Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

■Novità Marsilio (@) "®) Enrico Crispolti IL FUTURISMO E LA MODA Le stoffe, il vestito da uomo, il vestito da donna, gli accessori, il costume teatrale nell'opera di Balla e degli altri futuristi Grandi libri, pp. 280 con 180 ili. a col. e 180b/n, rilegato, L. 75.000 Paolo Maretto LA CASA VENEZIANA Nella storia della città dalle origini all'Ottocento Mille anni di architettura domestica per riconoscere l'immagine autentica di Venezia Grandi libri. pp. 624 con 48 ili. a col. e 620 b/n, rilegato, L. 130.000 B. Chardère G. e M. Borgé I LUMIÈRE L'invenzione del cinema: a cent'anni dalla sua scoperta la prima biografia dei fratelli Lumière Tra cinema e fotografia le immagini di una tecnica che si rivela arte Grandi libri, pp. 208 con 5 ili. a col. e 180 b/n, rilegato, L. 60.000 • G.A. Cibotto LA VACA MORA Una favola ruzantesca nella Venezia del dopoguerra Novecento, pp. 212, L. 15.000 Demostene PROCESSO A UNA CORTIGIANA (CONTRO NEERA) Libere e schiave, signore e prostitute: le vere donne della società greca antica a cura di Elisa Avezzù con testo greco a fronte Il convivio, pp. 176, L. 14.000 Ovidio RIMEDI CONTRO L'AMORE La risposta all'ars amatoria: come guarire dal male d'amore a cura di Gian Biagio Conte e Caterina Lazzarini con testo latino a fronte Il convivio. pp. 184, L. 14.000 J eanne des Anges AUTOBIOGRAFIA Il punto di vista dell'indemoniata La straordinaria testimonianza di una monaca del Seicento posseduta dal demonio a cura di Mino Bergamo Il corpo e l'anima, pp. 232, L. 15.000 Sergej M. Ejzenstejn IL MONTAGGIO Il quarto volume delle <,Operescelte» a cura di Pietro Montani Cinema, pp. 320 con 120 ili. b/n, rilegato, L. 45.000 Werner Szambien J.-N. 0 L. DURAND IL METODO E LA NORMA NELL'ARCHITETTURA Alle origini del «moderno» i fondamenti del neoclassicismo Polis, pp. 400 con 181 ili. b/n, L. 44.000 SARIN Censis CULTURA DELL'INFORMAZIONE E DOMANDA TELEMATICA Il primo rapporto sulla situazione italiana Telematica, pp. 128, L. 25.000 che conduce dalla riflessione sulla temporalità alla riflessione sulla storia. Certamente la rarità dello spazio ha a che vedere con questa decisione, ma non mi voglio nascondere e non voglio nascondere al lettore, che questo vincolo obiettivo agisce probabilmente come sollecitazione non indifferente a rendere essenziale il mio sguardo su quest'opera. Vorrei evitare eccessivi fraintendimenti quando mi capitasse di scnvere «penso che». La temporalità può essere tolta dal mistero della sua indeterminatezza e dall'evidenza del suo uso, trasformandola, come oggetto di riflessione in due direzioni: il tempo che appartiene alle scansioni dell'anima, il tempo che appartiene alle mutazioni_de.Lcielo. Agostino e Aristotele sono le due figure che dominano questa doppia possibilità concettuale. Ma né l'una tesi, né l'altra riescono ad abolire il proprio opposto: questo avviene persino nei testi di Agostino e Aristotele, e si_ripete nei luoghi classici che noi conosciamo. Non vi è interiorità temporale che non conduca, anzi che non generi da se stessa, la figura dell'estensione del tempo, come non vi è teoria del~ l'estensione temporale che non richieda una polarità soggettiva per essere mantenuta come sapere. «Il tempo non è nulla in natura», diceva D' Alembert che pure aveva una straordinaria familiarità con Newton. Questa situazione antinomica si ripete in Kant anche se non si vede come antinomia, poiché è costruita secondo una architettura teorica che mira proprio a neutralizzarla. La temporalità come forma soggettiva della sensibilità è l'elemento che si accompagna ad ogni quadro esperienziale: la connotazione temporale è identica per ogni elemento di esperienza. Questa omogeneità rende possibile il processo di quantificazione della temporalità, sino a rendere equivalenti due proposizioni che sembrano opposte: il tempo appartiene al modo della costruzione soggettiva della esperienza, e l'esperienza avviene nel tempo. La temporalità di Kant, per un pregiudizio di fondazione, trasferisce strategicamente di luogo la struttura della temporalità di Newton. Una situazione analoga si ritrova in Husserl dove l'evidenza della ileticità del tempo, nella forma della coscienza, deve essere costruita attraverso la particolare procedura fenomenologica, ma il cui compito fondativo è quello di dare ragione del tempo della successione, cioè della estensione temporale. Per Ricoeur la ripetizione, sotto varie trasfigurazioni o maschere, di questa situazione aporetica, viene risolta nella dimensione della narrazione che stabilisce una relazione tra la temporalità del racconto e la temporalità dell'azione e del suo lessico. Si costituisce un modello di temporalità narrativa la quale a sua volta interagisce con la pratica di temporalizzazione dell'esperienza comune. Nella narrazione viene rappresentata quella che è una figurazione del- !' esistenza umana: mettere in intrigo qualcosa e comprendere l'intrigo, richiedono una solidarietà di sapere, la padronanza del medesimo lessico di azione. «Dire adesso, sostiene Heidegger, è l'articolazione nel discorso di un rendere presenti che si temporalizza in unione con una attenzione che trattiene.» Lo scambio discorsivo temporalizza, e Ricoeur ricorda il «presente enunciativo» di Austin e Searle: tutti gli atti di linguaggio impegnano il locutore e lo impegnano oel presente. Nel caso di enunciati performativi il locutore è impegnato in una dimensione temporale ancora più impegnativa. Ma questo che cosa significa? Il locutore usa una dimensione temporale nel discorso perché la situazione discorsiva complessiva è già temporalizzata. Il che vuol dire che c'è già un racconto collettivo non esplicito nel quale noi tutti siamo compresi e del quale ripetiamo qualche parte usando la medesima modalità. Questo racconto collettivo, ovviamente non scritto, è la forma a priori della temporalità propria della esistenza sociale. Della quale sarebbe estremamente interessante ricercare l'archeologia: vedere cioè quali insiemi di pratiche materiali abbiano consolidato sul lunghissimo periodo questa relazione complessiva propria della rappresentazione lineare del tempo, quel prima-poi che dà l'immagine di un contenitore. Non credo di condividere la relazione, del resto molto L'Ul™40E' MOfffl> NEL -1912-. MASOWOMC.ORAPORnE ~ UM4 SUONAMllfA_, lii,Hl,HI,Hl,HI, IIIIIIIHtU José Muiioz e Carlos Sampayo, Sophie, in «alter alter», marzo 1978 importante, che pone Ricoeur tra la costituzione del presente e la dimensione del corpo. Il corpo medesimo non è l'immediato, come non lo è la percezione, e mi pare che tutto ciò vada bene, se viene considerato come una metafora di un altro corpo, anche se più..indefinito, quello sociale collettivo. Da questo punto di vista forse è possibile riformulare il problema della aporeticità. Credo che il dire che l'aporeticità teoretica, relativa alla temporalità, non può avere soluzione teorica, ma solo poetica, nasconda un problema ulteriore che ho cercato di mettere in luce mostrando come la solidarietà tra racconto, comprensione, enunciato, azione, sia una solidarietà che fa immaginare qualcosa di più profondo: un intreccio di pratiche che rendono non solo possibile, ma necessaria una determinata temporalizzazione dell'esperienza. E allora non potrebbe essere che l'aporeticità derivi dal modo in cui è stato costruito filosoficamente il nostro problema, cioè dalla forma della intellezione, più che dal modo in cui è il nostro problema? Per esempio: il tempo di Aristotele può essere il tempo di Galilei e quello di Newton. La differente considerazione del tempo sotto una logica dell'essenza o della funzione, è molto meno importante di quanto non si possa pensare, poiché in ogni caso si tratta di una entità che può essere quantificata. Con il tempo einsteiniano siamo in un'altra dimensione. E, in generale, ciò che abbiamo imparato dalla epistemologia contemporanea è che il tempo è una delle funzioni produttrici di conoscenza in particolari ambiti teorici. Il tempo, cioè quel tempo, è una relazione strutturata che fa parte di un insieme, e non ha alcun senso sostenere che è una scoperta conoscitiva sul tempo. E nemmeno nessuno si aspetterebbe che quella funzione temporale possa avere alcuna efficacia sulla relazione di temporalità propria della esperienza comune. Si tratta di strutturazioni della temporalità in insiemi radicalmente differenti e non in comunicazione tra loro. Ovviamente possono essere attraversati dalla medesima persona che tuttavia deve compiere operazioni differenti. Questa persona può avere ulteriore esperienza della temporalità tramite dimensioni affettive, emozionali, sensibili, giocate nel circuito stretto della sua individualità. La raffigurazione filosofica ci ha dato, del resto, costruzioni concettuali della temporalità che corrispondono a queste emergenze proprie della esperienza. Quanto alla storia, sono i racconti che hanno reso possibile l'evidenza di questo oggetto al singolare. Essi ne sono l'archeologia. In ordine a questo oggetto si è spostata la problematica del senso. La ricerca del senso universale della propria esistenza è stato cercato nella relazione con la storia, piuttosto che con Dio, il diavolo, il lavoro, il denaro, la famiglia. Ovviamente è stata la dimensione politica il luogo in cui l'esistenza trovava il suo senso nella storia. E la storia era vivente, nella sua universalità, in quanto luogo esistenziale del senso. Nel momento in cui questo sistema di corrispondenze non esiste più, la domanda è se si possa parlare di tempo storico. Il tempo storico per Ricoeur è il tempo proprio di una azione etica che circoscrive la sua efficacia in ordine a obiettivi finiti. Per chi conosce, in Italia, la problematica dell'etico-politico, non c'è molto di nuovo: per quella problematica la crisi della filosofia della storia era già avvenuta. Nel modo di ragionare di Ricoeur c'è invece una presenza decisiva, non detta, ed è quella degli intellettuali. A chi appartiene il sapere del contenuto etico, chi stabilisce che il moderno è incompiuto, chi è garante della relazione tra valore e realizzazione? Sono intellettuali emendati dal fanatismo, ma non meno certi che un senso può esistere, che un'etica può essere indicata e che essi hanno il potere della realizzazione. Se tutto questo in Ricoeur può essere chiamato senso della storia, è perché nel testo di Ricoeur (più che in Koselleck) la storia degli intellettuali, iniziata con la Rivoluzione francese, non è ancora terminata, e lascia il suo segno. Temo che l'uscita da una ontologia storica non consenta rettifiche di dimensioni: azione più lunga o più breve, valore più grande e meno grande, speranza più lontana o più vicina. Tra etica e storia c'è una solidarietà radicale, e quando si vede il suo tramonto si apre un altro destino per la filosofia. ADELPHI ALESSANDRO MANZONI Tutte le lettere A cura di Cesare Arieti Con un'aggiunta di lettere inedite o disperse a cura di Dante lsella «Classici», tre volumi in cofanetto, pp. 3400, 3 tavv. f.t., L. 250.000 HIPPOLYTE TAINE Le origini della Francia contemporanea L'antico regime A cura di Piero Bertolucci Introduzione di Giovanni Macchia «Classici», pp. 764, L. 80.000 SERGIO TOFANO Il teatro di Bonaventura A cura di Alessandro Tinterri «Fuori collana», pp. 502, 19 tavv. f.t. in nero e a colori, L. 50.000 KENNETH ANGER Hollywood Babilonia, Il «Fuori collana», pp. 352, 330 ili., L. 60.000 MARYLAFALK Il mito psicologico nell'India antica «Il ramo d'oro», pp. 526, L. 60.000 MANFRED EIGEN - RUTHILD WINKLER Il gioco Le leggi naturali governano i I caso «Biblioteca Scientifica», pp. 332, 69 ili. in nero e a colori, L. 45.000 PAULVALÉRY Quaderni, Il Linguaggio • Filosofia A cura di Judith Robinson-Valéry « Biblioteca Adelphi », pp. 460, L. 32.000 JOSEPH ROTH Zipper e suo padre «Biblioteca Adelphi», pp. 172, L. 16.000 OLIVER SACKS L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello «Biblioteca Adelphi », pp. 318, L. 22.000 ISAIAH BERLIN Il riccio e la volpe e altri saggi A cura di Henry Hardy e Aileen Kelly Introduzione di Aileen Kelly «Saggi», pp. 492, L. 38.000 MARGARETE BUBER-NEUMANN Milena L'amica di Kafka «La collana dei casi», pp. 304, L. 22.000 ADELPHI

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