte degli .S! studiosi ha cercato di risolvere il <I) l problema dell'impostura in chiave 1:i sociale o politica; nel primo caso uscire: troppo a lungo era rimasta sola e prigioniera. Noi volevamo dare ad ogni cosa i nostri nomi. Nonostante la bestemmia di ferro che era stata lanciata sulla città dal Monte dei passeri, Mosca era rimasta intatta. Io amavo particolarmente il quartiere di Zamoskvorec'e, quelle tre ciminiere delle fabbriche, che erano come tre candele accese da una mano sicura, e il ponte di ferro, e gli stormi di corvi sul ghiaccio. Ma su tutto - simile ad una cupola dorata - s'innalza, come sostenuta da una enorme mano, il candelabro delle tre ciminiere, una scaletta di ferro conduce alla cima, su di essa a volte sale un uomo, il chierico delle candele, e lassù s'incontra con una creatura di fumo, un fumo bianco di fabbrica. Ma chi è quella creatura? Un amico o un nemico? La fronte disegnata dal fumo è forse appesa sulla città? E con una barba di nuvole avviticchiate? O forse una novella, occhinera Kurat-al-'Ajn offre i suoi meravigliosi capelli di morbida seta al fuoco che la brucerà predicando l'uguaglianza e la parità di diritti. Non lo sappiamo ancora, noi siamo soltanto spettatori. Ma queste nuove candele innalzate all'ignoto signore si stagliano sul vecchio tempio. Proprio qui, e per la prima volta, ho sfogliato le pagine del libro dei morti, quando vidi il corteggio dei congiunti, lì presso il giardino Lomonosov, sfilacciarsi lungo la strada, e addensarsi poi all'entrata del deposito dei morti. La prima lettera dei nuovi giorni di libertà spesso viene scritta con l'inchiostro della morte. Nota (1) Si tratta della raccolta Vremennik edita a Praga nel 1917. L'inaugurazione della Galleria d'arte Velimir Chlebnikov Domenica 15 dicembre è stata inaugurata la Galleria d'arte «Dogadin». I quadri esposti, una colleDall'Oriente zione davvero di gran gusto, abbraccia molte tendenze della pittura russa, ma non più à sinistra di «Mondo dell'arte». C'è l'illustre Siskin con la sua secca e mortifera scrittura. L'occhio di questo pittore ha interpretato la natura in modo servile, come attraverso la lente di uno strumento ottico, servilmente e fedelmente. Ha ricreato la natura come uno schiavo silenzioso e senz'anima, rinunciando ad ogni partecipazione di ordine espressivo e passionale. L'irriverente, estroso ribelle Maljavin, il «Razin della tela scarlatta», è rappresentato da uo essenziale studio delle Baby. Questo pittore, che ha concesso nelle sue tele libertà sfrenata al colore rosso, da cui, come da una tenebra pagana, esce l'olivastra donna delle campagne russe, Maljavin, con i suoi quadri, è stato il primo ad assuefare l'occhio del visitatore alla «bandiera rossa». Così la bandiera rossa della sua anima è esplosa incontro al nostro tempo. I. Repin ha firmato la propria impotenza e quella sua particolare e fiacca mellifluità trattando il tema di Prometeo. 1 Benois, come sempre mediocre e senza personalità in tutte le sue manifestazioni, è presente con la sua veduta di Pekino di sera. 2 È doveroso segnalare Sapunov per le sue Rose appassite e Rerich per le sue Pietre. È di Nesterov il bellissimo Di là del Volga, così ricco di fascino che solo un'orgogliosa e riservata stanchezza può suscitare. Un altro suo quadro, La visione del profeta Bartolomeo,3 dove un fanciullo ifi lapti, con il bastone da pastore e un'aureola dorata intorno ai chiari capelli castani, è immobile, estasiato dinanzi ad una visione - uno starets, sceso dall'alto dei cieli, è appoggiato ad un albero e con un klobuk monacale in testa. Questo quadro è la perla dell'intera collezione. Al pennello di Surikov appartiene la testa di un arciere, uno studio per il suo Stenka Razin. Con più quadri è presente Serov, la pennellata è forte e sanguigna, c'è poi Somov, con la sua raffinata mano di «cittadin·o». Teodorovic-Karpovskaja è rappresentata con una bellissima tela! C'è anche uno studio per i( quadro La tsarevna-cigno del grande Vrubel'. Vrubel', questo Mickiewcz della pittura, porta nella follia scarlatta di Maljavin, nella muta rinuncia e nel distacco dalla vita di Nesterov e nell'estremo rigore di Surikov - il vibrare di un verbo pagano e l'orgoglioso cromatismo vibratile della sua corda. I virgulti dell'arte di Astrachan', riuniti oggi in una comunità, sono presenti con gli splendidi Kustodiev, Mal'tsev e Kotov. La Verocka di Kotov, illuminata dal sole e sprofondata nei fiori è una grande speranza. Nella collezione ci sono anche lettere di Tolstoj, di Skrjabin, di Dostoevskij e di altri. La collezione abbraccia la pittura russa che va dai peredviiniki al «Mondo dell'arte». Forse, in futuro, accanto a Benois apparirà l'indomabile negatore Burljuk, oppure il bellissimo e sofferente Filonov, cantore poco conosciuto della sofferenza della città; e sulle pareti ci sarà posto per il raggismo di Larionov, per la pittura astratta di Malevic e per il tatlinismo di Tatlin. È vero, in costoro spesso si riscontra non tanto la pittura quanto un irriverente esplodere dei canoni pittorici, essi sono infatti governati da principi artistici carichi di tensione. Come un chimico divide l'acqua in ossigeno e idrogeno, così questi pittori hanno diviso l'arte del dipingere nelle varie forze costitutive, ora isolando il principio cromatico, ora quello del segno. Questa tendenza dell'analisi pittorica non è affatto rappresentata nella collezione di Dogadin. Note (1) L'acquerello di I. Repin, Prometeo (1908), si trova oggi nel Museo statale di Kiev «Taras Sevcenko». (2) Si tratta di un acquerello del 1914 dal titolo Sera a Pekino. (3) È uno schizzo del famoso quadro di M. Nesterov La visione del fanciullo Bartolomeo (1889-1890) che si conserva nella galleria «Tret'jakov» di Mosca. Zareimpostore l'impostura viene considerata una delle forme specifiche e più persistenti del movimento antifeudale, mentre dal punto di vista politico appare come una lotta per il potere. Nessuno dei due approcci chiarisce tuttavia lo specifico dell'impostura come fenomeno culturale: come vedremo più oltre, l'impostura in senso lato non è affatto sempre collegata con movimenti sociali, né è necessariamente collegata con la lotta per un potere reale. Per comprendere l'essenza dell'impostura è necessario, evidentemente, portare alla luce i meccanismi culturali che determinano questo fenomeno, cioè passare all'esame (in prospettiva storica) delle concezioni ideologiche della società russa. Un passo fondamentale in questa direzione è stato compiuto da K.V. Cistov, che ha dimostrato in modo estremamente convincente il nesso dell'impostura con la leggenda utopica del ritorno dello zar salvatore: secondo Cistov, si tratterebbe appunto di una realizzazione di questa leggenda. Pur accogliendo interamente l'argomenBoris A. Uspenskij tazione di Cistov, dobbiamo osservare che la sua spiegazione non esaurisce la questione. Un simile approccio spiega, in generale, non tanto la comparsa dell'impostore, quanto la reazione della società alla sua comparsa, cioè l'eco e il sostegno che riceve dalle masse popolari: esso sottolinea però un aspetto importante del fenomeno che ci interessa, e cioè la fede nell'impostore. È evidente, tuttavia, che il problema dell'impostura non si può risolvere senza studiare a fondo la psicologia degli impostori, ossia l'insieme di convinzioni che fornisce una motivazione diretta alle loro azioni. Cercheremo di mostrare che alla base di tale psicologia si trovano convinzioni religiose: in altri termini, studieremo l'aspetto religioso dell'impostura in quanto fenomeno della cultura russa. 2. È del tutto evidente che la psicologia dell'impostura è direttamente collegata col rapporto verso lo zar, ossia con una particolare percezione del potere dello zar. Gli impostori compaiono in Russia solo con la comparsa degli zar, cioè dopo che il potere di questi ultimi è stato instaurato e si è srabilizzato (non si conoscono casi di impostori che pretendano al trono di principe). Il carattere specifico del rapporto con lo zar è definito però in primo luogo dalla percezione del potere dello zar in quanto sacrale, dotato di natura divina. Si può ipotizzare che l'impostura, in quanto fenomeno tipico della Russia, sia collegata appunto con la sacralizzazione dello zar (a sua volta in rapporto con la bizantinizzazione del potere monarchico). Anzi, la comparsa degli impostori può testimoniare appunto di un incipiente processo di sacralizzazione del monarca; non è forse casuale il fatto che il primo impostore compaia in Russia poco dopo che, accanto all'incoronazione, nel rito dell'investitura dello zar era stata introdotta l'unzione con l'olio santo, che conferisce allo zar una sorta di particolare status carismatico: in quanto unto, lo zar viene equiparato a Cristo (cfr. christ6s, «l'unto»), e di conseguenza, a partire dall'inizio del XVIII secolo può essere perfino (4) E. Teodorovic - Karpovskaja (1894 - ?) era in quel periodo allieva ali' Accademia di belle arti di Pietrogrado. Alla mostra era rappresentata con il quadro Nello studio di un pittore (I 917). La «Gioconda» di Astrachan' Velimir Chlebnikov Voi avrete certamente visto quadri che hanno perso la loro luce, ricoperti di una antica e calda patina dorata, come se il tempo li avesse rivestiti con una pelle morbida come la seta, con un velo di polvere dorata. Voi riconoscerete la mano di un grande artista, ma sul quadro non c'è firma. Nella patria della pittura antica, l'Italia, le città natali degli artisti conservano questi dipinti come fossero il loro unico occhio. Ricordate la Gioconda di Leonardo da Vinci? Essa fu rubata da un suo pazzo ammiratore e dopo mille peripezie tornò tuttavia nella sua città natale, con grande solennità. Le città che per secoli hanno conservato un dipinto antico ne diventano la migliore cornice. Una cornice di popolo, di gente viva - in cosa è inferiore ad una cornice di legno? Astrachan' ha la sua Gioconda. È una madonna del grande Leonardo da Vinci: sconosciuta a tutti e dimenticata, era entrata a far parte della collezione dei Sapoznikov; fu poi scoperta da Benois e da lui venduta all'Ermitage per centomila rubli. Semplice e grazioso. Questo quadro non. può forse essere considerato patrimonio della città di Astrachan'? Se la risposta è sì, allora questo quadro deve essere riportato nella sua seconda patria. Pietrogrado ha sufficientti tesori artistici e portare via ad Astrachan' la Madonna non è forse come portare via ad un poveraccio l'ultima pecora? Comunque, la Galleria d'arte di Astrachan' è sul Kutum, di fronte al palazzo Lbov. Traduzioni di Costantino Di Paola chiamato «cristo». Bisogna rilevare che la stessa parola «zar» nell'Antica Russia è un termine sacrale ed è quindi caratterizzata da un atteggiamento non convenzionale verso il segno linguistico, tipico in genere del lessico sacrale; per questo stesso motivo, il fatto di chiamare se stessi «zar» non può essere in alcun modo considerato un atto puramente arbitrario, volontaristico. Nelle sue note del 1607, il capitano Margeret osserva: «Per quanto riguarda il titolo, i russi credono che la parola zar, usata dai sovrani russi, sia più importante di ogni altro titolo al mondo. L'imperatore romano lo chiamano cesar', parola che fanno risalire a Cesare; gli altri sovrani, a imitazione dei polacchi, li chiamano re: il signore persiano lo chiamano kizel pascia, e quello turco 'grande signore Turco'. La parola zar, secondo loro, si trova nella Sacra Scrittura, dove Davide, Salomone e altri signori sono ·chiamati zar. Per questo dicono che il nome di zar, con cui piacque un giorno a Dio onorare Davide, Salomone, e altri gover-

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